Il testo dell'art. 12 bis Legge sul divorzio testualmente dispone: “Il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno ai sensi dell'art. 5, ad una percentuale dell'indennità di fine rapporto percepita dall'altro coniuge all'atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l'indennità viene a maturare dopo la sentenza.
Tale percentuale è pari al quaranta per cento dell'indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio".

Il Tribunale di Milano, con la sentenza del 18 maggio 2017, affronta la questione del diritto dell'ex coniuge, titolare dell'assegno divorzile, a percepire la quota a lui spettante per legge del TFR maturato dall'altro al momento della cessazione del rapporto lavorativo individuando due casi particolari.

Premesso che l’art. 12 bis l. 898/1970 riconosce al coniuge divorziato titolare di assegno divorzile il diritto a conseguire la quota del 40% del TFR spettante alla cessazione del rapporto di lavoro dall'altro, va fatto un opportuno distinguo nel caso in cui la liquidazione non venga di fatto percepita.

In primo luogo, si può infatti verificare la situazione dell' accantonamento del TFR su un fondo pensionistico.

E' evidente, infatti, che qualora il lavoratore decida di destinare le somme invece che all'accantonamento,al versamento su di un fondo pensione, le stesse non vengano riscosse alla cessazione del rapporto di lavoro.
Ciò in quanto se il Tfr sia  conferito ad un fondo di previdenza complementare, la liquidazione non viene riconosciuta alla cessazione del rapporto di lavoro, ma alla maturazione dei requisiti per la pensione.

Tali somme versate non vanno a costituire una liquidazione, infatti, ma una pensione integrativa, rientrando nella previsione dell’art. 2123 c.c., quale forma di previdenza integrativa, e non nella previsione dell’art. 2120 c.c., cui fa riferimento la normativa sul divorzio.
Lo stesso trattamento pensionistico, infatti, viene erogato al momento in cui maturino i requisiti per la pensione, sia che costituisca rendita vitalizia che capitale.

Egualmente, il coniuge titolare dell'assegno divorzile, non può vantare pretese nemmeno sulle somme erogate all'altro quale incentivo all'esodo, avendo le stesse natura risarcitoria e non restitutoria di somme accantonate durante il rapporto di lavoro; mirando cioè a compensare i mancati futuri guadagni.