E' discriminatorio pronunciare frasi razziste verso un bancario di colore, durante una riunione della banca
Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, Ordinanza del 22 marzo 2012
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 734 volte dal 15/05/2012
Risulta provata , in capo alla banca resistente, la sussistenza di una condotta discriminatoria, atteso che il presidente della stessa, in un’occasione, cercava di dissuadere il ricorrente dalla sua candidatura alle imminenti elezioni comunali a cagione della sua razza e colore, apostrofandolo con frasi a sfondo razzista in modo dispregiativo. Tale condotta integra sicuramente delle molestie o, quantomeno, dei comportamenti indesiderati a sfondo razziale aventi lo scopo e, sicuramente, l’effetto di violare la dignità personale del ricorrente e delle altre persone di colore o, comunque, presenti in azienda, creando nel contempo un clima lavorativo umiliante e offensivo tenuto conto del loro diretto ed esplicito riferimento alla razza e al colore del ricorrente.
Sezione Lavoro
[...]
Il Giudice dott. Fff,
a scioglimento della riserva assunta [...]
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA ex art. 702 bis cpc
[...]
Sempre in via preliminare di merito ritiene altresì lo scrivente che la norma in esame (art. 2 comma 3 D. Lgs. n. 215/2003) riguardi ogni condotta umana concretamente idonea a violare la dignità della persona per ragioni razziali o etniche creando un clima intimidatorio o umiliante o offensivo nell'ambiente lavorativo. Si ritiene in particolare rilevante, a tal fine, secondo un'interpretazione teleologica e letterale della norma, anche alla luce della proposizione disgiuntiva ivi contenuta ("lo scopo o l'effetto"), anche una condotta non intenzionalmente offensiva dell'altrui dignità personale che sia però, al contempo, "produttiva" di tale "effetto" e della creazione di un clima intimidatorio o umiliante o offensivo nell'ambiente lavorativo. Ai fini della prova della sussistenza della condotta lesiva in oggetto appaiono espressamente rilevanti, secondo quanto previsto dall'art. 4 comma 3 D. Lgs. n. 215/2003, dall'art. 8 della direttiva comunitaria n. 2000/43 e dalla sentenza "Kelly" resa dalla Corte di Giustizia il 21.7.2011 (C-104/10), anche semplici elementi presuntivi conformi al disposto contenuto nell'art. 2729 c.c.; in caso di accertata presumibile esistenza di un comportamento discriminatorio sarà poi onere del presunto autore dimostrare l'insussistenza della condotta censurata. Sul punto si è ripetutamente espressa, anche se in fattispecie penali, autorevole giurisprudenza affermando che "la circostanza aggravante della finalità di discriminazione o di odio etnico, razziale o religioso è configurabile non solo quando l'azione, per le sue intrinseche caratteristiche e per il contesto in cui si colloca, risulta intenzionalmente diretta a rendere percepibile all'esterno e a suscitare in altri analogo sentimento di odio e comunque a dar luogo, in futuro o nell'immediato, al concreto pericolo di comportamenti discriminatori, ma anche quando essa si rapporti, nell'accezione corrente, al pregiudizio manifesto di inferiorità di una sola razza, non avendo rilievo la nozione soggettiva dell'agente (v. Cass. 38597/2009).
Nel merito non appare innanzitutto dirimente, ai fini di causa, la specifica e speciale connotazione razziale della banca resistente e del personale ivi impiegato trattandosi di circostanza sicuramente apprezzabile da un punto di vista sociale, imprenditoriale e lavoristico ma di per sè sola inidonea ad escludere o attenuare la gravità della eventuale commissione di condotte illecite, anche a sfondo razziale, da parte di uno o più dirigenti o dipendenti tenuto oltretutto conto che la presenza, fra il personale impiegato, di persone straniere appare anche sicuramente prodromica a una migliore gestione, da un punto di vista linguistico, etnico e funzionale, dei rapporti commerciali con una clientela prettamente straniera.
