Autorità Garante Concorrenza Mercato / ATAC
TAR Lazio di Roma sezione I ATAC / AGCM del 18.04.2008
Avv. Prof. Piero Lorusso
di Roma, RM
Letto 1768 volte dal 20/02/2011
l'obbligo di esame delle memorie e dei documenti difensivi, ex art. 10 della legge n. 241/1990, non impone un'analitica confutazione in merito ad ogni argomento utilizzato dalle parti stesse, essendo sufficiente un iter motivazionale che renda nella sostanza percepibile la ragione del non adeguamento alla traiettorie difensive e ne attesti la relativa consapevolezza (Cons. St., sez. VI, 16 marzo 2006, n. 1397, Assobiomedica, la quale richiama la precedente decisione della stessa Sezione, n. 2199 del 23 aprile 2002, RC Auto, nonché la nutrita giurisprudenza comunitaria in materia, secondo cui nell’ambito di un procedimento antitrust le prerogative della difesa non richiedono che la Commissione ribatta a tutti i motivi delle imprese interessate, essendo invece sufficiente che sotto il profilo sostanziale venga adeguatamente motivata la tesi accolta in contrapposizione alle posizioni delle parti - cfr., Tribunale di primo grado, sentenza 11 marzo 1999, causa T 141-94, Thyssen Stahl AG). per mercato rilevante si intende quella zona geograficamente circoscritta dove, dato un prodotto o una gamma di prodotti considerati tra loro sostituibili, le imprese che forniscono quel prodotto si pongono tra loro in rapporto di concorrenza. La definizione del mercato rilevante implica un accertamento di fatto cui segue l’applicazione ai fatti accertati delle norme giuridiche in tema di mercato rilevante, come interpretate dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale. Il giudice amministrativo in relazione ai provvedimenti dell'AGCM esercita un sindacato di legittimità, che non si estende al merito, salvo per quanto attiene al profilo sanzionatorio: pertanto, deve valutare i fatti, onde acclarare se la ricostruzione di essi operata dall'AGCM sia immune da travisamenti e vizi logici, e accertare che le norme giuridiche siano state correttamente individuate, interpretate e applicate. Laddove residuino margini di opinabilità in relazione ai concetti indeterminati, il giudice non può comunque sostituirsi all’AGCM nella definizione del mercato rilevante, se questa sia immune da vizi di travisamento dei fatti, da vizi logici, da vizi di violazione di legge (Cons. St., sez. VI, 8 febbraio 2008, n. 424; id. 10 marzo 2006, n. 1271, Telecom Italia; id. 23 aprile 2002, n. 2199, Rc Auto; id. 2 marzo 2004, n. 926, Gemeaz Cusin).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio
Sede di Roma, Sez. I^
composto dai signori magistrati:
Antonino Savo Amodio Presidente
Silvia Martino Componente rel.
Mario Alberto Di Nezza Componente
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi riuniti:
I
n. 11095/2007, proposto da TEP s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. prof. Renzo Rossolini e dall’avv. Guido Francesco Romanelli, con domicilio eletto in Roma, presso lo studio di quest’ultimo, alla via Cosseria n. 5;
CONTRO
- Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale domicilia in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
con l’intervento ad adiuvandum di
- TRAMBUS s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Rosaria Russo Valentini ed Egidio Rinaldi, con domicilio eletto in Roma, presso lo studio della prima, al Corso Vittorio Emanuele II, n. 284;
per l’annullamento
del provvedimento 30 ottobre 2007, trasmesso con nota 8 novembre 2007, prot. n. 41734, limitatamente alla parte in cui l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha irrogato alla ricorrente, ritenuta di avere posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza, la sanzione amministrativa pecuniaria di € 270.000; nonché, in subordine, per la modifica e la riduzione ad equità della suddetta sanzione amministrativa pecuniaria;
II
n. 220/2008 proposto da Gruppo Torinese Trasporti GTT s.p.a., in persona del suo legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe Di Chio, prof. Angelo Clarizia, Simona Rostagno e Tommaso Paparo, ed elettivamente domiciliata in Roma presso lo studio Clarizia, alla via Principessa Clotilde n.2;
CONTRO
- Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale domicilia, in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
e nei confronti
- Vitertur Servizi pubblici s.r.l., n.c.;
per l’annullamento
- del provvedimento della AGCM del 30 ottobre 2007, n. 17550, relativo alla conclusione del procedimento istruttorio n. I/657, notificato in data 8 novembre 2007, con cui è stata irrogata a GTT s.p.a. la sanzione pecuniaria del pagamento di € 1.904.000,00;
- di ogni ulteriore atto e documento presupposto, connesso e conseguenziale, ivi compresa la Comunicazione delle Risultanze Istruttorie;
III
n. 240/2008, proposto da AZIENDA TRASPORTI PROVINCIALI s.p.a. (ATP), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. prof. Francesco Munari e dagli avv.ti Corrado Mauceri e Gabriele Pafundi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, alla via Giulio Cesare n. 14;
CONTRO
- Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale domicilia, in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
per l’annullamento
del provvedimento 8 novembre 2007, n. 41723, con il quale è stata chiusa l’istruttoria n. I- 657, e, previa dichiarazione che le società indagate avevano posto in essere intese restrittive della concorrenza ai sensi dell’art. 81 del Trattato CE, aventi per oggetto ed effetto il mantenimento dell’affidamento dei servizi di TPL in capo al precedente gestore o in ogni caso la riduzione del confronto competitivo tra operatori potenzialmente concorrenti nel caso di partecipazione a gare fuori bacino e previe le conseguenti determinazioni monitorie, è stata irrogata alla società ricorrente la sanzione pecuniaria di € 387.000,00, nonché per l’annullamento di tutti gli atti antecedenti, richiamati, presupposti e conseguenti, rispetto a quello impugnato in principalità; nonché, in estremo subordine, per la congrua riduzione della misura della sanzione irrogata;
IV
n. 274/2008, proposto da ATAF s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dal prof. avv. Giovanni Morbidelli, con domicilio eletto in Roma, presso lo studio del difensore, alla via G. Carducci n.4;
CONTRO
- Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale domicilia, in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
e nei confronti
- Vitertur s.r.l., n.c.;
per l’annullamento
del provvedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, n. 17550, adottato a conclusione del procedimento n. I/657, nell’adunanza del 30 ottobre 2007, e di tutti gli atti comunque connessi, presupposti, e conseguenti, se lesivi;
V
n. 291/2008, proposto da TRAMBUS s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Rosaria Russo Valentini ed Egidio Rinaldi, con domicilio eletto in Roma, presso lo studio della prima, al Corso Vittorio Emanuele II, n. 284;
CONTRO
- Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale domicilia in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
e nei confronti
- Sita s.p.a., n.c.;
- Ataf s.p.a., n.c.;
- ATC s.p.a. con sede in Bologna, n.c.;
- Terravision s.r.l., n.c.:
- Terravision Transport, s.c.a.r.l., n.c.;
- Vitertur Servizi pubblici s.r.l., n.c.;
con l’intervento ad adiuvandum di
- Comune di Roma, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Pier Ludovico Patriarca, con domicilio eletto in Roma, presso l’Avvocatura comunale, alla via del Tempio di Giove n.21;
per l’annullamento
- del provvedimento n. 17550 (I657) del 30 ottobre 2007, notificato a TRAMBUS s.p.a. in data 8 novembre 2007, con il quale l’Autorità ha deliberato:
“ a) che le società [...] Trambus s.p.a. [...] hanno posto in essere intese restrittive della concorrenza ai sensi dell’articolo 81 del Trattato CE, aventi per oggetto e [...] per effetto il mantenimento dell’affidamento dei servizi di TPL in capo al precedente gestore o, in ogni caso, la riduzione del confronto competitivo tra operatori potenzialmente concorrenti, in ipotesi di partecipazione a gare fuori bacino;
b) che le società di cui al punto a) si astengano in futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto dell’infrazione accertata;
c) che, in ragione di quanto indicato in motivazione, vengano applicate le sanzioni amministrative pecuniarie alle seguenti società:
[...]
TRAMBUS: 2.232.880 euro”;
VI
n. 306/2008, proposto da ATC s.p.a., con sede in Bologna, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Alfredo Biagini, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Roma, via di Porta Castello n.33;
CONTRO
- Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale domicilia in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
e nei confronti
- TRAMBUS s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Rosaria Russo Valentini, con domicilio eletto in Roma, presso lo studio del difensore, al Corso Vittorio Emanuele II, n. 284;
- ATAF s.p.a., n.c.;
per l’annullamento
a) in parte qua, del provvedimento relativo alla conclusione del procedimento I 657, avviato in data 9 novembre 2005, adottato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nell’adunanza del 30 ottobre 2007, limitatamente:
- alla parte in cu è stato deliberato che la società ATC s.p.a., con sede in Bologna, ha posto in essere intese restrittive della concorrenza ai sensi dell’art. 81 del Trattato CE, aventi per oggetto (e per effetto) il mantenimento dei servizi di TPL in capo al precedente gestore, o, in ogni caso, la riduzione del confronto competitivo tra operatori potenzialmente concorrenti, in ipotesi di partecipazione a gara fuori bacino;
- alla parte in cui è stato deliberato che l’odierna ricorrente, al pari delle altre società sanzionate, si astenga in futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto dell’infrazione accertata;
- alla parte in cui, in ragione di quanto indicato in motivazione, è stato deliberato di applicare alla società odierna ricorrente, la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 572.280,00:
b) ove occorrer possa e nei limiti dell’interesse della ricorrente, del provvedimento dell’Autorità intimata in data 9.11.2005, con cui è stata avviata una istruttoria, ai sensi dell’art. 14 della l. n. 287/90, per presunta violazione dell’art. 81 del Trattato CE;
c) ove occorrer possa, e nei limiti dell’interesse della ricorrente, del provvedimento, assunto nell’adunanza del 6.12.2006, dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nella parte in cui è stata deliberata l’estensione soggettiva del procedimento anche nei confronti dell’odierna ricorrente;
d) ove occorrer possa, e nei limiti dell’interesse della ricorrente, della comunicazione delle risultanze istruttorie e del termine di chiusura della fase di acquisizione degli elementi probatori da parte della prefata Autorità, notificata in data 8.6.2007;
e) di ogni altro atto presupposto o conseguenziale, comunque collegato, antecedente e successivo;
VII
n. 450/2008 proposto da SITA s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Antonio Lirosi e Piero Fattori, con domicilio eletto presso lo studio Gianni, Origoni, Grippo & Partners, in Roma, alla via Quattro Fontane n. 20;
CONTRO
- Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale domicilia, in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
e nei confronti
- Terravision s.r.l., n.c.;
- Terravision Transport s.c.a.r.l., n.c. ;
- Vitertur Servizi pubblici s.r.l., n.c.;
per l’annullamento
del provvedimento n. 17550 (I – 657), adottato dall’Autorità il 30 ottobre 2007, notificato in data 8 novembre 2007, nella parte in cui ha deliberato:
- che SITA, unitamente alle società APM e COTRI, ha posto in essere un’intesa volta a concertare la partecipazione alle gare attese in Lazio e Abruzzo, concretizzantesi nella partecipazione e aggiudicazione della gara di Roma del 2005, in violazione dell’art. 81 del Trattato CE;
- che le società si astengano in futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto dell’infrazione accertata;
- che in ragione della gravità e durata della suddetta infrazione, venga applicata a SITA, una sanzione amministrativa pecuniaria nella misura di 248.800 Euro;
VIII
n. 467/2008, proposto da APM Esercizi s.p.a, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dal prof. avv. Paolo Tesauro e dall’avv. Giovanna De Santis, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, al L.go Messico n.7;
CONTRO
- Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale domicilia, in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
e nei confronti
- Sita s.p.a., n.c.;
- Terravision s.r.l., n.c.;
- Terravision Transport s.c.a r.l., n.c.;
- Vitertur s.r.l., n.c. ;
per l’annullamento
del provvedimento n. 17550 del 30.10.2007 notificato alla ricorrente l’8.11.2007, nella parte in cui delibera:
“a) che le società [...] A.P.M. Esercizi S.p.A [...] hanno posto in essere intese restrittive della concorrenza ai sensi dell’articolo 81 del Trattato CE, aventi per oggetto e [...] per effetto il mantenimento dell’affidamento dei servizi di TPL in capo al precedente gestore o, in ogni caso, la riduzione del confronto competitivo tra operatori potenzialmente concorrenti, in ipotesi di partecipazione a gare fuori bacino;
b) che le società di cui al punto a) si astengano in futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto dell’infrazione accertata;
c) che, in ragione di quanto indicato in motivazione, vengano applicate le sanzioni amministrative pecuniarie alle seguenti società:
[...]
A.P.M.: 930.000 euro”:
- nonché di qualsiasi altro atto presupposto, conseguenziale o, comunque connesso;
IX
n. 473/2008, proposto da ACTV s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dal prof. avv. Paolo Tesauro, e dagli avv.ti Claudio Tesauro, Giovanna De Santis e Danila De Salvo, con domicilio eletto in Roma, presso lo studio del primo, al L.go Messico n.7;
CONTRO
- Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale domicilia, in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
e nei confronti
- Sita s.pa., n.c.;
- Terravision s.r.l., n.c.;
- Terravision Transport s.c.a.r.l., n.c. ;
- Vitertur s.r.l., n.c. ;
per l’annullamento
del provvedimento n. 17550 del 30.10.2007 notificato alla ricorrente l’8.11.2007, nella parte in cui delibera:
“a) che le società [...] ACTV - Azienda Consorzio Trasporti Venezia sp.a. - [...] hanno posto in essere intese restrittive della concorrenza ai sensi dell’articolo 81 del Trattato CE, aventi per oggetto e [...] per effetto il mantenimento dell’affidamento dei servizi di TPL in capo al precedente gestore o, in ogni caso, la riduzione del confronto competitivo tra operatori potenzialmente concorrenti, in ipotesi di partecipazione a gare fuori bacino;
b) che le società di cui al punto a) si astengano in futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto dell’infrazione accertata;
c) che, in ragione di quanto indicato in motivazione, vengano applicate le sanzioni amministrative pecuniarie alle seguenti società:
[...]
ACTV 1.551.200 euro ”:
- nonché di qualsiasi altro atto presupposto, conseguenziale o, comunque connesso;
X
n. 476/2008, proposto da AZIENDA TRASPORTI CONSORTILE La Spezia (ATC La Spezia), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Gianbattista D’Aste, Luciano Di Via e Francesco Russo, con domicilio eletto in Roma, studio Bonelli Erede Pappalardo, alla via Salaria n. 259;
CONTRO
- Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale domicilia, in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
e nei confronti
- Sita, n.c;
- Transdev, n.c.;
per l’annullamento
del provvedimento n. 17550 del 30.10.2007 notificato alla ricorrente l’8.11.2007, nella parte in cui delibera:
“a) che le società [...] ATC sp.a. [...] hanno posto in essere intese restrittive della concorrenza ai sensi dell’articolo 81 del Trattato CE, aventi per oggetto e, [...] per effetto il mantenimento dell’affidamento dei servizi di TPL in capo al precedente gestore o, in ogni caso, la riduzione del confronto competitivo tra operatori potenzialmente concorrenti, in ipotesi di partecipazione a gare fuori bacino;
b) che le società di cui al punto a) si astengano in futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto dell’infrazione accertata;
c) che, in ragione di quanto indicato in motivazione, vengano applicate le sanzioni amministrative pecuniarie alle seguenti società:
[...]
ATC con sede a La Spezia: 424.830 euro”;
- nonché di qualsiasi altro atto presupposto, conseguenziale o, comunque connesso;
XI
n. 503/2008, proposto da TEMPI s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Giorgio Cugurra, Stefania Vasta e Salvatore Alberto Romano, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, al v.le XXI Aprile n. 11;
CONTRO
- Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale domicilia, in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
per l’annullamento
del provvedimento 30.10.2007 dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, limitatamente alla parte in cui qualifica come intesa restrittiva della concorrenza l’associazione “60 milioni di chilometri”, nonché alla parte in cui applica a TEMPI s.p.a., la sanzione pecuniaria di € 274.380;
XII
n. 506/2008, proposto da AZIENDA TRASPORTI COLLETTIVI E MOBILITA’ s.p.a. (ATCM), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Stelio Gicca Palli ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via Antonelli n. 50, presso lo studio del difensore;
CONTRO
- Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale domicilia, in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
e nei confronti
- Atac s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Federico Tedeschini e Piero Lorusso, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, al Largo Messico n.7;
- Terravision Transport s.c.a.r.l., n.c.;
- Terravision s.r.l., in liquidazione, n.c.;
- Vitertur Servizi pubblici s.r.l., n.c.;
- Vitertur s.c.a. r.l., n.c.;
per l’annullamento
- del provvedimento n. 17550 assunto nei confronti della società ricorrente dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nell’adunanza del 30.10.2007, notificato alla ricorrente in data 8 novembre 2007;
- di tutti gli atti connessi, presupposti e conseguenti;
XIII
n. 545/2008, proposto da APAM Esercizio s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dal prof. avv. Paolo Giudici, e dagli avv.ti Fabio Tirio e Norberto Rossi, con domicilio eletto in Roma, presso lo studio dell’avv. Paolo Migliaccio, alla via Cosseria n.5;
CONTRO
- Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale domicilia, in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
per l’annullamento
del provvedimento n. 41723 dell’8 novembre 2007 di chiusura dell’istruttoria I – 657, con il quale l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha deliberato
“a) che le società [...] APAM Esercizio sp.a. [...] hanno posto in essere intese restrittive della concorrenza ai sensi dell’articolo 81 del Trattato CE, aventi per oggetto e, [...] per effetto il mantenimento dell’affidamento dei servizi di TPL in capo al precedente gestore o, in ogni caso, la riduzione del confronto competitivo tra operatori potenzialmente concorrenti, in ipotesi di partecipazione a gare fuori bacino;
b) che le società di cui al punto a) si astengano in futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto dell’infrazione accertata;
c) che, in ragione di quanto indicato in motivazione, vengano applicate le sanzioni amministrative pecuniarie alle seguenti società:
[...]
APAM: 328.500 euro”.
nonché per la riduzione dell’importo della sanzione comminata ad APAM Esercizio s.p.a.;
XIV
n. 641/2008, proposto da CO. TR.I., Consorzio Trasporti Italiani, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Massimo Malena, con domicilio eletto in Roma, presso lo studio legale Massimo Malena & Associati, alla via dei Gracchi n. 81;
CONTRO
- Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale domicilia, in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
e nei confronti
- Terravision transport s.c.a.r.l., n.c. ;
per l’annullamento
- del provvedimento n. 17550 del 30.10.2007, successivamente notificato, emesso dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, per la parte relativa al CO.TR.I. ed incidente sugli interessi del ricorrente, destinatario di una sanzione parti a € 11.000,00;
- ove occorra delle risultanze istruttorie;
- ove occorra del provvedimento di comunicazione di avvio del procedimento in capo a CO.TR.I.;
- di ogni provvedimento conseguenziale, presupposto e connesso ai precedenti, ancorché sconosciuti al ricorrente.
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e degli interventori;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 2 aprile 2008 la d.ssa Silvia Martino;
Uditi altresì gli avv.ti Rossolini, Clarizia, Di Chio, Rostagno, Paparo, Munari, Morbidelli, Russo Valentini, Nicotra (in sostituzione di Rinaldi), Biagini, Lirosi, Fattori, Paolo Tesauro, Claudio Tesauro, De Santis, Di Via, Russo, Rainaldi (in sostituzione di Romano), Gicca Palli, Giudici, Tirio, Malena, Patriarca, Lorusso, nonché gli avv.ti dello Stato Fabrizio Fedeli e Filippo Arena;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
1. La presente controversia trae origine dall’istruttoria avviata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato in data 9 novembre 2005 nei confronti delle società SITA s.p.a., A.P.M. Esercizi s.p.a. e Autolinee Regionali Pubbliche Abruzzesi A.R.P.A. s.p.a., volta ad accertare l’eventuale realizzazione di intese lesive della concorrenza per ottenere l’aggiudicazione dei c.d. “servizi aggiuntivi” nel Comune di Roma, messi a gara da Atac s.p.a. nell’agosto 2005, nonché l’esistenza di una rete di accordi paralleli dal contenuto analogo, strumentale all’alterazione del meccanismo concorrenziale in altre realtà territoriali, al fine di preservare gli assetti industriali e di mercato esistenti.
In ragione delle informazioni acquisite in occasione degli accertamenti ispettivi effettuati e dell’attività istruttoria svolta, l’Autorità estendeva il procedimento nei confronti delle società ACTV – Azienda Consorzio Trasporti Venezia s.p.a.; G.T.T. – Gruppo Torinese Trasporti s.p.a., Societé Européenne Pour Le Developpement Des Transports Publics - TRANSDEV S.A., TAG s.r.l. e SINLOC – Sistema Iniziative Locali s.p.a..
L’Autorità ipotizzava che tra tali società fosse intercorso un “accordo – quadro”, volto a concertare la partecipazione alle gare per l’aggiudicazione di servizi di trasporto locale, privilegiando il criterio della preminenza del ruolo svolto da ciascun partner nel proprio ambito territoriale di appartenenza.
In data 6 dicembre 2006 l’Autorità disponeva un’ulteriore estensione oggettiva e soggettiva del procedimento nei confronti di ATCM s.p.a., Trambus s.p.a., ATC s.p.a. con sede a Bologna, ATAF s.p.a., ATC s.p.a. con sede a La Spezia, ATP s.p.a., Tempi s.p.a., TEP s.p.a, APAM Esercizio s.p.a. e Consorzio Trasporti Italiani – CO.TR.I..
In particolare, in base agli elementi acquisiti con gli accertamenti ispettivi, veniva ipotizzato che i patti parasociali sottoscritti nel novembre 2002, congiuntamente alla costituzione della società Retitalia S.c. a r.l., dalle società GTT S.p.A., ACTV Azienda Consorzio Trasporti Venezia S.p.A., Societé Européenne Pour Le Developpement Des Transports Publics - TRANSDEV S.A., APM S.p.A. e ATCM S.p.A., fossero volti a concertare la partecipazione individuale o congiunta dei sottoscrittori alle gare per l’aggiudicazione di servizi di trasporto locale bandite sul territorio nazionale, sulla base del criterio della preminenza del ruolo svolto da ciascun partner nel proprio ambito territoriale di appartenenza.
