No alla ripresa della prima domanda di asilo verso la Bulgaria, che non garantisce i diritti fondamentali dei richiedenti asilo
Consiglio di Stato, sent. n. 3999/16 del 27.09.2016
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 0 volte dal 23/03/2024
Viene impugnato il provvedimento con il quale lla Direzione Centrale dei servizi civili per l’Immigrazione e l’Asilo - Unità Dublino ha deciso il trasferimento (ripresa) del ricorrente in Bulgaria. Il ricorrente, infatti, aveva avanzato istanza di asilo per la prima volta in quel Paese.
Tuttavia, l’art. 3, comma 2, del Regolamento del Parlamento e del Consiglio Europeo 604/2013 del 26 giugno 2006 prevede che “qualora sia impossibile trasferire un richiedente verso lo Stato membro inizialmente designato come competente in quanto si hanno fondati motivi di ritenere che sussistono carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti in tale Stato membro, che implichino il rischio di un trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione dello Stato membro competente prosegue l’esame dei criteri di cui al capo III per verificare se un altro Stato membro possa essere designato come competente.”
Si ritiene che sia fondato il rischio attuale che lo straniero richiedente asilo venga sottoposto a trattamenti inumani e degradanti in Bulgaria, cosicché deve ritenersi impossibile il suo trasferimento.
Non poche sono le perplessità sul sistema di asilo vigente in Bulgaria e sulle condizioni critiche dei centri di accoglienza (alcuni veri e propri Centri di detenzione) e, più in generale, sul clima culturale di intolleranza e discriminazione che si respira nella società civile e anche tra i leader al governo nei confronti dei rifugiati entrati nel paese massicciamente specie in conseguenza del conflitto in Siria (cfr. 5° rapporto sulla Bulgaria dell’European Commission against Racism and Intollerance - ECRI - del 16 settembre 2014, pubblicato sul sito internet del Consiglio d’Europa).
L’Alto Commissariato per i Rifugiati esprime preoccupazione per le misure di controllo praticate al confine con la Turchia, dove i profughi vengono “respinti” dalle guardie di frontiera bulgare. L’UNHCR denuncia che i “respingimenti” non sono conformi agli obblighi della Bulgaria, che è tenuta a far entrare i richiedenti asilo nel proprio territorio, e segnala anche casi in cui la polizia di frontiera ha fatto ricorso alla violenza e, spesso, le persone in fuga affermano che la polizia ha confiscato i loro soldi e i loro averi (notizia pubblicata sul sito internet dell’UNHCR del 15 settembre 2015).
Da notizie pubblicate dalla stampa italiana (Repubblica.it del 20 gennaio 2015) si apprende che i richiedenti asilo vivono in centri di accoglienza sovraffollati (il campo di Harmanli pensato per 450 persone ne ospita oltre 1000), senza cure mediche e oggetto di violenze inaudite da parte di gruppi xenofobi (cfr. la morte del giovane ventenne Khaled Hassan nel gennaio 2015) e anche da parte della polizia bulgara.
Tali circostanze notorie sono sufficienti a far ritenere fondato il rischio che il provvedimento impugnato esponga il ricorrente alla possibilità di subire trattamenti in contrasto con i principi umanitari e con l’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’U.E.
https://avvmichelespadaro.wordpress.com/2024/03/23/no-alla-ripresa-della-prima-domanda-di-asilo-verso-la-bulgaria-che-non-garantisce-i-diritti-fondamentali-dei-richiedenti-asilo/
https://youtu.be/AwpSFjQXHpo
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