1. la legittimazione del lavoratore ricorrente ad impugnare il licenziamento irritualmente irrogato   Benché il lavoratore rimanga estraneo alla procedura di consultazione sindacale oltre che amministrativa, può affermarsi la sua legittimazione ad agire in giudizio per far valere omissioni o inesattezze che abbiano determinato una “falsa o incompleta rappresentazione della realtà tale da compromettere il corretto svolgimento dell’esame congiunto con il sindacato, e quindi da incideresulla correttezza dei provvedimenti finali adottati”. Questo principio più volte sottolineato dalla giurisprudenza delle S.C.(per tutte Cass., 2.10.1999, n. 10961, in Or.giur.lav., 1999, 1055, nonché in Not. giur. lav., 2000, 212) trova riscontro nell’art.5, c.3 della legge n. 223/91 che espressamente riconosce nel lavoratore il soggetto legittimato ad impugnare il licenziamento inefficace per inosservanza delle procedure di consultazione 2) i caratteri della comunicazione iniziale della procedura ex art.4 co.3 l.223/91 come modificato dall’art.1 del d.lgs. 26.5.1997 n. 15; Il quadro delle informazioni previsto dalla norma è quanto mai ampio e finalizzato ad assicurare agli interlocutori una conoscenza esauriente della situazione organizzativa e occupazionale dell’impresa, e dunque, una reale capacità di interloquire sulle ragioni della riduzione del personale e sulle possibilità di soluzioni alternative(Così Cass., 19.2.2000, n. 1923, in Arg. Dir. Lav., 2001, 783. Conf. C.ZOLI, I licenziamenti collettivi, in Quad. dir. lav. rel. Ind., 1997, quad. IXI, 71 secondo il quale “le dettagliate prescrizioni formali della legge 223 mirano a favorire non solo il controllo giudiziale circa la legittimità dei licenziamenti, ma anche l’effettiva partecipazione sindacale al processo decisionale dell’impresa, assicurando la società del confronto”.) In ogni caso le comunicazioni aziendali debbono essere complete e precise tali cioè da consentire un vaglio consapevole circa la necessità o l’evitabilità dei licenziamenti. L’imprenditore dovrà adempiere all’obbligo di informazione osservando i canoni della buona fede e della correttezza; ciò vale anche con riferimento a quelle informazioni - ad. es., relative ai motivi che impediscono l’adozione di misure alternative al licenziamento – che realizzano un incremento di tutele per i lavoratori rispetto allo standard comunitario, in senso pienamente precettivo alla pari delle altre prescrizioni informative. E così pure, quanto ai contenuti delle informazioni, esse possono essere più o meno dettagliate a seconda che esse si rapportino a licenziamenti per riduzione di personale, ovvero a licenziamenti per mancato reimpiego in CIGS, laddove nel caso di mobilità post-Cigs, sarà invece in sede di indicazione dei motivi che determinano la situazione di eccedenza che l’azienda dovrà specificare i sopravvenuti motivi che trasformano l’eccedenza da temporanea in definitiva. La portata dell’obbligo di comunicazione può ulteriormente ampliarsi quando assume ad oggetto le misure dirette a fronteggiare le conseguenze sociali del licenziamento: ciò che importa è che anche quelle indicazioni entrino a far parte degli argomenti da porre in esame nel corso del confronto sindacale e che di esse si tenga conto in vista dell’accordo finale. Sull’oggetto e sull’adeguatezza delle comunicazioni sembra allora ragionevole distinguere una fase dell’informazione, dalla successiva e più decisiva fase dell’esame congiunto. Ciò al fine di valutare quali eventuali carenze della prima fase siano tali da compromettere il compiuto e corretto svolgimento della seconda fase. In tal caso sarà possibile per il giudice – cui spetta valutare l’adeguatezza delle comunicazioni (Cass., 5.6.2003, n. 9015, in Riv. it. Dir. Lav., 2004, II, 105; conf. Cass., 24.3.2004, n. 5942)-utilizzare anche gli elementi che emergono dal comportamento delle parti per chiarire se le eventuali irregolarità nella fase dell’informazione siano tali da impedire o viziare, in maniera sostanziale lo svolgimento della fase successiva e, più in generale, delle funzioni partecipative delle rappresentanze sindacali. E in tale giudizio, potrà anche essere rilevante il comportamento, ovvero l’opinione della controparte sindacale nonché i risultati eventualmente raggiunti. 