Nei confronti di Trambus, ATC con sede a Bologna e ATAF, veniva accertata l’esistenza di un accordo denominato “Protocollo di politica commerciale”, secondo l’Autorità volto a concertare, in regime di reciproca esclusiva, la partecipazione alle gare per l’aggiudicazione di servizi di trasporto locale bandite sul territorio nazionale, nell’ambito dell’alleanza denominata TP NET.
L’Autorità riteneva altresì che la documentazione raccolta fosse idonea a provare che le società ATC S.p.A. con sede a La Spezia, ATP S.p.A., Tempi S.p.A., APAM Esercizio S.p.A. e TEP S.p.A. avessero concertato, in particolare tramite aggregazioni stabili quali l’associazione denominata Sessanta Milioni di Chilometri, la partecipazione alle gare per l’aggiudicazione di servizi di trasporto locale bandite sul territorio nazionale, al fine di salvaguardare la preminenza del ruolo svolto da ciascun partner nel proprio ambito territoriale di appartenenza, in particolare attraverso la creazione di Associazioni Temporanee di Imprese in cui il numero dei soggetti coinvolti non appariva giustificato dall’esigenza del raggiungimento dei requisiti per la partecipazione alle gare.
Infine, relativamente alla gara per l’affidamento della gestione dei cosiddetti “servizi aggiuntivi” nel Comune di Roma, l’Autorità deliberava di estendere il procedimento anche nei confronti del Consorzio Trasporti Italiani - CO.TR.I. per verificarne il grado di partecipazione all’intesa contestata.
In data 27 marzo 2007, la società TRANSDEV presentava impegni ai sensi dell’art. 14 – ter della l. n. 287/90, i quali, tuttavia, venivano giudicati dall’Autorità manifestamente inidonei a far venir meno i profili anticoncorrenziali oggetto di istruttoria.
In data 8 giugno 2007 veniva inviata alle parti la Comunicazione della Risultanze Istruttorie.
Nel corso del procedimento sono state sentite in audizione diverse società ed è stato altresì ripetutamente consentito l’accesso agli atti del procedimento, il quale, all’esito di un articolata istruttoria, si è concluso con l’impugnata delibera del 30 ottobre 2006, con la quale l’Autorità ha ritenuto:
“a) che le società SITA – Società per Azioni, A.P.M. Esercizi S.p.A., ACTV – Azienda Consorzio Trasporti Venezia S.p.A., G.T.T. – Gruppo Torinese Trasporti S.p.A., Societé Européenne Pour Le Developpement Des Transports Publics - TRANSDEV S.A. , ATCM S.p.A., TRAMBUS S.p.A., ATC S.p.A. con sede a Bologna, ATAF S.p.A., ATC S.p.A. con sede a La Spezia, ATP S.p.A., Tempi S.p.A., TEP S.p.A., APAM Esercizio S.p.A., Consorzio Italiano Trasporti - CO.TR.I. hanno posto in essere intese restrittive della concorrenza ai sensi dell’articolo 81 del Trattato CE, aventi per oggetto e, con eccezione dell’intesa relativa a TP Net, per effetto, il mantenimento dell’affidamento dei servizi di TPL in capo al precedente gestore o, in ogni caso, la riduzione del confronto competitivo tra operatori potenzialmente concorrenti, in ipotesi di partecipazione a gare fuori bacino;
b) che le società di cui al punto a) si astengano in futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto dell’infrazione accertata;
c) che, in ragione di quanto indicato in motivazione, vengano applicate le sanzioni amministrative pecuniarie alle seguenti società:
SITA: 248.800 euro
A.P.M.: 930.000 euro
COTRI: 11.000 euro
ACTV: 1.551.200 euro
G.T.T.: 1.904.000 euro
TRANSDEV: 136.000 euro
ATCM: 275.776 euro
TRAMBUS: 2.232.880 euro
ATC con sede a Bologna: 572.280 euro
ATAF: 363.990 euro
ATC con sede a La Spezia: 424.830 euro
ATP: 387.000 euro
Tempi: 274.380 euro
TEP: 270.000 euro
APAM: 328.500 euro”.
Le società sanzionate (ad eccezione di TRANSDEV) sono insorte avverso siffatte determinazioni, chiedendone l’annullamento.
Si è costituita, per resistere, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, depositando documenti e una memoria.
Sono intervenuti (o si sono costituiti) ad adiuvandum Trambus s.p.a. nei ricorsi proposti da TEP s.p.a. (n.11095/2007) e ATC s.p.a. con sede in Bologna (n. 306/2008); il Comune di Roma nel ricorso proposto da Trambus (n. 91/2008) ed ATAC s.p.a, nel ricorso proposto da ATCM s.p.a. (n. 506/2008).
Le partI hanno depositato memorie, in vista della pubblica udienza del 2 aprile 2008, alla quale il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Giova premettere, in quanto elemento cruciale al fine di un esatto inquadramento della controversia in esame, una breve excursus del contesto normativo di riferimento, così come delineato nel provvedimento impugnato.
Il settore del trasporto pubblico locale è disciplinato dal d.lgs. 19 novembre 1997, n. 422 - come modificato dal d.lgs. n. 400/99 e successivamente dall’articolo 45 della legge n. 166/02 - il quale ha operato il “conferimento alle regioni ed agli enti locali delle funzioni e dei compiti in materia di trasporto pubblico locale” prevedendo come regola per l’affidamento dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale, su gomma e per ferrovia, l’espletamento di gare pubbliche per la scelta del gestore dei servizi minimi alla scadenza degli affidamenti in essere (articolo 18).
Possono partecipare alle gare le imprese di trasporto di persone stabilite nell’Unione Europea, ad esclusione, terminato il periodo transitorio previsto dalla legislazione nazionale o regionale, delle società che, in Italia o all'estero, gestiscono servizi in affidamento diretto o a seguito di procedure non ad evidenza pubblica, e loro controllate, controllanti e collegate e delle società che gestiscono reti, impianti e altre dotazioni patrimoniali necessarie per l’espletamento del servizio (comma 2, lett. a, art. 18 decreto cit.).
Come noto, l’art. 113 del d.lgs. n. 267 del 18 agosto 2000 (c.d. T.U.E.L.) ha successivamente introdotto una disciplina di carattere generale sulla gestione delle reti e sull’erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, dal cui ambito di applicazione, però, a seguito della legge 15 dicembre 2004, n. 308, è stato escluso proprio il settore del trasporto pubblico locale.
Il termine ultimo di validità delle concessioni in essere, fissato originariamente dal d.lgs. n. 422/97 al 31 dicembre 2003, è slittato, una prima volta, al 31 dicembre 2005, in forza del d.l. 24 dicembre 2003, n. 355, convertito con modificazioni in legge 27 febbraio 2004, n. 47. Successivamente tale termine è stato prorogato, dalla legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006), al 31 dicembre 2006, nonché al 31 dicembre 2007 dal d.l. 28 dicembre 2006, n. 300 (disposizione aggiunta dalla legge di conversione 26 febbraio 2007, n. 17).
Tale ultima norma prevede la possibilità per le Regioni di prorogare ulteriormente gli affidamenti in essere, per un periodo massimo di due anni (e quindi fino al 31 dicembre 2009), a seguito di operazioni di consolidamento ed integrazione di bacini fra gli operatori affidatari dei servizi (art. 18, comma 3 – ter).
L’Autorità ha rilevato che, ad oggi, è stato bandito un numero relativamente esiguo di gare rispetto ai bacini attualmente affidati giacché, nelle more della piena attuazione dei principi fissati dal cit. d.lgs. 422/97, molti enti locali hanno provveduto ad attribuire i servizi di TPL alle proprie aziende mediante affidamenti c.d. “in house”, in particolare nel periodo di vigenza della disciplina introdotta dal T.U.E.L..
Al termine dei periodi di proroga stabiliti dalla legge, dovrebbe però aversi, osserva l’Autorità, una progressiva intensificazione di procedure concorsuali da bandire (a partire quindi dal gennaio 2008).
Le Regioni hanno provveduto a trasporre in atti normativi e regolamentari di secondo livello i principali contenuti del d.lgs. n. 422/1997, in particolare individuando i c.d. “servizi minimi”; attraverso la regolamentazione della trasformazione delle aziende speciali e consortili, precedentemente concessionarie dei servizi, in società per azioni; mediante la previsione generalizzata di procedure concorsuali e la definizione delle modalità e della durata dei contratti di servizio etc..
L’Autorità ha quindi sottolineato (cfr. in particolare i parr. 45 e ss. del provvedimento impugnato) come “le difficoltà del processo dl liberalizzazione” e la profonda incertezza normativa che ha contraddistinto il settore, abbiano avuto un impatto fortemente negativo anche sui meccanismi di gara, rallentandone l’applicazione e spingendo molte realtà locali (ad es. il Comune di Roma) a continuare a far ricorso all’affidamento diretto – nella finestra temporale 2001-2004 - piuttosto che attivarsi nell’espletamento di gare ad evidenza pubblica.
Le società ricorrenti ( in particolare GTT) hanno evidenziato, dal canto loro,
la profonda evoluzione della nozione di “servizi di interesse generale” in atto in sede comunitaria, e, sul piano interno, le prospettive di modifica del d.lgs. n. 422/97. Su queste ultime, peraltro, si è soffermata anche l’Autorità ricordando che a fine ottobre 2007 è stata formulata una proposta per la riforma e lo sviluppo del settore del TPL da parte di un Tavolo Tecnico presso la Presidenza del Consiglio, a seguito dell’Accordo tra Governo e Regioni per il riassetto normativo e finanziario del TPL.
Tale documento, elaborato anche tenendo conto dell’iter parlamentare del d.d.l. S772 recante delega al Governo per il riordino dei servizi pubblici locali, nonché in vista dell’adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai servizi pubblici di trasporto passeggeri su strada e per ferrovia, propone alcune modifiche rispetto al quadro regolatorio esistente in materia di affidamento del servizio.
In primo luogo, si prospetta una ulteriore proroga del termine fissato per l’affidamento dei servizi di trasporto con gara, fissandolo al 31 dicembre 2008. In secondo luogo, si amplia la possibilità di scelta per l’ente locale nelle procedure di affidamento ad evidenza pubblica introducendo la tipologia di gara “a doppio oggetto”, relativa al contempo alla selezione del socio privato di minoranza che intervenga nella gestione del servizio affidato alla ex municipalizzata.
Per quanto possa occorrere, il Collegio rileva che, ancora oggi, le misure sopra delineate non sono state trasfuse in un testo di legge, probabilmente anche per la dubbia compatibilità con la normativa comunitaria del modello italiano di società mista affidataria di servizi pubblici.
Inoltre, nel contesto del nuovo Regolamento comunitario (n. 1370/2007 del 23 ottobre 2007) relativo ai servizi pubblici di trasporto su strada e per ferrovia, pur ammettendosi (considerando n. 5) che “molti servizi di trasporto terrestre di passeggeri che rappresentano una necessità sul piano dell’interesse economico generale non possono essere gestiti secondo una logica meramente commerciale”, emerge chiaramente il riconoscimento che “l’introduzione di una concorrenza regolamentata tra gli operatori in questo settore consente di rendere più appetibili, più innovativi e meno onerosi i servizi forniti, senza per questo ostacolare l’adempimento dei compiti specifici assegnati agli operatori di servizio pubblico” (considerando n. 7).
Sia l’Autorità che le ricorrenti hanno poi rimarcato le “criticità economiche” che tuttora connotano il settore del TPL.
Accanto ad un offerta estremamente frammentata, il sistema italiano, raffrontato agli altri paesi europei, si connota per essere quello a più alto costo e a più bassa redditività. Esso è infatti caratterizzato da tante imprese di piccole dimensioni, ciascuna collegata al proprio bacino storico di esercizio. Rilevano, inoltre, una ridotta presenza dell’imprenditoria privata, ricavi da traffico per chilometro decisamente bassi, contributi pubblici per chilometro più elevati d’Europa, l’incidenza più alta del costo del personale per unità di produzione in Europa, un parco mezzi contraddistinto da una elevata età media e da una velocità commerciale media molto bassa (par. 55).
APM Esercizi, in particolare, ha fatto osservare che la carenza di risorse ha rappresentato la causa principale della mancata attuazione della riforma avviata con il d.lgs. n.422 del 1997. La società ha evidenziato altresì che l’unico strumento a disposizione degli operatori del settore per incrementare il proprio livello di produttività, soprattutto in termini di riduzione dei costi, è rappresentato dal conseguimento di economie di scala attraverso fenomeni aggregativi, questi ultimi incentivati anche dal legislatore che, ad es. con il cit. art. 18 del d.lgs. n. 422 del 1997, così come modificato dalla l.n. 266/2005, ha previsto la possibilità di disporre una proroga biennale degli affidamenti in essere per quelle società che abbiano dato vita ad un nuovo soggetto societario mediante fusione o costituzione di una società consortile, con predisposizione di un piano industriale unitario.
Secondo Trambus, anzi, il contesto normativo non consentirebbe di individuare un vero e proprio mercato del TPL retto da regole concorrenziali e renderebbe pertanto, a dire della società, del tutto inattendibile l’analisi svolta dall’Autorità.
Quest’ultima ritiene, invece, che le condotte esaminate abbia contribuito a vanificare il processo di liberalizzazione, eliminando i sia pur limitati spazi di confronto concorrenziale che si erano venuti aprendo nel settore in esame (par. 174).
Il procedimento concerne in particolare quattro distinte fattispecie, relative ad accordi di tipo orizzontale tra operatori attivi nel settore, i quali, secondo AGCM, “hanno portato alla costituzione di macro aggregazioni a valenza nazionale, orientate alla partecipazione coordinata alle procedure di gara di cui si attendeva a breve il bando, con l’esplicita finalità di limitare la concorrenza tra le Parti e proteggere il bacino storico di riferimento dell’operatore incumbent in una data area territoriale.” (par. 176).
L’Autorità ha in particolare ritenuto l’esistenza:
1) di un’intesa tra SITA, APM e COTRI, finalizzata alla partecipazione concertata alle gare attese in Lazio e Abruzzo e “sottostante” anche alla gara, svoltasi nel 2005, per l’aggiudicazione dei servizi aggiuntivi nel Comune di Roma;
2) di una serie di accordi, relativi alle aggregazioni denominate RETITALIA, TP NET E 60MC, aventi ad oggetto il coordinamento nella partecipazione alle gare per l’affidamento dei servizi di TPL nei singoli bacini territoriali (sono state in particolare analizzate le gare di Mantova, Savona e La Spezia).
Le intese sottostanti alle aggregazioni Retitalia, TP NET e 60 MC si sono concretizzate “nella stipula di puntuali accordi intercorsi tra le Parti, cui è stata data effettiva attuazione”.
Per quanto concerne invece l’intesa fra APM, SITA e COTRI per la partecipazione concertata alle gare attese in Lazio e Abruzzo, l’Autorità non ha rinvenuto il testo di un formale accordo sottoscritto in tal senso ma lo ha desunto dagli “indizi relativi ai contatti fra le Parti aventi ad oggetto la partecipazione alla gara di Roma e la successiva gestione di Tevere TPL, nonché dai comportamenti tenuti dalle stesse con riferimento a tali vicende” (par. 180).
2. Tanto premesso, si può procedere all’esame dei ricorsi, principiando dalle censure di carattere procedimentale, per poi passare all’esame delle contestazioni di natura sostanziale afferenti l’individuazione del mercato rilevante e gli elementi probatori delle intese.
2.1. Sul piano procedimentale, è stato in primo luogo dedotto (in particolare da APM Esercizi) che l’impianto accusatorio delineato nella Comunicazione delle risultanze istruttorie è stato apoditticamente mantenuto nel provvedimento finale e che su di esso, pertanto, l’Autorità si sia sostanzialmente appiattita.
APAM ritiene altresì che sia stato violato l’art. 10 della l. n. 241/90, in quanto l’Autorità avrebbe del tutto ignorato gli argomenti esposti dalla società, volti a dimostrare le reali e prevalenti ragioni che hanno condotto alla creazione dell’aggregazione denominata 60MC.
Il Consorzio COTRI stigmatizza, infine, la circostanza che siano stati fatti confluire nel medesimo procedimento, in maniera caotica, più oggetti di indagine.
2.1.1. I motivi così sintetizzati sono infondati.
Relativamente al preteso appiattimento della decisione finale sulle risultanze dell’istruttoria condotta dagli Uffici, il Collegio ha già più volte fatto rilevare che tale attività è pur sempre strumentale alle valutazioni di competenza dell’Autorità la quale, nella sua espressione collegiale, rimane libera di modificare, approvare o rigettare, le proposte formulate, assumendo la responsabilità delle determinazioni finali adottate.
Pertanto, ove non risultino vizi relativi alla formazione della volontà collegiale, il consapevole recepimento delle conclusioni elaborate nella fase istruttoria non riveste alcuna autonoma valenza invalidante (cfr., da ultimo, TAR Lazio, sez. I^, 8 maggio 2007, n. 4123 nonché Cons. St., sez. VI, 29 febbraio 2008, n. 760).
Al riguardo deve poi condividersi quanto argomentato dalla difesa erariale, secondo la quale è del tutto naturale che il provvedimento finale, ove li ritenga fondati, recepisca e suggelli gli addebiti già mossi con la CRI, i quali sono formulati a seguito di una lunga e articolata istruttoria e possono essere verosimilmente ribaltati, in tale ultima fase del procedimento, solo dall’emersione di fatti o circostanze che rappresentino elementi di novità.
Nella fattispecie, peraltro, la decisione finale ha adeguatamente valorizzato (nella parte dedicata alle “Valutazioni”, Sezione VI), le argomentazioni sviluppate dalle parti, sia in sede di memorie conclusive che di audizione finale, controdeducendo ai più consistenti rilievi concernenti l’individuazione del mercato rilevante e gli elementi probatori dell’intesa.
Soccorre in ogni caso il consolidato principio pretorio a guisa del quale l'obbligo di esame delle memorie e dei documenti difensivi, ex art. 10 della legge n. 241/1990, non impone un'analitica confutazione in merito ad ogni argomento utilizzato dalle parti stesse, essendo sufficiente un iter motivazionale che renda nella sostanza percepibile la ragione del non adeguamento alla traiettorie difensive e ne attesti la relativa consapevolezza (Cons. St., sez. VI, 16 marzo 2006, n. 1397, Assobiomedica, la quale richiama la precedente decisione della stessa Sezione, n. 2199 del 23 aprile 2002, RC Auto, nonché la nutrita giurisprudenza comunitaria in materia, secondo cui nell’ambito di un procedimento antitrust le prerogative della difesa non richiedono che la Commissione ribatta a tutti i motivi delle imprese interessate, essendo invece sufficiente che sotto il profilo sostanziale venga adeguatamente motivata la tesi accolta in contrapposizione alle posizioni delle parti - cfr., Tribunale di primo grado, sentenza 11 marzo 1999, causa T 141-94, Thyssen Stahl AG).
Quanto alla legittimità della scelta di condurre un unico procedimento, ancorché l’istruttoria sia poi sfociata nell’adozione di un provvedimento complesso relativo a distinte fattispecie, essa appare ampiamente giustificata dall’unicità del contesto normativo e socio - economico nel quale le condotte abusive sono maturate. Ciò senza considerare che l’iniziale ipotesi accusatoria prospettava l’esistenza di una sorta di “rete” di accordi paralleli tra le imprese operanti nel settore del TPL, di talché la scelta di avviare un unico procedimento non poteva che risultare ad essa logicamente conseguenziale.
Tale modus procedendi, inoltre, non ha comportato la compromissione delle garanzie procedimentali e dei diritti di difesa, in quanto gli addebiti sono stati nettamente distinti e specificamente contestati alle imprese coinvolte nelle singole fattispecie di intesa.
A ben vedere, l’unicità del procedimento ne ha anzi agevolato la linea di difesa, in quanto, sia in sede di procedimento, sia in occasione del presente ricorso, esse hanno sviluppato numerose argomentazioni comuni, in particolare relativamente alle “sinergie” consentite loro dalle aggregazioni e strutture ideate al fine di contrastare il presumibile ingresso di operatori stranieri nel mercato italiano del TPL e comunque al fine di presentare offerte competitive in contesti nuovi rispetto ai tradizionali ambiti territoriali di riferimento.
3. Le ricorrenti hanno in primo luogo contestato la delimitazione “geografica” del mercato rilevante.
GTT evidenzia che i processi di aggregazione nel settore del TPL hanno avuto quale cornice di riferimento l’intero territorio nazionale, essendo stati avviati nella prospettiva di partecipare alla stagione di gare attese in seguito all’avvio del processo di liberalizzazione.
La quota aggregata di tutte le società che hanno aderito a RETITALIA non superava però, all’epoca dei fatti, il 6% del mercato nazionale.
Pertanto, ai sensi della Comunicazione della Commissione relativa agli accordi di importanza minore, che non determinano restrizioni sensibili della concorrenza ai sensi dell’art. 81, par. 2 del Trattato che istituisce la Comunità (2001/C 368/07 in G.U.C.E. 22.12.2001, C368/13) si tratterebbe di intese del tutto irrilevanti che non rientrano nel campo di applicazione degli artt. 81 e 82 del Trattato.
APM Esercizi e ACTV rilevano la contraddittorietà tra l’impugnato provvedimento e altri in cui la stessa Autorità, relativamente ad accordi concernenti la partecipazione a gare per l’affidamento di servizi pubblici locali, ha ritenuto possibile delineare le dimensioni del mercato rilevante in termini più ampi rispetto alla singola gara, individuando la dimensione geografica nell’intero territorio nazionale (provvedimento n. 17623 del 22.11.2007, Acea/Suez).
Trambus ritiene che, essendo stata fatta applicazione dell’art. 81 del Trattato, la dimensione geografica del mercato debba essere necessariamente almeno nazionale.
ATC – Bologna, richiama invece la Comunicazione della Commissione relativa alla le linee direttrici sugli accordi di cooperazione orizzontale (2001/C 3/02) nella parte in cui esclude dall’ambito di applicazione dell’art. 81 la cooperazione tra imprese concorrenti che non possono realizzare autonomamente il progetto o l'attività oggetto della cooperazione.
APAM soggiunge che eventuali effetti parzialmente restrittivi della concorrenza sono stati comunque ampiamente compensati dai benefici in termini di efficienza produttiva determinati dagli accordi.
