Con decreto interministeriale con primo firmatario il Ministero dell’Interno, del 14/09/2023, in vigore dal 22/09/2023, si è determinato l’importo necessario ad un richiedente asilo per poter mantenere una libertà di circolazione sul territorio italiano durante l’esame della sua domanda di protezione internazionale. In mancanza di tale importo, che viene depositato quale garanzia di rientro in patria in caso di rigetto della sua domanda, egli verrà trattenuto in un centro di permanenza e rimpatrio (CPR) durante tutto il periodo di esame della domanda.
La disciplina di “pay and go” è limitata, a dire il vero, alla sola ipotesi di domanda di protezione con esame accelerato, il cui esame addirittura dovrebbe svolgersi in frontiera nel caso di cui all’art. 28 bis comma 2, lettere b e b bis, del decreto legislativo n. 25/2008; in particolare, la lettera b riguarda lo straniero che abbia eluso o tentato di eludere i controlli in ingresso (e quindi la quasi totalità degli ingressi irregolari, per definizione), mentre la lettera b bis riguarda lo straniero che, sempre in ingresso, faccia domanda, proveniente da un Paese c.d. sicuro. Alla data attuale, secondo lo Stato italiano sono considerati Paesi sicuri i seguenti: Albania, Algeria, Bosnia Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Nigeria, Senegal, Serbia e Tunisia. Come appare evidente, con esclusione dei Paesi europei non appartenenti all’UE (la cui condizione di sicurezza può apparire quasi ovvia), si tratta di Paesi a forte spinta migratoria verso l’Italia.
E dunque, il decreto interministeriale va a quantificare l’importo che un richiedente asilo, appena arrivato su mezzi di fortuna e originario di uno di quei Paesi, dovrà corrispondere, contestualmente alla proposizione della sua domanda di asilo. Questo, in attuazione dell’art. 6 bis del decreto legislativo n. 142/2015 (c.d. decreto accoglienza), la cui versione attuale è però quella introdotta dal decreto legge n. 20 del 2023 (c.d. Decreto Cutro).
Il detto nuovo art. 6 bis prevede che il trattenimento in struttura è un obbligo se il richiedente non abbia un passaporto con sé (condizione piuttosto diffusa fra chi arrivi con mezzi irregolari, via terra dalla c.d. rotta balcanica ma ancor più ovviamente via mare dall’Africa), oppure se appunto non presta la garanzia finanziaria di cui parliamo.
Come detto in precedenza, il trattenimento nel CPR (se non si è fornita la garanzia economica) dura quanto occorre per svolgere la procedura di esame, teoricamente non oltre un mese (quattro settimane) poiché quello è il termine previsto per la procedura accelerata. Procedura che, in quanto tale, offre molte meno garanzie di accoglimento della domanda rispetto a quella ordinaria e il cui esito può essere fortemente condizionato se, come assai probabile che sia, il richiedente proviene da un Paese sicuro.
La garanzia da prestare deve consentire il mantenimento dello straniero in Italia per quattro settimane, per un importo che consenta un alloggio adeguato, una somma per il rimpatrio in caso di esito negativo della domanda, il possesso di mezzi di sussistenza minimi per sé. Per il 2023 questo importo è stato determinato in Euro 4938.
Detta garanzia deve essere prestata entro il termine di rilevazione delle impronte (quindi un termine abbastanza stringente rispetto all’avvio della domanda di asilo con procedura accelerata), in unica soluzione, tramite fideiussione bancaria o polizza fideiussoria assicurativa, deve essere individuale e personale, ossia prestata dall’interessato. Che, si ricorda, è un cittadino straniero giunto in modo irregolare in Italia da un Paese in cui verosimilmente non ha rapporti bancari o finanziari in essere, e che sicuramente non può averne in Italia (non avendo ancora un permesso di soggiorno). Non è possibile dunque prestare tale garanzia in contanti.
Quindi, lo straniero che si trovi nella condizione sopra descritta, avrà due possibilità:
. restare trattenuto nel CPR per un periodo di quattro settimane, asseritamente non prorogabili
– oppure prestare la detta garanzia, ammesso che sia tecnicamente possibile farlo per lui.
Naturalmente, se prestata detta garanzia lo straniero si rendesse poi irreperibile (non essere trattenuto in un CPR non implica, ovviamente, che egli non elegga domicilio da qualche parte sul territorio italiano, verosimilmente attraverso una dichiarazione di ospitalità rilasciata in suo favore), la stessa garanzia andrebbe perduta, ossia incamerata dallo Stato italiano, prescindendo quindi dal concreto utilizzo di quella somma per rimpatriare lo straniero.