Limiti risarcibilità delle spese legali stragiudiziali nel risarcimento diretto.
Cassazione Civile, sez. III, sentenza 29/05/2015 n. 11154
Avv. Paolo Tramonti
di Carrara, MS
Letto 403 volte dal 04/09/2015
I compensi corrisposti dal danneggiato da sinistro stradalal proprio avvocato per l’attività stragiudiziale, vanno risarciti se necessari alla tutela dei diritti del danneggiato. Va pertanto disapplicata la norma regolamentare di cui all’art. 9, comma 2, del d.p.r. 18.07.2006 n. 254, in quanto nulla per contrasto con l’art. 24 della Costituzione.
legali risarcibili
Suprema Corte di Cassazione
Sezione III Civile
Sentenza 20 febbraio - 29 maggio 2015, n. 11154
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SEGRETO Antonio - Presidente -
Dott. CARLEO Giovanni - rel. Consigliere -
Dott. SESTINI Danilo - Consigliere -
Dott. SCARANO Luigi Alessandro - Consigliere -
Dott. RUBINO Lina - Consigliere ha
pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 18850/2011 proposto da:
HDI ASSICURAZIONI SPA (OMISSIS), in persona del legale rappresentante p.t. Sig.
P.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSTANTINO MORIN 45, presso lo
studio dell'avvocato MICHELE ARDITI DI CASTELVETERE, rappresentata e difesa
dall'avvocato CARDILLO GIUSEPPE PLACIDO giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente contro
V.V. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI CORRIDORI 48, presso
lo studio dell'avvocato TOSCANO ISIDORO, che lo rappresenta e difende unitamente
all'avvocato EDOARDO GAMBINO giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente
avverso la sentenza n. 535/2011 del TRIBUNALE di FIRENZE, depositata il 18/02/2011
R.G.N. 15373/09;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/02/2015 dal Consigliere
Dott. GIOVANNI CARLEO;
udito l'Avvocato MICHELE ARDITI DI CASTELVETERE;
udito l'Avvocato ISIDORO TOSCANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso, che
ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
In data (OMISSIS) V.V., assicurato per i rischi della circolazione della propria autovettura
Fiat Brava, faceva pervenire al proprio assicuratore, la HDI Assicurazioni Spa, richiesta di
risarcimento diretto dei danni subiti dalla propria vettura in un incidente, verificatosi
l'(OMISSIS), causato dalla colpevole condotta di guida di C.V., conducente dell'auto Seat
Ibiza tg (OMISSIS) di proprietà di C. D.. Il successivo (OMISSIS), la HDI trasmetteva al
V. a mezzo di una raccomandata, indirizzata al suo legale, l'importo di Euro 1.650,00 per
spese di riparazioni dell'auto e fermo tecnico. L'avvocato la tratteneva solo in acconto,
perchè mancavano le spese legali. In data (OMISSIS) il V. richiedeva la notifica di
citazione in giudizio della compagnia assicuratrice davanti al GdP di Firenze, il quale
rigettava la domanda, ritenendo che le spese non erano dovute. Avverso tale decisione il V.
proponeva appello ed in esito al giudizio il Tribunale di Firenze con sentenza depositata in
data 18 febbraio 2011 condannava la compagnia HDI anche al pagamento delle spese
stragiudiziali, ritenendo che esse costituissero pur sempre delle spese vive. Avverso la
detta sentenza la soccombente ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in tre
motivi, illustrato da memoria. Resiste il V. con controricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo, articolato sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione
dell'art. 112 c.p.c., la ricorrente deduce che il Tribunale l'avrebbe condannata oltre i limiti
della domanda proposta dal V. in primo grado, in quanto il contenzioso rassegnato al
Giudice di pace era costituito "dall'asserito mancato adempimento da parte della HDI ai
propri doveri di assicuratore nel termine di legge" (v. pag. 11) mentre in appello il V.
aveva presentato una domanda nuova, riguardante le spese di assistenza stragiudiziale, su
cui il giudice di appello si pronunciava.
La doglianza non coglie nel segno. A riguardo, deve premettersi che l'interpretazione della
domanda è attività discrezionale del giudice di merito la quale, risolvendosi in un tipico
accertamento di fatto è censurabile in sede di legittimità solo sotto il profilo dell'esistenza,
sufficienza e logicità della motivazione, profilo che nella specie non è stato dedotto.