Anche TEP ritiene che sia stato erroneamente applicato l’art. 81 del Trattato CE, in quanto i comportamenti restrittivi addebitati ai membri di 60 MC, ove effettivamente sussistenti, hanno prodotto effetti esclusivamente sul territorio nazionale. Mancherebbe comunque qualsiasi prova dell’idoneità di siffatta aggregazione pregiudicare il commercio tra Stati membri.
Trambus e TEMPI, infine, come già accennato, hanno negato, in ragione della mancata attuazione della riforma avviata nel 1997, l’esistenza stessa di un “mercato” del TPL.
3.1. Il Collegio ricorda che è ormai ampiamente consolidata l’elaborazione giurisprudenziale relativa alle caratteristiche (e ai limiti) del sindacato che il giudice amministrativo svolge sull’analisi antitrust in materia di mercato rilevante e più in generale sulle valutazioni tecniche compiute dall’Autorità.
Per quanto qui interessa, è sufficiente ricordare che per mercato rilevante si intende quella zona geograficamente circoscritta dove, dato un prodotto o una gamma di prodotti considerati tra loro sostituibili, le imprese che forniscono quel prodotto si pongono tra loro in rapporto di concorrenza.
La definizione del mercato rilevante implica un accertamento di fatto cui segue l’applicazione ai fatti accertati delle norme giuridiche in tema di mercato rilevante, come interpretate dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale.
Il giudice amministrativo in relazione ai provvedimenti dell'AGCM esercita un sindacato di legittimità, che non si estende al merito, salvo per quanto attiene al profilo sanzionatorio: pertanto, deve valutare i fatti, onde acclarare se la ricostruzione di essi operata dall'AGCM sia immune da travisamenti e vizi logici, e accertare che le norme giuridiche siano state correttamente individuate, interpretate e applicate. Laddove residuino margini di opinabilità in relazione ai concetti indeterminati, il giudice non può comunque sostituirsi all’AGCM nella definizione del mercato rilevante, se questa sia immune da vizi di travisamento dei fatti, da vizi logici, da vizi di violazione di legge (Cons. St., sez. VI, 8 febbraio 2008, n. 424; id. 10 marzo 2006, n. 1271, Telecom Italia; id. 23 aprile 2002, n. 2199, Rc Auto; id. 2 marzo 2004, n. 926, Gemeaz Cusin).
L’individuazione del mercato di riferimento è poi funzionale al tipo di indagine in corso. Nelle ipotesi di operazione di concentrazione, l’accertamento della posizione dominante di un’impresa dipende strettamente dalla struttura dell’impresa oggetto dell’indagine; mentre, con riferimento a un caso d’intesa restrittiva della concorrenza, l’individuazione del mercato è invece funzionale alla delimitazione dell’ambito nel quale l’intesa può restringere o falsare il meccanismo concorrenziale (Cons.St., decisione n. 926/2004, cit.).
In caso di abuso di posizione dominante la delimitazione del mercato di riferimento inerisce cioè ai presupposti del giudizio sul comportamento che potrebbe essere anticoncorrenziale (posto che occorre preventivamente accertare l’esistenza di una dominanza nel mercato stesso), mentre nell’ ipotesi di intese restrittive, la definizione del mercato rilevante è successiva all'individuazione dell'intesa, in quanto sono l'ampiezza e l’oggetto dell’intesa a circoscrivere il mercato su cui l'abuso è commesso.
La definizione dell'ambito merceologico e territoriale nel quale si manifesta un coordinamento fra imprese concorrenti e si realizzano gli effetti derivanti dall'illecito concorrenziale non appartiene più alla fase dei presupposti dell’illecito ma è funzionale alla decifrazione del suo grado di offensività, essendo essenzialmente volta a individuare le caratteristiche del contesto economico e giuridico nel quale si colloca il coordinamento fra imprese concorrenti (Cons. St., decisioni n. 1271/2006 e 926/2004 cit., nonché Tribunale di primo grado, 29 settembre 2006, causa T 168/01 - GlaxoSmithKline Services Unlimited).
Per quanto qui interessa, va ancora ricordato che anche una porzione ristretta del territorio nazionale può assurgere a “mercato rilevante”, ove in essa abbia luogo l'incontro di domanda ed offerta in condizioni di autonomia rispetto ad altri ambiti anche contigui, e quindi esista una concorrenza suscettibile di essere alterata (TAR Lazio, sez. I^, 27 agosto 2002, n. 7444, la quale richiama Cons. St., sez. VI, sentenze nn. 4116 del 26.7.2001 e 5733 dell’8.11.2001).
Analogamente, la questione della possibilità di identificare il mercato rilevante anche con una singola gara bandita dalla p.a. è stata più volte esaminata dalla giurisprudenza amministrativa e risolta in senso favorevole sulla base della considerazione secondo cui l’ammissibilità di una coincidenza tra mercato rilevante e gara non può essere né affermata né negata in termini assoluti, dovendosi indagare in concreto le caratteristiche del mercato oggetto della gara (Cons. Stato, sez. VI, n. 1191/2001, Rischi Comune di Milano).
Nella fattispecie, l’Autorità ha in primo luogo valorizzato la definizione contenuta nell’art. 1, comma 2, del Decreto Legislativo n. 422/97, secondo la quale per servizi pubblici di trasporto regionale e locale si intende “l’insieme dei sistemi di mobilità terrestri, marittimi, lagunari, lacuali, fluviali e aerei che operano in modo continuativo o periodico con itinerari, orari, frequenze e tariffe prestabilite, ad accesso generalizzato, nell’ambito di un territorio di dimensione normalmente regionale o infraregionale”.
Ha quindi ritenuto, alla luce dell’oggetto e della portata delle intese esaminate, che il mercato rilevante vada individuato, “con riferimento ai singoli accordi, nei singoli bacini di interesse delle imprese partecipanti alle intese, che di volta in volta sono stati o avrebbero potuto essere affidati tramite gara”. L’ “insieme” di tali ambiti territoriali, secondo l’Autorità, identifica non già la dimensione geografica del mercato rilevante ma la portata, e quindi gli effetti complessivi delle intese, i quali potevano arrivare “a ricomprendere l’intero territorio nazionale, laddove gli accordi oggetto del procedimento non risultano volti solo a condizionare l’affidamento a favore del soggetto già affidatario (incumbent), ma anche a restringere il confronto tra operatori potenzialmente concorrenti in altre realtà territoriali”.
Infine, prosegue l’Autorità, “la riforma per la liberalizzazione del settore, ponendo come principio l’affidamento a mezzo di gara, rende implicitamente necessario valutare la consistenza di un’intesa, non rispetto al totale degli affidamenti presenti a livello nazionale, bensì avendo riferimento all’insieme dei bacini contendibili, in quanto aggiudicabili a mezzo gara” (par. 226).
Il Collegio reputa che la delimitazione del mercato rilevante operata dall’Autorità sia frutto di una corretta analisi e ricostruzione dei fatti, e di una corretta contestualizzazione delle norme rispetto ai fatti, là dove, per contro, la definizione alternativa offerta dalle ricorrenti è affetta da un vizio logico. Essa, infatti, tende ad enfatizzare il carattere generale e astratto degli accordi – quadro stipulati (proiettati sull’intera “stagione di gare” attese all’indomani dell’avvio del processo di liberalizzazione) al fine di ricondurre ad unità contesti competitivi dei quali viene le ricorrenti stesse ammettono la frammentazione, in ragione delle difficoltà del processo di liberalizzazione.
L’autonoma rilevanza dei singoli bacini messi a gara riviene altresì dall’elementare considerazione che ciascuno di essi identifica l’ambito locale di erogazione di un servizio rispetto al quale l’analoga prestazione offerta in altro bacino non è sostituibile né succedanea essendo intrinsecamente inidonea a soddisfare la domanda di mobilità propria di un diverso ambito territoriale.
Relativamente all’estensione geografica del mercato rilevante, va inoltre adeguatamente considerato che, all’indomani della riforma recata dal d.lgs. n. 422 del 1997, molti enti locali hanno deciso di accorpare tratte e servizi i quali, in precedenza, venivano affidati e gestiti separatamente all’interno dello stesso bacino territoriale. Alcune delle ricorrenti hanno anzi identificato proprio in una simile scelta una delle ragioni che, insieme al meccanismo stesso della gara (il quale sembrava inizialmente destinato a soppiantare il tradizionale affidamento “in house”) ha determinato la necessità di creare forme di aggregazione e/o cooperazione tra imprese.
E’ su tali servizi dunque che le partecipanti alle intese hanno di volta in volta concentrato il loro interesse, senza che la pluralità dei bacini territoriali per i quali era attesa la gara (e quindi la potenziale consistenza delle intese) possa sminuire la rilevanza “competitiva” del singolo contesto locale in cui la concertazione si è poi effettivamente concretizzata.
Dal lato dell’offerta, sono comunque le stesse ricorrenti a sottolineare (in ciò concordando con l’Autorità) che il mercato del TPL non è ancora pienamente concorrenziale e che è caratterizzato dalla presenza di imprese di piccole dimensioni prettamente legate al proprio ambito territoriale di riferimento. Non è chiaro, dunque, come tale affermazione possa conciliarsi con quella relativa all’esistenza di un mercato nazionale del TPL, in cui tutti gli operatori si contendono aspramente le commesse e lottano per penetrare anche in nuovi bacini territoriali.
Un simile scenario corrisponde semmai al risultato che la liberalizzazione del settore si proponeva di realizzare e che le imprese sanzionate hanno invece contribuito a sterilizzare attraverso le forme di aggregazione loro contestate.
Il Collegio rileva altresì che, al riguardo, non vi è contraddizione con i criteri utilizzati dall’Autorità in altra delibera che, come quella in esame, ha sanzionato un’ipotesi di coordinamento nella partecipazione alle gare per l’affidamento di servizi pubblici locali (le ricorrenti fanno riferimento al provvedimento n. 17623 del 22.11.2007, Procedimento I670 - ACEA-SUEZ ENVIRONNEMENT/PUBLIACQUA).
In quel caso, infatti, l’Autorità ha ricollegato la dimensione nazionale del mercato al fatto che la concertazione tra le imprese “aveva interessato gli assetti generali relativi alla gestione dei servizi idrici su ampia parte del mercato italiano proprio in relazione al confronto competitivo atteso in conseguenza dello svolgimento di una pluralità di gare per l’affidamento del SII su gran parte del territorio nazionale, ed ha avuto come oggetto un preciso coordinamento tra due dei principali operatori sul mercato. Tale cooperazione ha poi avuto concreta realizzazione in un numero significativo di gare fra quelle che si sono effettivamente svolte per l’affidamento della gestione dei servizi idrici” (par. 116 provv. cit.).
Alcun utile confronto può dunque essere istituito tra le due fattispecie, in particolare per la diversa dimensione degli operatori coinvolti, nonché in relazione all’oggetto della cooperazione ivi scrutinata, estesa agli “assetti generali” del servizio idrico su un’ampia parte del mercato italiano e “concretizzatasi in un numero significativo di gare”.
Ciò premesso, è bene comunque evidenziare che la definizione alternativa del mercato rilevante proposta dalla ricorrenti non conduce alla conclusione dalle stesse auspicata, relativa all’esclusione delle intese sanzionate dall’ambito di applicazione dell’art. 81 del Trattato.
Esse affermano che la quota di mercato complessivamente espressa da ogni singola intesa sanzionata rappresenta meno del 10% del mercato nazionale e che pertanto le intese stesse si posizionano al di sotto della soglia c.d. de minimis individuata dalla Commissione nella Comunicazione relativa agli accordi di importanza minore, “che non determinano restrizioni sensibili della concorrenza ai sensi dell’art. 81, par. 2 del Trattato che istituisce la Comunità” (2001/C 368/07 in G.U.C.E. 22.12.2001, C368/13).
Le ricorrenti trascurano però che la “ripartizione dei mercati o della clientela” è considerata dalla Commissione una restrizione grave (hardcore) della concorrenza. Pertanto, in tale ipotesi, anche al di sotto delle soglie minime di mercato dalla stessa individuate, la Comunicazione sopra citata prevede l’automatica esclusione dell’accordo dall’applicabilità del beneficio de minimis.
Analogamente, secondo quanto chiarito dalla Commissione nella sua Comunicazione Linee Direttrici in materia di accordi orizzontali (2001/C-3/02), si presume che “gli accordi aventi per oggetto una restrizione della concorrenza che consiste nel fissare i prezzi, limitare la produzione o ripartire i mercati o la clientela […] abbiano effetti negativi sul mercato e non è quindi necessario procedere ad un’analisi delle loro conseguenze effettive sulla concorrenza e sul mercato al fine di stabilire che essi rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 81, paragrafo 1 del Trattato CE”.
Nel caso di specie, l’Autorità ha accertato l’esistenza di “accordi finalizzati principalmente a ripartire i mercati tra le parti, nella misura in cui ad ogni incumbent viene garantita la conferma del proprio bacino di affidamento”. (par. 182) di talché, sotto il profilo appena evidenziato, è in definitiva irrilevante se la dimensione geografica del mercato sia nazionale ovvero solo locale.
Secondo alcune ricorrenti, l’Autorità non avrebbe comunque dimostrato l’idoneità delle aggregazioni (in particolare di 60 MC), a pregiudicare il commercio tra gli Stati membri.
Al riguardo, la Sezione ha già avuto modo di osservare che, anche ove non sussista un apprezzabile pregiudizio al commercio tra Stati membri, l’applicazione della norma comunitaria da parte dell’Autorità non incide sulla valutazione sostanziale, in termini di liceità antitrust, dell’intesa oggetto di valutazione.
L’art. 2 della l.n. 287/90, escluso ovviamente il presupposto del pregiudizio al commercio tra Stati membri, riproduce infatti quasi per intero il testo della norma comunitaria, mutuandone la ratio e la finalità.
L’unico presupposto perché l’intesa possa essere considerata anticoncorrenziale e, quindi, debba essere vietata, è costituito dall’avere per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante ed è espressamente indicato, così come nella normativa comunitaria, che ciò può avvenire anche attraverso attività consistenti nel fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita e nel ripartire i mercati.
In sostanza, l’illiceità dell’intesa oggettivamente anticoncorrenziale consiste nella mera condotta volta a tali fini ed affinché la fattispecie venga in essere è sufficiente che sia voluto il fatto descritto nella norma senza alcuna necessità che i soggetti abbiano agito per un fine particolare, la cui realizzazione non è richiesta per l’esistenza dell’illecito, vale a dire per un fine che sta al di là e, quindi, fuori dal fatto costituente l’illecito.
Ne consegue che, nella fattispecie, l’Autorità avrebbe ben potuto avviare il procedimento anche sulla base di tale norma con un onere procedimentale, anzi, di minor rilievo in quanto, agendo ai sensi dell’art. 81 Trattato CE è tenuta a comunicare alla Commissione Europea sia l’avvio del procedimento istruttorio (art. 11.3, Reg. CE 1/2003) sia, con trenta giorni di anticipo, il tipo ed il tenore del provvedimento che intende adottare in via definitiva (art. 11.4, Reg. CE 1/2003). Di contro, l’applicazione della sanzione è disciplinata in ogni caso dall’art. 15 della L. 287/1990, come modificato dall’art. 11 della L. 57/2001, che prevede, nei casi di infrazioni gravi e tenuto conto della gravità e della durata dell’infrazione, l’applicabilità di una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 10% del fatturato realizzato in ciascuna impresa o ente nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notificazione della diffida.
Ciò premesso, appare peraltro condivisibile quanto argomentato dall’Autorità (par. 227) con riguardo alle “Linee direttrici sulla nozione di pregiudizio al commercio tra Stati membri di cui agli articoli 81 e 82 del Trattato” (Comunicazione della Commissione CE del 27 aprile 2004 (2004/C-101/7), le quali prescrivono che il requisito del pregiudizio al commercio tra Stati membri deve essere interpretato in maniera estensiva tenendo quindi conto dell’influenza diretta o indiretta, reale o potenziale, dell’intesa sui flussi commerciali a livello comunitario.
Secondo la Commissione, i cartelli orizzontali che si applicano ad un intero Stato membro o a parte rilevante dello stesso sono normalmente in grado di pregiudicare il commercio tra stati membri in quanto hanno, per loro natura, l’effetto di consolidare la compartimentazione dei mercati a livello nazionale, ostacolando così l’integrazione economica voluta dal Trattato.
Nel caso in esame, le stesse ricorrenti hanno pacificamente ammesso di avere stipulato accordi di politica commerciale, e, in alcuni casi, di avere creato strutture di cooperazione stabili, principalmente al fine di contrastare il temuto ingresso dei grandi operatori internazionali nel mercato italiano del TPL.
Quanto testé rilevato destituisce di fondamento anche l’affermazione i Trambus secondo cui l’applicazione dell’art. 81 del Trattato CE da parte dell’Autorità implica necessariamente una estensione almeno nazionale del mercato rilevante.
Si è appena visto, infatti, che anche un mercato subnazionale viene considerato dalle cit. Linee direttrici parte sostanziale del mercato comune quando la sua “chiusura” contribuisca ad ostacolare l’integrazione economica voluta dal Trattato.
Alcune ricorrenti hanno infine invocato le Linee Direttrici sugli Accordi di cooperazione orizzontale, al fine di poter beneficiare dell’esenzione prevista dall’art. 81, par. 3, del Trattato o comunque dell’esclusione dall’ambito di applicazione dell’art. 81, tipicamente riconosciuta (cfr. il par. 24 della Comunicazione cit.) alle forme di “cooperazione tra imprese concorrenti che non possono realizzare autonomamente il progetto o l’attività oggetto della cooperazione”.
A tal fine, hanno soprattutto valorizzato i miglioramenti delle condizioni poste a base d’asta riscontrabili nelle gare analizzate dall’Autorità, scaturiti, a loro dire, proprio dall’associazione in ATI che avrebbe consentito di aggregare risorse e know how e di formulare quindi offerte particolarmente competitive.
L’Autorità ha tuttavia buon gioco nel rilevare che siffatti benefici economici non rappresentano una conseguenza diretta degli accordi sanzionati (par. 191 e ss.), laddove l’esenzione può essere riconosciuta solo a quegli accordi che, tipicamente, attraverso un miglioramento della produzione o della distribuzione dei prodotti o la promozione del progresso tecnico o economico, possono compensare gli effetti restrittivi sulla concorrenza.
L’Autorità soggiunge che gli asseriti miglioramenti “in ogni caso, non possono essere confrontati con quelli che sarebbero stati gli esiti di un effettivo confronto concorrenziale tra più operatori, e/o più ATI, realizzabile solo in assenza delle previsioni limitative contenute nei diversi accordi sottostanti alle singole intese” e che in definitiva le intese in esame “si configurano come restrizioni non necessarie nei confronti di un’asserita volontà di pervenire ad un miglioramento dell’offerta, ed espressamente finalizzate a ridurre i residui margini di concorrenza, già compromessi dalle previsioni dei bandi di gara. Ciò in un settore dove il processo di liberalizzazione già trovava oggettive difficoltà di carattere strutturale”.
La difesa erariale ha inoltre ricordato quali siano le condizioni cumulativamente poste dall’art. 81 comma 3 del Trattato affinché un accordo di cooperazione orizzontale possa beneficiare dell’esenzione ivi prevista. Ciò si verifica quando l’accordo:
- contribuisca a migliorare le condizioni di offerta sul mercato interessato;
- riservi ai consumatori una congrua parte dei benefici derivanti dall’intesa;
- non comporti restrizioni alla concorrenza non necessarie alla realizzazione dei predetti obiettivi;
- non determini la completa eliminazione della concorrenza da una parte sostanziale del mercato.
L’onere di provare la sussistenza delle condizioni di esenzione spetta alle imprese interessate (art. 2, Regolamento CE n. 1/2003 del 16 dicembre 2002).
Secondo la Commissione, le parti debbono in particolare dimostrare “che la cooperazione comporterà incrementi d’efficienza che non potrebbero essere conseguiti con mezzi meno restrittivi” (Comunicazione ult. cit., par. 32).
Analogamente, la Comunicazione relativa alle Linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3 del Trattato ( in GUUE C 101/97 del 27 aprile 2004), dispone che gli incrementi di efficienza suscettibili di considerazione ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 3, debbono avere carattere rigorosamente oggettivo e verificabile, con particolare riguardo alla loro natura, entità e grado di probabilità, al legame con l’intesa esaminata, nonché alle modalità e ai tempi previsti per la loro effettiva realizzazione.
Applicando le suindicate coordinate interpretative alle fattispecie, non può dunque condividersi l’assunto di alcune ricorrenti secondo cui l’Autorità avrebbe apoditticamente assunto (cfr. in particolare il par. 184), che la “concentrazione dell’offerta in raggruppamenti - chiaramente sovradimensionati rispetto ai requisiti dei bandi - composti da soggetti che avrebbero potuto partecipare singolarmente o in raggruppamenti di dimensioni inferiori, riducendo il numero dei concorrenti e la possibilità di scelta per l’ente appaltante, non può che determinare un esito delle gare inferiore per qualità e quantità offerta rispetto a quello che si sarebbe prodotto in assenza di concertazione.”.
In presenza, infatti, di elementi esogeni quali la stipulazione di accordi – quadro, la creazione di strutture consortili e la partecipazione congiunta alle gare, incombeva alle imprese l’onere di dimostrare in maniera puntuale che il “progetto o l’attività oggetto di cooperazione” non potessero “essere realizzati autonomamente”, ovvero che l’incremento di efficienza scaturito dalla celebrazione delle gare fosse stato effettivamente superiore a quello realizzabile “in assenza delle previsioni limitative contenute nei diversi accordi sottostanti alle singole intese” (par. 191).
Non condivisibili, infine, sono le censure tese a negare l’esistenza stessa di un mercato del TPL.
L’indagine dell’Autorità si è infatti incentrata proprio su quei bacini territoriali in relazione ai quali le gare sono state effettivamente attivate.
Pertanto, sebbene la ridotta contendibilità dei servizi in esame (per effetto dei persistenti affidamenti “in house”) abbia ridotto gli spazi di concorrenza, si è comunque innescata una dinamica competitiva che giustifica pienamente l’intervento dell’Autorità a tutela dello sviluppo del processo di liberalizzazione prefigurato dal Legislatore.
Come meglio si vedrà nella pertinente sezione della presente decisione relativa alla quantificazione della sanzioni, dell’incertezza del quadro normativo, nonché del rallentamento della riforma, dovuto anche allo scarso incentivo per gli enti locali alla scelta di un gestore diverso dall’incumbent, per il permanere di legami proprietari, l’Autorità ha comunque tenuto conto ai fini della quantificazione della sanzione.
