Il diritto al TFR sorge al termine del rapporto di lavoro
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Corte Suprema di Cassazione - sezione Lavoro, Sentenza 23 aprile 2009 n. 9695
Avv. Lorenzo Cuomo
di Cava de' Tirreni, SA, Italia
Letto 10399 volte dal 26/05/2009
Il diritto al TFR sorge con la cessazione del rapporto di lavoro subordinato e dal quel momento può quindi esser azionato, quand'anche sussista controversia tra le parti in ordine all'ammontare delle retribuzioni effettivamente spettanti e, quindi, sul suo ammontare; ove poi, in ordine alla determinazione delle retribuzioni, sia già in corso un procedimento giudiziale, la pendenza di tale controversia può, semmai, portare alla sospensione del giudizio specificamente
Il diritto al TFR sorge con la cessazione del rapporto di lavoro subordinato e dal quel momento può quindi esser azionato, quand'anche sussista controversia tra le parti in ordine all'ammontare delle retribuzioni effettivamente spettanti e, quindi, sul suo ammontare; ove poi, in ordine alla determinazione delle retribuzioni, sia già in corso un procedimento giudiziale, la pendenza di tale controversia può, semmai, portare alla sospensione del giudizio specificamente
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Il diritto al TFR sorge con la cessazione del rapporto di lavoro subordinato e dal quel momento può quindi esser azionato, quand'anche sussista controversia tra le parti in ordine all'ammontare delle retribuzioni effettivamente spettanti e, quindi, sul suo ammontare; ove poi, in ordine alla determinazione delle retribuzioni, sia già in corso un procedimento giudiziale, la pendenza di tale controversia può, semmai, portare alla sospensione del giudizio specificamente diretto al conseguimento del TFR, ma non si pone come elemento ostativo alla proposizione della relativa domanda.
Ne consegue che, a mente dell'art. 2935 c.c., il termine iniziale di decorso della prescrizione del diritto al TFR va individuato nel momento in cui tale diritto può esser fatto valere e, quindi, ne momento in cui il rapporto di lavoro subordinato è cessato e non già in quello in cui sia stato accertato giudizialmente l'effettivo ammontare delle retribuzioni spettanti.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 16.4.1993 il Tribunale di Napoli, pronunciando in grado d'appello nell'ambito di una controversia per impugnazione di licenziamento, per quanto qui specificamente rileva condannò la parte datoriale ISF spa (ora, a seguito di successive fusioni, Glaxosmithkline spa) a corrispondere al lavoratore illegittimamente licenziato M.F. la somma di L. 51.456.549, oltre interessi e rivalutazione "dalla data di maturazione dei singoli crediti"; detta sentenza passò in giudicato a seguito della reiezione da parte della Corte di Cassazione, con pronuncia dell'ottobre 1996, dei ricorsi proposti da ambo le parti.
Su istanza del M. venne emesso in data 23.1.1998 decreto ingiuntivo (notificato il 19.2.1998) nei confronti della Smith Kline Beecham Farmaceutici spa (ora Glaxosmithkline spa) per la somma complessiva di L. 52.671.920, oltre interessi, rivalutazione e spese, di cui L. 20.560.396 per residuo credito da danno da licenziamento (ottenuto aggiungendo alla somma liquidata nella sopra ricordata sentenza del Tribunale di Napoli gli accessori e detraendo la somma già corrisposta nell'ottobre 1985 dalla parte datoriale) e L. 32.111.524 per TFR. Il Tribunale di Napoli, in parziale accoglimento dell'opposizione dell'ingiunta, che aveva altresì opposto in compensazione un credito vantato a titolo di spese legali, revocò il decreto ingiuntivo e condannò:
- la Società opponente al pagamento della somma di L. 20.560.396, oltre ad interessi legali e rivalutazione monetaria dalla maturazione del diritto al saldo;
- il M. al pagamento della somma di L. 2.054.000, oltre agli accessori di legge dalla maturazione al saldo.
La Corte d'Appello di Napoli, con sentenza del 31.5 - 9.7.2005, pronunciando sui gravami interposti da entrambe le parti, in parziale riforma della sentenza di prime cure, che confermò nel resto, dichiarò la sussistenza dei reciproci crediti così come già riconosciuti nella sentenza impugnata, dichiarò la parziale compensazione tra tali crediti e condannò la Glaxosmithkline spa al pagamento della differenza.
