Non può assegnarsi parte dell'immobile ad un coniuge e parte ad un altro, disponendo la divisione dello stesso, se la conflittualità tra i due è elevata.
Corte di Cassazione, n. 16649/2014
Avv. Simona Martinelli
di Roma, RM
Letto 291 volte dal 05/11/2014
Il principio secondo cui può disporsi l’assegnazione di parte della casa ad un coniuge e parte all'altro, quando l'abitazione coniugale sia agevolmente divisibile in due unità immobiliari autonome e distinte, non è applicabile nel caso in cui risulti pregiudicato l’interesse dei minori, che si troverebbero, loro malgrado, a convivere in una situazione di potenziale conflittualità tra i genitori.
Caso: con ricorso in appello il marito aveva censurato l'assegnazione dell'intero immobile alla moglie sulla scorta di due considerazioni:
1) si trattava di un immobile di grandi dimensioni, articolato su due livelli, ognuno dotato di autonomi servizi, del quale era stata accertata la concreta possibilità di procedere alla divisione, con creazione di due distinte ed autonome unità abitative, peraltro anche catastalmente già distinte;
2) la famiglia aveva sempre, di fatto, utilizzato solo l'immobile al piano inferiore, in quanto l'appartamento al piano rialzato non era praticabile.
La Corte di Cassazione, con sentenza 16649/2014 ha statuito, facendo proprie le considerazioni del Giudice d’Appello, che non sempre la divisione dell’immobile adibito a casa coniugale in due unità abitative, da assegnarsi, rispettivamente, ai due coniugi separati, sia la soluzione migliore, seppure questo consti di una villetta comodamente divisibile.
Partendo infatti dalla considerazione che l’assegnazione della casa familiare sia istituto volto a conservare, nell’interesse esclusivo dei figli, l’habitat domestico, quale centro degli affetti, interessi e consuetudini in cui si articola la vita familiare, la Corte di Appello aveva rilevato come, nel caso di specie, non fosse sacrificabile l’interesse dei figli a mantenere proprio questo habitat nelle dimensioni inizialmente volute e realizzate dagli stessi genitori.
Ciò nonostante la difesa del padre avesse rilevato che l’unità abitativa era costituita da un fabbricato-villetta di grandi dimensioni, articolato su due livelli abitativi, ciascuno dotato di autonomi servizi e, quindi, comodamente divisibile e, peraltro, che la famiglia avesse sempre, in realtà, abitato solo al livello inferiore.
La Cassazione ha accolto poi l’ulteriore valutazione fatta dal Giudice dell’appello secondo cui la divisione non era conforme all’interesse dei minori, in quanto gli stessi sarebbero stati sottoposti, nella loro vita quotidiana, al peso ed ai rischi di ulteriori conflitti familiari.
L’iter argomentativo seguito dagli ermellini, peraltro pienamente condivisibile, fa costante riferimento alla valutazione preminente dell’interesse dei figli minori, rispetto al quale devono essere ‘calibrate’ anche scelte che possono apparire, per l’economia del nuovo nucleo familiare, le più opportune.
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