Nel considerare prevalenza interessi familiari su condanna penale, per il rinnovo del pds, la situazione familiare deve essere effettivamente valutata
TAR Piemonte, Sezione Seconda, Sentenza del 27 marzo 2013, n. 395
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 135 volte dal 13/06/2013
Va annullato il provvedimento di rifiuto della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno, assunto sulla base di una sentenza di condanna per reati inerenti gli stupefacenti. Nel caso di specie è pacifico che il ricorrente avesse esercitato il diritto al ricongiungimento familiare nei confronti della propria coniuge e, pertanto, nei suoi confronti, la pur intervenuta condanna per il reato inerente gli stupefacenti non poteva dar luogo ad una causa automaticamente ostativa al rinnovo del titolo di soggiorno, imponendosi, invece, la valutazione prevista dall’art. 5, comma 5, ultima parte, del D.Lgs. n. 286/1998. Per la verità, l’amministrazione ha sì valutato la presenza dei vincoli familiari dell’interessato, ma lo ha fatto in modo del tutto apparente ed inadeguato. Riconoscere che la “situazione familiare in Italia” debba entrare a far parte di un giudizio di bilanciamento con l’interesse pubblico sotteso all’allontanamento dei soggetti “pericolosi socialmente”, infatti, presuppone che quella situazione familiare sia oggetto di una effettiva e rigorosa valutazione, ancorata ai dati di fatto rilevanti nella fattispecie alla luce dei quali essa deve essere accompagnata da una adeguata motivazione, mentre non può essere meramente richiamata solo per farne discendere un apodittico giudizio di soccombenza. Peraltro, anche il giudizio di pericolosità sociale formulato dall’amministrazione si svela essere fallace almeno sotto un duplice aspetto: da un lato, non è stato minimamente considerato il tenore della sentenza penale di condanna che aveva riconosciuto il “modesto disvalore del fatto e la condizione di incensuratezza dell’imputato”, dall’altro, il riferimento di non meglio specificati “segnalamenti” per violazione della legge sugli stupefacenti non è in grado, per l’evidente genericità che lo connota di poter far discendere alcuna valutazione che abbia la pretesa di rigorosità e completezza.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
[...]
per l'annullamento
del decreto [...] di rigetto dell'istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato presentata alla Questura di Biella
[...]
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con decreto [...] il Questore della Provincia di Biella ha denegato il rinnovo del permesso di soggiorno, già in precedenza rilasciato per motivi di lavoro subordinato, nei confronti del sig. Xxx di cittadinanza algerina. Nella motivazione dell’atto si dà conto della condanna, inflitta all’interessato con sentenza divenuta irrevocabile il 2 novembre 2010, per il reato di cui all’art. 73, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990 (produzione, traffico o detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope), condanna ritenuta “ostativa al rinnovo del permesso di soggiorno come espressamente indicato dal combinato disposto di cui agli artt. 4 co. 3 e 5 co. 5 del D.Lvo 286/98 succ. modificato”; si aggiunge inoltre che la condotta tenuta dallo straniero durante la sua permanenza in Italia “sia indicativa di un negativo inserimento nel contesto sociale e possa essere legittimamente considerata sintomo di pericolosità sociale”, anche perché il sig. Xxx risulta “segnalato più volte per violazione della legge sugli stupefacenti”. Esaminata, peraltro, la situazione familiare del richiedente “nella parte in cui si considera la rilevanza del diritto all’esercizio del ricongiungimento familiare”, ed effettuato, pertanto, un “bilanciamento fra l’interesse del richiedente alla conservazione della propria situazione familiare in Italia e l’interesse pubblico al diniego del soggiorno nei confronti di un soggetto particolarmente predisposto ad azioni delittuose”, l’amministrazione conclude nel senso di assegnare prevalenza a quest’ultima istanza.
Avverso tale atto il sig. Xxx [...] ha proposto ricorso dinnanzi a questo TAR, chiedendone l’annullamento previa sospensione cautelare. Egli premette, in fatto, di risiedere regolarmente in Italia dal 1987 e di aver esercitato nel 2000 il diritto al ricongiungimento familiare con la propria coniuge, ai sensi della normativa sull’immigrazione. La sentenza di condanna inflittagli nel 2010 gli ha peraltro riconosciuto l’attenuante della “lieve entità” del fatto, consistito unicamente nell’“avere coltivato due piantine di cannabis rinvenute presso la sua abitazione”. In diritto vengono sollevate le seguenti censure: - difetto di istruttoria e carenza di motivazione: l’amministrazione, se non mediante “valutazioni generiche e stereotipate”, non avrebbe nella specie rispettato il dovere (imposto dall’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 286 del 1998, con riferimento allo straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare) di effettuare adeguata valutazione “della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato e dell'esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d'origine, nonchè, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale”;
- violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990: pur avendo il sig. Xxx evidenziato, nella memoria procedimentale, la propria situazione familiare, tali elementi non sarebbero stati oggetto di valutazione nel provvedimento finale, così frustrando le garanzie partecipative assicurate dalla legge;
- difetto di motivazione e di istruttoria, con riguardo al giudizio di pericolosità sociale formulato dall’amministrazione: ciò, con particolare riguardo al riferimento, compiuto nella motivazione dell’atto, alle “segnalazioni di polizia” le quali, in linea generale, “non corrispond[ono] all’accertamento di alcuna condotta penalmente rilevante e non [possono] pertanto assumere efficacia alcuna”;
- violazione dell’art. 4, comma 3, e dell’art. 5, comma 5, del d.lgs. 286 del 1998: in presenza del ricongiungimento familiare ai sensi dell’art. 29 d.lgs. n. 286 del 1998, infatti, non sussisterebbe – a differenza di quanto ritenuto dalla Questura – il carattere ostativo delle condanne penali indicate dall’art. 4, comma 3, del medesimo testo di legge, ivi compresa la condanna riportata dal sig. Xxx
- eccesso di potere per travisamento dei fatti, in ordine alla complessiva situazione personale e sociale del sig. Xxx la quale non autorizzerebbe le conclusioni in ordine alla sua presunta “pericolosità sociale” cui è invece pervenuta l’amministrazione.