4. Tutte le imprese si sono poi diffuse sulla piena liceità del ricorso allo strumento dell’ATI per partecipare alle gare contestate, nonché sull’ammissibilità, da ultimo confermata dal Consiglio di Stato (cfr. la sentenza n. 588 del 20.2.2008 della VI^ Sezione), della riunione in RTI da parte di due o più imprese che singolarmente sarebbero in grado di soddisfare i requisiti finanziari e tecnici per poter partecipare alla gara, non sussistendo alcun divieto normativo in tal senso.
Hanno in particolare stigmatizzato la valutazione di illiceità della formazione di una ATI per il solo fatto di essere sovradimensionata rispetto ai requisiti richiesti dal bando di gara e hanno altresì evidenziato che la dimensione del raggruppamento anche in tali ipotesi rimane comunque lecita, in quanto volta a produrre un miglioramento dell’offerta, tale da rendere la stessa effettivamente competitiva e in grado di aggiudicarsi l’affidamento del servizio.
Secondo GTT, l’Autorità avrebbe inoltre disatteso la propria stessa giurisprudenza secondo la quale non è ravvisabile alcuna anticoncorrenzialità nella costituzione di un consorzio in via preventiva, in vista cioè della presentazione di offerte in comune per la negoziazione di eventuali contratti con il committente (richiama, al riguardo, il noto caso del Consorzio Trevi, provvedimento n. 1796/I/180 in Boll. 8/94).
4.1. Come noto, la circostanza che ATI e consorzi siano frutto di negozi giuridici tipizzati non esclude la loro contrarietà al diritto antitrust, allorché risulti che la causa concreta degli stessi, intesa come concreta funzione socio-economica dell’affare, sia illecita in quanto volta a contrassegnare un assetto contrario a norme imperative.
Molteplici istituti civilistici sono infatti “neutri” ai fini antitrust dovendo essere verificato in concreto il loro utilizzo a fini anticoncorrenziali (cfr. ex plurimis, Cons. St., sez. VI, 2 marzo 2001, n. 1189).
Con peculiare riguardo al corretto utilizzo degli strumenti associativi in sede di gara, nella segnalazione AS 251 del 7 febbraio 2003, l’Autorità ha effettivamente auspicato che le stazioni appaltanti, pur nel silenzio della legge, limitino la possibilità di associarsi in RTI da parte di due o più imprese che singolarmente sarebbero in grado di soddisfare i requisiti finanziari e tecnici per poter partecipare alla gara.
Ciò perché il RTI, proprio in quanto strumento di collaborazione tra le imprese, può facilmente prestarsi ad un uso restrittivo della concorrenza, attuale o potenziale, tra le imprese stesse.
Nella fattispecie, è tuttavia bene chiarire che la costituzione di ATI sovradimensionate rispetto ai requisiti previsti dai bandi di gara, viene ad inserirsi in un più complesso contesto collusivo caratterizzato dall’esistenza di intese a monte rappresentate da accordi puntuali e “macroaggregazioni” aventi quale loro oggetto esplicito (come meglio si vedrà nell’analisi delle singole fattispecie) la disciplina del comportamento delle imprese in vista della stagione di gare attese all’indomani dell’avvio del processo di liberalizzazione.
La costituzione delle ATI è cioè stata valutata dall’Autorità “alla luce delle affermazioni contenute negli accordi contestati” rispetto alle quali esse si connotano “per la valenza anticoncorrenziale più che per la finalità sinergica volta al miglioramento dell’offerta” (par. 176).
A ciò si aggiunga che l’Autorità ha verificato “l’assenza di qualsiasi interesse per la gestione dei bacini aggiudicati alle ATI, fatta chiaramente eccezione per l’operatore incumbent che ne mantiene l’affidamento”.
Il sostanziale disinteresse per la gestione dei bacini messi a gara di larga parte dei partecipanti alle ATI, “trova concreta conferma nelle partecipazione meramente nominali alle società di gestione costituite a seguito degli affidamenti”.
L’Autorità ha logicamente evidenziato che tale circostanza fattuale “appare in palese conflitto con l’argomentazione che cerca di spiegare le intese con la necessità dell’aggregazione ai fini del miglioramento dell’offerta e, conseguentemente, del servizio”
Di tale interesse industriale, o comunque dell’esistenza di obiettive ragioni i carattere tecnico – organizzativo sottese alla partecipazioni in ATI alle gare, tali da vincere la forza probatoria derivante dalla elaborazione di regole di comportamento ex ante, del tutto avulse dalle caratteristiche dei bandi e destinate ad operare indipendentemente dai requisiti di volta in volta richiesti, non è stata data evidenza neanche in sede di ricorso (eccezione fatta per la gara di Roma, su cui vedi, infra, il par. 9).
In particolare, relativamente alle gare di Savona, La Spezia e Mantova, l’Autorità, come già accennato, ha accertato che negli organismi derivanti dalla societarizzazione delle ATI, le società diverse dall’incumbent hanno assunto partecipazioni meramente nominali, che non consentivano loro alcun ruolo attivo di gestione.
Ad esempio, nel bacino di Savona, ACTS incumbent e mandataria dell’ATI, viene a detenere il 60% del capitale sociale, mentre le società del gruppo RETITALIA detengono rispettivamente il 13,5% (GTT), l’11% (Transdev) 3% (APM), 3% (ATCM), 3% (ACTV).
Nelle gare di Mantova le ATI aggiudicatarie di entrambe le procedure di gara erano formate dalle stesse 13 società, riconducibili in parte a RETITALIA e, in parte, all’associazione 60 MC. In entrambi i casi si trattava di: APAM, APM, ATC La Spezia, TEMPI, TEP, TPT (ATP), ACTV, ATCM, ATM (GTT), AUTOGUIDOVIE ITALIANE, AUTOLINEE DELL’EMILIA, ARPA, TRANSDEV.
La società APAM esercizio S.p.A., costituita a seguito dell’aggiudicazione delle due gare, vede la partecipazione di APAM (99,81%), ATC La Spezia (0,06%), Tempi (0,02%), TEP (0,02%), ATP (0,02%), Autoguidovie (0,02%), Autolinee dell’Emilia (0,02%), STIE (0,02%), APM, ACTV, ATCM, GTT, ARPA e TRANSDEV. Tali società detengono tutte una azione nominale (par. 102).
L’Autorità ha anche evidenziato come la dimensione dell’ATI risultata aggiudicataria fosse almeno 70 volte superiore alla dimensione minima richiesta, in termini di soddisfacimento del requisito delle vetture-chilometro operate nell’anno precedente al bando, e che, a fronte di ciò, il precedente affidatario del servizio – APAM - continua a gestire, da solo, il servizio messo a gara.
Quanto, poi all’argomentazione secondo cui alcun indizio, circa l’esclusione finalità anticompetitiva delle ATI, potrebbe desumersi dagli accordi a monte sol perché “preventivi” rispetto alle gare attese, si osserva che, nel caso citato dalle ricorrenti (quello del Consorzio Trevi) era già noto l’oggetto di siffatte commesse, vale a dire un prodotto (il treno ad alta velocità ETR 500) talmente complesso da indurre all’epoca AGCM ad identificare in esso un mercato del tutto nuovo, caratterizzato da un elevato livello di rischiosità sia tecnica che finanziaria.
Nella fattispecie, invece, l’unica vera novità che le imprese del TPL si sono trovata ad affrontare è stato il meccanismo della gara in sé, ed, eventualmente, la richiesta di servizi innovativi e/o integrati di mobilità da parte degli enti locali.
Al riguardo, l’Autorità, non ha disconosciuto l’esigenza di una crescita dimensionale delle imprese del settore ovvero della necessità di uno scambio di esperienze e di know how, ma ha rilevato, da un lato, che la prima può essere efficacemente soddisfatta attraverso la creazione di aggregazioni strutturali di lungo periodo (par. 185) - così come del resto, deve aggiungersi, auspicato dallo stesso legislatore (cfr. l’art. 18, comma 3 - ter del d.lgs. n. 422/97) - dall’altro, che il contenuto delle intese esaminate non si limita affatto alla ricerca di sinergie gestionali, ma è stato esplicitamente finalizzato alla limitazione della concorrenza tra le imprese (cfr., infra, i parr. 6, 7 e 8).
Neppure, ancora, può condividersi l’argomentazione di Trambus, secondo cui un certo grado di “uniformazione delle politiche commerciali” delle imprese non assume necessariamente valenza anticoncorrenziale (la società richiama al riguardo gli accordi di code – sharing stipulati tra le società Alitalia e Meridiana, ritenuti leciti, sul piano antitrust, sia da questo TAR – sentenza 7 settembre 1999, n. 1917 – che dal Consiglio di Stato – sentenza 29 ottobre 2002, n. 7028).
Nella fattispecie, le imprese (eccezion fatta per la gara di Roma) non hanno dimostrato né l’esistenza di reali sinergie industriali sottese agli accordi stipulati ovvero alle aggregazioni in ATI, né l’esistenza di vantaggi per gli utenti maggiori di quelli che sarebbero potuto derivare da un più ampio confronto concorrenziale, sia pure in un contesto di mercato non ancora pienamente liberalizzato.
5. Altra argomentazione, sulla quale si sono ampiamente diffuse le ricorrenti, concerne la rilevanza degli obblighi derivanti dal c.d. “vincolo teleologico – funzionale”.
APM ricorda, ad esempio, che, secondo la giurisprudenza amministrativa, l’attività extra moenia delle società a partecipazione pubblica maggioritaria o totalitaria è legittima solo nella misura in cui non determini la distrazione di mezzi e risorse, tale da potere arrecare pregiudizio alla collettività locale.
In tal senso, le aggregazioni avrebbero consentito alle ricorrenti di estendere la propria attività in un altro bacino territoriale, minimizzando i rischi di carattere tecnico e finanziario derivanti dall’operazione.
Anche l’attribuzione di un ruolo preponderante all’operatore “incumbent” si spiegherebbe con ragioni di efficienza, ed in particolare con la particolare conoscenza da parte di quest’ultimo delle caratteristiche territoriali ed economiche delle aree interessate.
5.1. Rileva il Collegio che, in disparte l’effettiva configurabilità, sul piano normativo, di siffatta limitazione all’attività delle società a capitale interamente pubblico ovvero delle società miste (tuttora ampiamente controversa in giurisprudenza ed anzi allo stato espressamente esclusa, relativamente ai servizi pubblici locali, dall’art. l'art. 13 del D.L. 4 luglio 2006 n. 223, conv. in legge 4 agosto 2006 n. 248), nella maggior parte dei casi esaminati, alla partecipazione in ATI alla gara non è poi seguita l’effettiva partecipazione al servizio, posto che le società costituite a seguito degli affidamenti hanno visto la partecipazione meramente nominale delle società diverse dall’incumbent.
Continua perciò a rimanere indefinito l’interesse economico – industriale sotteso alla partecipazione alla gara da parte di queste ultime.
AGCM ha così buon gioco nel ritenere che il coordinamento congegnato aveva verosimilmente quale unica o comunque essenziale finalità quella di limitare la concorrenza tra le parti ovvero di proteggere il bacino storico di riferimento dell’operatore incumbent in una data area territoriale.
A siffatto vincolo teleologico, comunque, così come bene evidenziato dalla difesa erariale, non si fa mai riferimento nella documentazione attestante l’attività collusiva ed anzi, il presunto condizionamento rappresentato dal “vincolo teleologico” al comportamento d’impresa, “sembra contraddetto dalle esplicite previsioni relative alle gare d’attacco contenute negli accordi contestati” (l’Autorità richiama in particolare l’Accordo Preliminare di RETITALIA; i patti parasociali RETITALIA; il Protocollo di Politica Commerciale di TP NET; le Prospettive dell’Associazione 60 MC).
In altre parole, le imprese stesse non hanno né percepito né comunque considerato tale vincolo effettivamente sussistente.
6. Premesso il quadro generale così evidenziato, occorre esaminare le censure attraverso le quali le imprese contestano l’interpretazione dei contenuti e degli effetti degli accordi intervenuti.
6.1. Con riguardo all’intesa RETITALIA, GTT - premesso di essere una società interamente controllata dal Comune di Torino e che, stante la piena liceità del rapporto di affidamento diretto in essere, alcuna utilità avrebbe potuto ricavare dalla partecipazione ad accordi di protezione territoriale finalizzati, secondo l’ipotesi accusatoria dell’Autorità, a proteggere l’incumbency nel bacino storico di riferimento - contesta anzitutto l’esistenza di una rete di accordi paralleli, predisposta da tutte le società coinvolte nel procedimento I/657.
Ritiene che, già a partire dal protocollo di intesa del 14 giugno 2001, non siano rinvenibili gli indizi di una intesa restrittiva ma solo libere scelte imprenditoriali, assunte in vista della partecipazione alla prossima stagione di gare.
Asserisce che le clausole contenute nel Preliminare di Accordo strategico e operativo del 17 gennaio 2002 (in particolare gli arrt. 2 e 4), perseguivano l’unica finalità di sviluppare processi aziendali di comune interesse e di provvedere alla definizione di strutture in grado di rafforzare la competitività delle società patiscenti.
Analoghe considerazioni svolge in ordine all’art. 3 dei Patti Parasociali stipulati contestualmente alla costituzione di Retitalia s.c.a.r.l., e all’allegato C ai Patti medesimi.
Secondo la società dette clausole non obbligavano i partecipanti all’accordo a concorrere alle gare unitamente alla società incumbent, ma si limitavano a riconoscere un dato di fatto, ovvero la “preminenza” del ruolo svolto da ciascuna società patiscente nel proprio ambito territoriale, tenendo anche conto del fatto che nessuna della partecipanti aveva i requisiti per esercitare il servizio del TPL al di fuori del proprio ambito territoriale.
In particolare, relativamente alle censurate disposizioni dell’ALL. C., GTT evidenzia che si tratterebbe soltanto della trasposizione pattizia di un preciso vincolo legislativo, recato dall’art. 23, comma 3, del d.lgs. 17 marzo 1995, n. 158 e s.m.i.
Il punto 2 dell’Allegato si limitava invece a stabilire, relativamente alle gare non riferibili all’ambito di competenza della consorziate, che le parti avrebbero concordato “sulla necessità di vincolare la scelta della partecipazione ad apposita deliberazione da assumersi in seno all’Assemblea Ordinaria di Retitalia sc.a.r.l. all’unanimità del capitale sociale” ben potendo la società, società consorziata, dissenziente, astenuta o non partecipante alla deliberazione, recedere dalla società consortile e riprendere la piena libertà di autodeterminazione.
Il punto 4 riguarda l’eventualità di accordi di “collaborazione” tra la stessa società consortile e altri soggetti partecipati dalle società consorziate ed operanti in ambito locale, di per sé oggettivamente necessari ove si tenga conto che nessuna società del trasporto pubblico locale, al di fuori del proprio territori di competenza, possiede i necessari requisiti di capacità organizzativa e finanziaria per svolgere il servizio.
La costituzione di RETITALIA rispondeva infatti, a dire della ricorrente, all’esigenza industriale e finanziaria delle società consorziate di organizzarsi al fine di potere utilmente partecipare alle indicende gare nazionali.
AGCM non avrebbe considerato che la capacità di concorrere ad una gara per l’affidamento dei servizi di TPL non può essere valutata in astratto, in termini di rispondenza ai requisiti di partecipazione previsti dai bandi, ma deve essere determinata in concreto, tenendo conto della reale sostenibilità dell’offerta e delle potenziali perdite di bilancio, stanti le regole di gara come risultano dalle documentazioni correlate alle gare effettivamente bandite.
La partecipazione alle gare in ATI precede comunque la costituzione di RETITALIA sicché risulta infondata la pretesa di AGCM di estendere ad esse l’asserito illecito che avrebbe connotato l’art. 3 dei Patti parasociali,
Anche APM Esercizi e ACTV affermano che RETIALIA è nata con il più ampio fine di realizzare sinergie strategico- industriali tra imprese di piccole dimensioni e che le alleanze in questione avevano la finalità di espandere le attività delle imprese coinvolte non solo in ambito nazionale, ma addirittura sovranazionale.
ATCM asserisce che non avrebbe mai potuto partecipare, da sola, ad alcuna gara e che, in questa chiave, devono essere letti tutti gli accordi ai quali ha partecipato. Evidenzia, inoltre, di non avere sottoscritto il Preliminare di Accordo operativo e strategico del gennaio 2002.
6.2. Il contenuto letterale degli accordi che hanno portato alla creazione di RETITALIA è analiticamente descritto nel provvedimento impugnato, con particolare riguardo al “Preliminare di accordo operativo e strategico” del gennaio 2002, nonché ai Patti parasociali allegati all’atto costitutivo. L’art. 2 del Preliminare stabilisce che “Le parti convengono di partecipare in maniera concertata (in proprio o congiuntamente), […] con modalità da definirsi di volta in volta: (i) alle procedure di selezione per l’ingresso nel capitale delle aziende di trasporto in Italia; (ii) alle procedure di selezione per l’affidamento della gestione di servizi di TPL in Italia; (iii) alla stipula di intese con altri operatori di TPL; (iv) alla definizione e realizzazione di specifici progetti ed iniziative nel settore del TPL in Italia”.
Con riferimento esplicito alle gare, l’articolo 4 indica “Relativamente alle procedure concorsuali che verranno indette nelle varie aree del Paese si concorda sin d’ora sul riconoscimento del ruolo preminente svolto da ciascun partner nel proprio ambito territoriale di appartenenza e sulla valutazione congiunta delle opportunità di partecipazione in altri ambiti territoriali”.
L’Autorità evidenzia altresì che “il Preliminare di accordo strategico si colloca nella fase immediatamente precedente all’apertura del mercato [...], periodo nel quale si registrava un grande fermento del mondo politico e degli operatori del settore, proprio in relazione all’imminente fine delle logiche di affidamento diretto che avevano sino a quel momento caratterizzato l’erogazione del servizio” (par. 90).
Il “Preliminare di accordo strategico ed operativo” (stipulato tra ACTV, APM, GTT (ATM e SATTI) e TRANSDEV), pone “le basi per una più stretta collaborazione tra le Parti sino alla costituzione della Società Consortile a Responsabilità Limitata RETITALIA S.c. a r.l., avvenuta in data 21 novembre 2002, con sede presso la società GTT S.p.A. di Torino”. Al momento della costituzione di RETITALIA S.c. a r.l. i soci erano GTT, APM, ACTM, ACTV, TRANSDEV, i quali hanno sottoscritto i patti parasociali. ACTM, estranea al preliminare, risulta socia di RETITALIA e firmataria dei patti parasociali.
Ai sensi dell’art. 3 dei Patti parasociali, “le Parti convengono di partecipare in maniera concertata (singolarmente o congiuntamente), […], secondo quanto disposto nell’allegato C” alle procedure di gara in Italia.
L’allegato distingue il caso di procedure riferibili “all’ambito territoriale di riferimento” (ATR) dei singoli soci - in relazione al quale si conferisce la piena autonomia agli incumbent nel definire modalità di intervento ed eventuale quota di partecipazione degli altri soci – rispetto alle procedure non riferibili ad alcun ATR “di competenza delle società consorziate”.
Rispetto alla prima tipologia di gara (c.d. “gare di difesa”) le imprese concordano che “qualora una società consorziata partecipi individualmente o eventualmente con altre società consorziate invitate dalla prima a fare parte di un raggruppamento temporaneo d’impresa ad una procedura ad evidenza pubblica indetta nel proprio ATR, la scarl e le altre società consorziate non facenti parte del raggruppamento temporaneo d’impresa si impegnano a non partecipare alla gara”. Tale impegno “si estende ad ogni forma e modalità di partecipazione, sia essa singola, o raggruppata con altre imprese, consorziate e non, controllate o controllanti”.
Relativamente alle procedure non riferibili ad alcun ambito territoriale di competenza delle Società consorziate (c.d. “gare di attacco”) qualora in sede di assemblea ordinaria non si raggiunga l’unanimità in merito alle modalità di partecipazione alle gare, le società consorziate dissenzienti o astenute o non partecipanti alla votazione “non potranno partecipare alle gare cui potranno partecipare, in riunione temporanee d’impresa, le società consorziate che avranno espresso voto favorevole”.
Relativamente agli effetti dell’intesa, l’Autorità ha osservato come l’aggregazione a RETITALIA abbia comportato la partecipazione alle gare di Mantova (bacino comunale e bacino provinciale), La Spezia e Savona, in ATI - a cui partecipava anche l’incumbent del bacino messo a gara - sovradimensionate rispetto ai requisiti del bando.
Tali ATI sono poi risultate aggiudicatarie delle gare e hanno quindi consentito all’operatore incumbent di mantenere l’affidamento del servizio nel proprio bacino storico, eliminando ogni margine concorrenziale tra i partecipanti.
Peraltro, nelle gare per i bacini di Mantova e La Spezia, l’ATI aggiudicataria ha visto la partecipazione insieme ai soci di RETITALIA anche di società aderenti all’aggregazione 60MC, in tal modo ampliando la portata restrittiva dell’intesa e riducendo ulteriormente la concorrenza, anche fra macro alleanze.
L’Autorità soggiunge altresì che non sembra “dirimente” l’asserito ruolo pro-competitivo di RETITALIA, che avrebbe partecipato esclusivamente a gare fuori bacino, “in quanto la partecipazione nei fatti a sole gare d’attacco appare conseguenza della mancata contendibilità dei bacini di riferimento delle Parti, rispetto ai quali le intese avrebbero sviluppato tutte la loro portata difensiva, e in ogni caso, rappresenta una circostanza esogena e non un comportamento virtuoso delle Parti”.
6.2.1. Il Collegio osserva in primo luogo che alcun rilievo assume l’affermazione delle imprese sanzionate per cui, in ragione degli affidamenti diretti tuttora in essere, non avrebbero avuto effettivo interesse a partecipare ad accordi di ripartizione territoriale a difesa dell’incumbency.
Le intese sanzionate nascono infatti in un momento in cui la compiuta apertura del mercato sembrava ormai imminente, essendo stata l’originaria scadenza del periodo transitorio fissata al 31.12.2003.
