Proviamo a capire se può essere concepita la tutela giuridica con riferimento alla voce cantata e recitata. La voce è il suono generato dall’apparato fonatorio tramite la contrazione delle corde vocali ed è quindi influenzata dal corpo. È un timbro unico, anche se esistono software in grado di modificare la voce, creando suoni diversi o imitando voci altrui. Per alcuni soggetti la voce è elemento determinante della personalità e della stessa identità: pensiamo ai doppiatori, agli speaker, agli attori e ai cantanti. La voce, quindi, al pari degli altri elementi distintivi della  personalità, rientra nei caratteri che individualizzano un soggetto, poiché ne integrano il diritto all’immagine. La tutela di questo elemento distintivo sarà proporzionata alla istintività e peculiarità del timbro vocale (più è peculiare e caratteristico il timbro vocale, tanto maggiore sarà la possibilità di una sua tutela). In generale, si distingue tra tutela diretta nei confronti di utilizzi della voce non consentiti e quella (indiretta) nei confronti degli imitatori. L’utilizzo diretto della voce di un soggetto necessita del consenso del suo titolare, salvo i casi del libero utilizzo ex art. 97 LDA: “Non occorre il consenso della persona ritrattata quando la riproduzione dell'immagine è giustificata dalla notorietà o dall'ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico. Il ritratto non può tuttavia essere esposto o messo in commercio, quando l'esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all'onore, alla reputazione od anche al decoro della persona ritrattata”.
Per quanto concerne l’imitazione, invece, i casi sono due:
A. l’imitatore ha già per sua natura un timbro di voce molto simile a quello di riferimento;
B. l’imitazione avviene attraverso forzatura o strumenti tecnici.
Sarebbe lecita solo se l’imitazione fosse espressamente dichiarata o palese, come accade nel caso dello spettacolo di un comico imitatore o di una parodia. Ma se l’intento dell’imitatore è quello di ingenerare confusione e far ritenere che la voce imitata identifichi la persona imitata, allora si parla di utilizzazione illecita.
Due esempi statunitensi: 1) sentenza del 1988: la Ford voleva utilizzare la voce della cantante Bette Midler per lo spot pubblicitario di una nuova autovettura. Non avendo ottenuto il consenso dalla cantante, la Ford interpellò un’altra cantante che - essendo stata per anni la corista della famosa Midler -  riusciva ad imitarne perfettamente la voce. La Ford venne condannata perché perseguiva l’intento di utilizzare un elemento costitutivo dell’immagine della cantante senza il suo consenso e soprattutto cercando di creare confusione. L’identità della cantante era stata violata. 2) Sentenza del 1992: Tom Waits contro una società produttrice di snack food che aveva utilizzato una sua canzone per la campagna pubblicitaria di un nuovo prodotto; ma, non avendo ricevuto il consenso da Waits, ha cercato esecutori che cantassero in modo simile a Tom. Altro esempio di violazione del diritto alla voce.
Ma la giurisprudenza italiana sembra negare l’esistenza di un diritto alla voce. L’unico precedente che afferma questo tipo di tutela è costituto dalla sentenza del Tribunale Roma del 12 maggio del 1993: il famoso caso Branduardi / Buitoni – Perugina (caso analogo a quelli americani citati: spot pubblicitario affidato ad un "imitatore"). Si tratta di un precedente storico, l'unico ad aver riconosciuto alla espressione artistica e vocale una intergale tutela al pari delle altri espressioni della personalità.
Per anni, invece, la giurisprudenza ha ribadito che la legge non prevede una tutela della voce della persona, contrariamente a quanto accade per il nome o per l’immagine (in tal senso la Corte d’Appello di Milano). Nell’ambito di un datato giudizio che riguardava un commento sportivo, infatti, i giudici milanesi hanno concluso per la difficoltà di provare che il commento del cronista avesse “elaborato” mere informazioni - o meri fatti dell’evento – in modo di divenirne una “forma espressiva”.
I giudici ritennero che, al fine di verificare la sussistenza del carattere di “distintività” nel commento sportivo (idoneità del commento a costituire elemento di identificazione di un individuo), tale carattere andava valutato nel diverso quadro normativo costituente l’esclusiva sui tratti della persona, ovvero quello del diritto all’immagine ex art. 10 c.c. ed al ritratto ex art. 96 l.d.a.
Insomma, la giurisprudenza ha negato che le norme poste a protezione dell’immagine possano estendersi per analogia alla protezione della voce o della esposizione orale: mentre il ritratto di una persona “permette di identificare senza alcuna difficoltà la persona ritratta, è assai difficile identificare una persona attraverso la voce” (così Trib. Milano, 10 febbraio 1966, Trib. Milano,12 novembre 1998; Pret. Milano, 25 maggio 1964; in senso favorevole all’applicazione analogica delle norme poste a tutela dell’immagine anche alla voce della persona, De Cupis, I diritti della personalità, Giuffrè, 1959, 294).
In conclusione, alla “voce” la giurisprudenza riconosce una protezione nei limiti della tutela degli artisti interpeti ed esecutori ex art. 80 l.d.a. (App. Milano 30 marzo 1999, Trib. Milano 10 febbraio 2000, Trib. Milano 12 novembre 1998).
 