[...]
3. Il ricorso è fondato.
Prescrive l’art. 5, comma 5, ultima parte, del d.lgs. n. 286 del 1998 che “Nell'adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell'articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato e dell'esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d'origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale”. Nel caso di specie è pacifico che il ricorrente avesse esercitato, ai sensi dell’art. 29 del d.lgs. n. 286 del 1998, il diritto al ricongiungimento familiare nei confronti della propria coniuge, come era stato segnalato all’amministrazione anche in sede di memoria procedimentale ex art. 10-bis della legge n. 241 del 1990. Nei suoi confronti, pertanto, la pur intervenuta condanna per il reato inerente gli stupefacenti non poteva dar luogo ad una causa automaticamente ostativa al rinnovo del titolo di soggiorno: era infatti necessaria, a tal fine, anche una valutazione – tra le altre cose – “della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato”, così come richiesto dalla norma sopra riportata (cfr., ex multis: Cons. Stato, sez. VI, n. 995 del 2011; TAR Valle d’Aosta, n. 51 del 2010; nonché gli specifici precedenti della Sezione, tra i quali le sentt. n. 1134 del 2011 e nn. 145, 148 e 1213 del 2012).
Proprio quest’ultima è la mancanza commessa dall’amministrazione, la quale solo apparentemente ed in modo del tutto inadeguato – in base a quanto è stato scritto nella motivazione del provvedimento impugnato – ha valutato la presenza dei vincoli familiari dell’interessato: riconoscere che la “situazione familiare in Italia” debba entrare a far parte di un giudizio di bilanciamento con l’interesse pubblico sotteso all’allontanamento dei soggetti “pericolosi socialmente”, infatti, presuppone che quella situazione familiare sia oggetto di un’effettiva e rigorosa valutazione, ancorata ai dati di fatto rilevanti nella fattispecie (per il sig. Xxx doveva ad esempio sicuramente valutarsi la presenza, oltre alla coniuge, anche dei due figli minori nati in Italia, la cui situazione è del tutto paragonabile a quella del familiare ricongiunto: cfr., in proposito, TAR Piemonte, sez. II, sentt. n. 465 del 2012 e n. 146 del 2013) alla luce dei quali essa deve essere accompagnata da un’adeguata motivazione, mentre non può essere meramente richiamata solo per farne discendere un apodittico giudizio di soccombenza rispetto all’altra istanza. Nel caso di specie, peraltro, anche il giudizio di pericolosità sociale formulato dall’amministrazione si svela essere fallace almeno sotto un duplice aspetto: da un lato, non è stato minimamente considerato il tenore della sentenza penale di condanna che aveva riconosciuto il “modesto disvalore del fatto e la condizione di incensuratezza dell’imputato” (doc. n. 8 del ricorrente), alla luce della qualità e della quantità delle piante di cannabis oggetto di illegale coltivazione; dall’altro lato, il riferimento ai non meglio specificati “segnalamenti” per violazione della legge sugli stupefacenti non è in grado, per l’evidente genericità che la connota (soprattutto, per non essere stati indicati gli esiti processuali di tali presunti segnalamenti), di poter far discendere alcuna valutazione che abbia la pretesa di rigorosità e completezza.
Non può poi sottacersi che, nel caso di specie, l’amministrazione è incorsa in un’altra, evidente violazione, sotto altro profilo, dell’art. 5, comma 5, d.lgs. n. 286 del 1998, allorché ha rilevato l’ostatività della condanna penale riportata dal ricorrente nel 2010: tale condanna, invece (come già evidenziato), non poteva ritenersi automaticamente ostativa alla permanenza in Italia del sig. Xxx proprio perché – in base alla norma citata – essa invece rappresentava solo uno dei possibili elementi di valutazione, a fianco dell’altro concernente la complessiva situazione personale e familiare dell’interessato in quanto soggetto che aveva esercitato il ricongiungimento familiare.
4. Il ricorso, pertanto, è da accogliere, restando assorbiti gli ulteriori motivi di gravame. L’impugnato diniego va quindi annullato, con la precisazione che spetterà nuovamente all’amministrazione pronunciarsi sull’originaria istanza di rinnovo inoltrata dal ricorrente, alla luce delle indicazioni della presente sentenza. [...]
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sezione seconda, definitivamente pronunciando,
Accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il decreto [...] del Questore della Provincia di Biella.
[...]
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 13 marzo 2013 [...]
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