Protezione sussidiaria: sì a causa della violenza indiscriminata nel Mali
Tribunale di Roma, Sezione Prima Civile, Sentenza del 14 febbraio 2012
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 803 volte dal 31/05/2012
Deve considerarsi ammissibile di protezione sussidiaria, il ricorrente, cittadino del Mali, potendo egli subire, nel caso di rimpatrio nel proprio paese di origine e in quello di provenienza, per la sua sola presenza sul territorio, un danno grave a causa dell’attuale situazione che imperversa nel Mali e che si caratterizza per violenze generalizzate e massicce violazioni dei diritti umani. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI ROMA
[...] ha emesso la seguente
SENTENZA
[...]
Oggetto: riconoscimento della protezione internazionale
MOTIVI DELLA DECISIONE
[...]
Parte attrice ha proposto ricorso ai sensi dell'art. 35 d.l. n. 25/2008 sul presupposto del grave timore per la propria incolumità fisica, nell'ipotesi di rientro sia nel proprio paese di origine (Mali) in cui era rimasto a vivere sino al 2002. In particolare ha riferito di essere stato preso prigioniero da un gruppo di ribelli Tuareg che avevano prima ucciso sotto i suoi occhi il padre; di essere rimasto prigioniero dei Tuareg per tre mesi e di essere, quindi, riuscito a scappare e a raggiungere l'Italia attraverso una rete di trafficanti che lo avevano consigliato di fornire false generalità; di avere seguito i consigli anche perchè il basso livello di scolarizzazione non gli aveva consentito di valutare le possibili conseguenze delle sue false dichiarazioni; di avere fatto domanda di riconoscimento della protezione internazionale rigettata; di avere, quindi, formulato nuovamente la domanda allegando la sua vera storia personale, ma di non avere ottenuto un provvedimento positivo in difetto di nuove allegazioni rispetto al passato.
Orbene si rileva che la documentazione medica prodotta e la situazione in cui attualmente si trova il paese di provenienza del ricorrente consentono di effettuare una nuova valutazione in ordine alla sua posizione e di consentite l'accoglimento della domanda nei limiti appresso indicati.
Sicuramente non vi sono gli estremi per l'accoglimento della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato politico non essendo stati neanche allegati motivi di razza, religione, nazionalità appartenenza ad un determinato gruppo sociale o politico che, ove esistenti, avrebbero consentito il riconoscimento dello status invocato.
E' considerato invece "persona ammissibile alla protezione sussidiaria", il cittadino di un paese terzo o apolide che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma ne cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno. Sono considerati danni gravi: a) la condanna a morte o all'esecuzione; b) la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo paese di origine; c) la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale".
In questo ambito, va sottolineato il principio espresso dalla Corte di Giustizia nella causa C465/07 secondo cui 'il grado di violenza indiscriminata nel paese di origine può eccezionalmente essere sufficiente perchè le autorità competenti decidano che un civile in caso di rimpatrio correrebbe un rischio effettivo di subire minacce gravi ed individuali', 'l'esistenza di una siffatta minaccia può essere considerata, in via eccezionale, provata qualora il grado di violenza indiscriminata che caratterizza il conflitto armato in corso, valutato dalle autorità nazionali competenti impegnate con una domanda di protezione sussidiaria o dai giudici di uno Stato membro, raggiunga un livello così elevato che sussistono fondati motivi di ritenere che un civile rientrato nel paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire la detta minaccia.
Orbene, come emerge dalla documentazione medica prodotte, il ricorrente risulta "fortemente depresso" a causa della propria storia personale, caratterizzata da prolungati maltrattamenti, che lo hanno costretto ad abbandonare il proprio paese. Oggi il ricorrente è affetto da "una sindrome di disadattamento con reazione depressiva prolungata", probabilmente, ad avviso dei sanitari che lo hanno in cura, a causa dei traumi che hanno caratterizzato la sua storia e per "l'impossibilità di immaginarsi un futuro là dove è stato depredato di tutte le sue risorse e per il timore di essere vittima di nuovi soprusi e violenze". Tale timore non pare infondato laddove si pensi all'attuale situazione del Mali e alla condizione sociale dei suoi abitanti, come specificamente delineata dai rapporti di organizzazioni umanitarie (rapporto Amnesty International 2011), nonchè da elementi presuntivi evincibili dalle informazioni presenti sul sito "Viaggiare Sicuri" del Ministero degli Esteri e sulla enciclopedia informatica Wikipedia, facilmente consultabili e tali da costituire elementi valutativi assimilabili al fatto notorio.
In particolare sul sito del MAE è dato leggere "A causa del peggioramento delle condizioni di sicurezza nel Nord del Mali, risulta ancora più elevato il rischio di sequestri a danno di occidentali (nel corso degli ultimi due anni si sono verificati rapimenti anche di cittadini italiani). Si sconsigliano assolutamente viaggi nelle regioni settentrionali del Mali, a partire dalle aree limitrofe di Mopti-Sevarè e per tutta la vasta area a Nord. Tra il 23 e il 25 novembre 2011 un cittadino tedesco è stato ucciso e altri cinque stranieri sono stati rapiti a Hombori e Tomboctou. Le Autorità maliane hanno disposto l'evacuazione dalla città di Tomboctou di tutti i turisti stranieri. Anche nel resto del Paese si suggerisce di mantenere alta l'attenzione e di adottare adeguate misure di cautela nella scelta dell'alloggio e negli spostamenti." E ancora "Il paese ha visto la riapertura del conflitto nella regione settentrionale del Kidal. Nonostante l'accordo di pace siglato in Algeria nel luglio 2006 tra il gruppo armato Tuareg, Alleanza democratica per il cambiamento (Alliance démocratique pour le changement) e il governo, gruppi armati legati a Ibrahim Ag Bahanga hanno continuato a lanciare attacchi. Il governo ha presentato delle proposte di legge per l'abolizione della pena di morte, e una seconda che prevede la pena di morte per atti di terrorismo".
Orbene, in tale situazione, si ritiene, tenendo conto del clima di violenza generale che caratterizza il suddetto paese e di quanto sopra esposto, che, pur non rientrando la situazione dell'attore nella nozione di rifugiato, poichè non sussiste nei suoi confronti una persecuzione individuale, egli deve considerarsi ammissibile di protezione sussidiaria potendo subire, nel caso di rimpatrio nel proprio paese di origine e in quello di provenienza, per la sua sola presenza sul territorio, un danno grave a causa dell'attuale situazione che imperversa nel Mali e che si caratterizza, come si è visto, per violenze generalizzate e massicce violazioni dei diritti umani.
[...]
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, riconosce a Xxx, nato nel Mali [...], lo stato di protezione sussidiaria a norma dell'art. 14, d. Lgs. 19.11.07, n. 251 [...].
Roma, 12.1.2012
Il Giudice
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