Se il padre riconosce tardivamente il figlio naturale prevale cognome materno
Cassazione civile , Sez. I, sentenza 15.12.2011, n° 27069
Avv. Roberta Ronzino
di Lecce, LE, Italia
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La legge (art. 262 c.c.) prevede che quando il riconoscimento è effettuato contemporaneamente dai genitori, il figlio naturale assume il cognome del padre. Nel caso di riconoscimento tardivo del padre, se avviene a distanza di qualche anno rispetto a quello della madre, il figlio naturale prenderà il cognome paterno aggiungendolo o sostituendolo a quello materno. Se il figlio naturale è minorenne sarà il Giudice a decidere nell’interesse del minore. E’ il caso che ha esaminato la Cassazione, poiché il padre, che aveva riconosciuto il figlio successivamente alla madre, ha chiesto che il proprio cognome fosse sostituito a quello della madre del minore. Da tempo la Corte sostiene che non ci sono automatismi nell’attribuzione del cognome paterno – escludendo la sussistenza di un privilegio - ma occorre sempre valutare l’interesse del minore a conservare il cognome originario avuto riguardo alla sua funzione garantire l’identità personale. Il nome è uno degli elementi che caratterizzano l'identità della persona, oggetto di tutela costituzionale, oltre che ai sensi dell'art. 22 Cost., anche ai sensi dell'art. 2 Cost., in quanto segno distintivo ed identificativo di ogni individuo nella vita di relazione. Una volta radicatosi quale elemento identificativo della persona, il cognome deve essere tutelato da modificazioni che contrastano con il diritto inviolabile e fondamentale alla propria identità (Corte cost., sentenze n. 297 del 1996 e n. 120 del 2001). Questa è la lettura costituzionalmente orientata dell'art. 262 c.c. La questione dell’attribuzione automatica del cognome paterno, anche in merito alle disposizioni sulla filiazione legittima, è da alcuni anni al vaglio della Corte Costituzionale la quale, con la sentenza n. 61 del 2006, ha riconosciuto che l'attuale sistema di attribuzione del cognome «non è più coerente con i principi dell'ordinamento e con il valore costituzionale dell'uguaglianza tra uomo e donna».
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE I CIVILE
Sentenza 15 dicembre 2011, n. 27069
Svolgimento del processo
La Corte d’Appello di Caltanissetta, con provvedimento del 16 ottobre 2009, reso nei confronti di L. N. e T. A., in riforma del provvedimento del Tribunale per i minorenni di Caltanissetta del 26-5/11-6-2009, attribuiva ex art. 262 c.c. al minore D. , figlio naturale delle parti, riconosciuto prima dalla madre e poi dal padre, il cognome di entrambi i genitori. Ricorre per cassazione il T., sulla base di due motivi.
Resiste, con controricorso, la L.
Motivi della decisione
Con il primo motivo, il ricorrente lamenta violazione dell’a.rt. 262 c.c., con il secondo, vizio di motivazione del provvedimento impugnato.
Non si ravvisa violazione di legge. Questa Corte ha avuto modo di precisare (tra le altre, Cass. n. 2644 del 2011) che in tema di attribuzione giudiziale del cognome al figlio naturale, riconosciuto non contestualmente dai genitori il giudice è investito del potere-dovere, di decidere su ognuna delle possibilità previste dall’ art. 262, II e III comma c.c., avendo riguardo, quale criterio di riferimento, unicamente all’interesse del minore, ed escludendo qualsiasi automaticità (che non riguarda il patronimico, per il quale non sussiste alcun privilegio), nonché, in particolare, l’esigenza di equiparare sempre e comunque l’attribuzione del cognome del figlio naturale a quella del figlio nato nel matrimonio (al riguardo, Cass. n. 12670 del 2009).
Criterio direttivo deve essere quello di salvaguardare l’identità personale del soggetto. Né si potrebbe affermare che l’identità di un minore in tenerissima età non sussista. Il relativo diritto richiama l’esigenza di essere se stessi, nella prospettiva di una compiuta rappresentazione della personalità individuale in tutti i suoi aspetti ed implicazioni, nelle sue qualità ed attribuzioni; diritto alla propria identità, sottoposta ai medesimi mutamenti della personalità individuale (e quindi diritto “alla personalità” e alle condizioni che ne garantiscono lo sviluppo). Si dovrà dunque guardare al vissuto” del minore, alla vita sua trascorsa, ma pure alle eventuali prospettive future. Ovviamente la valutazione concreta del giudice di merito, se sorretta da adeguata motivazione, è incensurabile in questa sede. Chiarisce il giudice a quo , che il minore, pur in tenerissima età, fino ad oggi ha vissuto con la madre, e non si prospetta da parte dei genitori il proposito di vivere stabilmente insieme. Pur mantenendo D. rapporti con il padre, continua il provvedimento impugnato è da presumere che egli vivrà prevalentemente con la madre e la famiglia di lei. Corrisponde dunque al suo interesse originario aggiungere il cognome del padre a quello della madre, e garantire, anche in prospettiva, la tutela della sua identità personale, in relazione all’instaurato ambiente familiare e sociale di vita.
I motivi appaiono infondati.
Va rigettato conclusivamente il ricorso.
La natura del provvedimento nonché la posizione delle parti e la vicenda processuale richiedono la compensazione delle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; dichiara compensate le spese del presente giudizio di legittimità.
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