Altrettanto sintomatica è la circostanza che lo scioglimento delle associazioni e/o delle imprese comuni sia avvenuto soltanto quando ormai, in ragione del progressivo rallentamento delle procedure di gara bandite, dei contestuali riaffidamenti diretti ai precedenti gestori, nonché dello stato dell’evoluzione normativa, appariva ormai inutile il perseguimento di “strategie unitarie di gruppo” (cfr. il par. 109).
Relativamente alle argomentazioni intese a sminuire la vincolatività del Preliminare di accordo operativo e strategico del gennaio 2002, risulta invero vano il tentativo di attribuire alle clausole contenute negli accordi, la funzione di mera “ricognizione” dell’esperienza maturata dall’incumbent nel proprio territorio di riferimento, o comunque un carattere non effettivamente vincolante.
Gli accordi dei quali l’Autorità ha evidenziato i passaggi più significativi, delineano infatti una chiara e puntuale regola di comportamento ex ante, alla quale le imprese aderenti risultano essersi obbligate, è bene precisare, in maniera del tutto avulsa dal riferimento a concreta necessità “sinergiche” derivanti dai requisiti contenuti nei bandi.
Significativa al riguardo è l’affermazione di GTT secondo cui l’unico modo di riappropriarsi della propria libertà di autodeteterminazione, per una società dissenziente rispetto alla scelta, deliberata in sede di assemblea ordinaria di RETITALIA, di partecipare in maniera concertata alle gare d’attacco, era quello di recedere dalla società consortile.
Parimenti inverosimile risulta l’asserita predisposizione di clausole prive di effetti negoziali utili, puramente “ricognitive” del naturale ruolo di preminenza rivestito dalle imprese incumbent nei propri ambiti territoriali di riferimento.
Il testo dell’all. C ai Patti Parasociali di RETITALIA, nei quali è stato trasfuso il contenuto del Preliminare di accordo operativo e strategico, attribuisce infatti a tali imprese un chiaro ruolo di “regia” relativamente alla partecipazione alle gare nei proprio ambito territoriale di riferimento, e stabilisce altresì l’impegno delle altre società consorziate, non chiamate a far a parte del RTI, a non partecipare individualmente alla gara.
Relativamente, ancora, all’affermazione secondo cui, la partecipazione alle gare contestate (in particolare quella di Savona, indetta nell’aprile 2002), è avvenuta in epoca anteriore alla costituzione di Retitalia s.c.a.r.l., e che pertanto non vi sarebbero indizi “esogeni” dell’esistenza di una vera e propria concertazione preliminare alla partecipazione in ATI, è sufficiente rilevare che, a tale data, risultava già stipulato, il più volte citato Preliminare di Accordo strategico e operativo.
Neppure condivisibile è l’affermazione di ATCM secondo cui le imprese consorziate non avrebbero potuto partecipare, da sole, ad alcuna gara.
Si è infatti già evidenziato che l’Autorità non ha mai messo in discussione la necessità per le imprese italiane del TPL di ricercare sinergie operative.
Tuttavia, come già chiarito, nelle gare analizzate dall’Autorità non vi è evidenza di un apporto delle singole società aderenti che possa essere spiegato in una logica diversa dalla difesa della rispettiva incumbency, o comunque dalla riduzione dell’alea della concorrenza assicurata dalla concertazione.
Relativamente alla censura, svolta sia dalle imprese socie di RETITALIA che da quelle aderenti a 60 MC, secondo cui l’Autorità non avrebbe provato l’esistenza di una concertazione tra le due macroaggregazioni, avvenuta in occasione delle gare di Mantova e La Spezia, rileva il Collegio che siffatto addebito, sebbene delineato nelle risultanze istruttorie (cfr. in particolare il par. 108), non ha poi formato oggetto di accertamento.
Come osservato dalla difesa erariale, l’Autorità non ha imputato alle imprese la realizzazione di un ulteriore accordo orizzontale, ma si è limitata ad evidenziare che la partecipazione in ATI alle gare di Mantova e La Spezia dei soci di 60 MC e di RETITALIA ha ulteriormente ristretto la competizione, ampliando gli effetti restrittivi delle singole intese già accertate.
Per quanto occorrer possa, relativamente all’argomentazione avanzata dai soci di 60 MC e TP NET, secondo cui AGCM avrebbe preso in considerazione, al fine di avvalorare l’ipotesi di un coordinamento tra le alleanze, unicamente documenti di fonte RETITALIA (Presentazione Sintetica dei risultati” agli azionisti di RETITALIA dell’11/04/05, nonché il verbale della medesima società in data 24.3.2006, in cui si fa riferimento alla necessità che lo scioglimento venga concordato con TP NET) è sufficiente rinviare alla consolidata giurisprudenza comunitaria che ammette l’utilizzo come prova a carico di documenti provenienti da terzi, considerando come sia piuttosto difficile un’impresa possa avere assolutamente inventato il contenuto di uno scritto relativo ad un comportamento che possa esporla a sanzioni (cfr. Corte Giust CE, 16-12-75, C 40-48/73, Suiker Unie, par. 159 ss., richiamate dal Cons. St., decisione n. 926/2004 cit.).
Analogamente, il Consiglio di Stato ha ripetutamente confermato che i documenti di cui si è accertata l’attendibilità esplicano la loro rilevanza probatoria anche nei confronti di società diverse da quelle presso le quali sono stati materialmente reperiti o alle quali sono attribuibili, e che sono considerabili tali anche quelli redatti da soggetti privi del potere di rappresentanza (così, ad esempio, sez. VI, 10 febbraio 2006 , n. 548, Q 8 Quaser).
Infine, relativamente all’argomentazione (comune alle ricorrenti già associate in RETITALIA, TP NET E 60 Mc), secondo cui le clausole che impongono alle singole consorziate di non partecipare alle gare contro le altre consorziate, costituirebbero la mera trasposizione pattizia della disposizione recata dall’art. 23, comma 3, del d.lgs. 17 marzo 1995, n. 158, va evidenziato che l’Autorità ha accertato:
- che RETITALIA, non ha mai partecipato direttamente a procedure di gara, essendosi limitata a coordinare le attività dei consorziati:
- analogamente, l’oggetto delle società TP NET s.c.r.l., TP FIN e TP NET s.p.a. non riguarda la partecipazione diretta dell’impresa comune alle gare, bensì il coordinamento dei soci nella partecipazione alle gare per l’affidamento di servizi di trasporto (cfr. il par. 113);
- la s.c.a.r.l. “Sessanta Milioni di Chilometri Esercizio” è nata “espressamente quale strumento societario di supporto ai membri dell’associazione per i subaffidamenti di servizio, laddove previsti dai contratti di servizio” (par. 119)
Anche in questo caso, pertanto, non consta che la società abbia partecipato direttamente alle gare.
Il Collegio osserva altresì che - quale che sia l’estensione del divieto recato dall’art. 23, comma 3 del d.lgs. n. 158 del 1995, essendo tuttora controverso se il divieto di partecipazione concerna l’impresa designata come esecutrice del servizio ovvero tutte le imprese aderenti al Consorzio (cfr. al riguardo li testo dell’art. 13, comma 4, della l. n. 109/94, nel testo modificato dalla l. n. 415 del 1998, vigente all’epoca delle gare contestate) - non vi è alcun riferimento, nella norma, al divieto di partecipazione di singoli consorziati, in concorrenza tra loro e in assenza del consorzio.
Su questo aspetto, l’Autorità richiama una perspicua pronuncia del Consiglio di Stato (sez. VI, Sent. n. 1423/07 del 13 febbraio 2007) nella quale viene messo in luce che nessuna forma di collegamento vietato può ravvisarsi in relazione alla distinta ed autonoma partecipazione alla gara di alcune delle imprese partecipanti ad un consorzio, “in assenza di contemporanea partecipazione alla gara del consorzio medesimo”.
In tale ipotesi manca infatti sia il controllo formale che quello sostanziale, non desumibili di per sé dalla comune appartenenza alla compagine consortile.
Dal punto di vista antitrust, inoltre, è noto che occorre sempre valutare se la normativa interna elimini effettivamente ogni margine di discrezionalità delle imprese, escludendo a priori ogni possibilità di confronto concorrenziale (così Corte di Giustizia, sentenza 9 settembre 2003, in causa C- 198/2001, Cif).
Nel caso di specie, però, non sussistendo un esplicito divieto normativo, né comunque una prassi applicativa e giurisprudenziale in tal senso, non vi è spazio per ipotizzare che le disposizioni pattizie in esame siano state anche solo “facilitate”o “incoraggiate” dalla normativa nazionale.
In concreto, l’esame dell’articolata strategia di comportamento congegnata dagli accordi evidenzia che la regola della “non partecipazione” non era affatto dettata dalla preoccupazione di adeguarsi ad un supposto divieto normativo. Essa va infatti considerata nel contesto del complessivo disegno collusivo, in quanto evidentemente speculare alla regola della partecipazione in ATI aventi, come già chiarito, esclusivamente il fine di difesa della rispettiva incumbency ovvero di contrasto all’ingresso nel mercato italiano dei grandi operatori internazionali.
Pure da respingere l’argomentazione di ATCM secondo cui AGCM non avrebbe tenuto conto del fatto che la società non ha sottoscritto il Preliminare di accordo strategico e operativo.
Risulta infatti che, sin dalla gara più risalente analizzata dall’Autorità (quella del bacino urbano ed extraurbano di Savona), la società abbia fatto parte del raggruppamento composto da quelle stesse società che avevano in un primo tempo firmato il suddetto Preliminare e che, in un secondo momento, avrebbero sottoscritto insieme alla stessa ATCM i Patti Parasociali di RETITALIA.
La circostanza sopra evidenziata, di per sé, non è dunque idonea ad escludere la consapevole partecipazione della società all’intesa, fine dalle prime gare in cui la stessa si è concretizzata.
7. Con riguardo all’intesa TP NET, ATAF sostiene che gli accordi di politica commerciale del 2001 e le società TP Net s.c.r.l., TP FIN s.r.l. e TPNET s.p.a., avevano chiare finalità proconcorrenziali.
In particolare, il protocollo di intesa del 18.12.2001 si proponeva di rafforzare la competizione nei confronti delle grandi imprese europee, sviluppando, anzitutto, “servizi di assistenza alla gestione”.
Circa la clausola di esclusiva reciproca, particolarmente stigmatizzata dall’Autorità, evidenzia che la stessa non è stata riprodotta né nel protocollo di intesa del 18.12.2001 né nello Statuto di TP NET.
Secondo la società è comunque rilevante il richiamo all’art. 4 del protocollo di politica commerciale del 18.10.2001 il quale limitava la concertazione alle gare al di fuori dei bacini di riferimento degli alleati, essendo valido solo per ambiti diversi dai comprensori di rispettiva competenza territoriale. Quanto al verbale del 24.3.2004 di TPFIN e al riferimento ivi contenuto alla decisione di partecipare alle gare relative ai bacini di radicamento della imprese locali aderenti secondo le indicazioni delle stesse, si tratterebbe di meri indirizzi orientativi, privi di forza cogente.
Anche Trambus rimarca il fatto che l’alleanza aveva ad oggetto solo gare c.d. “d’attacco” come pure di non avere partecipato ad alcuna delle gare indette nei bacini riferibili alla partecipanti.
Il verbale del C.d.A. di TP FIN del 24.3.2004 non avrebbe avuto alcuna valenza impegnativa in quanto in esso vengono riportate esclusivamente opinioni di soggetti privi dei necessari poteri rappresentativi.
Ad ogni buon conto, la distorsione concorrenziale rilevata dall’Autorità è derivata non già dagli accordi intercorsi tra le imprese ma agli stessi bandi di gara chiaramente predisposti dagli enti locali a favore dell’incumbent L’Autorità avrebbe comunque dovuto valutare la restrittività di TP Net attraverso elementi esogeni rispetto a quelli costitutivi del singolo accordo. Non ha, invece, considerato che la clausola di esclusiva reciproca era meramente strumentale all’obiettivo di rafforzare la stabilità dell’alleanza nella gare d’attacco, e che il diritto antitrust considera favorevolmente clausole di non concorrenza siffatte (richiama, in particolare, la Comunicazione della Commissione relativa alle restrizioni direttamente connesse e necessarie alle concentrazioni 2005/C 56/03).
ATC insiste sulla circostanza che il protocollo di politica commerciale mirava alla costituzione di un gruppo idoneo a fronteggiare la concorrenza di soggetti imprenditoriali stranieri e che comunque gli accordi non avrebbero creato effettiva barriere di accesso al mercato, essendosi registrata, nelle gare, la presenza di numerosi operatori.
7.1. L’origine del progetto TP NET risale all’accordo “Protocollo di politica commerciale” fra TRAMBUS e ATC, siglato il 30/08/01, ampliato in data 6/9/2001, e finalizzato alla partecipazione in regime di reciproca esclusiva, in origine fino al 31/12/2003, alle gare che avrebbero dovuto essere indette in aree geografiche diverse dai comprensori di attuale competenza territoriale delle parti (par. 111 e ss.)
Successivamente veniva stipulato un documento denominato “Protocollo di Intesa e Protocollo di Politica Commerciale” datato 18.10.2001.
Tale Protocollo (firmato da TRAMBUS, ATC e ATAF) riguarda un generale inquadramento dei vantaggi e delle prospettive di collaborazione ma non contiene, sottolinea l’Autorità, un esplicito riferimento alla partecipazione concertata alle gare.
La versione del Protocollo di Politica Commerciale allegata, anch’essa sottoscritta dalle tre società, ha invece esattamente lo stesso testo della versione del 30.8.2001 e fa espresso riferimento alla concertazione in vista delle gare.
TP NET nasce alla fine del 2002 come società di coordinamento fra i soci e aggrega progressivamente ATC Bologna, TRAMBUS Roma, ATAF Firenze, CSTP Salerno, CTM Cagliari e SASA Bolzano; le ultime tre, società, tuttavia, non hanno sottoscritto il “Protocollo di politica commerciale”, le cui clausole sono state specificamente contestate dall’Autorità.
Successivamente è stata costituita la società TP FIN S.r.l. (fra le stesse società meno SASA Bolzano), in vista della possibilità di acquistare una quota minoritaria del capitale di SITA.
Venuta meno tale possibilità di acquisto, nel CdA di TP FIN del 7 febbraio 2005 si delibera che TP FIN acquisti l’intero capitale di TP NET S.c.r.l. – con contestuale liquidazione della quota di SASA che fuoriesce – e che successivamente avvenga una fusione fra le due società, con la costituzione della nuova TP NET S.p.A.
In merito ai contenuti dell’accordo alla base di TP NET, l’Autorità si è in particolare soffermata sull’articolo 3 del Protocollo, rubricato “Esclusiva”, laddove si disciplina che “l’accordo si intende convenuto con patto di reciproca esclusiva. Qualora una delle parti non intenda partecipare ad una o più gare dovrà darne comunicazione al comitato strategico di gestione .
In questo caso l’impresa o le imprese che rinunciassero per qualsiasi motivo ad una delle gare previste nel presente accordo, non potranno in nessun modo gareggiare per lo stesso appalto né singolarmente né in riunione con altre imprese. Nel caso invece che solo una delle parti intenda gareggiare per un determinato appalto, con la rinuncia di tutte le altre, questa impresa sarà libera, dietro apposita comunicazione al suddetto comitato, di partecipare sia singolarmente, sia in riunione con altre imprese […. ].
Le parti concordano che il patto di esclusività è condizione essenziale di validità della presente scrittura. Pertanto qualora una delle parti decidesse, durante tutto il periodo di validità del presente accordo di recedere unilateralmente, sarà obbligata per tutta la durata del presente accordo, a non partecipare né in proprio né attraverso società da essa controllate a qualsiasi gara”.
L’Autorità ha poi valorizzato i contenuti della discussione svoltasi tra i partecipanti ad un CdA di TP FIN s.r.l. del 24.3.2004, relativamente alla regolazione delle condotte che i soci dovrebbero tenere in materia di partecipazione alle gare. Nel provvedimento viene riportato il seguente passaggio: “Il Presidente di [ATC Bologna] ritiene che nei bacini in cui operano le aziende socie di TP FIN e nelle relative aree di influenza, i soci dovrebbero astenersi dal partecipare alle gare, se non in presenza di una richiesta specifica dell’azienda locale.
Il rappresentante di [CTM Cagliari] ritiene che in questi casi la partecipazione alle gare avviene in ottica difensiva, e di appoggio alle aziende locali e non con l’obiettivo di portare un attacco alle stesse.
Segue quindi un’approfondita discussione sull’argomento al termine della quale i presenti stabiliscono la regola di condotta per le future gare. Relativamente alle gare per i servizi svolti nell’ambito del bacino di una delle società socie, le altre società parteciperanno alla fase di prequalifica, nelle forme ritenute opportune, riservandosi di decidere, una volta ammesse a partecipare se e con quali modalità proseguire nella gara, secondo le indicazioni delle società locali, aderenti a TP FIN. Relativamente alle gare bandite in altri bacini, si valuterà di volta in volta l’interesse a partecipare, anche se in linea di massima si presenterà comunque la manifestazione d’interesse”.
Relativamente all’attività posta in essere da TP NET, l’Autorità ha rinvenuto traccia di due lettere dall’identico formato e contenuto che fanno esplicito riferimento ad una clausola di non concorrenza contenuta nel “Protocollo di politica commerciale”, ed in particolare:
– una lettera di TRAMBUS, datata 28.5.2002, indirizzata ai soci di TP NET che ha per oggetto “Rinuncia a partecipare alla gara indetta dalla Provincia di La Spezia per la gestione del servizio pubblico locale”.
Nel testo si riporta “Con riferimento al protocollo di politica commerciale sottoscritto il 18.10.2001, Vi informo, ritenendo ovviamente assolto il dovere di informare il coordinatore del Comitato Strategico, così come previsto dal II° comma dell’articolo 3 del citato protocollo, che la scrivente società non intende partecipare alla gara di cui all’oggetto in associazione con le società in indirizzo. Conseguentemente, come previsto dal III° comma dell’articolo, la Trambus S.p.A. si impegna a non partecipare alla stessa gara, né singolarmente né assieme ad altre imprese”;
– un’ulteriore lettera di TRAMBUS, datata 21.6.2002, indirizzata ai soci di TP NET che ha per oggetto “Rinuncia a partecipare alla gara indetta dalla Provincia di Savona per la gestione del servizio pubblico locale” dal testo analogo a quella precedente.
L’Autorità, inoltre, ha fatto riferimento a gruppi di lavoro in sede TP NET aventi ad oggetto il monitoraggio e la valutazione dell’interesse delle singole gare bandite. In essi, secondo quanto dichiarato in audizione dalle stesse imprese (in particolare da Trambus), venivano condivise informazioni che avevano un elevato livello di riservatezza industriale e che hanno trovato nel Protocollo di politica commerciale “adeguata tutela e garanzia” Anche con riferimento a TP NET risulta inoltre la sottoscrizione di accordi con operatori minori di TPL, volti a coordinare la partecipazione a procedure di gara, che rappresentano parimenti conseguenze dell’accordo principale di TP NET.
7.1.1. Tale essendo il quadro probatorio ricostruito dall’Autorità, il Collegio osserva, in primo luogo, che non risulta affatto chiaro il collegamento tra le sinergie gestionali asseritamente ricercate dalle imprese e la fissazione di una regola generale e astratta di comportamento, destinata cioè ad operare in un numero imprecisato di gare, indipendentemente da un effettivo interesse di natura industriale del singolo partecipante, e comunque da un’effettiva necessità derivante dai requisiti fissati nei bandi di gara.
Va anche rilevato che le società scaturite dal Protocollo di politica commerciale dell’ottobre 2001, rispondono essenzialmente a finalità di coordinamento tra le imprese e non rappresentano il risultato dei processi di aggregazione strutturale auspicati dall’art. 18 del d.lgs. n. 422/97, nel testo modificato dalla l. n. 266/2005 (cfr., in particolare, il comma 3 – ter, lett. b).
Relativamente all’osservazione di ATAF secondo cui la clausola di “esclusiva reciproca” non sarebbe stata riprodotta nell’accordo dell’ottobre 2001, né nello statuto di TP NET, è sufficiente rinviare alla delibera impugnata, nella quale l’Autorità ha esplicitamente evidenziato che mentre il Protocollo d’intesa riguarda un “generale inquadramento dei vantaggi e delle prospettive di collaborazione”, la versione del Protocollo di Politica Commerciale allegata, “anch’essa sottoscritta dalle tre società, ha invece esattamente lo stesso testo della versione del 30.8.2001 e fa espresso riferimento alla concertazione in vista delle gare”.
Circa l’effettiva portata della clausola, non può inoltre essere sminuito il significato attribuitovi dalle stesse parti, quale risulta dal verbale del C.d.A. di TP FIN, sopra riportato.
Esso rivela infatti che, indipendentemente da una specifica previsione statutaria, le imprese, ancora nel 2004, continuano a coordinarsi tra loro nel solco tracciato dal “Protocollo di politica commerciale” del 2001.
Al riguardo, è poi inverosimile l’affermazione secondo cui, in tale riunione, sarebbero stati elaborati indirizzi “orientativi” privi di forza cogente, ovvero sarebbero state espresse mere “opinioni” da parte di soggetti privi dei necessari poteri rappresentativi.
In disparte la considerazione che l’efficacia della concertazione, ai fini antitrust, è indipendente dalla previsione di una sanzione formale per le ipotesi di dissenso o inadempimento (poiché ciò che rileva è il parallelismo dei comportamenti), le imprese non hanno provato che a tale riunione abbiano partecipato soggetti estranei alle rispettive compagini sociali ovvero che l’operato dei soggetti intervenuti (si suppone, i consiglieri di amministrazione espressi dalle singole società partecipanti) sia stato successivamente contraddetto o sconfessato da queste ultime.
Non appare comunque inutile ricordare che, secondo un pacifico principio desumibile dalla giurisprudenza comunitaria, non è rilevante il ruolo svolto all’interno dell’impresa dai soggetti che materialmente hanno posto in essere i comportamenti vietati o abbiano predisposto i documenti rinvenuti durante le ispezioni, dovendo ritenersi che la condotta da parte del singolo dipendente, accompagnata dal conseguente comportamento della società, sia sufficiente per rendere gli impegni assunti o gli atti rinvenuti riferibili alla società (Corte giust. CE, sentenza 21.2.1984, in causa C 86/82, Hasselblad, richiamata da Cons.St. dec. n. 926/2004, cit.).
