Revoca permesso di soggiorno, false generalità, ma se non c'è stata condanna e nel frattempo lo straniero si è inserito, la revoca è illegittima
T.A.R. Friuli Venezia Giulia, sezione prima, sent. n. 233/2015 del 27/05/2015
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 204 volte dal 09/03/2016
Il ricorrente, cittadino ghanese, impugna il provvedimento del questore di Pordenone che gli ha revocato il permesso di soggiorno per aver fornito false indicazioni sulla propria identità con l’esibizione di documenti falsi. Va valorizzato il contenuto dell’art.5 comma V del D Lgs 286 del 1998 che consente il rilascio o il rinnovo del p.d.s. in presenza di sopravvenute circostanze favorevoli.
Va ritenuto quindi provato l’inserimento del ricorrente nel tessuto sociale, laddove la falsità del passaporto esibito, in assenza di alcun procedimento penale, non vale a superare le su indicate favorevoli circostanze.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 145 del 2015, proposto da:
Francis Acquah, rappresentato e difeso dall'avv. Carla Panizzi, con domicilio eletto presso Ezio Novelli Avv. in Trieste, Via Coroneo 21;
contro
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Trieste, piazza Dalmazia 3;
per l'annullamento
-del provvedimento del Questore della Provincia di Pordenone del 16.2.15, notificato al ricorrente il 27.2.15, di revoca il permesso di soggiorno nr. 103765079;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 maggio 2015 il dott. Umberto Zuballi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Il ricorrente, cittadino ghanese, impugna il provvedimento del questore di Pordenone che gli ha revocato il permesso di soggiorno per aver fornito false indicazioni sulla propria identità con l’esibizione di documenti falsi.
Fa presente di essere in Italia dal 2002 e che il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo per i motivi di seguito indicati.
Sostiene il ricorrente che nel provvedimento non sono stati valutati tutti i presupposti per l’emanazione del decreto, che si appalesa un’ingiustizia grave e manifesta e un’omessa motivazione rispetto a circostanze rilevanti e infine una contraddittorietà del comportamento della pubblica amministrazione.
Osserva di non aver mai fornito false informazioni sulle sue origini, che non conosceva, mentre ha sempre lavorato e nessun provvedimento penale gli ha mai imputato alcun illecito. Quanto al passaporto della Liberia segnalato come falso la questione non rileva; fa presente di aver ottenuto il primo permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, successivamente rinnovato per motivi di lavoro, per cui risulta dimostrato il suo inserimento sociale e lavorativo.
Fa presente che il Paese di provenienza, la Liberia, era considerato non sicuro causa di disordini interni.
Il ricorrente inoltre lavora a tempo indeterminato nella medesima ditta da più di 10 anni, conseguendo il relativo reddito.
Resiste in giudizio l’amministrazione che contesta l’intero ricorso.
Il Collegio ritiene innanzitutto sussistenti i presupposti di legge per definire il giudizio nella presente sede cautelare con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 del c.p.a., come preannunciato alle parti nel corso della discussione.
Il presente ricorso risulta fondato.
Va invero valorizzato il contenuto dell’art.5 comma V del D Lgs 286 del 1998 che consente il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno in presenza di sopravvenute circostanze favorevoli; tra queste nel caso in esame vanno positivamente valutate sia l’attività lavorativa svolta in via continuativa dello straniero per 10 anni sia l’assenza di qualsivoglia precedente penale.
Va ritenuto quindi provato l’inserimento del ricorrente nel tessuto sociale, laddove la falsità del passaporto esibito, in assenza di alcun procedimento penale, non vale a superare le su indicate favorevoli circostanze.
In conclusione il ricorso va accolto con annullamento del provvedimento gravato mentre sussistono motivi per compensare le spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie come da motivazione.
Spese compensate, salvo che per il contributo unificato che va rimborsato al ricorrente nella misura versata.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 27 maggio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Umberto Zuballi, Presidente, Estensore
Manuela Sinigoi, Primo Referendario
Enrico Mattei, Referendario
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/05/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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