L’atto tributario deve essere motivato
Cassazione civile , sez. tributaria, sentenza 20.09.2013 n° 21564
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
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Ogni atto tributario (sia che si tratti di accertamenti fiscali dell’Agenzia delle Entrate che di cartelle di pagamento o altri atti esattoriali) deve permettere al contribuente di comprendere chiaramente il tipo di pretesa e la somma richiesta. Diversamente l’atto è illegittimo e quindi è nullo. L’obbligo di motivazione dell’atto impositivo consente di conoscere la pretesa impositiva.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Sentenza 18 luglio - 20 settembre 2013, n. 21564
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERONE Antonio - Presidente -
Dott. CHINDEMI Domenico - Consigliere -
Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta - Consigliere -
Dott. BOTTA Raffaele - rel. Consigliere -
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore e Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e difende per legge;
- ricorrenti -
contro
F.A.M.;
- intimata -
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte (Torino), Sez. 32, n. 44/32/05 dell'8 giugno 2005, depositata il 27 ottobre 2005, non notificata;
Udita la relazione svolta nella Pubblica Udienza del 18 luglio 2013 dal Relatore Cons. Raffaele Botta; Preso atto che nessuno è presente per le parti;
Udito il P.M., nella persona del sostituto Procuratore Generale Dott. SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
La controversia concerne l'impugnazione di un avviso di liquidazione per imposta ipotecaria e catastale dovuta a titolo suppletivo in relazione alla trascrizione di una sentenza recante autenticazione giudiziale della sottoscrizione apposta ad una scrittura privata con la quale era stato convenuto il trasferimento di un immobile, sentenza che era stata originariamente sottoposta al solo prelievo della tassa di registro in misura fissa.
La Commissione adita rigettava il ricorso della contribuente, il cui appello era tuttavia accolto, con la sentenza in epigrafe, avverso la quale l'amministrazione propone ricorso per cassazione con unico motivo. La contribuente non si è costituita.
Motivi della decisione
Preliminarmente deve essere dichiarato inammissibile il ricorso del Ministero dell'Economia e delle Finanze, a spese compensate, in quanto esso non ha partecipato al giudizio d'appello, nel quale era presente esclusivamente il successore a titolo particolare, l'Agenzia delle Entrate Ufficio di (OMISSIS).
Con l'unico motivo di ricorso, l'Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata per aver ritenuto l'atto impositivo privo di congrua motivazione.
Ad avviso l'errore del giudice a quo appare evidente se si osserva che "la parte ricorrente ha svolto, nel ricorso introduttivo come nell'atto d'appello, una serie di compiute argomentazioni di merito (ad es. in punto di prescrizione e in punto di asserita propria carenza di legittimazione passiva in via solidale con i venditori)":
ciò significa che l'atto impositivo, avendo carattere di provocatio ad opponendum, offriva sufficienti elementi perchè il contribuente potesse svolgere efficacemente le proprie difese. Questa è una visione riduttiva del ruolo della motivazione, che pur leggendolo in funzione dell'esercizio del diritto di difesa, finisce per legittimare un possibile, ma inammissibile, giudizio ex post della sufficienza della motivazione argomentata dalla difesa comunque svolta in concreto dal contribuente piuttosto che un giudizio ex ante argomentata sulla rispondenza degli elementi enunciati nella motivazione a consentire ex se l'esercizio effettivo del diritto di difesa.
In realtà, l'obbligo di motivazione dell'atto impositivo "persegue il fine di porre il contribuente in condizione di conoscere la pretesa impositiva in misura tale da consentirgli sia di valutare l'opportunità di esperire l'impugnazione giudiziale, sia, in caso positivo, di contestare efficacemente l'an e il quantum debeatur.
Detti elementi conoscitivi devono essere forniti all'interessato, non solo tempestivamente (e cioè inserendoli ab origine nel provvedimento impositivo), ma anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilità che permetta al medesimo un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa" (Cass. 12 luglio 2006, n. 15842; v. in senso conforme Cass. 27 novembre 2006, n. 25064; Cass. 30 ottobre 2009, n. 23009).
Nel caso di specie il giudice di merito ha ritenuto che a tali requisiti non rispondesse la motivazione dell'atto impositivo contestato: il ricorso dell'amministrazione non riporta in alcun modo il contenuto specifico della motivazione giudica insufficiente dal giudice a quo e in tal modo impedisce che il giudice di legittimità possa effettuare il richiesto controllo sulla corrispondenza a diritto della pronuncia impugnata.
Poichè la non ritenuta congruità della motivazione dell'atto impositivo costituisce la sola ratio decidendi della sentenza impugnata, restano prive di rilievo tutte le altre argomentazioni svolte nel ricorso, le quali potrebbero essere valutate solo se fosse superabile, il che non è per le ragioni già dette, la decisione sulla insufficienza della motivazione dell'atto impositivo che è scalfita dalle censure sul punto sviluppate nel ricorso, il quale deve, pertanto, essere rigettato. Non occorre provvedere sulle spese, stante la mancata costituzione della parte intimata.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell'Economia e delle Finanze e rigetta il ricorso dell'Agenzia delle entrate.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 18 luglio 2013.
Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2013.
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