L’Autorità ha poi ben inquadrato la valenza pervasiva della clausola di esclusiva reciproca ancorché espressamente riferita alle sole gare di attacco
Il Protocollo di Politica Commerciale prevedeva infatti che la partecipazione alle gare dovesse essere effettuata esclusivamente in ATI con gli altri aderenti all’alleanza, non essendo possibile la partecipazione in forma isolata.
Tale obbligo rimaneva valido anche in caso di recesso dall’accordo, implicando l’obbligo di non partecipare ad alcuna gara per tutta la durata dell’accordo stesso.
Il Collegio condivide la considerazione dell’Autorità secondo cui una disposizione così limitativa dell’autonomia delle imprese nelle gare d’attacco era idonea ad avere effetto anche rispetto ai loro ambiti territoriali di riferimento, sebbene non espressamente contemplati.
E’ infatti elementare il rilievo secondo cui l’impresa che rinuncia a competere per conquistare nuovi mercati non può che concentrarsi sul proprio bacino storico, rafforzando in esso la propria influenza e contribuendo in tal modo al mantenimento dello status quo.
Ad ogni buon conto, il summenzionato verbale del CdA di TP FIN, in cui viene elaborata la condotta da tenersi nelle gare relative ai bacini di appartenenza di una delle parti, evidenzia l’esistenza di una naturale correlazione, nella complessiva strategia perseguita dalle parti, tra gare di attacco e gare di difesa.
Va da sé, inoltre, che il disvalore della concertazione riguarda anche le sole gare di attacco, nella misura in cui la stessa abbia contribuito a ridurre l’alea derivante dalla concorrenza.
Neppure rileva la circostanza, messa in luce da Trambus, secondo cui la società, quantomeno dal 2004, avrebbe perso ogni interesse e anzi la giuridica possibilità di partecipare a gare fuori bacini per effetto del conferimento in via diretta del servizio di TPL in house da parte del Comune di Roma.
Tale possibilità infatti è venuta meno solo con lo spirare del periodo transitorio fissato al 31.12.2007 (cfr. il testo dell’art. 18, d.lgs. n. 422/2007, cit., comma 2, lett. a).
Inoltre, circa la considerazione secondo cui le distorsioni concorrenziali che hanno impedito la piena liberalizzazione del settore del TPL siano da ricondurre agli enti locali - i quali, anche quando hanno indetto le gare, hanno elaborato bandi di gara chiaramente calibrati sull’operatore incumbent - si tratta di circostanza pacificamente riconosciuta dall’Autorità la quale ha però anche messo in luce che il contesto scarsamente concorrenziale non era comunque tale da elidere l’idoneità offensiva degli accordi in esame (cfr. in particolare, i parr. 47 e ss. nonché il par. 174).
E’ poi ovvio che, diversamente da quanto assume Trambus, l’Autorità non aveva alcuna necessità di ricercare “fuori” dagli accordi intervenuti tra le parti indizi c.d. “esogeni” dell’avvenuta concertazione, poiché essi ne costituiscono in realtà l’asse portante.
Va infatti ricordato che in presenza di accordi espressi, contatti diretti o indiretti, ovvero sistematici scambi di informazioni tra imprese, grava su queste ultime l’onere probatorio di una diversa spiegazione lecita delle loro condotte (Corte di Giustizia, sentenza 8 luglio 1999, in causa C - 49/92, Anic; Cons. Stato, VI, n. 926/2004, cit.).
Neppure rileva il richiamo operato dalla società alla “clausole di non concorrenza”, di cui alla Comunicazione relativa alle restrizioni direttamente connesse e necessarie alle concentrazioni (2005/C 56/03).
Il caso in esame non riguarda infatti un’operazione di concentrazione né una joint venture né, comunque, la costituzione di un’impresa comune previamente sottoposta al vaglio della competente Autorità antitrust e alle prescrizioni da quest’ultima dettate al fine di scongiurare il rischio della creazione o del rafforzamento di una posizione dominante sul mercato rilevante.
Infine, l’affermazione di ATC secondo cui, alle gare, avrebbero comunque partecipato numerosi operatori, non vale ad escludere l’illiceità della concertazione in quanto idonea, di per sé, a ridurre il grado di incertezza derivante dalla concorrenza.
A ciò si aggiunga che, come rimarcato dall’Autorità, l’aggregazione in ATI di numerosi operatori del settore, nelle ipotesi in cui non era giustificata dalle caratteristiche dei bandi di gara, ha conferito “un ulteriore vantaggio non replicabile per l’incumbent, che si va ad aggiungere alla conoscenza del territorio e all’esperienza del servizio” (par. 189).
Relativamente agli effetti restrittivi dell’intesa, è poi l’Autorità stessa a rilevare che “la partecipazione a sole gare d’attacco, a fronte di una espressa regola di comportamento per le gare all’interno del bacino di uno degli associati, appare conseguenza della mancata contendibilità dei bacini di riferimento delle parti [...] non imputabile ad un comportamento virtuoso delle stesse”.
8. Con riguardo all’intesa 60 MC, TEP ha affermato di essere un’impresa di piccole dimensioni e che, pertanto, attraverso lo strumento dell’ATI, essa perseguiva la finalità di estendere, con lievissimi rischi economici, il proprio bacino d’utenza.
Evidenzia altresì di avere avuto un ruolo del tutto marginale all’interno dell’aggregazione 60MC, dalla quale si è dissociata già nel 2003 partecipando autonomamente alla gara per l’assegnazione del tpl nella provincia di Parma.
La società non ha mai approvato il documento denominato “Prospettive dell’Associazione 60 MC” né ha mai aderito alla società consortile di cui sono parte gli altri associati a SMC.
Di tali circostanze, viene dato atto dell’Autorità (cfr. in particolare la nota 73 e il par. 28 del provvedimento impugnato), senza che tuttavia quest’ultima abbia poi ritenuto di assolvere TEP dagli addebiti contestati.
Irrilevante risulterebbe la circostanza che la società ha partecipato alla costituzione di 60 MC, in quanto lo statuto dell’Associazione non è stato ritenuto illecito dall’Autorità che si è invece incentrata su intenti e linee di azione compendiati in un documento (le già citate “Prospettive”) non sottoscritto da TEP
ATP sostiene che 60MC aveva lecite finalità consortili, in particolare relative al potenziamento delle capacità operative delle imprese aderenti.
La società sminuisce la valenza delle espressioni, a suo dire ingenue e roboanti, contenute nel documento “Prospettive dell’Associazione 60 MC”, in quanto non supportate da elementi oggettivi.
Evidenzia che il proprio interesse alla gara di La Spezia era rappresentato esclusivamente dalla contiguità territoriale di tale bacino di traffico.
TEMPI sostiene che l’associazione 60MC non è stata costituita per evitare la concorrenza ma proprio per poterla affrontare nelle condizioni migliori, essendo invero molto più semplice non fare le gare, come è avvenuto quasi dappertutto, o comunque non partecipare.
Sminuisce anch’essa sia il significato attribuito dall’Autorità al documento denominato “Prospettive dell’Associazione 60 MC” sia ai raggruppamenti in ATI concordati per le gara di Mantova e La Spezia.
ATC La Spezia rimarca che 60 MC è nata con finalità del tutto lecite, evidenziate dalle previsioni statutarie.
Sostanzialmente, le gara di Mantova e La Spezia hanno rappresentato una sorta di “laboratorio di prova” per trovare la giusta dimensione di offerta che richiedeva il nuovo quadro normativo che si era venuto a creare dopo la riforma.
APAM ritiene infine che l’ATI composta dai membri di SMC non fosse affatto sproporzionata rispetto alla concorrenza potenziale di grandi operatori stranieri.
8.1 Il disegno collusivo imputato alle imprese facenti parte dell’aggregazione 60 MC è descritto ai parr. 119 e ss. del provvedimento imupugnato.
L’Associazione nasce nel febbraio 2002 con lo scopo, previsto dallo Statuto, di “avviare attività volte alla partecipazione coordinata alle gare che si andavano prospettando per le aziende aderenti”.
Vi partecipano APAM, ATC La Spezia, TEMPI, TEP e TPT (ATP).
Nel giugno 2003 viene costituita la Società “Sessanta Milioni di Chilometri Esercizio” S.c.a.r.l., strumento societario di supporto ai membri dell’associazione per i subaffidamenti di servizio, laddove previsti dai contratti di servizio.
Attualmente, la società raggruppa ATC di La Spezia (36%), ATP Azienda Trasporti Provinciali S.p.A. di Genova (21%), TEMPI S.p.A. di Piacenza (21%), APAM Esercizio S.p.A. di Mantova (19%), ORFEO S.c. a r.l. di Reggio Emilia (2%) ed altre società minori con partecipazioni residue.
L’Autorità ha sottolineato che lo Statuto di 60MC si limita a menzionare una generale collaborazione e ricerca di sinergia nei servizi di TPL fra le società consorziate e una attività di “gestione di servizi di trasporto pubblico locale in ambito urbano, suburbano ed extraurbano, in ogni forma e con ogni mezzo idoneo”.
Le finalità ed il contesto di azione di 60MC sono invece descritte nel documento “Prospettive dell’associazione Sessantamilioni di chilometri” del Novembre 2004.
In esso si afferma che “SMC nasce […] come “alleanza difensiva” per le aziende di fronte alle gare per l’assegnazione del servizio di TPL nei vari bacini”. Successivamente, si esplicita: “E’ chiaro che SMC rispondeva al principio generale che in una situazione di concorrenza la cosa migliore che deve fare una impresa è quella di cercare di evitarla. Tra le diverse strategie per mettere barriere di ingresso a possibili concorrenti si è operato in diverse direzioni:
– associarsi a potenziali concorrenti per evitare “guerre al massacro reciproche”
– costruire alleanze territoriali come elemento di forza per contrapporre strategie analoghe di potenziali concorrenti per potere operare su un mercato in cui entrano in gioco anche fattori politici e convenienze territoriali”.
Altro documento dall’Autorità ritenuto particolarmente rilevante ai fini della ricostruzione del contesto di nascita e operatività di 60 MC, è costituito dal verbale ispettivo di ATC La Spezia laddove si dichiara che “Nell’ambito dei consigli di amministrazione di SMC [….] si è convenuto, anche se a livello verbale, che la trasformazione delle ATI in società di capitali a seguito dell’eventuale aggiudicazione delle gare sarebbe avvenuta a condizione di attribuire le quote maggiori al titolare del bacino locale”.
Il testo relativo agli “Obiettivi del Comitato Tecnico” costituito in sede di 60 MC prevede inoltre che “APAM, ATC [La Spezia], TEMPI [Piacenza], TEP [Parma] e TPT [Tigullio-GE], […] si impegnano a collaborare costituendo appositi Raggruppamenti nelle gare per l’assegnazione dei bacini di traffico. I raggruppamenti (costituiti per ogni singolo bacino) vedranno la partecipazione maggioritaria dell’Azienda oggi titolare della concessione; le altre Aziende del polo parteciperanno con quote che saranno definite volta per volta. Sarà ammessa la partecipazione di terzi ai raggruppamenti, previo consenso delle Aziende del Gruppo”.
Particolarmente significativa risulta poi l’analisi condotta dall’Autorità relativamente alle gare che hanno visto la partecipazione dei soci di 60 MC.
Si tratta, in particolare, delle gare di Mantova (Comune e Provincia) e La Spezia, in occasione delle quali il gruppo delle aziende di 60 MC costituisce ATI molto numerose a cui partecipano anche soci di Retitalia.
L’Autorità richiama, in quanto esemplificativa, la “Deliberazione di partecipazione a gara Comune di Mantova” in ATI con altri 12 partner, contenuta nel verbale del CdA di ATC La Spezia dell’11/10/2002.
Tale decisione viene infatti presa senza riferimento alcuno a valutazione di requisiti non altrimenti soddisfatti dalle singole società, né di finalità migliorative dell’offerta. L’unica menzione è alle caratteristiche del bando laddove si contempla la possibilità di ATI.
L’Autorità ha evidenziato anche che in occasione della gara per l’affidamento del bacino di Parma (bandita nel novembre 2003), la società TEP ha partecipato singolarmente risultando aggiudicataria rispetto ad un’ATI composta da altri membri dell’Associazione 60 MC, i quali hanno successivamente esperito ricorso amministrativo contro l’aggiudicazione.
8.1.1. Il Collegio rileva, in primo luogo, che l’Autorità non ha contestato la liceità dello Statuto di 60 MC ovvero l’oggetto della società consortile.
Non ha cioè escluso che tali aggregazioni siano state costituite anche per lecite finalità di sinergia gestionale e di crescita dimensionale.
Alcuna contraddizione può dunque rinvenirsi nella circostanza che AGCM non abbia disposto - in disparte la nota questione dell’ammissibilità di misure strutturali – lo scioglimento della società.
Di particolare rilievo, ai fini della prova della concertazione, è poi il documento presentato in sede di C.d.A. di ATC La Spezia in data 24.1.2005 (“Prospettive dell’associazione 60 MC”), in cui vengono chiaramente descritti gli scopi originari dell’Associazione, nata come alleanza “difensiva”, al fine di evitare “guerre al massacro reciproche”.
Il contenuto di tale documento viene infatti a saldarsi con l’analisi del comportamento seguito dalle imprese in occasione della partecipazione congiunta alle gare di Mantova e La Spezia, stigmatizzato dall’Autorità sia in relazione al carattere estremamente sovradimensionato delle ATI - costruite rispettivamente intorno, ad ATC La Spezie e APAM – sia in relazione all’assunzione di partecipazione meramente nominali, nelle società di gestione costituite a seguito degli affidamenti, da parte delle società diverse dall’incumbent.
Significativa, al riguardo, è la “Deliberazione di partecipazione a gara Comune di Mantova” in ATI con altri 12 partner, contenuta nel verbale del CdA di ATC La Spezia dell’11.10.2002, richiamata al par. 126.
Relativamente alla considerazione secondo cui, rispetto alla partecipazione in ATI, risulterebbe molto più efficace la strategia della “non partecipazione”, la stessa è invero inconferente essendo comunque pacifico che anche lo strumento della collaborazione in ATI possa di fatto prestarsi ad un uso restrittivo della concorrenza.
Nel caso dell’alleanza TP NET si è visto, ad esempio, come fossero previste, in alternativa, entrambe le regole di comportamento in quanto considerate parimenti funzionali all’obiettivo della protezione territoriale dell’incumbent, o comunque del contrasto alla pressione concorrenziale degli altri operatori.
Quanto, poi, alla possibilità di non indire le gare, si rileva che siffatta evenienza non è nella diretta disponibilità delle imprese, ancorché partecipate dagli enti locali, e che comunque l’indagine dell’Autorità ha riguardato i bacini in cui le gare sono state effettivamente espletate.
Circa la pretesa estraneità di TEP all’intesa, è la società stessa ad ammettere che l’Autorità ne ha chiaramente circoscritto il ruolo svolto nell’ambito del disegno collusivo, attribuendo rilievo alla “partecipazione autonoma (nel dicembre 2003) in contrapposizione con gli aderenti a 60 MC alla gara per il bacino di Parma”, e riconoscendo espressamente che TEP “risulta aver interrotto la propria adesione all’accordo dalla fine del 2003” (par. 249).
La posizione della società, unitamente alla circostanza che la stessa non abbia sottoscritto il documento sul quale è incentrato l’impianto probatorio del procedimento, non è tuttavia sufficiente ad escludere la sua partecipazione, ab origine, all’intesa.
Ciò in quanto, come sopra più diffusamente argomentato, il documento in questione non descrive soltanto la linea dell’azione futura dell’aggregazione, ma ne ripercorre anche gli scopi originari e l’attività pregressa, in particolare quella posta in essere in occasione della gare per l’assegnazione dei bacini di Mantova e La Spezia.
Al riguardo è bene evidenziare che anche TEP ha partecipato a tali gare in ATI con gli altri soci di 60MC e che non dato adeguata dimostrazione di averlo fatto in quanto animata da un effettivo interesse ad espandere la propria attività in tali bacini.
Rilevano, altresì, i summenzionati obiettivi del Comitato tecnico, in cui anche TEP risulta essersi impegnata a collaborare “costituendo appositi Raggruppamenti nelle gare per l’assegnazione dei bacini di traffico”.
Nel testo del documento si precisa che “I raggruppamenti (costituiti per ogni singolo bacino) vedranno la partecipazione maggioritaria dell’Azienda oggi titolare della concessione; le altre Aziende del polo parteciperanno con quote che saranno definite volta per volta. Sarà ammessa la partecipazione di terzi ai raggruppamenti, previo consenso delle Aziende del Gruppo” (par. 123).
Il comportamento di TEP è dunque coerente con l’ipotesi della sua partecipazione, sin dall’origine, all’intesa concretizzatasi nella costituzione dell’associazione 60 MC e alla partecipazione in ATI alle gare di Mantova e La Spezia.
9. Relativamente alla ricostruzione dell’Autorità relativa all’esistenza di un’intesa tra SITA, APM e COTRI, sottostante alla partecipazione alla gara di Roma, SITA oppone, in primo luogo, che la collaborazione con APM per la gestione di servizi TPL nel bacino romano preesisteva alla contestata gara del 2005, essendo risalente alle gare del 2000 – 2001.
Detta collaborazione non ha mai formato oggetto di rilievi da parte dell’Autorità.
Evidenzia altresì le motivazioni oggettive che giustificavano l’associazione in ATI con APM e COTRI, posto che la società non possedeva un requisito fondamentale (la disponibilità di rimesse) per partecipare autonomamente alla gara. Il bando del 2005 richiedeva infatti l’elaborazione di un’offerta ben più complessa di quella precedente, in considerazione dei rilevanti requisiti di natura tecnica prescritti, ritenuti peraltro legittimi da questo stesso TAR (cfr., TAR Lazio, sez. II – ter, sentenze nn. 6295/06 e 6299/06).
L’Autorità ha travisato i contatti intercorsi tra le parti per preparare la gara di Roma. Essi rappresentano infatti ipotesi del tutto generiche di una collaborazione più ampia, a cui ha fatto però seguito l’esplicita volontà di SITA di arginare le intenzioni di APM e COTRI di estendere l’ambito di operatività della società Tevere TPL al di là della gara stessa.
La società imputa in sostanza all’Autorità di avere operato una sorta di inversione di prospettiva, soprattutto alla luce del fatto che le imprese avevano già sperimentato una forma di lecita cooperazione in occasione d’analoga gara svoltasi nel 2000 – 2001.
L’intesa della quale l’Autorità ha erroneamente ritenuto l’esistenza ha un oggetto del tutto indeterminato e difetta comunque del requisito minimo della comune volontà delle parti.
I documenti rinvenuti dall’Autorità riflettono infatti una forte conflittualità delle parti circa la gestione di Tevere.
SITA evidenzia in particolare che, da una lettura integrale della relazione per il CDA della società del settembre 2005, si evince chiaramente la richiesta di quest’ultima di inserire, nello statuto della futura società di scopo, una clausola relativo alla necessaria unanimità dei voti in Consiglio di amministrazione per la partecipazione ad altre gare.
Siffatta evenienza, porta ad escludere che Tevere Tpl potesse essere automaticamente utilizzata dalle parti quale strumento per penetrare in maniera coordinato in nuovi mercati.
Nella successiva relazione si affronta poi la questione delle negoziazioni con APM in merito alla struttura della compagine societaria dell’ATI per partecipare alla gara.
Anche questo documento, secondo Sita, rivela una forte conflittualità tra le due società. La società sottolinea infatti che essa intendeva soprattutto conservare la maggioranza all’interno della Tevere TPL mentre APM e COTRI erano principalmente motivate dall’eventualità di realizzare in futuro una collaborazione più estesa.
Nella Bozza di Patti parasociali della costituenda Tevere era poi effettivamente previsto che l’amministratore delegato potesse presentare proposte di partecipazione a gara d’appalto e/o acquisizione societarie. L’Autorità non ha però considerato che era anche stabilita l’unanimità per le delibere aventi ad oggetto la partecipazione a gara d’appalto.
Non vi era, quindi, un predeterminato e automatico meccanismo concertativo.
Relativamente al carteggio giugno – agosto 2006 (il quale, secondo l’Autorità, consentirebbe di configurare l’ATI aggiudicataria come “l’effetto di un accordo SITA– APM più esteso, almeno negli intenti iniziali”), contesta anzitutto, in quanto coperto da privilegio legale, l’utilizzo del documento 12.308.
In esso sono infatti integralmente riportate le conclusioni di un parere di un legale esterno, richiesto da SITA nel giugno 2006, vale a dire 7 mesi dopo l’avvio dell’istruttoria da parte dell’Autorità.
Quest’ultima ha utilizzato la sintesi del parere legale per attribuire a SITA la consapevolezza della anticoncorrenzialità delle condotte poste in essere, segnalata come mera possibilità nel parere in questione, già all’epoca in cui queste si sarebbero verificate.
Anche da tale documentazione emerge comunque che SITA da una parte, e APM e COTRI dall’altra, intendevano la funzionalità di Tevere in modo del tutto antitetico.
Relativamente all’accordo – quadro del 2006 con APM, sottolinea che si tratta di una bozza che non è mai stato sottoscritta.
In essa si precisa comunque che la possibilità di partecipare a gare future dovrà concretizzarsi attraverso “aggregazioni ad hoc”, vale a dire a seguito di accordi che avrebbero dovuto essere di volta in volta definiti a seconda delle caratteristiche dei servizi messi a gara.
L’Autorità, non ha comunque dimostrato l’oggetto restrittivo della presunta intesa, essendo pacifico che non ogni forma di cooperazione tra imprese comporta di per sé limitazioni alla concorrenza ed essendo nella fattispecie incontestato che nessuna delle società aveva di per sé i requisiti per partecipare.
L’Autorità trascura in particolare il fatto che SITA, APM e COTRI avevano già collaborato nella gestione dei servizi precedentemente aggiudicati, come pure il fatto che APM e COTRI avevano acquistato le uniche aree disponibili per le rimesse richieste dal bando, sicché associarsi ad APM rappresentava sicuramente l’unica possibilità per SITA di partecipare alla gara.
COTRI evidenza che all’ATI con SITA è frutto di una scelta imprenditoriale del tutto comprensibile, ove si consideri che la società, pur disponendo di una delle rimesse richiesta dal bando, non possedeva, per sua le sue piccole dimensioni, i requisiti di capacità economico – finanziarie necessari per accedere alla gara.