3. i contenuti della comunicazione finale della procedura ex art. 4 co. 9 l.223/91; L’adeguatezza della procedura di informazione si riverberano altresì sulle modalità con cui viene resa dall’azienda la comunicazione finale. La comunicazione finale deve costituire un meccanismo che consenta di controllare se tutti i dipendenti in possesso dei requisiti previsti siano stati inseriti nella categoria da scrutinare e, in secondo luogo se siano stati correttamente applicati i criteri di valutazione comparativa per l’individuazione dei dipendenti da licenziare. (in questo senso cfr. Cass. 8.11.2003 n. 16805, in Or. Giur. Lav., 2003, 954) che ha ritenuto non sufficiente la trasmissione dell’elenco dei lavoratori licenziati e la comunicazione dei criteri di scelta concordati con le organizzazioni sindacali, né la predisposizione di un meccanismo di applicazione in via successiva dei vari criteri). Circa le conseguenze della incompletezza delle comunicazioni finali, le SSUU della Cassazione con sentenza n. 302/2000 (in Giust. Civ. 2000, I, 2917)  ne hanno statuito l’inefficacia e di conseguenza degli stessi licenziamenti poiché “anche tali comunicazione va inclusa all’interno della procedura di consultazione facendone parte integrante”. In sostanza l’art. 5, co .3 nel rinviare alle procedure richiamate dall’art.4 c.12 si riferisce all’intero complesso delle procedure, comprese le “comunicazioni”. 4. l’art. 4 co. 9 e art. 5 co. 1 l. 223/91 e la puntuale indicazione delle modalità con le quali sono applicati i criteri di scelta Il datore di lavoro, a pena di inefficacia dei licenziamento, è tenuto sia alla predisposizione e pubblicizzazione dei criteri di scelta, sia alla indicazione puntuale delle concrete modalità applicative di essi: "... vale a dire, la lista dei non licenziati e le ragioni della priorità riconosciuta loro".  Sia in dottrina che in giurisprudenza è stata affermata la illegittimità dei cosiddetti criteri fotografici: "... ritagliati a secondo della situazione soggettiva dei prescelti, o, all'esatto opposto, mediante la indicazione di un singolo criterio, che si risolva in una decisione congiunta sui nomi dei licenziati assunta per relationem ... " Anche la Corte di cassazione è intervenuta sulla questione relativa alla nozione di puntualità dei criteri di cui all'art. 4 comma 9 L. 223/91; la sent. 6759/1996 contiene una ampia e rigorosa disamina della ratio delle procedure previste dall'art. 4 e della rilevanza (ai fini delle efficacia dei licenziamenti) della comunicazione delle modalità applicative dei criteri di scelta: " ... la puntale indicazione (l'uso del termine appare significativo) delle modalità con la quale sono stati applicati di scelta assume un importanza decisiva per il controllo dell'esercizio dei poteri datoriali fissando definitivamente nei termini indicati dalle comunicazioni la motivazione del singolo licenziamento ". La Corte quindi, conclude a seguito di una interpretazione sistematica e letterale dei testo normativo sancisce il principio in base al quale "i licenziamenti per riduzione di personale effettuati ai sensi dell'art. 4 della L. 23 luglio 1991 ti. 223, sono inefficaci, ai sensi dell'art.i. 5, comma 3 della stessa legge, qualora siano intimati in violazione della procedure previste dal medesimo articolo 4, che impone la comunicazione agli uffici competenti e alle organizzazioni sindacali delle specifiche modalità di applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare ". Tutto questo sta a significare che, il datore di lavoro, ancor prima di procedere nell'attuazione del piano di riduzione del personale deve predisporre nel rispetto dell'art. 5 le modalità di applicazione dei criteri di scelta, se del caso coordinando con le OO.SS gli stessi. La comunicazione conclusiva della procedura deve consentire di risalire alle concrete modalità di applicazione dei criteri nei confronti di tutto il personale in organico e non solo dei lavoratori licenziati : il lavoratore deve essere concretamente in grado di contestare che non lui ma altro avrebbe dovuto essere licenziato( cfr. Cass.15277/2004)