Donazione mortis causa e patto successorio
Cassazione – Seconda Sezione Civile Sentenza n. 5870/2000
Avv. Massimo Lazzari
di Lecce, LE, Italia
Letto 5239 volte dal 05/02/2008
Ricorre un patto successorio istitutivo, nullo ai sensi dell'art. 458 cod. civ. nella convenzione avente ad oggetto la disposizione di beni afferenti ad una successione non ancora aperta che costituisca l'attuazione dell'intento delle parti, rispettivamente, di provvedere in tutto o in parte alla propria successione e diacquistare un diritto sui beni della futura proprieta' a titolo di erede o legatario. Tale accordo deve essere inteso a far sorgere unvero e proprio "vinculum iuris&
Ricorre un patto successorio istitutivo, nullo ai sensi dell'art. 458 cod. civ. nella convenzione avente ad oggetto la disposizione di beni afferenti ad una successione non ancora aperta che costituisca l'attuazione dell'intento delle parti, rispettivamente, di provvedere in tutto o in parte alla propria successione e diacquistare un diritto sui beni della futura proprieta' a titolo di erede o legatario. Tale accordo deve essere inteso a far sorgere unvero e proprio "vinculum iuris" di cui la successiva disposizione
testamentaria costituisce l'adempimento. Conseguentemente deve essere esclusa la sussistenza di un patto successorio quando tra le parti non sia intervenuta alcuna convenzione e la persona della cui eredita' trattasi abbia solo manifestato verbalmente all'interessatoo a terzi l'intenzione di disporre dei suoi beni in un determinatomodo, atteso che tale promessa verbale non crea alcun vincolo giuridico e non e' quindi idonea a limitare la piena liberta' del testatore che e' oggetto di tutela legislativa.
Cassazione – Seconda Sezione Civile Sentenza n. 5870/2000
Presidente VOLPE – Relatore ELEFANTE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione 18.5.1989, M.P., premesso che aveva ospitato a titolo di amicizia i coniugi A.N. e L. L. nell'appartamento di sua proprieta' sito in Como via _______; che durante la convivenza aveva manifestato l'intenzione di nominare la L. sua erede universale ma poi aveva concordato con i suddetti coniugi la stipula fittizia di un atto di compravendita con riserva di usufrutto; che tale atto, stipulato il 18.6.1984 a rogito del notaio Miserocchi, dissimulava un patto successorio, nullo ex art. 458 c.c.; conveniva in giudizio davanti al
Tribunale di Como i suddetti coniugi N.-L. al fine di sentir dichiarare la simulazione assoluta dell'atto di compravendita 18.6.1984 e, per conseguenza, accertare il suo diritto di proprieta' sull'appartamento. I convenuti contestavano la domanda e ne chiedevano il rigetto, istando per la condanna dell'attrice al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c.. All'esito dell'istruttoria il Tribunale rigettava la domanda
della P. e compensava le spese del giudizio, osservando che l'oggetto del preteso accordo simulatorio, come prospettato dall'attrice, non costituiva patto successorio istitutivo vietato dall'art. 458 c.c.. Riteneva, infatti, il Tribunale che non eranostati forniti univoci elementi di prova in merito alla natura liberale dell'atto, a fronte della quietanza rilasciata nell'atto dalla venditrice per il pagamento della quasi totalita' del prezzo pattuito, ne' era stato provato che i contraenti avessero voluto un negozio diverso dalla compravendita ed in particolare una donazione mortis causa, perche' la P. aveva trasferito immediatamente il diritto di nuda proprietà, mentre nella donazione mortis causa e piu' in generale nel patto successorio non si ha l'immediato effetto traslativo del diritto in favore del donatario, in quanto il trasferimento e' subordinato alla morte del donante. Tale decisione veniva impugnata dalla P. davanti alla Corte d'appello di Milano che, con sentenza n. 1581/97 del 09.04/20.05.1997, rigettava l'appello, condannando la P. a pagamento delle spese di primo e secondo grado. Premesso che i patti successori, vietati dalla legge (art. 458 c.c.), sono, da un lato, le convenzioni aventi ad oggetto una vera e propria istituzione di erede rivestita della forma contrattuale, e
dall'altro, quelle che abbiano per oggetto la costituzione, trasmissione o estinzione di diritti relativi ad una successione non ancora aperta e facciano sorgere un vinculum iuris, di cui la
successiva disposizione testamentaria costituisce l'adempimento, riteneva la Corte milanese che, nel caso specifico, non ricorreva il patto successorio istitutivo vietato dall'art. 458 c.c. perche' la
P. aveva stipulato una vendita con riserva di usufrutto, il bene alienato non era ancora parte dell'eredita' ne' era da prendersi da questa, e non vi era alcuna istituzione di erede in forma