A sostegno del decisum la Corte territoriale osservò quanto segue:
- nonostante una non decisiva contraddizione argomentativa contenuta nella sentenza di primo grado, doveva confermarsi la già ritenuta prescrizione del credito per TFR poichè: a) un'eventuale interruzione del termine prescrizionale avrebbe dovuto essere fatta valere dal creditore e non avrebbe potuto essere rilevata d'ufficio dal giudice; b) anche a voler ritenere ammissibile la considerazione del giudizio di impugnazione di un secondo licenziamento intercorso fra le parti, tale impugnazione non era idonea ad interrompere il termine prescrizionale relativo al credito, del tutto diverso, per TFR;
- il motivo di gravame svolto dalla parte datoriale in relazione al quantum del debito per differenze retributive (per non essere stato tenuto conto che, in forza della sentenza del Tribunale di Napoli del 16.4.1993, erano già stati corrisposti interessi e rivalutazione, cosicchè non era corretta ed equa la statuizione che aveva aggiunto ulteriori interessi e rivalutazione considerando la decorrenza del credito dalla sua maturazione) non poteva esser accolto, perchè ogni rilievo sulla somma riconosciuta in tale precedente giudizio avrebbe dovuto essere proposto in sede di impugnazione della relativa sentenza;
- erroneamente il primo Giudice aveva provveduto ad una peraltro non richiesta autonoma condanna del M., così impedendo un corretto calcolo degli interessi maturati, in quanto la compensazione opera alla data di maturazione del credito e, quindi, nel caso in esame, dall'1.8.1993.
Avverso l'anzidetta sentenza della Corte territoriale M. F. ha proposto ricorso per cassazione fondato su un unico motivo e illustrato con memoria.
La Glaxosmithkline spa ha resistito con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale fondato su quattro motivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. I ricorsi vanno preliminarmente riuniti siccome proposti avverso la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.).
2. Con l'unico motivo il ricorrente principale lamenta violazione degli artt. 2909, 2935 e 2948 c.c., della L. n. 297 del 1982 e L. n. 300 del 1970, art. 18, nonchè vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5), esponendo che la Corte territoriale, peraltro male interpretando la portata del gravame svolto sul punto, non aveva tenuto conto del fatto che, a mente dell'art. 2935 c.c., il diritto al pagamento del TFR, una volta ricostituitosi il rapporto per effetto dell'intervenuta declaratoria di illegittimità del licenziamento, non avrebbe potuto essere azionato prima della pronuncia giudiziale relativa all'ammontare delle retribuzioni, il che era avvenuto soltanto con la sentenza del Tribunale di Napoli dell'aprile 1993 e con la successiva pronuncia della Corte di Cassazione dell'ottobre 1996.
Con il primo motivo la ricorrente incidentale lamenta la violazione del principio di esaurimento del diritto di azione e il mancato rilievo della carenza dell'interesse ad agire, esponendo che il M. aveva richiesto (e ottenuto) un decreto ingiuntivo lamentando (a parte la domanda relativa al TFR) una non completa esecuzione della sentenza già resa inter partes dal Tribunale di Napoli il 16.4.1993, svolgendo quindi una domanda per lo stesso titolo e per lo stesso oggetto di cui a tale sentenza.
Con il secondo motivo la ricorrente incidentale lamenta vizio di motivazione e violazione dell'art. 429 c.p.c. con riferimento all'affermazione della Corte territoriale secondo cui ogni rilievo sulla somma riconosciuta nel precedente giudizio inter partes avrebbe dovuto essere proposto in sede di impugnazione della relativa sentenza, non essendo stato considerato che, alla luce delle conclusioni della CTU accolte in quella pronuncia, la formula di stile contenuta nel dispositivo relativa alla decorrenza degli interessi e della rivalutazione "dalla data di maturazione dei singoli crediti" non poteva ritenersi sufficiente ad attribuire a creditore somme assolutamente non spettantegli, essendo evidente la volontà del Giudicante di attribuirgli "tutto e soltanto" quanto era stato calcolato dal CTU. Con il terzo motivo la ricorrente incidentale lamenta omessa pronuncia, carenza di motivazione e violazione di legge per duplicazione di rivalutazione e interessi, esponendo che sul credito alla data del 30.10.1985, già calcolato dal CTU con la maggiorazione di rivalutazione e interessi (anche se in realtà inesistente), la Corte territoriale, confermando sul punto quella di primo grado e facendo quindi decorrere gli accessori "dalla maturazione del credito al saldo", aveva finito per riconoscere un'ulteriore attribuzione di tali accessori, omettendo di pronunciarsi sul motivo di gravame espressamente svolto sul punto.
Con il quarto motivo la ricorrente incidentale lamenta violazione dell'art. 1242 c.c. esponendo che la Corte territoriale aveva erroneamente riconosciuto al M. gli interessi e la rivalutazione sull'intero credito e, perciò, anche sulla parte del medesimo pur riconosciuta compensata.
3. Il diritto al TFR sorge con la cessazione del rapporto di lavoro subordinato e dal quel momento può quindi esser azionato, quand'anche sussista controversia tra le parti in ordine all'ammontare delle retribuzioni effettivamente spettanti e, quindi, sul suo ammontare; ove poi, in ordine alla determinazione delle retribuzioni, sia già in corso un procedimento giudiziale, la pendenza di tale controversia può, semmai, portare alla sospensione del giudizio specificamente diretto al conseguimento del TFR, ma non si pone come elemento ostativo alla proposizione della relativa domanda.