Dalla istruttoria svolta appare in particolare provata, con sufficiente attendibilità, anche ai sensi dell'art. 2729 c.c., la sussistenza, in capo alla banca resistente e a danno dell'odierno ricorrente, di una condotta discriminatoria, ex art. 2 comma 3 D. Lgs. n. 215/2003, visto che Yyy, presidente della resistente, in un'occasione, cercava di dissuadere Xxx dalla sua candidatura alle imminenti elezioni comunali a cagione della sua razza e colore, accomunandolo "agli zingari e ai musulmani che... vogliono rovinare Milano" e specificando nel contempo che lui e Zzz erano "due negri africani" che stavano "creando troppi problemi", che "avere troppi negri non poteva giovare alla banca" e che era pertanto meglio assumere "una persona con un colore più chiaro" [...]; che Www, dirigente della resistente, in un'occasione diceva al ricorrente che non poteva venire in Italia pretendendo un posto manageriale, che era "in caserma, che nessuno aveva bisogno della sua intelligenza" e che doveva fare "quello che dicevano" precisando, in altra occasione, che "gli stranieri pretendono troppo, soprattutto quelli che hanno la cittadinanza... devono sapere che sono ospiti" [...] e proferendo spesso, all'uscita da riunioni ove erano presenti persone di colore, compreso in alcune occasioni il ricorrenti, frasi a sfondo razzista come "negroni, extra comunitari" in modo dispregiativo [...]. I predetti comportamenti integrano sicuramente delle molestie o, quantomeno, dei comportamenti indesiderati a sfondo razziale aventi lo scopo e, sicuramente, l'effetto di violare la dignità personale del ricorrente e delle altre persone di colore o, comunque, straniere presenti in azienda, creando nel contempo un clima lavorativo umiliante e offensivo tenuto conto del loro diretto ed esplicito riferimento alla razza e al colore del ricorrente e ai conseguenti minori diritti riconoscibili, a detta dei dichiaranti, in capo allo stesso, della riferita volontà degli extra comunitari, in quanto tali, di rovinare Milano e di creare problemi, del danno che la banca, secondo Yyy, avrebbe riportato dalla presenza di troppe persone di colore, della necessità, per Www, che gli stranieri si sentano ospiti in Italia e che la banca non abbisogni dell'intelligenza del ricorrente che deve sentirsi come in caserma, del frequente utilizzo, nei confronti del ricorrente e di altri stranieri di colore, di espressioni ormai considerati pacificamente offensie quali "negri... negroni" (v. ex pluriis Cass. n. 38591/2008). La sussistenza e la rilevanza giuridica di tali condotte e del conseguente clima offensivo e umiliante creatosi nell'ambiente lavorativo della resistente trova ulteriore conferma nelle posizioni apicali ricoperte dai soggetti agenti, di per sè sole idonee a condizionare anche l'operato e i comportamenti degli altri dipendenti sia italiani che stranieri. Tale circostanza comprova altresì la diretta riconducibilità delle condotte in esame all'azienda resistente. Non appaiono in ogni caso rilevanti le dichiarazioni rilasciate da alcuni testi escussi in ordine alla assenza di condotte offensive o discriminatorie a danno del ricorrente trattandosi comunque di affermazioni provenienti da persone non presenti al momento della commissione delle condotte in esame. Parimenti irrilevante e, comunque, non dirimente appare altresì la riferita partecipazione aziendale, ad opera del presidente della resistente, della imminente candidatura del ricorrente alle elezioni comunali trattandosi di circostanza comunque incerta [...] e, in ogni caso, inidonea ad annullare o giustificare l'illiceità delle condotte sopra esaminate. Per i medesimi motivi appaiono altresì irrilevanti i trattamenti "di miglior favore" asseritamente riservati al ricorrente e la rivendica, da parte dello stesso, di una qualifica superiore.
Per quanto riguarda i provvedimenti sanzionatori e risarcitori richiesti si reputa opportuno, conformemente alle previsioni contenute nell'art. 4 D. Lgs. 215/2003, ordinare alla società resistente l'immediata cessazione dei descritti comportamenti illeciti anche attraverso la diramazione e l'affissione, presso la sede di Milano, entro il 2.4.2012, di un comunicato (contenente anche il dispositivo del presente provvedimento) che, richiamando i valori indicati nella "carta valori" della resistente, inviti il personale ad astenersi, nei rapporti tra colleghi e nelle riunioni di lavoro, da espressioni volgari od offensive a sfondo razziale. Non si ritiene invece allo stato necessario, stante anche la mancata divulgazione all'esterno della sede di Milano dell'accadimento delle condotte in contestazione, disporre la pubblicazione, su un quotidiano nazionale, del presente provvedimento. Per quanto concerne il richiesto danno non patrimoniale, in assenza della mancata deduzione di specifici danni o di idonei criteri liquidatori, si reputa equo condannare la resistente a corrispondere al ricorrente, al medesimo titolo, euro 5000 complessivi tenuto conto, da una parte, della frequenza e della intrinseca offensività delle condotte in contestazione, dall'altra, della generale riferibilità di queste ultime ai dipendenti di colore presenti presso la resistente e del loro numero.
[...]
P.Q.M.
Dichiara il carattere discriminatorio della condotta tenuta da Eee spa;
ordina a Eee, in persona del legale rappresentante pro-tempore, l'immediata cessazione dei descritti comportamenti illeciti anche attraverso la diramazione o l'affissione, presso la sede di Milano, entro il 2.4.2012, di un comunicato (contenente il dispositivo del presente provvedimento e il richiamo alla "carta valori" della resistente) che inviti tutto il personale ad astenersi, nei rapporti tra colleghi e nelle riunioni di lavoro, da espressioni volgari od offensive a sfondo razziale.
Condotta Eee, in persona del legale rappresentante pro-tempore, a corrispondere al ricorrente euro 5.000,00;
[...]
Milano, 22/03/2012
Il Giudice
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Michele Spadaro
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