contrattuale, sicche' la proprietaria aveva disposto liberamente di un proprio bene. Correttamente il Tribunale non aveva tenuto conto della prova testimoniale, trattandosi di simulazione fatta valere da
una delle parti contraenti, stante il divieto di cui all'art. 1417 c.c., che non poteva essere superato dall'eccezione ivi prevista (prova diretta a far valere l'illiceita' del contratto). In ogni caso
il risultato delle prove testimoniali era sostanzialmente ininfluente ai fini della decisione, dato che nessun patto successorio poteva essere ravvisato nella vaga promessa verbale del de cuius di testare
a favore di una determinata persona, essendo simile promessa inidonea a creare un valido vincolo giuridico e, quindi, a limitare la liberta' di far testamento, oggetto della tutela giuridica. La Corte distrettuale escludeva che dall'esibito documento n. 3 potesse desumersi la liberalita' della P. perchè gli importi e
le voci indicate in tale documento erano prive di qualsiasi riferimento e, per quanto riguardava il mutuo, non era possibile risalire alla natura ed entita' dello stesso, sicchè non valeva a
superare la dichiarazione di quietanza contenuta nel rogito. Osservava la Corte d'appello che era da escludere l'ipotesi della simulazione assoluta perche', come dichiarato dalla stessa P., le parti "avevano dissimulato l'atto nullo ai sensi dell'art. 458 c.c.", nonche' della donazione mortis causa perche' non
ammessa nel nostro diritto per la medesima ragione del patto successorio. Infine la Corte d'appello riteneva inammissibile il deferimento del giuramento decisorio sul punto del pagamento del prezzo perche'
si sarebbe dovuto negare un fatto - il pagamento del prezzo - che il pubblico ufficiale, rogante l'atto, aveva attestato essere avvenuto alla sua presenza. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione M.
P., deducendo tre motivi di annullamento. I coniugi N.-L. hanno resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo mezzo la ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 458 e 1414 c.c., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., si duole che la sentenza impugnata abbia escluso il
patto successorio, senza considerare che la vendita con riserva di usufrutto, indipendentemente dalla natura fittizia della stessa, non contraddice agli aspetti che la giurisprudenza di questa Corte (Cass. 22.7.1971 n. 1404) ha indicato per l'individuazione di tale patto. Sostiene la ricorrente che la durata dell'usufrutto fino alla morte dell'usufruttuaria e la inesistenza di qualsiasi ragione per la
cessione della nuda proprietà se non quella di un atto estrinsecante la libertà di disporre da parte della cedente, avrebbero dovuto far ritenere che si trattava di un patto successorio, vietato dall'art.
458 c.c.
2. Con il secondo mezzo, deducendo omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 n. 5 c.p.c.), la ricorrente assume che la sentenza impugnata non avrebbe spiegato perche' non era
applicabile l'art. 458 c.c., non essendo le considerate circostanze – cioè le parti avevano stipulato un atto di vendita con riserva di usufrutto, la successione della Perrone non era ancora aperta e la proprietaria poteva disporre liberamente del bene – elementi incompatibili con il patto successorio. L'esistenza di simile patto "contra legem" avrebbe dovuto rendere ammissibile la prova testimoniale della simulazione della vendita con riserva di usufrutto. Erroneamente la Corte d'appello avrebbe omesso di approfondire l'esame del materiale probatorio, che pure aveva indotto il Tribunale a ritenere fittizio l'atto, limitandosi a considerarlo irrilevante, laddove specialmente la scrittura relativa al mutuo, proveniente dal Nobile, costituiva prova documentale, o quanto meno indiziaria, della simulazione, con conseguente ammissione della prova testimoniale circa l'esistenza del patto successorio.
3. Con il terzo mezzo, deducendo omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia e violazione o falsa applicazione dell'art. 2700 c.c., in relazione
all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., la ricorrente censura l'impugnata sentenza laddove ha ritenuto inammissibile il deferito giuramento decisorio finalizzato a provare il mancato pagamento del prezzo, di cui alla quietanza contenuta nel rogito. Secondo la ricorrente l'asserito contrasto con l'art. 2700 c.c., in quanto si sarebbe dovuto negare un fatto (pagamento del prezzo) che il pubblico ufficiale attestava avvenuto alla sua presenza - non sussisterebbe perche' in base all'art. 2 dell'atto di vendita 18.6.1984 il notaio dava atto che il pagamento del prezzo era gia' avvenuto al momento del rogito e, quindi, non era un fatto avvenuto alla sua presenza, per cui la dichiarazione del notaio sul punto non poteva ritenersi costituente fede privilegiata.