Nella fattispecie, il giudice di appello ha comunque con congrua motivazione escluso che
il V. avesse proposto una domanda in primo grado ed altra in appello - poichè in entrambi
aveva fatto valere il suo diritto alle spese stragiudiziali sottolineando in particolare che
l'assicuratore aveva fatto pervenire al difensore del V. un offerta risarcitoria con lettera
raccomandata dell'(OMISSIS), pervenuta in data (OMISSIS) (cioè cinque giorni prima
della notifica dell'atto introduttivo) e che detta offerta non era stata accettata dal
danneggiato in quanto non comprensiva delle spese per competenze legali (pari all'importo
non contestato nel quantum di Euro 682,99 di cui alla fattura n. 31 del 23.4.08 (doc. 8 fase,
di 1 grado di parte appellante).
Ciò posto, poichè, al fine di una corretta interpretazione di una domanda, occorre
individuare l'effettiva volontà della parte e quindi il contenuto sostanziale della pretesa in
una alle finalità in concreto perseguite, tenendo conto sia della volontà espressamente
formulata sia di quella che possa implicitamente o indirettamente essere desunta dalle
deduzioni o dalle richieste, dal tipo e dai limiti dell'azione proposta, dal comportamento
processuale assunto, deve escludersi che la richiesta riguardante le spese di assistenza
stragiudiziale costituisse una domanda nuova avanzata dal V. per la prima volta nel
giudizio di seconde cure. Ne deriva pertanto l'infondatezza della censura esaminata.
Passando alle successive doglianze, va rilevato che la ricorrente, con il secondo motivo ha
lamentato l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata
per non avere il giudice di Appello considerato esaurientemente che l'accertamento sul
quantum del danno materiale era stato oggetto di un accordo non contestato, non risultando
questioni per la lievissima differenza sul "fermo tecnico"; che comunque il V. era stato
avvertito che quanto pagatogli potesse essere considerato solo un acconto e che, ciò
malgrado, aveva posto mano alla causa senza alcun preavviso nel cinquantacinquesimo
giorno successivo alla richiesta di risarcimento in forma diretta.
Inoltre - ed il rilievo sostanzia il terzo motivo, per violazione e falsa applicazione del
D.P.R. n. 254 del 2006, art. 9, - il giudice d'appello avrebbe erroneamente attribuito alla
HDI l'obbligo di corrispondere il rimborso di spese "stragiudiziali" indebite, non essendo
nulla dovuto a titolo di assistenza legale quando l'offerta tempestiva corrisponda
all'effettivo dovuto, e peraltro incognite nel loro ammontare.
I motivi in questione, che vanno esaminati congiuntamente prospettando, sia pure sotto
profili diversi, ragioni di censura connesse tra loro, sono fondati e meritano accoglimento.
Va, anzitutto esaminato il terzo motivo. A riguardo, torna utile premettere che l'art. 9. reg.
n. 254/2006 - Assistenza tecnica e informativa ai danneggiati - al comma secondo,
statuisce testualmente: "Nel caso in cui la somma offerta dall'impresa di assicurazione sia
accettata dal danneggiato, sugli importi corrisposti non sono dovuti compensi per la
consulenza o assistenza professionale di cui si sia avvalso il danneggiato diversa da quella
medico-legale per i danni alla persona".
Le questioni di costituzionalità sono state dichiarate inammissibili in merito a tale articolo
in quanto norma regolamentare, come tale, sottratta al giudizio di legittimità. Senza
trascurare che il giudice rimettente avrebbe dovuto cercare altra interpretazione del
complesso normativo di cui agli artt. 145 149 Cod. ass., e art. 9 reg., verificando se una
interpretazione costituzionalmente orientata della norma impugnata avrebbe potuto
consentire, "accanto all'azione diretta contro la compagnia assicuratrice del veicolo
utilizzato, la persistenza della tutela tradizionale nei confronti del responsabile civile, dal
momento che il Codice delle assicurazioni si è limitato a rafforzare la posizione
dell'assicurato rimasto danneggiato, considerato soggetto debole, legittimandolo ad agire
direttamente nei confronti della propria compagnia assicuratrice, senza peraltro togliergli
la possibilità di fare valere i suoi diritti secondo i principi della responsabilità civile
dell'autore del fatto dannoso" (v. Corte cost., 28/05/2010, n. 192).
