Mutuo finalizzato all'estinzione di uno scoperto di conto corrente? Non è nullo Tribunale Taranto, sez. II, ordinanza 16.11.2012
Tribunale Taranto, sez. II, ordinanza 16.11.2012
Avv. Angelo Forte
di Modugno, BA
Letto 345 volte dal 26/01/2013
Conto corrente, banca, passivo, azzeramento, mutuo, validità Tribunale Taranto, sez. II, ordinanza 16.11.2012 Non è nullo per assenza di causa il contratto di mutuo concluso per estinguere uno scoperto di conto corrente bancario, in quanto l’elemento essenziale è presente sebbene sussista tale finalità particolare.(*) Riferimenti normativi: art. 1322, co. 1 c.c. Questa la innovativa sentenza del tribunale jonico in materia di mutuo e scoperto di c.c.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Sentenza 14 dicembre 2012, n. 23062
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 48/30/08, depositata il 28 aprile 2008, la CTR della Sicilia ha confermato la decisione con la quale la CTP di Palermo aveva rigettato il ricorso proposto da B.M., avverso nove cartelle di pagamento relative a varie imposte e tasse, osservando che la notifica degli avvisi d'accertamento e delle cartelle di pagamento, presso il domicilio fiscale del contribuente, era corretta, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 60, lett. e). I giudici d'appello hanno, inoltre, ritenuto provata l'avvenuta notifica degli atti d'accertamento in riferimento all'indicazione contenuta, in tal senso, negli estratti dell'anagrafe tributaria.
Il contribuente ricorre per la cassazione della sentenza con tre motivi, ai quali resiste l'Agenzia delle Entrate.
Motivi della decisione
L'eccezione d'inamissibilità del ricorso, sollevata dalla controricorrente per esser l'atto stato proposto nei confronti dell'"Agenzia delle Entrate Palermo (OMISSIS), in persona del suo legale rappresentante pro tempore, Via (OMISSIS)", è infondata. Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. SU n. 3116 de 2006 e n. 22641 del 2007) hanno, da tempo, chiarito che gli uffici periferici dell'Agenzia, subentrati a quelli dei Dipartimenti delle Entrate, devono essere considerati come organi della stessa, che, al pari del direttore, ne hanno la rappresentanza in giudizio, ai sensi dell'art. 163 c.p.c., comma 2, n. 2, artt. 144 e 145 c.p.c. Da ciò consegue che il ricorso per cassazione può essere proposto anche nei confronti dell'ufficio periferico e può essere ad esso notificato, in ossequio, peraltro, al principio di effettività della tutela giurisdizionale, che, proprio al contrario di quanto postulato dalla controricorrente, impone di ridurre al massimo le ipotesi d'inammissibilità.
Col primo motivo, il ricorrente deduce che i giudici d'appello hanno violato e falsamente applicato il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, e art. 148 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, formulando, in conclusione, il seguente quesito di diritto: "Dica la Corte se la prova dell'avvenuta notificazione degli avvisi di accertamento non può essere fornita, come ha ritenuto il giudice a quo, dagli estratti dell'anagrafe tributaria, in quanto documenti estrinseci estranei al processo di notificazione, bensì può essere data, ai sensi dell'art. 148 c.p.c., esclusivamente dalla relata di notificazione". Il motivo, come non ha mancato di rilevare la controricorrente, è inammissibile per l'inidoneità del quesito posto a sua conclusione. Ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c., il quesito inerente ad una censura in diritto non può essere meramente generico e teorico, ma deve essere calato nella fattispecie concreta, dovendo assolvere alla funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l'enunciazione del principio giuridico generale (cfr. da ultimo, Cass. n. 3530 del 2012), e, nella specie, il quesito è formulato in modo del tutto generico, non esponendo alcun elemento di fatto (in relazione alle modalità delle diverse notifiche) necessario a far comprendere, dalla sua sola lettura, se il principio di diritto invocato sia, in effetti, pertinente. La formulazione del quesito non consente, in conclusione, di dare alcuna risposta utile a definire la causa,nel senso voluto dal ricorrente.