È interessante ricordare un episodio che ha visto protagonista il Santo Padre Giovanni Paolo II: in un’udienza pubblica del 1996, papa Karol Wojtyla aveva modulato una frase con una soavità tale da farla somigliare a un motivo musicale. Così al dj Joe T Vannelli venne l’idea di creare un brano strumentale con la voce del pontefice in sottofondo. La proposta sembrò inizialmente piacere alla direzione di Radio Vaticana tanto da indurre Vannelli a stampare 500 cd della canzone intitolata “Forgive us” (“Perdonaci”). La trattativa però non andò a buon fine. Per errore, tuttavia, la canzone finì a fare da tappeto musicale per una sfilata di moda trasmessa da Canale 5. Il Vaticano reagì con la richiesta al giudice (Tribunale di Milano) di un provvedimento d’urgenza che costò a Vannelli un risarcimento di 20 milioni di lire e il macero dei cd rimasti.
Il Vaticano – forse a causa di quell’episodio – il 19 marzo 2011 promulgò la Legge CXXXII - Legge sulla protezione del diritto di autore, relativa alle opere dell’ingegno e dei diritti connessi sugli scritti, l’immagine e i discorsi del Papa.
La nostra normativa si limita a riconoscere i diritti connessi al diritto d’autore in favore dei soggetti che interpretano opere attraverso la voce:
L’Art. 80 della L. n. 633/1941 (LDA) annovera tra gli artisti interpreti ed artisti esecutori “le altre persone che rappresentano, cantano, recitano, declamano o eseguono in qualunque modo opere dell'ingegno”, riconoscendo loro il “diritto a autorizzare la fissazione delle loro prestazioni artistiche, la riproduzione diretta o indiretta delle loro prestazioni artistiche; la comunicazione al pubblico, nonché la diffusione via etere e la comunicazione via satellite delle prestazioni artistiche dal vivo; la distribuzione delle fissazioni delle loro prestazioni artistiche; il noleggio o il prestito delle fissazioni delle loro prestazioni artistiche e delle relative riproduzioni”.
Inoltre l’art. 81 LDA prevede che gli artisti interpreti e gli artisti esecutori hanno il diritto di opporsi alla comunicazione al pubblico o alla riproduzione della loro recitazione, rappresentazione o esecuzione che possa essere di pregiudizio al loro onore o alla loro reputazione.
Sono applicabili le disposizioni del comma secondo dell’art. 74 LDA (diritto di opporsi a che l’utilizzazione dei fonogrammi sia effettuata in condizioni tali da arrecare un grave pregiudizio ai suoi interessi).
L’ “artista interprete esecutore” che interviene su un’opera già compiuta nei suoi elementi essenziali e dunque capace di vita autonoma, senza incidere sulla creazione dell’ingegno in senso tecnico; si tratta, quindi, di “mediatore qualificato” tra l’autore e il pubblico, al quale il messaggio dell’autore perviene, appunto, attraverso l’interpretazione personale dell’opera compiuta dall’AIE. In base a tali considerazioni, l’attività di tale figura è stata riconosciuta come espressione di lavoro intellettuale. Il capo III della LDA prevede espressamente i “diritti degli artisti interpreti e degli artisti esecutori”. e, all’art. 83, dispone che “Gli artisti interpreti e gli artisti esecutori che sostengono le prime parti nell’opera o composizione drammatica, letteraria o musicale, hanno diritto che il loro nome sia indicato nella comunicazione al pubblico della loro recitazione, esecuzione o rappresentazione e venga stabilmente apposto sui supporti contenenti la relativa fissazione, quali fonogrammi, videogrammi o pellicole cinematografiche”.
Il diritto morale dell’AIE sorge in capo allo stesso a seguito dell’interpretazione e, come tutti i diritti di natura personale, è un diritto inalienabile, irrinunciabile, non trasferibile e non soggetto a limiti di durata. L’art 85 LDA, inoltre, precisa che “I diritti di cui al presente capo durano cinquanta anni a partire dalla esecuzione, rappresentazione o recitazione”. Ciò permette agli AIE di godere dei propri diritti fin dal momento in cui ha iniziato lo sfruttamento economico della loro prestazione.
 
Può accadere che attraverso la vice si produca una creazione artistica “inconsapevole”:
1. una signora di Torre Annunziata venne intervistata da un’emittente televisiva locale a seguito dell’incendio nella sua casa. La signora rilasciò dichiarazioni in dialetto che, per la loro intrinseca musicalità, vennero riprese e rielaborate in numerosi remix musicali. La signora aveva ormai “affidato” la sua voce alla televisione, fissata su supporti idonei a consentirne la riproduzione e il successivo riutilizzo, previa implicita e preventiva liberatoria. Il titolare della registrazione, pertanto, rimaneva l’emittente, e la signora nulla ha potuto rivendicare nei confronti degli artisti che avevano utilizzato quella voice nei remix musicali.
2. una registrazione divenuta virale (c.d. discorso del sindaco), poiché mai rivendicata da nessuno, venne parzialmente incisa da Zucchero Fornaciari nel suo brano “L’anno dell’amore”, riutilizzata come se fosse ormai una sorta di res nullius. Si è scoperto che il vero declamatore del divertente discorso (che non ne aveva mai rivendicato la “paternità) era ormai deceduto; pertanto Zucchero ha ritenuto quella performance ormai suscettibile di una sostanziale “occupazione” (intesa come modo d’acquisto della titolarità a titolo originario).
 
Della tutela della “voce”, quale espressione della personalità, parla anche il DPR 24 giugno 1998 n. 249 (artt. 2, 3, 4) (Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria), con il quale si rivolge l’invito a chiunque utilizzi dati personali (immagini, filmati, registrazioni vocali) raccolti con il proprio cellulare o altri dispositivi a “vagliare attentamente tutte queste circostanze e a porre attenzione a che i propri comportamenti non ledano i diritti dei terzi, evitando ad esempio di riprendere persone in atteggiamenti o situazioni che possano lederne la dignità o astenendosi dal divulgare anche occasionalmente immagini ad un numero elevato di soggetti, senza che la persona fotografata o filmata ne sia a conoscenza e possa attivarsi al fine di tutelare la propria sfera privata”.

Italo Mastrolia