Emersione 2009: il permesso va rilasciato anche se lo straniero è destinatario della misura della custodia cautelare in carcere
TAR Lombardia, sez. IV, sent. n. 752/2014 del 21/03/2014
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 129 volte dal 10/04/2014
Nel provvedimento di rigetto si evidenziava che lo straniero era destinatario di un’ordinanza applicativa della misura della custodia cautelare in carcere. Il ricorrente deduce illegittimità del provvedimento perchè il rinnovo del permesso di soggiorno può essere negato soltanto in presenza di una condanna definitiva e non di semplice denuncia di reato o per una segnalazione di polizia.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 3235 del 2013, proposto da:
OUSMANE DIENG, rappresentato e difeso dall'avv. Susanna Angela Tosi, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Vespri Siciliani, 38;
contro
Ministero dell'Interno - Questura di Milano, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata nei suoi uffici in Milano, via Freguglia, 1;
per l'annullamento
del provvedimento n.4706/13 Imm. emesso in data 07.05.2013.dal Questore della Provincia di Milano, notificato al ricorrente in data 09.10.2013, portante rigetto dell'istanza di rilascio del permesso di soggiorno per emersione lavoro subordinato, ex L.102/109;
nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale e comunque connesso;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno - Questura di Milano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 gennaio 2014 il dott. Domenico Giordano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
1) Con il ricorso in epigrafe, il cittadino senegalese ricorrente chiede l’annullamento del decreto con il quale il Questore di Milano ha respinto la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per emersione lavoro subordinato, presentata ai sensi dell’art. 1 ter l.n. 102/09.
Nel provvedimento di rigetto si evidenziava che lo straniero era destinatario di un’ordinanza applicativa della misura della custodia cautelare in carcere, in quanto indagato per i reati di cui agli artt. 73 D.P.R. n. 309/90, 4 l.n. 146/06 e 99 c.p. per essere associato ad organizzazione criminale al fine di commettere più delitti di acquisto, importazione e cessione di sostanze stupefacenti, nonché agli artt. 81, 110 c.p. e 73 D.P.R. n. 309/90, perché con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in concorso con connazionale, cedeva quantitativi imprecisati di sostanza stupefacente (cocaina) a persone non identificate; a carico dello straniero risultava inoltre una segnalazione di polizia per ricettazione. Tali gravi fatti, in aggiunta alla perdurante assenza di redditi provenienti da fonti lecite (denotata dalla presenza di versamenti contributivi solo per il periodo da aprile a giugno 2009), inducevano l’amministrazione a formulare un giudizio di pericolosità sociale dello straniero.
A sostegno della domanda di annullamento, il ricorrente deduce illegittimità del provvedimento per violazione degli artt. 27 Cost., 4, terzo comma, D.Lgs. n. 286/98 e 10 bis l.n. 241/90. Assume che il rinnovo del permesso di soggiorno può essere negato soltanto in presenza di una condanna definitiva e non di semplice denuncia di reato o per una segnalazione di polizia; che il giudizio di pericolosità sociale formulato nel provvedimento contrasta con le valutazioni contenute nell’ordinanza 4 novembre 2013 del Tribunale di Genova, sezione per il riesame, che ha giudicato la condotta del Dieng “come meramente occasionale” e ha escluso di poter giudicare l’indagato soggetto socialmente pericoloso. Espone, infine, di aver informato la Questura (con mail del 23 settembre 2013) dell’avvio della procedura di regolarizzazione della posizione contributiva presso l’INPS.
Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio depositando documentazione, ma senza articolare difese.
2) Il Collegio ritiene che il giudizio possa essere definito con sentenza in forma semplificata, emessa ai sensi dell’art. 60 c.p.a., adottata in esito alla camera di consiglio per la trattazione dell’istanza cautelare, stante l’integrità del contraddittorio, l’avvenuta esaustiva trattazione delle tematiche oggetto di giudizio, nonché la mancata enunciazione di osservazioni oppositive delle parti, rese edotte dal Presidente del Collegio di tale eventualità.