Ne consegue che, a mente dell'art. 2935 c.c., il termine iniziale di decorso della prescrizione del diritto al TFR va individuato nel momento in cui tale diritto può esser fatto valere e, quindi, ne momento in cui il rapporto di lavoro subordinato è cessato e non già in quello in cui, come sostiene il ricorrente principale, sia stato accertato giudizialmente l'effettivo ammontare delle retribuzioni spettanti.
L'unico motivo del ricorso principale non può pertanto essere accolto.
4. Secondo il condiviso orientamento di questa Corte il creditore che abbia ottenuto sentenza di condanna del debitore ha esaurito il diritto di azione e non può, per difetto di interesse rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo, richiedere ulteriormente un decreto ingiuntivo contro il medesimo debitore per lo stesso titolo e lo stesso oggetto di cui alla sentenza (cfr, Cass., nn. 6525/1997; 873/1974).
Tale principio ha trovato conferma in numerose ulteriori pronunce di questa Corte, salva la deroga per l'ipotesi in cui la domanda di condanna rivolta al giudice, pur nella preesistenza di altro ed analogo titolo giudiziale, non risulti diretta alla mera duplicazione del titolo già conseguito, ma faccia, per converso, valere una situazione giuridica (che non abbia già trovato esaustiva tutela) suscettibile di conseguimento di un risultato ulteriore rispetto alla lesione denunziata (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 15084/2006;
14737/2006; 18248/2004; 13518/2004; 7354/2004; 135/2001).
Con specifico riferimento alle sentenze di condanna del datore di lavoro al pagamento di quanto dovuto al lavoratore a seguito del riconoscimento dell'illegittimità del licenziamento, ai sensi della L. n. 300 del 1970, art. 18, ovvero alle sentenze di condanna del datore di lavoro al pagamento di un determinato numero di mensilità di retribuzione, questa Corte ha altresì avuto modo di affermare che tali sentenze costituiscono valido titolo esecutivo per la realizzazione del credito anche quando, nonostante l'omessa indicazione del preciso ammontare complessivo della somma oggetto dell'obbligazione, la somma stessa sia quantificabile per mezzo di un mero calcolo matematico, semprechè per la determinazione dell'importo non siano necessari elementi estranei al giudizio concluso e non predeterminati per legge, solo in tale ultimo caso potendo il creditore fare legittimamente ricorso al procedimento monitorio, nel cui ambito la sentenza diviene utilizzabile come atto scritto, dimostrativo dell'esistenza del credito fatto valere (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 24649/2006:9132/2003).
Nel caso che ne occupa il credito da danno da licenziamento illegittimo del M. era già stato determinato dalla sentenza del 16.4.1993 del Tribunale di Napoli quanto alla sorte capitale ed era ulteriormente determinabile attraverso mere operazioni matematiche per ciò che concerne l'ammontare degli interessi e della rivalutazione monetaria, onde già sulla base di tale titolo il creditore avrebbe potuto agire in executivis (detratta la minor somma già pacificamente corrisposta), senza necessità alcuna di ricorrere, per il medesimo credito, alla procedura monitoria. La domanda azionata sul punto in via monitoria si appalesa dunque inammissibile per la carenza dell'interesse ad agire (art. 100 c.p.c.).
Il primo motivo di ricorso incidentale è pertanto fondato.
5. Osservato che il potere di controllo delle nullità non sanabili, esercitabile in sede di legittimità, mediante proposizione della questione per la prima volta in tale sede, ovvero mediante il rilievo officioso da parte della Corte di Cassazione, va ritenuto compatibile con il sistema delineato dall'art. 111 Cost., allorchè si tratti non già di provvedimenti emanati da un giudice privo di competenza giurisdizionale, bensì di atti che nessun giudice avrebbe potuto pronunciare, difettando i presupposti o le condizioni per il giudizio (cfr, Cass., SU, n. 26019/2008), il ricorso incidentale va accolto (restando assorbita la disamina degli altri motivi), la sentenza impugnata va cassata in parte qua e la controversia, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, va decisa con la declaratoria della inammissibilità della domanda diretta alla condanna della parte datoriale al pagamento del credito da danno da licenziamento illegittimo.
Sulla base delle considerazioni che precedono va invece respinto il ricorso principale.
Tenuto conto dell'esito parzialmente difforme dei giudizi di merito, le spese dell'intero processo vanno compensate.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, dichiara assorbiti gli altri, rigetta il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile la domanda diretta alla condanna della parte datoriale al pagamento del credito da danno da licenziamento illegittimo; compensa le spese dell'intero processo.
Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2009.
Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2009
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