No studi di settore per chi è stato in malattia
Cassazione Civile , sez. tributaria, sentenza 28.12.2011 n° 29185
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 672 volte dal 02/05/2012
Se il soggetto è da poco in attività e dimostra, mediante idonea certificazione medica il periodo di malattia, può essere “escluso” dagli studi di settore. SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA Ordinanza 7 – 28 dicembre 2011, n. 29185 (Presidente Merone – Relatore Iacobellis) Svolgimento del processo La controversia promossa da Mapag di F. M. e P. snc contro l’Agenzia delle Entrate è stata definita con la decisione in epigrafe, recante il rigetto dell’appello proposto dalla Agenzia delle Entrate contro la sentenza della CTP di Frosinone n. 74/4/2005 che aveva accolto il ricorso della società contribuente avverso l’avviso di rettifica Iva 1996. La CTR rilevava che il contribuente, invitato al contraddittorio aveva dimostrato che trattavasi di attività iniziata da poco e che il socio F.M. per questioni di salute non aveva potuto offrire la propria collaborazione e che quindi la redditività non ha raggiunto i parametri prefissati…in presenza di tali circostanze spettava all’Ufficio di motivare adeguatamente sulla inattendibilità delle suddette controdeduzioni”. Il ricorso proposto si articola in due motivi. Nessuna attività difensiva ha svolto l’intimata. Il relatore ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c. Il presidente ha fissato l’udienza del 7/12/2011 per l’adunanza della Corte in Camera di Consiglio. Il P.G. ha concluso aderendo alla relazione.
Con primo motivo la ricorrente assume la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, e L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 18. La CTR avrebbe disatteso le risultanze dei parametri sulla base di generiche deduzioni del contribuente.
La censura è infondata alla luce del principio affermato da questa Corte (Sez. U, Sentenza n. 26635 del 18/12/2009) secondo cui la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sé considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli “standards” o la specifica realtà dell’attività economica nei periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello “standard” prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli “standards” al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte. In tal caso, però, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli “standards”, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito.
Tali principi risultano osservati dalla decisione impugnata laddove, a fronte della dimostrazione da parte del contribuente che trattavasi di attività iniziata da poco e che il socio F.M. per questioni di salute non aveva potuto offrire la propria collaborazione e che quindi la redditività non ha raggiunto i parametri prefissati…, ha affermato l’obbligo dell’Ufficio di motivare adeguatamente sulla inattendibilità delle suddette controdeduzioni”.
Con secondo motivo la ricorrente assume la illogicità della motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la ctr non avrebbe puntualizzato le circostanze addotte né specificato l’incidenza causale delle stesse nella determinazione dello scostamento. La censura appare infondata non ravvisandosi nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, una obiettiva deficienza del criterio logico che lo ha condotto alla formazione del proprio convincimento, né le ragioni poste a fondamento della decisione risultino sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l’individuazione della “ratio decidendi”, e cioè l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione adottata Consegue da quanto sopra il rigetto del ricorso. Nulla per le spese in assenza di attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
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