Il ricorso è fondato.
L’art. 1 ter, comma 13, del d.l. 1 luglio 2009 n. 78, conv. in l. 102/09, stabilisce che “Non possono essere ammessi alla procedura di emersione prevista dal presente articolo i lavoratori extracomunitari:
a) nei confronti dei quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione ai sensi dell’articolo 13, commi 1 e 2, lettera c), del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e dell’ articolo 3 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, e successive modificazioni;
b) che risultino segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore per l’Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato;
c) che risultino condannati, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei reati previsti dagli articoli 380 e 381 del medesimo codice.
La Corte costituzionale, con sentenza 2-6 luglio 2012, n. 172, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui fa derivare automaticamente il rigetto della istanza di regolarizzazione del lavoratore extracomunitario dalla pronuncia nei suoi confronti di una sentenza di condanna per uno dei reati previsti dall'art. 381 del codice di procedura penale, senza prevedere che la pubblica amministrazione provveda ad accertare che il medesimo rappresenti una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato.
L’esito negativo della procedura di emersione presuppone quindi che lo straniero sia stato condannato per uno dei reati per i quali è previsto l’arresto obbligatorio; diversamente, viene meno l’automatismo della preclusione alla procedura di sanatoria.
Nella specie, occorre considerare che a carico del ricorrente non risulta pronunciata alcuna sentenza di condanna, il che – come del resto riconoscere la stessa amministrazione nel rapporto depositato in giudizio - è sufficiente ad escludere la sussistenza dei presupposti ostativi all’accoglimento della domanda di emersione.
Quanto al formulato giudizio di pericolosità sociale, va osservato che con ordinanza 4 novembre 2013 il Tribunale di Genova, sezione per il riesame, nel valutare il pericolo di reiterazione del reato, ha escluso la pericolosità sociale attuale in ragione dell’occasionalità della condotta illecita dello straniero e per avere questi intrapreso un percorso riabilitativo che induce a ritenere insussistente allo stato una persistente irregolarità comportamentale dell’indagato.
In tale quadro, giova il richiamo all’orientamento, cui questo collegio intende dare continuità, con il quale si è affermato che, per garantire il rispetto dei principi di unità e coerenza dell’ordinamento, le valutazioni compiute da un giudice specializzato quale il giudice di sorveglianza scompongono ogni eventuale automatismo connesso a precedenti penali o di polizia e, anche se non possono ritenersi ex se determinanti ai fini della decisione sul rinnovo del permesso di soggiorno, rendono comunque necessaria da parte dell’amministrazione preposta una specifica e autonoma ponderazione dei fatti sopravvenuti e della complessiva condotta dell’interessato (cfr. CdS n. 4685/13).
Con riguardo, infine, alla circostanza che la posizione contributiva dello straniero risulta deficitaria per la presenza di soli versamenti relativi a pochi mesi del 2009, il Collegio osserva che gravano sul datore di lavoro gli obblighi in materia contributiva maturati a decorrere dalla data di assunzione del lavoratore. Nella specie, il datore di lavoro del ricorrente con raccomandata 4 marzo 2013 (di cui è stata data notizia alla Questura in data anteriore alla notifica del provvedimento di rigetto) ha prodotto all’INPS domanda di regolarizzazione della posizione contributiva del lavoratore, con contestuale richiesta di poter corrispondere in forma rateale il debito pregresso.
Il provvedimento impugnato deve pertanto considerarsi illegittimo in quanto le suindicate circostanze non sono state considerate nel contesto della valutazione circa la complessiva condotta dell’interessato nel corso della procedura di emersione.
3) In conclusione il ricorso è fondato e deve essere accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
Le peculiarità della situazione di fatto sottesa all’impugnazione consentono di ravvisare giusti motivi per compensare tra le parti le spese della lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando:
accoglie il ricorso, come in epigrafe proposto, e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato;
compensa le spese tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 22 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Domenico Giordano, Presidente, Estensore
Elena Quadri, Consigliere
Mauro Gatti, Primo Referendario
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/03/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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