Col secondo motivo, si deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 58 e 60, nonchè degli artt. 139 e 140 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR ritenuto valida la notifica degli avvisi e delle cartelle effettuata ai sensi della lett. c) del citato art. 60, sulla sola base dell'omessa comunicazione della variazione di residenza in assenza di preventive ricerche anagrafiche, (che, ove eseguite, avrebbero chiarito che il contribuente aveva trasferito la residenza in altro luogo); mentre la suddetta modalità di notifica può considerarsi valida soltanto se, nonostante le ricerche effettuate nell'ambito del comune ove il contribuente ha il domicilio fiscale, permangano ignoti il nuovo indirizzo ed il relativo comune. Col terzo motivo, il ricorrente denuncia vizio di motivazione, sul punto decisivo della controversia, costituito alla "dalla mancanza o irrituale notifica degli avvisi di accertamento e delle successive cartelle", ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Il ricorrente afferma di aver dedotto, nei gradi di merito, di non avere mai ricevuto gli atti impositivi e le cartelle, e di aver aggiunto, ad abundantiarn, l'irritualità di un'eventuale notifica, ai sensi della D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. c), modalità che non può esser legittimata, in via astratta, sulla base dell'omessa comunicazione della variazione del domicilio fiscale, ma richiede una verifica attenta e puntuale delle relate di notificazione degli atti menzionati, onde poter accertare concretamente la correttezza dell'attività del messo notificatore, e di conseguenza della modalità di notifica prescelta. I motivi - dotati di quesiti idonei - che, per la loro connessione, vanno congiuntamente esaminali, sono infondati. Dopo aver riferito, in narrativa, che l'Ufficio aveva dedotto che il contribuente risultava irreperibile "a decorrere dal 18.4.2001", secondo quanto risultava dal certificato storico del Comune, la CTR ha rigettato l'appello del contribuente, affermando che: a) in assenza di comunicazione della variazione del domicilio fiscale la notifica poteva esser effettuata ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. e), (proposizione che va puntualizzata nel senso che è la legge ad attribuire efficacia, ai fini delle notificazioni di cui all'art. 60, comma 1, alla variazione anagrafica, decorso il prescritto termine dilatorio); b) la notificazione deve esser effettuata secondo l'anzidetta disposizione allorchè "il messo notificatore non reperisca il contribuente che dalle notizie acquisite all'atto della notifica risulti trasferito in luogo sconosciuto"; c) l'avvenuta notifica degli atti d'accertamento era provata dall'esame delle relative copie, "con l'indicazione della notifica estratti dall'anagrafe tributaria". La sentenza impugnata, valutata nella sua globalità, ha, pertanto, concluso per la validità delle notifiche effettuate ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. e), ritenendo, implicitamente, a tal fine, sufficienti le risultanze del certificato storico rilasciato dal comune in cui il contribuente aveva il domicilio fiscale, attestanti la sua irreperibilità.
La soluzione adottata dai giudici d'appello è conforme alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la notificazione dell'avviso di accertamento tributario deve essere effettuata applicando la disciplina di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. e), - sostitutivo, per il procedimento tributario, dell'art. 143 c.p.c. - quando il messo notificatore non reperisca, appunto, il contribuente che, dalle notizie acquisite all'alto della notifica, risulti trasferito in luogo sconosciuto (v. tra le altre Cass. n. 10189 del 2003, n. 7268 del 2002). Poichè nessuna norma indica, con esattezza, le attività che debbano essere compiute a tal fine, né con quali espressioni verbali e in quale contesto documentale deve essere espresso il risultato di tali ricerche (Cass. n. 20425 del 2007; n. 14030 del 2011), deve affermarsi che la notificazione ai sensi del citato art. 60, lett. e), è valida quando, malgrado le ricerche del messo notificatore - ritenute sufficienti, in base ad un giudizio di fatto insindacabile in sede di legittimità - sia impossibile reperire l'abitazione, l'ufficio o l'azienda del contribuente nel comune ove il medesimo ha il domicilio fiscale, ricerche, che non sono, invece, necessarie al di fuori del predetto comune (cfr. Cass. n. 4925 del 2007). Così convenendo, resta escluso, anche, il dedotto vizio motivazionale, che presuppone che l'iter logico della sentenza impugnata si incentri solo sull'argomento sopra enunciato sub a), e tende, in effetti, a sollecitare un inammissibile riesame del merito; dovendo, da ultimo, rilevarsi che la questione, dedotta nell'ambito del terzo motivo, relativa alla totale mancanza di notifica delle cartelle non è trattata dall'impugnata sentenza (che ha limitato tale indagine in riferimento agli atti d'accertamento) e contrasta con la ricostruzione dei fatti compiuta nella parte espositiva del ricorso in cui si riferisce della "mancata notifica nelle forme di legge" delle cartelle, (id est della ritualità della modalità di notificazione prescelta), di tal che la questione stessa è inammissibile o perche nuova o perchè priva del requisito di specificità.
Il ricorso va, in conclusione, rigettato, ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.400,00, oltre a spese prenotate a debito.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.400,00, oltre a spese prenotate a debito.
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