Ora, prescindendo dai profili di illegittimità costituzionali, giova aggiungere che la norma
regolamentare si fonda sulla delega contenuta nell'art. 150, comma 1, lett. d), c. ass., il
quale demanda all'esecutivo di determinare, con proprio regolamento, "i limiti e le
condizioni di risarcibilità dei danni accessori".
Tale previsione non è di per sè molto chiara, in. quanto alla dottrina ed alla giurisprudenza
era sinora - sconosciuta la distinzione tra "danno principale" e "danni accessori".
Si potrebbe pensare forse al danno da ritardato adempimento dell'obbligazione risarcitoria,
ma in questo caso oggetto della previsione è la stessa obbligazione risarcitoria, non il
danno, il quale o c'è o non c'è, ma se esiste non si vede come possa dividersi in principale
ed accessorio. Il regolamento ha illuminato questa ambiguità, chiarendo in sostanza che se
il danneggiato accetta l'offerta, non gli è dovuto alcun risarcimento per il danno
eventualmente consistito nelle spese legali, nelle spese peritali di stima del danno al
veicolo o di altri danni a cose (ad es., compenso ad un commercialista per una perizia di
stima del danno patrimoniale derivato dalla perdita della capacità di guadagno o
dall'anticipato pensionamento).
Tale previsione, tuttavia, desta varie perplessità. In primo luogo, va rilevato che secondo la
giurisprudenza di questa Corte, nella speciale procedura per il risarcimento del danno da
circolazione stradale, "il danneggiato ha facoltà, in ragione del suo diritto di difesa,
costituzionalmente garantito, di farsi assistere da un legale di fiducia e, in ipotesi di
composizione bonaria della vertenza, di farsi riconoscere il rimborso delle relative spese
legali; se invece la pretesa risarcitoria sfocia in un giudizio nel quale il richiedente sia
vittorioso, le spese legali sostenute nella fase precedente all'instaurazione del giudizio
divengono una componente del danno da liquidare e, come tali devono essere chieste e
liquidate sotto forma di spese vive o spese giudiziali. (Cass. n. 2275/06, Cass.
11606/2005).
Ora, anche qualora non si volesse condividere l'orientamento giurisprudenziale riportato,
resta il fatto che i compensi corrisposti dal danneggiato al proprio avvocato (o ad un perito
diverso da quello medico legale) per l'attività stragiudiziale devono poter formare oggetto
di domanda di risarcimento nei confronti dell'altra parte a titolo di danno emergente,
quando siano state necessarie e giustificate.
Tanto si desume dal potere del giudice, ex art. 92 c.p.c., comma 1, di escludere dalla
ripetizione le spese sostenute dalla parte vittoriosa, ove ritenute eccessive o superflue, ed
applicabile anche agli effetti della liquidazione del danno rappresentato dalle spese
stragiudiziali. Pertanto una norma regolamentare (e quindi una fonte di secondo grado) che
escluda a priori il diritto al risarcimento di un tipo di danno che la legge (e quindi una fonte
di primo grado) considera altrimenti risarcibile, appare difficilmente compatibile con gli
artt. 3 e 24 Cost., ed è perciò nulla, alla luce del principio secondo cui i regolamenti in
contrasto con la Costituzione, se non sono sindacabili dalla Corte costituzionali, perche
privi di forza di legge, sono comunque disapplicabili dal giudice ordinario, in quanto atti
amministrativi, in senso ampio.
In secondo luogo, l'interpretazione della norma potrebbe produrre una vera e propria
eterogenesi dei suoi fini. Infatti, come accennato, il rimborso delle spese legali non è
dovuto solo se il danneggiato accetti l'offerta dell'assicuratore: e dunque è agevole
prevedere che il danneggiato tenderà a rifiutare qualsiasi offerta dall'assicuratore, se già ha
chiesto assistenza legale o tecnica.
Senonchè, osserva questa Corte che la risarcibilità o meno del danno (di qualsiasi danno)
dipende dalla sua natura giuridica, non dal suo contenuto economico. Cosi, un danno non
patrimoniale potrà non essere risarcibile perche non rientrante nella previsione dell'art.