Anche APM si diffonde sulla circostanza che nessuna delle tre società coinvolte possedeva, singolarmente, i requisiti prescritti dal bando di gara. Secondo la ricorrente, il presunto “più esteso” accordo tra SITA e APM, volto, attraverso TEVERE TPL, al coordinamento e alla costituzione di un ambito di collaborazione per la partecipazione alle gare alle gare che sarebbero state bandite nella Regioni Lazio e Abruzzo, ha, al più, costituito un mero intento iniziale che non si è mai concretizzato.
Il carteggio tra APM e SITA in merito all’utilizzo della società Tevere TPL (costituita tra SITA, APM e COTRI a seguito dell’aggiudicazione della gara di Roma), dimostra inoltre l’assenza di una comune volontà ed una spiccata conflittualità (cita, al riguardo, la sentenza del Tribunale comunitario di primo grado, 3 dicembre 2003, causa T – 208/2001, Volkswagen,).
9.1. Il Collegio ritiene che il quadro indiziario dal quale l’Autorità ha desunto l’esistenza di un disegno collusivo, perfezionatosi in occasione della partecipazione alla gara di Roma, e destinato a proiettarsi anche sulle gare attese nel Lazio e nell’Abruzzo, non abbia i caratteri della coerenza e dell’univocità.
Secondo l’Autorità APM, e in subordine COTRI, avrebbero prospettato a SITA, quale condizione essenziale per l’associazione, la necessità della disponibilità della società ad attuare una collaborazione sistematica con APM per le gare attese in Lazio e Abruzzo, e, in tale ottica, si spiegherebbe la scelta di un partner delle dimensioni di SITA “non strettamente indispensabile” per il soddisfacimento dei requisiti richiesti dal bando.
A tal fine vengono valorizzate:
- la relazione del CdA di SITA del settembre 2005, in cui si afferma esplicitamente che la gara di Roma è importante per SITA e APM per “presenze/alleanze pluriregionali”, nonché che la societarizzazione dell’ATI potrà essere utilizzata come veicolo per la partecipazione a possibili gare future;
- la relazione del CdA di SITA del 4 ottobre 2005 in cui si fa riferimento al fatto che “entrambi i partners [APM e Cotri] hanno ribadito che la proprietà dei depositi di APM e del Cotri e la flessibilità gestionale del Cotri costituiscono un peso singolarmente addirittura superiore alla somma della capacità gestionale e del contributo allo sviluppo di SITA”;
- l’iniziale conflittualità tra SITA e APM in relazione al peso che le due società avrebbero dovuto avere nel raggruppamento. In particolare viene riportato uno stralcio di una lettera in cui il Presidente di APM afferma che “APM è assolutamente convinta dell’opportunità di procedere insieme all’espletamento di questa gara, consapevole che, se sarà possibile condurla in porto in maniera positiva, questa compagine potrà proporsi in maniera credibile nella realtà laziale anche per altre interessanti iniziative imprenditoriali”. Nella stessa missiva, APM (che aveva acquistato una delle due rimesse richieste dal bando, e che, teoricamente, avrebbe potuto allearsi anche con un’impresa di dimensioni inferiori per soddisfare tutti i requisiti di partecipazione previsti dal bando), sollecita SITA rappresentando che, in caso di tempestivo riscontro da parte della società, “sarà costretta, insieme al COTRI, a concorrere in maniera autonoma alla gara romana”;
- la circostanza che, a seguito della trattativa, SITA, contrariamente alle previsioni iniziali abbia ottenuto il 51% dell’ATI - esprimendo due Consiglieri di amministrazione oltre al Presidente, che, all’epoca dei fatti, ricopriva anche la carica di Presidente del CdA di SITA, e al Direttore Generale, - mentre APM deteneva il 44% e COTRI il restante 5%.;
- il carteggio intercorso tra SITA ed APM nell’estate 2006, avente ad oggetto le finalità e l’ambito di operatività di Tevere TPL, società costituita a seguito dell’aggiudicazione della gara di Roma del 2005.
Secondo l’Autorità la finalità della società era più ampia della mera gestione dei servizi aggiudicati e, almeno inizialmente, avrebbe rappresentato lo strumento attraverso il quale pervenire al coordinamento e alla costituzione di un ambito di collaborazione per la partecipazione alle gare che dovessero essere bandite nelle regioni Lazio e Abruzzo. In tal senso l’Autorità richiama una lettera del 16 giugno 2006 dell’amministratore delegato di SITA al Presidente del CdA di SITA, nonché di Tevere TPL, avente ad oggetto proprio l’istruttoria avviata dall’Autorità in relazione alla gara di Roma, che solleva alcune problematicità in merito:
i) alla portata dell’oggetto sociale di Tevere TPL che, “ove non circoscritta e destinata allo specifico scopo della gestione dei servizi urbani di Roma, potrebbe porsi in contrasto con i principi dell’Autorità in materia di concorrenza”;
ii) a dichiarazioni rese nel corso di una riunione del CdA di Tevere TPL del 14/2/2006, segnatamente: “ogni ulteriore espansione avvenga attraverso Tevere”, nonché “l’interessamento alle vicende societarie di Cotral ed alla situazione della Regione Abruzzo”, le quali costituiscono elementi che “potrebbero essere interpretati quale prova dell’intento dei soci a coordinare la partecipazione a future gare, costituendo con ciò un’intesa restrittiva della concorrenza” (doc. 12.308 ).
La lettera manifesta preoccupazioni giacché la “previsione relativa all’oggetto sociale, combinata con le dichiarazioni a verbale circa la partecipazione a future gare e l’ipotesi di acquisizione delle aree da parte di TEVERE TPL S.c.a.r.l, possono evidentemente essere interpretati dall’Autorità […] quali concreti indizi dell’esistenza di un più ampio accordo” fra SITA e gli altri soci di Tevere TPL”.
L’Autorità fa notare come la posizione prudenziale rispetto all’ambito di attività di Tevere TPL, manifestata da SITA solo nel giugno 2006, faccia esplicito riferimento a dichiarazioni rilasciate nel corso di un CdA di Tevere TPL del febbraio 2006, “all’epoca evidentemente non riconosciute come problematiche da alcuno dei consorziati, né tantomeno da SITA che nel CdA di Tevere TPL esprime ben due consiglieri su cinque e il Presidente”. Relativamente all’ambito di operatività di Tevere TPL ritiene altresì esemplificativo il contenuto di una lettera di quest’ultima a SITA (del 14 luglio 2006), in cui si afferma che “APM […] e lo stesso COTRI illustrarono a più riprese a SITA la loro volontà di procedere alla costituzione di una società che avesse non solo l’ambizione di aggiudicarsi la gara per il TPL romano, che ne determinò effettivamente la nascita, ma anche per tutto il contesto laziale e, laddove se ne fosse presentata l’opportunità, anche dello stesso Abruzzo”.
Tale dichiarazione troverebbe conferma nell’indicazione, nella bozza di Patti Parasociali della società, dei poteri attribuiti all’amministratore delegato di Tevere TPL, in cui si fa menzione di: “proposte di partecipazione a gare di appalto e/o acquisizioni societarie”;
- l’accordo quadro del 2006 tra SITA e APM incentrato sulle gare che avrebbero dovuto essere bandite nella regione Lazio, di cui l’Autorità ha acquisito tre bozze non sottoscritte. In tali documenti di provenienza SITA e, in ogni caso, rinvenuti presso la sede di tale società, è espressa la volontà di SITA ed APM di “confermare ed ulteriormente estendere e qualificare la propria collaborazione in materia di trasporti pubblici locali”.
L’Autorità precisa che l’accordo, ad oggi, non risulta essere stato perfezionato.
La restrittività dell’intesa relativa alla partecipazione coordinata a gare bandite o attese nel territorio delle regioni Lazio e Abruzzo, prosegue l’Autorità “rileva in quanto intesa preventiva, e pertanto non necessitata da requisiti di un bando di gara effettivamente emanato, finalizzata a restringere il confronto competitivo diretto tra soggetti che avrebbero potuto partecipare autonomamente alle eventuali gare bandite”.
In particolare, rileva che APM, ma soprattutto SITA, avevano dimensioni, organizzazione di mezzi ed esperienza gestionale quantomeno comparabili, se non addirittura superiori, a quelle dei soggetti incumbent negli ambiti territoriali – ulteriori al bacino dei “servizi aggiuntivi” di Roma, sul quale le Parti rappresentavano i precedenti affidatari – rispetto ai quali l’intesa avrebbe dovuto esplicare i suoi effetti.
9.1.1. Il Collegio reputa che l’Autorità non abbia dato compiuta e rigorosa dimostrazione né dell’intervenuta concertazione né dell’oggetto restrittivo di essa. Essa addebita infatti alle imprese una “intesa preventiva” il cui oggetto risulta però indeterminato, soprattutto ove messo a raffronto con gli accordi – quadro e le macroaggregazioni analizzate nelle sezioni precedenti.
In quei casi, infatti, è risultato che le parti non si erano limitate a programmare la costituzione di “alleanze pluriregionali” ovvero la mera partecipazione congiunta a future gare, ma si erano obbligate, limitando ex ante la propria autonomia negoziale, a puntuali regole di comportamento da osservare, prevalentemente in funzione di difesa della rispettiva incumbency, in una pluralità di bacini territoriali, in maniera del tutto avulsa dall’esistenza di obiettive ragioni tecnico – organizzative.
Nel caso in esame, invece, i contatti intervenuti e/o le bozze di accordo elaborate non solo riguardano forme di collaborazione ancora generiche, ma soprattutto, non risultano confluiti in un disegno effettivamente comune e condiviso ovvero tradotti in condotte convergenti, spiegabili soltanto in un’ottica concertativa.
In tal senso rilevano:
- la relazione per il CdA di Sita del settembre 2005, in cui il riferimento all’utilità della gara di Roma “per una presenza/alleanza pluriregionale” appare del tutto generico. A ciò si aggiunga che, come osservato da SITA, in quello stesso CdA viene rappresentata anche la volontà di SITA di inserire nello statuto della Scarl destinata a sostituire l’ATI in caso di vittoria, una clausola relativa alla necessità del raggiungimento dell’unanimità dei voti in Consiglio di amministrazione per la partecipazione ad altre gare.
La regola dell’unanimità evidenzia il permanere dell’autonomia di decisione delle singole società ed impedisce di ravvisare nella sola costituzione della società comune lo strumento di attuazione di un più ampio disegno collusivo;
- la bozza dei Patti parasociali di Tevere, in cui viene attribuito all’amministratore delegato il potere di presentare “proposte di partecipazione a gare d’appalto e/o acquisizioni societarie”.
Si tratta, a parere del Collegio, di una clausola “neutra”, alla quale fa peraltro riscontro la richiesta, già richiamata nella Relazione di settembre, della regola dell’unanimità per le delibere aventi ad oggetto la partecipazione a gare d’appalto;
- l’accordo quadro del 2006, in cui si esprime ala volontà di SITA ed APM di “confermare ed ulteriormente estendere e qualificare la propria collaborazione in materia di trasporti pubblici locali” con riguardo alle gare che avrebbero dovuto essere bandite nella Regione Lazio.
L’Autorità stessa ammette che l’accordo non risulta perfezionato.
Nel documento si precisa, inoltre, che la partecipazione alla gare avrebbe dovuto concretizzarsi attraverso “aggregazioni ad hoc” da definire quindi di volta in volta, presumibilmente in rapporto alle oggettiva caratteristiche dei servizi messi a gara.
Quanto, poi, ai contatti intervenuti tra le parti, a partire dalle trattative per la costituzione della gara di Roma, essi - pur evidenziando l’interesse di APM ad assicurarsi la collaborazione di SITA in un contesto più ampio di espansione territoriale - non appaiono sufficienti, di per sé, a delineare gli esatti contorni della presunta “intesa preventiva”.
Ed infatti:
- la lettera del Presidente di APM all’Amministratore Delegato di SITA del 3 ottobre 2005 si limita a fare riferimento ad una compagine che “potrà proporsi in maniera credibile nella realtà laziale anche per altre interessanti iniziative imprenditoriali”;
- la dichiarazione resa in audizione dai rappresentanti di SITA (doc. 17.583) riconosce l’esistenza di un ambito di collaborazione ulteriore, da realizzarsi attraverso Tevere TPL, del quale però rimane indefinito l’oggetto, rappresentato genericamente dalla possibilità di utilizzare l’impresa comune “per la partecipazione a più gare”;
- il carteggio dell’estate 2006, a ben vedere, riflette soltanto le perplessità di SITA circa la portata dell’oggetto sociale di TEVERE TPL, vieppiù accentuatesi dopo l’avvio dell’istruttoria antitrust.
Al riguardo non vi è però prova, a parere del Collegio, che l’assetto e gli scopi della società fossero già stati compiutamente definiti, a tanto non essendo sufficiente il mero riferimento a dichiarazioni rese nel CdA di Tevere TPL del 14.2.2006 né il richiamo, contenuto in una missiva dei vertici di Tevere de 14.7.2006, all’iniziale proposta di APM e COTRI a SITA di far parte dell’ATI e poi della società da essa derivante, proprio “nell’ottica di un’utilizzazione di Tevere TPL per i contesti regionali prima richiamati”.
Da tali documenti, infatti, non è possibile desumere né la vincolatività delle dichiarazioni o intenti ivi espressi, né l’effettiva intervenuta definizione di un accordo di governance di Tevere Tpl orientato in senso anticoncorrenziale.
L’Autorità, sulla scorta di tali scarni elementi, disegna invece una trama complessa, imperniata sull’iniziale acquiescenza di SITA al disegno collusivo promosso da APM, della quale il principale indizio viene individuato nella costituzione dell’ATI per la partecipazione alla gara di Roma.
E’ questo però, a parere del Collegio, l’elemento più critico della ricostruzione operata.
Secondo l’Autorità, infatti, la definitiva partecipazione di SITA all’ATI di Roma, ad un livello paritetico con APM, “nonostante il diverso contributo all’offerta che ha consentito l’aggiudicazione della gara, e nonostante le tensioni fra le due società che hanno caratterizzato le fasi immediatamente precedenti la gara, non può [...] spiegarsi se non sulla base della disponibilità di SITA ad attuare una collaborazione sistematica con APM per le gare attese in Lazio e Abruzzo. Collaborazione, che, come già sottolineato, ai fini della partecipazione alla gara di Roma, date le previsioni del bando, non era strettamente necessaria”.
Per lo stesso motivo “l’alleanza SITA-APM-COTRI non può non rispondere [..] ad un più ampio contesto concertativo a difesa dell’affidamento dei servizi aggiuntivi del Comune di Roma [...]”.
L’Autorità sottovaluta però la circostanza che, relativamente alla gara di Roma, nessuna delle tre società possedeva gli elevati requisiti di capacità tecnica ed economico – finanziaria previsti dal bando e che pertanto, nel caso in esame, la costituzione di un RTI corrisponde al modello, minimale, che l’Autorità stessa ritiene conforme al diritto antitrust (segnalazione AS 251 cit.).
Al riguardo, è infatti apodittica l’affermazione secondo cui APM e COTRI avrebbero potuto associarsi con una società di dimensioni inferiori di SITA e che la partecipazione di quest’ultima non era “strettamente” indispensabile.
Le imprese, al di la delle espressioni usate nel serrato confronto dialettico svoltosi nella fase delle trattative, hanno infatti dato una spiegazione plausibile, oltre che razionale sul piano economico – industriale, della scelta di associarsi, rappresentata principalmente dalla collaborazione già sperimentata in occasione della precedente gestione dei medesimi servizi nel periodo 2000-2005.
Ad ogni buon conto, l’Autorità non si è peritata di verificare se una società di dimensioni inferiori rispetto a SITA, e che avesse manifestato concreto interesse per il progetto, fosse effettivamente esistente ed idonea a soddisfare i requisiti di capacità tecnica, economica e finanziaria richiesti per partecipare alla gara.
Non appare dirimente, infine, la circostanza che le partecipazioni di SITA e APM siano pressoché paritetiche, in quanto SITA, sebbene non in possesso delle necessarie strutture logistiche e delle rimesse, rappresenta pur sempre un soggetto di ampia e consolidata capacità gestionale.
Il “peso” definitivamente assunto dalle due società all’interno di Tevere tpl non appare quindi ingiustificato da un punto di vista economico e non si presta, pertanto, ad essere interpretato, in assenza di univoci e concordanti indizi “esogeni”, come il riflesso o il risultato di una vera e propria concertazione.
9.2. La fondatezza dei motivi di ricorso relativi alla prova dell’intesa, esime il Collegio dall’esame delle ulteriori censure proposte da SITA e COTRI, i cui ricorsi debbono pertanto essere accolti, come pure merita accoglimento, in parte qua, il ricorso di APM.
Per il più compiuto esame della posizione di quest’ultima società (alla quale l’Autorità ha imputato anche la partecipazione all’intesa RETITALIA), si rinvia però al successivo paragrafo della presente decisione, in cui vengono esaminati i motivi di ricorso relativi alla quantificazione delle sanzioni comminate alle imprese che hanno partecipato alle intese RETITALIA, TP NET E 60 MC.
10. Come già accennato nell’analisi delle singole fattispecie, le società lamentano, in primo luogo, che l’Autorità non abbia compiutamente dato analizzato gli effetti dell’intesa né adeguatamente considerato il difficile contesto economico nel quale si sono trovate ad operare.
Alcun rilievo, inoltre, sarebbe stato attribuito ai significativi ribassi verificatisi nelle gare e, quindi, ai benefici economici derivanti dagli accordi.
Tutte inoltre si dolgono della mancanza di una compiuta e analitica motivazione relativa al percorso logico seguito nella concreta quantificazione della sanzione come pure della mancata esternazione delle percentuali del valore delle vendite preso a base di calcolo.
Sarebbero stati comunque erroneamente applicati i criteri delineati dalla Commissione negli Orientamenti per il calcolo delle ammende, in particolare relativamente alla determinazione della capacità contributiva.
Ritengono infatti erronea l’inclusione nel fatturato, preso quale base di calcolo, oltre che della parte propriamente originata dai ricavi da traffico, di quella relativa ai contributi pubblici erogati a copertura dei servizi minimi previsti nei contratti di servizio dalle amministrazioni locali e comunque di altri oneri sociali.
Egualmente ingiusta risulterebbe la motivazione con cui l’Autorità ha escluso la riduzione percentuale dell’importo base della sanzione in rapporto alla perdite documentate. Apparirebbe infatti contraddittorio che, a tal fine, AGCM abbia valorizzato i legami con gli enti proprietari, e la prassi consistente nel ripianamento da parte di questi ultimi delle perdite di bilancio, laddove l’assunto di fondo del procedimento in esame è l’assoggettamento delle imprese del TPL alle regole della concorrenza come pure l’indifferenza, ai sensi dell’art. 295 del Trattato CE, della proprietà pubblica o privata ai fini dell’applicazione delle disposizioni del diritto comunitario.
L’Autorità avrebbe perciò in tal modo operato una disparità di trattamento con le imprese private, oltre a trasferire il costo della sanzione su quella stessa collettività locale di riferimento danneggiata dalle intese.
GTT, in particolare, eccepisce la prescrizione del diritto dell’Autorità di riscuotere la sanzioni inflitta in relazione alla violazione consistente nel preliminare di accordo strategico del 17 febbraio 2002.
Lamenta comunque che non abbia adeguatamente valorizzato il fatto che le società aderenti a RETITALIA hanno partecipato esclusivamente a gare d’attacco. Del pari, non sarebbe stata adeguatamente valutato, quale circostanza sintomatica di un ravvedimento operoso, lo scioglimento di Retitalia, in epoca anteriore all’avvio del procedimento istruttorio nei confronti di GTT.
ATCM ritiene che il “rallentamento” del processo virtuoso legato alla liberalizzazione del settore del tpl non possa farsi risalire a tre sole gare. Eccepisce anch’essa la prescrizione in relazione alla stipulazione dell’accordo preliminare del 17 gennaio 2002.
ATAF sottolinea la circostanza che l’alleanza TP NET, per stessa ammissione dell’Autorità, non ha avuto effetti.
Lamenta inoltre il fatto che non siano state definite con esattezza le quote di mercato delle imprese aderenti e che ad esse siano state irrogate sanzioni pecuniarie analoghe a quella applicate alle altre alleanze sanzionate che hanno avuto effetti concreti in relazione a singole gare.
Ritiene altresì ingiusto che non sia stato preso in considerazione la circostanza dello spontaneo scioglimento di TP NET in data anteriore all’avvio del procedimento nei propri confronti da parte dell’Autorità.
Anche Trambus censura la mancata valutazione individualizzata delle singole condotte contestate specie in rapporto al fatto che TP NET non mirava alla ripartizione di mercati.
L’intesa sarebbe comunque venuta meno ben prima della liquidazione della società, anche in considerazione del fatto che dal 1° gennaio 2004 non avrebbe avuto senso, almeno per Trambus, “coordinarsi” nella partecipazione a gare pubbliche in quanto il processo di apertura alle gare era stato interrotto dal legislatore.
ATC evidenzia non solo che l’intesa TPNET non ha alterato specifiche procedure di gara ma che comunque il termine di efficacia del Protocollo di Politica commerciale era fissato al 31.12.2003.
La società non ha comunque dato seguito al protocollo, partecipando singolarmente alle procedure di gara.
Anche TEP ritiene che l’infrazione, ove sussistente, sarebbe di lievissima gravità in quanto cessata spontaneamente prima dell’intervento dell’Autorità ed avente un minimo impatto sul mercato.
Secondo ATP il ruolo svolto da ciascuna impresa, all’interno delle singole intese, non è stato adeguatamente analizzato.
ATC La Spezia soggiunge che, ove sia effettivamente ravvisabile lesione alla concorrenza, questa sarebbe venuta meno, relativamente a 60 MC, con la partecipazione congiunta alla gara di Parma nel novembre 2003
Relativamente alla percentuale del valore delle vendite considerata evidenzia che, anche in esito all’accesso agli atti, l’analisi dei documenti disponibili rivela una assoluta incongruità delle percentuali effettivamente applicate dall’Autorità.
Ricorda che, secondo gli Orientamenti della Commissione, la responsabilità delle imprese deve essere valutata, in un primo momento, in base agli elementi propri dell’infrazione (come natura ed impatto sul mercato) e solo successivamente sulla base delle condizioni proprie dell’impresa interessata, distinguendo, a tal fine, tra capacità economica e c.d. capacità contributiva.