A) I motivi, da trattare congiuntamente perche' strettamente connessi, sono infondati in base alle seguenti considerazioni. A.1) Il tema dei patti successori e del divieto sancito dall'art. 458 c.c. si intreccia con l'analisi di una puntuale nozione di simili patti e della rilevanza di quegli strumenti propri dell'autonomia contrattuale che, adattati secondo opportuni schemi,
consentono la devoluzione di beni in vista e in conseguenza della propria morte al di fuori del testamento, senza peraltro incorrere nel suddetto divieto. Non v'e' dubbio che la nozione di patto successorio risulta ardua per la molteplicita' delle figure ipotizzate e per la difficolta' di identificare un carattere comune sufficientemente significativo, essendo il patto istitutivo, che e' quello
maggiormente rilevante per il tipo di interessi destinati a essere soddisfatti, profondamente diverso dal patto dispositivo e rinunciativo. Per patti successori istitutivi si intendono quelle convenzioni
con le quali si istituisce un crede o un legato, o ci si impegna a farlo in un successivo testamento; per contro patti dispositivi e rinunciativi sono quelli con i quali un soggetto dispone, non della propria successione, ma dei diritti che gli possono derivare dalla successione dell'altra parte contraente o di un terzo (patti dispositivi), ovvero rinuncia ad essi (patti rinunciativi). Con i patti istitutivi queste due ultime figure condividono soltanto l'avere ad oggetto beni che si riferiscono ad una successione non ancora aperta. E mentre il fondamento del divieto dei patti successori istitutivi e' generalmente ravvisato nell'esigenza di tutelare ed assicurare la liberta' di disporre della propria successione col testamento, cioe' con l'atto tipico di ultima volonta', assolutamente revocabile (donde l'incompatibilita' con la struttura della istituzione pattizia di crede o di legato), la ragione del divieto dei patti dispositivi e rinunciativi e' individuata in varie esigenze - come quelle di impedire a giovani inesperti e prodighi di dilapidare tutte le loro sostanze prima ancora di venirne in possesso, ovvero di evitare convenzioni immorali e socialmente pericolose (votum captandae mortis), oppure di rendere
certo e operativo il traffico giuridico - dubitandosi finanche della loro natura di atti mortis causa, in quanto non incidono direttamente sul fenomeno successorio. Invero solo l'istituzione contrattuale di
erede e il legato attribuito mediante contratto (patti successori istitutivi) si configurano come vere e proprie disposizioni morti causa. Cio' ha una notevole importanza perche' dal riconoscere a un atto la natura di negozio mortis causa contrattuale dipende non solo un diverso atteggiarsi degli effetti, ma, in via di principio, la stessa validita'. Il divieto dei patti successori pone il problema del confine fra contratti inter vivos con effetti post mortem (dove la morte di uno dei contraenti figura soltanto come termine o condizione, ovvero come evento per la piena attribuzione patrimoniale) e contratti in cui la morte assume rilevanza causale. E' evidente che soltanto questi ultimi, cadendo nel divieto, sono da ritenere nulli; poiche' non tutti i contratti i cui effetti siano in qualche modo collegati con la morte. di uno dei contraenti, assumono necessariamente carattere di disposizione a causa di morte.