2059 c.c.; un danno patrimoniale potrà non essere risarcibile perche causato dalla vittima a
se stessa, ex art. 1227 c.c.; ma certamente non può mai ammettersi che un danno,
altrimenti risarcibile, perda tale sua qualità solo perchè sia consistito nell'avere il
danneggiato effettuato un esborso in favore di Tizio piuttosto che di Caio.
Orbene, in tema di danni consistiti in spese erogate a professionisti di cui danneggiato si
sia avvalso per ottenere il risarcimento del danno, quel che rileva ai fini della risarcibilità è
unicamente la sussistenza di un valido e diretto nesso causale tra il sinistro e la spesa.
Dunque le spese consistite in compensi professionali saranno risarcibili o meno non già in
base alla veste del percettore (sì al medico legale, no all'avvocato), ma in base alla loro
effettiva necessità: dovrà perciò ritenersi sempre risarcibile la spesa per compensare un
legale, quando il sinistro presentava particolari problemi giuridici, ovvero quando la
vittima non ha ricevuto la dovuta assistenza, D.P.R. n. 254 del 2006, ex art. 9, comma 1,
dal proprio assicuratore. Per contra, sarà sempre irrisarcibile la spesa per compensi
all'avvocato, quando la gestione del sinistro non presentava alcuna difficoltà, i danni da
esso derivati erano modestissimi, e l'assicuratore aveva prontamente offerto la dovuta
assistenza al danneggiato. Quindi il problema delle spese legali va correttamente posto in
termini di"causalità", ex art. 1223 c.c., e non di risarcibilità". Da ciò consegue,
ovviamente, che il D.P.R. n. 254 del 2006, art. 9, comma 2, se inteso nel senso che esso
vieta tout court la risarcibilità del danno consistito nell'erogazione di spese legali, deve
essere ritenuto nullo per contrasto con l'art. 24 Cost., e va disapplicato.
Premesso ciò, la sentenza impugnata è errata nella parte in cui non ha valutato se le spese
stragiudiziali richieste erano necessitate e giustificate dalla complessità del caso e dalle
contestazioni sorte con l'assicuratore richiesto del pagamento o dall'inerzia di assistenza
adeguata dello stesso. Inoltre (e con riguardo al secondo motivo), va osservato che l'art.
145 del codice assicurazioni statuisce che la richiesta di risarcimento deve essere inoltrata,
in fattispecie di soli danni alle cose, almeno 60 giorni prima dell'azione. La richiesta deve
essere proposta nei termini di cui all'art. 148 cod. ass.. Ciò, a pena di improponibilità della
domanda. Ciò significa che se tale richiesta non contenga tutte le voci di danno, ma ne
escluda qualcuna, la domanda è improponibile limitatamente a tale voce esclusa dalla
richiesta. Peraltro, l'improponibilità della domanda è rilevabile anche d'ufficio e il predetto
onere, imposto al danneggiato di richiedere il risarcimento almeno 60 giorni prima di
proporre relativo giudizio, costituisce condizione di improponibilità della domanda
risarcitoria la cui carenza è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio, trattandosi
di materia sottratta alla disponibilità delle parti (Cass. civ., Sez. III, 06/03/2012, n. 3449).
Ne consegue l'accoglimento anche del secondo motivo in quanto non è l'assicuratore
tenuto a compulsare il danneggiato in merito ad eventuali spese legali stragiudiziali
necessarie nel caso concreto, ma deve essere questi che le ne faccia richiesta ex art. 145 c.
ass., norma che si applica anche nell'ipotesi di richiesta al proprio assicuratore ex art. 149
codice delle assicurazioni. Tutto ciò premesso e considerato, il ricorso per cassazione deve
essere accolto, limitatamente al secondo e terzo motivo, e la sentenza impugnata deve
essere cassata in relazione. Con l'ulteriore conseguenza che, occorrendo un rinnovato
esame della controversia da condursi nell'osservanza dei principi fissati, la causa va
rinviata al Tribunale di Firenze nella persona di diverso Magistrato, che provvederà anche
in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il secondo ed il terzo motivo del ricorso, rigetta il primo;
cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio al Tribunale di
Firenze, in persona di diverso magistrato, che provvederà anche in ordine al regolamento
delle spese della presente fase di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 20 febbraio 2015.
Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2015.
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