10.1. Premesso che nel procedimento antitrust è sufficiente provare l’idoneità dell’intesa ad alterare il meccanismo concorrenziale nel mercato interessato, non essendo necessaria la verifica degli esiti delle singole gare, ovvero la valutazione degli effetti, l’Autorità, nella fattispecie, diversamente da quanto assumono le ricorrenti, ha condotto un’analitica disamina di questi ultimi, rilevando:
- che l’intesa RETITALIA ha comportato la partecipazione, alle gare di Mantova (bacino comunale e bacino provinciale), La Spezia e Savona, in ATI - a cui partecipava anche l’incumbent del bacino messo a gara - sovradimensionate rispetto ai requisiti del bando. Tali ATI sono risultate aggiudicatarie delle gare e hanno quindi consentito, in esecuzione dell’accordo, all’operatore incumbent di mantenere l’affidamento del servizio nel proprio bacino storico, eliminando ogni margine concorrenziale tra i partecipanti. Nelle gare per i bacini di Mantova e La Spezia, l’Autorità ha evidenziato altresì che l’ATI aggiudicataria ha visto la partecipazione insieme ai soci di RETITALIA anche di società aderenti all’aggregazione 60MC, risultandone in tal modo ampliata la portata restrittiva dell’intesa (par. 189 e ss.);
- che l’intesa TP NET non ha alterato specifiche procedure di gara (par.
- che l’intesa 60 MC ha comportato la partecipazione in ATI, insieme ad aderenti di RETITALIA, alle gare di Mantova e La Spezia, costruite intorno, rispettivamente, ad APAM e ATC La Spezia, limitando, in tal modo, il confronto concorrenziale tra i partecipanti e garantendo il mantenimento dell’affidamento del servizio in capo all’incumbent che aderiva all’associazione (par. 209). L’Autorità evidenzia che, in questo caso, si è trattato di vere e proprie gare di difesa che hanno consentito la piena realizzazione degli intenti di protezione dell’incumbency. L’esito delle gare è stato infatti la conferma del precedente gestore.
Relativamente all’incidenza dei ribassi e comunque delle offerte parzialmente migliorative, rispetto alla base d’asta, che si sono avute nelle gare, si è già in precedenza chiarito (cfr. supra, par. 3.1.), che non incombeva all’Autorità dimostrare che un più ampio confronto concorrenziale avrebbe comportato maggiori benefici di quelli derivanti dagli accordi intervenuti.
Circa la consistenza delle intese, si è anche anticipato che esse non possono qualificarsi marginali, in relazione ai bacini di volta in volta messi a gara, alla pluralità e alle dimensioni degli operatori coinvolti e all’idoneità delle stesse alla protezione dell’operatore storico, dominante in quei mercati.
Neppure può riconoscersi l’esimente del comportamento “imposto” da una norma di legge, secondo i canoni delineati dalla Corte di Giustizia (sentenza 9 settembre 2003, in causa C- 198/2001, Cif, cit.).
Le norme regionali richiamate dalle ricorrenti, ovvero quelle statali (in particolare l’art. 18, comma 3 – ter, del d.lgs. n. 422/97), incentivano infatti i processi di crescita dimensionale delle imprese, attraverso forme di concentrazione, ovvero di gestione integrata dei bacini e non già, invero, la stipulazione di accordi limitativi della concorrenza ai fini della partecipazione in quelle stesse gare che la riforma intendeva generalizzare.
L’Autorità ha comunque dato atto, nella sezione relativa alla valutazione della gravità delle intese, del fatto che l’iter di applicazione della riforma è stato frenato da un quadro di “profonda incertezza normativa”, nonché dello “scarso incentivo per gli enti locali alla scelta di un gestore diverso dall’incumbent, per il permanere di legami proprietari” (par.236).
La quantificazione della sanzione è poi stata operata dall’Autorità tenendo presente la Comunicazione della Commissione 2006/C 210/02 “Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, par. 2, lettera a), del regolamento CE n. 1/2003”.
Può essere utile precisare che il punto 19 di tali Orientamenti prescrive che la gravità sarà valutata “caso per caso per ciascun tipo di infrazione, tenendo conto di tutte le circostanza rilevanti” mentre il punto 22 richiede di verificare “la natura dell’infrazione, la quota di mercato aggregata di tutte le imprese interessate, l’estensione geografica dell’infrazione e se sia stata data attuazione o meno alla pratiche illecite”.
Il punto 25 indica che, a prescindere dalla durata della partecipazione di un’impresa all’infrazione, la Commissione inserirà nell’importo di base una somma compresa fra il 15% ed il 25% del valore delle vendite definito nella sezione A, vale a dire al valore delle vendite dei beni o servizi, ai quali l’infrazione direttamente o indirettamente si riferisce, realizzate dall’impresa nell’area geografica interessata all’interno dello Spazio economico europeo nell’ultimo anno intero in cui questa ha partecipato all’infrazione; il punto 21 prevede che, in linea di massima, la proporzione considerata del valore delle vendite sarà fissata a un livello che può raggiungere il 30% del valore delle vendite.
Il punto 32 indica altresì che l’importo finale dell’ammenda da infliggere a ciascuna impresa che ha partecipato all’infrazione non deve in ogni caso superare il 10% del fatturato totale realizzato nel corso dell’esercizio sociale precedente, come stabilito all’art. 23, par. 2, del regolamento CE n. 1/2003. Analogamente, l’art. 15, co. 1, L. 287/1990 fissa come soglia massima della sanzione il 10% del fatturato realizzato dall’impresa nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notificazione della diffida.
Ne consegue che - sulla base dell’art. 15 L. 287/1990 e dei citati “Orientamenti”, espressamente richiamati nell’atto – la quantificazione della sanzione avviene con la preventiva determinazione di un importo base ai sensi dei punti 21 e 25 degli “Orientamenti” su cui sono operati adeguamenti, in aumento o in diminuzione, in ragione di circostanze aggravanti o attenuanti per pervenire alla misura della sanzione finale la cui soglia massima è fissata dall’art. 15 L. 287/1990, corrispondente all’art. 23, par. 2, del regolamento CE 1/2003 richiamato dal punto 32 degli “Orientamenti”.
Nella fattispecie, le intese sono state considerate come “gravi” in considerazione della loro natura (in quanto volta a ripartire i mercati e a concertare la partecipazione nelle gare), del contesto nel quale i comportamenti sono stati attuati (cfr. il già cit. par. 236), della posizione rivestita dai soggetti che le hanno realizzate, considerando che “gli stessi sono, nella maggior parte dei casi, importanti operatori incumbent dei servizi di TPL nei bacini che sono stati, o avrebbero dovuto essere, messi a gara”.
AGCM ha inoltre precisato che l’intesa TP NET non ha alterato specifiche procedure di gara (par. 238), mentre l’intesa 60 MC riveste una speciale gravità “in ragione del fatto che l’accordo – improntato ad una esplicita finalità di difesa dell’incumbency – è riuscito effettivamente nell’intento in occasione delle gare di Mantova e La Spezia. L’esito di tali gare ha infatti permesso alle società APAM e ATC La Spezia di confermare l’affidamento, attraverso la partecipazione in ATI manifestamente sovradimensionate rispetto ai requisiti dei bandi e restrittive del confronto concorrenziale alla luce delle previsioni associative” (par. 246).
L’Autorità, infine, ha tenuto conto “del diverso ruolo e della partecipazione delle singole imprese alle diverse intese, della dimensione assoluta di queste, nonché della particolare situazione economica del mercato del TPL, in cui sono state poste in essere le intese.” (par. 247).
Le ricorrenti hanno tuttavia stigmatizzato la circostanza che non vi sia stata una compiuta delineazione della motivazione sottesa alla quantificazione dei singoli importi.
Nel provvedimento non sono effettivamente forniti chiarimenti dettagliati sui parametri utilizzati per procedere alla determinazione dell’importo base della sanzione tenendo conto degli “Orientamenti” ed in particolare quali siano state le percentuali del “valore delle vendite” applicate per arrivare a siffatta determinazione.
E’ tuttavia è possibile fare riferimento alla tabella elaborata, in seguito all’accesso agli atti, da ATC La Spezia, la cui attendibilità è stata espressamente riconosciuta dalla difesa erariale.
Occorre infatti ricordare che il giudice amministrativo ha giurisdizione di merito sul profilo sanzionatorio, per cui un’eventuale carenza di motivazione in parte qua dell’atto non potrebbe comunque determinare l’illegittimità del provvedimento ed il suo annullamento, ben potendo il giudice adito, ove del caso acquisendo ulteriori elementi in via istruttoria, apprezzare la congruità del quantum delle sanzioni pecuniarie irrogate e sostituirsi all’amministrazione nella nuova determinazione delle misure ove queste si rivelino irragionevoli, inique o sproporzionate ( TAR Lazio, sez. I^, sentenza n. 14157/2007, Vernici marine).
Nel caso di specie, l’importo base della sanzione, per ciascuna impresa, corrisponde alle seguenti percentuali:
APM Retitalia 2,5% (euro 37.179.612)
ACTV Retitalia 0,71% (euro 217.200.000)
GTT Retitalia 0,81 (euro 234.563.511)
ATCM Retitalia 0,8 (euro 34.471.894)
TRAMBUS TP net 0,5 (euro 446.576.460)
ATC Tp net 0,5 (euro 114.456.000)
ATAF Tp net 0,5 (euro 72.798.283)
ATC La spezia 60 MC 1,76 (euro 24.079.935)
ATP 60 MC 1,5 (euro 25.820.900)
TEMPI 60 MC 1,5 (euro 18.292.295)
TEP 60 MC 0,55 (euro 48.703.000)
APAM 60 MC 1,51 (euro 21.670.000).
L’esame della tabella mette in luce la congruenza delle percentuali applicate con il diverso grado di gravita delle singole intese nonché, all’interno di ciascuna aggregazione, con il ruolo svolto da ciascuna impresa.
Risulta infatti di immediata evidenza che, mentre alle imprese aderenti all’intesa TP NET è stata irrogata la sanzione minore, in quanto priva di impatto concreto, le imprese aderenti a 60 MC (in relazione alla “speciale gravità” sopra evidenziata) sono state colpite con la percentuale più elevata.
All’interno di ciascuna intesa le percentuali risultano uniformi giacché ciascuna impresa ha dato (ad eccezione di TEP, della quale è stata considerata la desistenza, manifestatasi in occasione della partecipazione autonoma alla gara di Parma nel 2003), un eguale contributo causale, nella prospettiva di difendere il rispettivo ambito territoriale di riferimento. Anche sul piano della capacità economica, l’Autorità non ha operato l’usuale suddivisione in fasce sulla base delle quote di mercato rivestite dalle imprese, ma ha attribuito prevalenza, in considerazione della particolarità del contesto competitivo rilevante, al ruolo di incumbent assunto da ciascuna impresa all’interno del proprio bacino storico.
E’ bene anche precisare che le percentuali risultano di gran lunga inferiori al massimo edittale previsto dai nuovi Orientamenti e comunque alla soglia legale di cui all’art. 15 della l. n. 287/90, nonché allo stesso minimo edittale previsto per gli accordi orizzontali di ripartizione dei mercati (cfr. il par. 25 degli Orientamenti citati, secondo il quale, in tale ipotesi, “la Commissione inserirà nell’importo base una somma compresa tra il 15% e il 25% del valore delle vendite”).
Non possono condividersi, ancora, i rilievi che tendono a circoscrivere la durata delle intese all’epoca delle gare in cui le stesse si sono concretizzate ovvero a valorizzare lo “spontaneo” scioglimento delle aggregazioni in epoca anteriore all’avvio dell’istruttoria da parte dell’Autorità.
Si è visto infatti che la liquidazione delle società comuni (in particolare TP NET e 60 MC) è stata determinata non già da una e vera e propria resipiscenza delle imprese quanto dall’evoluzione del quadro normativo che ha reso inutile la prosecuzione della strategia concertativa.
Pure da respingere è l’eccezione di prescrizione sollevata da GTT e ACTM in relazione alla circostanza che la stipulazione del Preliminare di accordo operativo e strategico risale al gennaio 2002.
La stipulazione di siffatto accordo non rappresenta, infatti, un illecito istantaneo, quanto il primo atto di una strategia venuta meno solo con la cessazione della condotta e, quindi, nel caso di specie, con lo scioglimento di RETITALIA.
Analogo discorso deve farsi per l’eccezione sollevata da TEP in relazione alla costituzione di 60 MC.
Quanto alla circostanza, dedotta da ATC, secondo cui il termine formale di efficacia del Protocollo di politica commerciale, fosse stato fissata al 31.12.2003, si rinvia, in particolare, al verbale del CdA di TP FIN (doc. 15.500), dal quale risulta che, nonostante tale previsione, ancora nel 2004 le imprese hanno continuato a coordinarsi tra loro nel solco della strategia già tracciata.
Inconferente appare, infine, la censura di disparità di trattamento, adombrata da ATC La Spezia, in relazione agli impegni presentati da TRANSDEV, i quali, ancorché ritenuti inidonei al fine di eliminare i profili anticoncorrenziali contestati, sono stati tuttavia positivamente considerati dall’Autorità nella determinazione della sanzione.
La ricorrente non ha infatti presentato impegni di sorta, di talché manca l’equivalenza di posizioni necessaria al fine di apprezzare l’effettiva consistenza della censura.
Per quanto occorrer possa, si ricorda comunque che la possibilità di considerare favorevolmente gli impegni in sede di determinazione della sanzione corrisponde ad una prassi risalente, tuttora utilizzata dall’Autorità, la quale trova una solida base nell’art. 11 della l. n. 689/8 che, come noto, valorizza anche l’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenza della violazione.
10.1.1. Le imprese si sono poi particolarmente soffermate sulla circostanza che l’Autorità abbia incluso, nel calcolo del fatturato, i contributi pubblici percepiti sulla base dei contratti di servizio, come pure hanno stigmatizzato il fatto che non siano state loro accordate riduzioni in considerazione delle perdite fatte registrare dagli ultimi bilanci.
I contributi di esercizio non deriverebbero, infatti, da un’attività di “mercato”.
Esse trascurano però di considerare che siffatti finanziamenti sono attribuiti loro proprio per compensare il gap tra costo economico del servizio e ricavi di traffico, e che, in assenza dello speciale regime tariffario imposto dagli enti locali, il costo dei biglietti verrebbe ad essere integralmente corrisposto dagli utenti.
In altre parole, i contributi pubblici percepiti dalle imprese rappresentano una forma di corrispettivo delle prestazioni fornite e costituiscono, pertanto, al pari dei ricavi da traffico, un indicatore della capacità economica complessiva dell’impresa.
La censura riflette, a ben vedere, le argomentazioni già svolte in ordine alla particolarità del contesto giuridico – economico in esame, di cui però, come si è visto, l’Autorità si è fatta pienamente carico nel determinare l’importo base della sanzione.
Parimenti infondati sono i rilievi concernenti l’omessa considerazione delle perdite di bilancio riportate negli ultimi esercizi.
Le imprese hanno particolarmente stigmatizzato una presunta disparità di trattamento con le imprese private, e comunque la contraddittorietà insita nell’affermazione dell’Autorità secondo cui i sussidi pubblici rendono “gli operatori del settore estranei a qualsiasi sollecitazione di tipo concorrenziale suscettibile di incrementare il livello di efficienza e di contenimento dei costi di gestione”.
Le imprese ritengono siffatta considerazione sintomatica dell’inattendibilità dell’intero impianto accusatorio siccome fondato sulla configurabilità di un vero e proprio mercato dei servizi di trasporto pubblico locale.
A ben vedere però, l’Autorità si è limitata a fare applicazione del par. 35 dei più volte citati “Orientamenti” secondo cui “In circostanze eccezionali la Commissione può, a richiesta, tenere conto della mancanza di capacità contributiva di un’impresa in un contesto sociale ed economico particolare. La Commissione non concederà alcuna riduzione di ammenda basata unicamente sulla constatazione di una situazione finanziaria sfavorevole o deficitaria. Una riduzione potrebbe essere concessa soltanto su presentazione di prove oggettive dalla quali risulti che l’imposizione di un’ammenda [...] pregiudicherebbe irrimediabilmente la redditività economica dell’impresa e priverebbe i suoi attivi di qualsiasi valore”.
Al riguardo, la giurisprudenza comunitaria ha chiarito che la Commissione “non è obbligata a tener conto della situazione finanziaria deficitaria di un’impresa, considerato che ammettere un obbligo del genere si risolverebbe nel procurare un ingiustificato vantaggio concorrenziale alle imprese meno adattate alle condizioni del mercato” (Tribunale comunitario di primo grado, sentenza 20 marzo 2002, in causa T- 23/99, LR AF 1998/Commissione, punto 308; 20 marzo 2002, causa T-9/99, HFB e a./Commissione).
La capacità contributiva reale, inoltre, rileva soltanto nel “contesto sociale particolare” in cui opera un’impresa, costituito dalle conseguenze che il pagamento dell’ammenda comporterebbe, in particolare, in termini di aumento della disoccupazione o di deterioramento dei settori economici a monte e a valle dell’impresa in questione (Tribunale di primo grado, sentenza 29 aprile 2004, cause riunite T-236/01, T-239/01, da T-244/01 a T-246/01, T-251/01 e T-252/01, Tokai Carbon e a./Commissione, punto 371).
Viene anche precisato che “il fatto che un provvedimento assunto da un’autorità comunitaria cagioni il fallimento ovvero la liquidazione di una determinata impresa non è vietato, in quanto tale, dal diritto comunitario” (sentenze della Corte 15 gennaio 1986, causa 52/84, Commissione/Belgio, punto 14, e 2 luglio 2002, causa C-499/99, Commissione/Spagna, punto 38).
L’impresa deve altresì dare prova del collegamento tra l’importo della sanzione e la probabile liquidazione o fallimento (cfr. TPG, 29 novemebre 2005, in causa T-62/02, Union Pigments, punto 178).
Alla luce dei Nuovi Orientamenti, reputa il Collegio che l’Autorità non abbia inteso operare una discriminazione tra imprese pubbliche e imprese private, quanto negare la ricorrenza di quelle condizioni eccezionali che, indipendentemente dalla natura pubblica o privata di un’impresa, giustificano la riduzione delle ammende per difetto della capacità contributiva.
Relativamente al rilievo secondo cui la sanzione finirebbe con il colpire quegli stessi enti locali che, secondo l’Autorità, sono stati danneggiati dalla concertazione, va osservato come anche nel caso delle imprese private l’ammenda incida sugli interessi finanziari degli azionisti.
Nella fattispecie, vi è poi una significativa responsabilità anche degli enti locali proprietari, i quali hanno contribuito, ad esempio attraverso la predisposizione di bandi di gara chiaramente calibrati sull’incumbent, a sterilizzare gli obiettivi pro – concorrenziali della riforma.
I veri “terzi” rimangono quindi gli utenti, sui quali però l’afflittività delle sanzioni è suscettibile di riverberarsi solo nella misura in cui gli enti locali stessi decidano di traslare sui contribuenti il costo delle sanzioni, ad esempio mediante una riduzione dei contributi pubblici o comunque dei sussidi destinati alla copertura degli oneri di servizio pubblico.
Tale evenienza costituisce però non il risultato diretto dell’ammenda inflitta, quanto di una scelta dell’ente locale, soggetta ovviamente al giudizio politico della collettività di riferimento.
In concreto, infine, va tuttavia evidenziato che nessuna, tra le imprese che hanno invocato l’esistenza di perdite di bilancio, presenta una situazione deficitaria analoga a quella che l’Autorità suole prendere in considerazione ai fini della riduzione delle ammende (perdite ingenti protrattesi per almeno tre esercizi).
In particolare, risulta, dalle stesse affermazioni contenute nei ricorsi ovvero nelle memorie finali presentate all’Autorità:
- che APM ha chiuso l’ultimo bilancio in pareggio;
- che ACTV non ha documentato l’esistenza di siffatte perdite ma si è limitata a fare riferimento alla sussistenza di precarie condizioni finanziarie;
- che ATCM ha registrato perdite nel 2005 e nel 2006 ma nel 2004 era in pareggio;
- che ATP ha avuto, solo nel 2005, un lieve risultato negativo;
- che TEMPI registra perdite solo nel 2006;
- che ATC La Spezia ha recuperato, nel 2006, le perdite dei due esercizi precedenti;
- che Trambus riporta perdite di una certa entità, essenzialmente dovute all’incremento dell’IRAP, nel solo anno 2006;
- che infine le perdite di APAM, pur estese ad un triennio, non solo tali da giustificare una riduzione ove si consideri l’esiguità, già in precedenza evidenziata, dello stesso importo base.
10.2. Occorre infine rideterminare la sanzione inflitta ad APM, per il venir meno dell’addebito concernente la gara di Roma.
Il Collegio reputa congruo, tenendo conto che la percentuale applicata alle imprese aderenti a RETITALIA si attesta mediamente sullo 0,8% del valore delle vendite, un importo della sanzione pari a euro 297.437,00.
11. In definitiva, per quanto appena argomentato, debbono essere respinti i ricorsi di TEP, GTT, ATP, ATAF, TRAMBUS, ATC (con sede in Bologna), ACTV, ATC, TEMPI, ATCM, APAM.
Il ricorso di APM deve essere accolto in parte, mentre quelli di SITA e COTRI meritano integrale accoglimento.
Sembra equo, infine, compensare tra le parti le spese di giudizio.
PQM
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, sez. I^, definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti di cui in premessa, così provvede:
1) accoglie i ricorsi proposti da SITA s.p.a. e CO. TR.I. e, per l’effetto, annulla, per quanto di ragione, il provvedimento impugnato;
2) accoglie in parte il ricorso proposto da APM Esercizi s.p.a., e, per l’effetto, ridetermina, nei sensi di cui in motivazione, la sanzione pecuniaria irrogata dall’Autorità;
3) respinge i ricorsi proposti da TEP s.p.a., GTT s.p.a., AZIENDA TRASPORTI PROVINCIALI s.p.a. (ATP), ATAF s.p.a., TRAMBUS s.p.a., ATC s.p.a. (con sede in Bologna), ACTV s.p.a., AZIENDA TRASPORTI CONSORTILE La Spezia (ATC La Spezia), TEMPI s.p.a., AZIENDA TRASPORTI COLLETTIVI E MOBILITA’ s.p.a. (ATCM), APAM ESERCIZIO s.p.a..
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 2 aprile 2008.
Antonino Savo Amodio Presidente
Silvia Martino Estensore
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