A.2) L'autonomia privata, che in sede testamentaria conosce limiti molto rigidi, riacquista tutta la propria capacita' espansiva quando la struttura contrattuale prescelta determina l'immediato
trasferimento del bene attraverso un atto inter vivos, pur subordinandone la definitivita' alla morte (per cui e' stata ritenuta valida la donazione con cui il disponente si riserva, vita natural
durante, l'usufrutto dei beni donati, stante l'attualita' e immediatezza dell'acquisto della nuda proprieta', essendo successivo alla morte del donante solo l'immissione nel possesso: Cass. 13.10.1958 n. 3240; 27.9.1954 n. 3136). In tal casi si e' al di fuori dell'ipotesi del patto successorio, trattandosi di utilizzazione di determinati schemi negoziali caratterizzati dall'efficacia post
mortem, la cui validita' e' stata generalmente ammessa (ad es. e' stata riconosciuta valida la donazione sotto condizione della morte (si moriar) o della premorienza (si praemoriar) del donante (Cass. 9.7.1976 n. 2619; 16.6.1966 n. 1547); parimenti e' stato riconosciuto valido il mandato post mortem (Cass. 4.10.1962 n. 2804; 25.3.1993 n. 3602) e il contratto a favore di terzo con effetti post mortem). A.3) Ai fini del divieto di cui all'art. 458 c.c., l'estremo fondamentale del patto successorio (istitutivo) va ravvisato nell'esistenza di una convenzione avente ad oggetto la disposizione
di beni afferenti ad una successione non ancora aperta, che costituisca l'attuazione dell'intento delle parti, rispettivamente, di provvedere in tutto o in parte alla propria successione e di acquistare un diritto sulle cose della futura eredita' a titolo di erede o di legatario. L'accordo deve essere inteso a far sorgere un vero e proprio vinculum juris di cui la successiva disposizione testamentaria costituisce l'adempimento; deve essere, cioe', idoneo a costituire una valida ed irrevocabile fonte di obbligazione, nulla solamente in virtu' dell'art. 458 c.c.. Pertanto e' da escludere l'esistenza di un patto successorio quando tra le parti non sia intervenuta alcuna convenzione, e la persona nella cui eredita' si spera abbia solo manifestato verbalmente, all'interessato o a terzi, l'intenzione di disporre dei suoi beni in un determinato modo, atteso che tale mera promessa verbale non crea alcun vincolo giuridico e non e' quindi idonea a limitare la piena liberta' del testatore che e' oggetto di tutela legislativa (Cass. 29.5.1972 n. 1702). Al riguardo questa Corte ha precisato che una determinata pattuizione ricade nella comminatoria della nullita' di cui all'art. 458 c.c. "1) se il vincolo giuridico con essa creato abbia avuto la specifica finalita' di costituire, modificare, trasmettere o estinguere diritti relativi ad una successione non ancora aperta; 2) se la cosa o i diritti formanti oggetto della convenzione siano stati considerati dai contraenti come entita' della futura successione o debbano comunque essere compresi nella stessa; 3) se il promettente abbia inteso provvedere in tutto o in parte della propria successione, privandosi, cosi', dello 'ius poenitendi'; 4) se l'acquirente abbia contrattato o stipulato come avente diritto alla successione stessa; 5) se il convenuto trasferimento, dal promettente al promissario, debba avere luogo 'mortis causa', ossia a titolo di eredita' o di legato" (Cass. 16.2.1995 n. 1683; 22.7.1971 n. 2404). Precedentemente questa Corte aveva pure affermato che, perche' sussista il patto successorio vietato dalla legge (art. 458 c.c.) occorre non solo che esso sia anteriore all'apertura della successione ma anche che la cosa oggetto della convenzione debba prendersi dall'eredita' ed essere trasferita al promissario a titolo di eredita' o di legato; per cui non costituisce patto successorio la vendita di beni, con la quale il venditore si riserva, vita natural durante, l'usufrutto a proprio favore (Cass. 9.4.1947 n. 526). B) Nel caso specifico non puo' parlarsi di patto successorio perche' non si e' in presenza di un trasferimento mortis causa, e perche' manca il patto stesso. Sotto il primo profilo va osservato che non si qualifica mortis causa ogni atto (trasferimento di diritto) che acquista (piena) efficacia con la morte del disponente, ma solo quell'atto col quale una persona dispone dei suoi diritti patrimoniali non attualmente, ma per il tempo in cui, avendo cessato di vivere, non potra' piu' conservarne la titolarita'. Pertanto se la morte del titolare del diritto impone che si disponga sulla sorte del diritto stesso, l'atto di disposizione e' mortis causa; mentre se l'atto si perfeziona e diviene vincolante indipendentemente dalla morte, viene meno qualsiasi legame fra morte e atto di disposizione e si da' sempre luogo a un negozio inter vivos, nonostante il differimento della sua efficacia al momento della morte di una delle parti. Nel caso in esame non v'e' dubbio che si e' in presenza di atto inter vivos, e non mortis causa, perche' la P. ha disposto del suo bene