SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III CIVLE Sentenza 13 ottobre - 18 novembre 2010, n. 23277.Danno da insidia: si applica l'art. 2051 e 2043 c.c. - 19 Gennaio 2011

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE III CIVLE

Sentenza 13 ottobre - 18 novembre 2010, n. 23277

(Presidente Trifone - Relatore Amendola)

Svolgimento del processo

I fatti di causa possono cos? ricostruirsi sulla base della sentenza impugnata.

A. D., con atto di citazione notificato il 12 gennaio 1989, convenne in giudizio il Comune di omissis chiedendo il ristoro dei danni patiti a seguito di una caduta, determinata dallo stato di dissesto del fondo stradale.

L'ente, costituitosi in giudizio, contest? la domanda attrice.

Con sentenza del 12 febbraio 2004 il Tribunale di Napoli rigett? la domanda.

Su gravame della soccombente, la Corte d'appello l'ha invece ritenuta fondata e, per l'effetto, ha condannato il Comune di omissis al pagamento in favore della D. della somma di euro 55.798,54.

Avverso detta pronuncia ha proposto ricorso per cassazione, illustrato anche da memoria, il Comune di ****, formulando un solo, complesso motivo con pedissequo quesito.

Ha resistito con controricorso la D..

Il giudizio, rinviato a nuovo ruolo all?udienza del 19 febbraio 2006, a seguito del decesso del difensore dell?intimata, ? stato trattato e deciso all?udienza odierna.

Motivi della decisione

1. Nell'unico mezzo il Comune di **** lamenta insufficienza della motivazione su un punto decisivo della controversia. Oggetto della critica ? il convincimento del giudice a quo in ordine alla eziologia dell'evento lesivo. Secondo la Corte territoriale, invero, l'instabilit? del tombino sul quale la D. era andata ad inciampare costituiva evento imprevedibile, e quindi insidia per l'ignaro passante, idonea all?affermazione dell'efficienza causale della condotta della P.A. nella determinazione dell?evento.

Sostiene invece il deducente che, considerate le caratteristiche di tempo e di luogo in cui si era verificato il sinistro, l'attrice bene avrebbe potuto prevedere un pericolo per la sua incolumit? e, conseguentemente, adottare tutte le cautele necessarie ad evitare che esso si materializzasse, transitando sul lato della strada non interessato dai lavori.

2. La doglianza ? infondata.

? consolidata affermazione di questo giudice di legittimit? che, in tema di responsabilit? per danni da beni di propriet? della Pubblica amministrazione, qualora non sia applicabile la disciplina di cui all'art. 2051 cod. civ., in quanto sia accertata in concreto l'impossibilit? dell'effettiva custodia del bene, a causa della notevole estensione dello stesso e delle modalit? di uso da parte di terzi, l'ente pubblico risponde dei pregiudizi subiti dall'utente, secondo la regola generale dell?art. 2043 cod. civ., norma che non limita affatto la responsabilit? della P.A. per comportamento colposo alle sole ipotesi di esistenza di un?insidia o di un trabocchetto. Conseguentemente, secondo i principi che governano l'illecito aquiliano, graver? sul danneggiato l'onere della prova dell?anomalia del bene, che va considerata fatto di per s? idoneo - in linea di principio - a configurare il comportamento colposo della P.A., mentre spetter? a questa dimostrare i fatti impeditivi della propria responsabilit?, quali la possibilit? in cui l'utente si sia trovato di percepire o prevedere con l'ordinaria diligenza la suddetta anomalia o l'impossibilit? di rimuovere, adottando tutte le misure idonee, la situazione di pericolo (confr. Cass. 6 luglio 2006, n. 15383).

Non ? superfluo aggiungere che siffatto ordine di idee ha a suo tempo ricevuto il significativo avallo della Corte costituzionale la quale, chiamata a scrutinare la conformit? con gli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione degli artt. 2051, 2043 e 1227 cod. civ., ha ritenuto infondato il dubbio proprio in ragione della aderenza ai principi della Carta fondamentale del nostro Stato dell?interpretazione affermatasi nella giurisprudenza di legittimit? (confr. Corte cost. n. 156 del 1999).

2.1. Principio altrettanto pacifico ? poi che, allorquando si faccia valere la responsabilit? extracontrattuale della pubblica amministrazione per danni subiti dall'utente a causa delle condizioni di manutenzione di una strada pubblica, la valutazione della sussistenza di un'insidia, caratterizzata oggettivamente dalla non visibilit? e soggettivamente dalla non prevedibilit? del pericolo, costituisce un giudizio di fatto, incensurabile in sede di legittimit? se adeguatamente e logicamente motivato (confr. Cass. civ., 19 luglio 2005, n. 15224).

3. Venendo al caso di specie, il giudice di merito ha affermato che l'instabilit? del tombino costituiva, in mancanza di qualsivoglia segnalazione dei lavori in corso e di recinzione della zona interessata, un pericolo occulto e imprevedibile, segnatamente rimarcando l'incongruit? della linea difensiva della convenuta amministrazione - volta a rovesciare sull'infortunata la responsabilit? dell'accaduto - alla luce del criterio, di elementare buon senso, che proprio per la mancanza di ogni segnalazione, l'utente poteva camminare indifferentemente sull'uno o sull'altro lato della strada.

Ci? significa che il decidente ha valutato, in termini che non possono essere tacciati di implausibilit? e di illogicit? rispetto al contesto fattuale di riferimento, la sussistenza dei presupposti per l'applicabilit? del presidio generale di cui all'art. 2043 cod. civ. e ha poi dato del suo convincimento una motivazione esaustiva e corretta. Tanto basta perch? la relativa valutazione si sottragga al sindacato di questa Corte.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in complessivi euro 4.200 (di cui euro 200 per spese), oltre IVA e CPA, come per legge.