attualmente, trasferendo immediatamente la nuda proprieta' del bene stesso, con relativi diritti e oneri a favore e a carico degli acquirenti, riservandosi 'usufrutto vita natural durante. Ne' vale a qualificare l'atto mortis causa il fatto che con la morte della venditrice gli acquirenti conseguono la piena proprieta' del bene, perche' trattasi non di un effetto contrattuale ma di una conseguenza legale dell'estinzione dell'usufrutto. Quanto al secondo profilo va osservato che il negozio assertivamente dissimulato (secondo la prospettazione della stessa ricorrente, che ha sostenuto che la vendita con riserva di usufrutto dissimulava appunto la disposizione testamentaria che aveva in animo di fare a favore della L. e del marito di costei) e' del tutto estraneo alla nozione di patto successorio, dovendo questo consistere in un accordo tra le parti diretto a far sorgere un vero e proprio vinculum juris, di cui la successiva disposizione testamentaria costituisce in concreto l'adempimento, avendo in se' i requisiti di un valido e irrevocabile patto obbligatorio da considerare nullo solo in virtu' del disposto dell'art. 458 c.c.; per cui, come gia' detto, non puo' ravvisarsi alcun patto successorio nella vaga promessa verbale del de cuius di testare a favore di una determinata persona, dato che una tale promessa e' inidonea a creare un vincolo inteso a limitare la liberta' testamentaria. B.1) In proposito va rilevato che la P., dopo aver dedotto all'inizio la simulazione assoluta del contratto di compravendita 18.6.1984, in mancanza della necessaria e indispensabile controdichiarazione scritta quale prova della simulazione, ha poi costruito la vicenda contrattuale come realizzazione di un patto successorio, illecito ex art. 458 c.c., per superare i limiti della prova posti dall'art. 1417e.c., in relazione agli artt. 2721 e 2722 stesso codice. Ma tale costruzione non regge perche' quel che viene
prospettato come negozio dissimulato non e' assolutamente un patto successorio, ma solo l'intenzione che la P. aveva di garantire ai coniugi Nobili-Lucente, coi quali aveva stretto rapporti di
amicizia quasi familiari, la disponibilità dell'appartamento anche per il tempo successivo alla sua morte. Anzi la prospettazione rappresenta unicamente la spiegazione del motivo (interno e del tutto
irrilevante all'esterno) per il quale la P. ha effettuato la vendita con riserva di usufrutto, ma non l'esistenza di un vero e proprio patto successorio. B.2) Donde l'inammissibilità' della prova testimoniale e 'irrilevanza degli elementi indiziari circa la mancata corresponsione del prezzo ai fini della simulazione della vendita, da trovarsi solo mediante controdichiarazione scritta.
In particolare per quanto riguarda il prezzo va osservato che i giudici di merito hanno ritenuto la mancanza in atti di univoci elementi di prova in merito alla natura liberale dell'atto, a fronte
della quietanza rilasciata dalla venditrice per la quasi totalita' del prezzo e dell'accollo da parte dei compratori, per il residuo, del mutuo fondiario con la Cariplo (di cui alle ricevute di pagamento
intestate ai coniugi N.-L.), avendo l'impugnata sentenza
approfondito l'indagine anche in riferimento al documento n. 3 (invocato dalla ricorrente per dimostrare la natura fittizia della vendita), osservando come le voci e gli importi in esso indicati
erano privi di qualsiasi riferimento e non consentivano di risalire alla natura ed entita' del mutuo. Con conseguente irrilevanza, quindi, del deferito giuramento riguardante unicamente il pagamento
del prezzo in contanti (di cui alla dichiarazione di quietanza contenuta in contratto) ma non anche l'accollo del mutuo. In ogni caso, anche nell'ipotesi di attribuzione senza alcuna controprestazione economica, va osservato che il trasferimento di un diritto immobiliare (nuda proprieta') senza corrispettivo, qualora non costituisca adempimento di un'obbligazione, neppure naturale,
morale, etica o sociale, si configura come donazione, perche' l'animus donandi si presume, ed e' valido se, come nella fattispecie, rivesta la forma pubblica (Cass. 19.3. 1998 n. 2912).
C) Il ricorso deve essere pertanto respinto. Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione. Cosi' deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 2° Sezione Civile, il 19 novembre 1999.
Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2000
CONDIVIDI
Commenta questo documento
L'avvocato giusto fa la differenza
Avv. Massimo Luigi Gulisano
Studio Legale Avv. Massimo L. Gulisano - Catania, CT
Cerca il tuo avvocatoFiltra per
Altri 158 articoli dell'avvocato
Massimo Lazzari
-
Impugnazione della donazione per incapacità naturale
Letto 8390 volte dal 05/02/2008
-
LA REVOCA DELLA DONAZIONE
Letto 35758 volte dal 05/02/2008
-
FIGURE PARTICOLARI DI DONAZIONE
Letto 20605 volte dal 05/02/2008
-
IL CONTRATTO DI DONAZIONE
Letto 11336 volte dal 05/02/2008
-
La tassazione delle donazioni
Letto 10326 volte dal 05/02/2008