Legge ''salva decreto ingiuntivo'': Tribunale di Benevento rinvia alla Consulta Tribunale Benevento, ordinanza 26.06.2012
Tribunale Benevento, ordinanza 26.06.2012
Avv. Angelo Forte
di Modugno, BA
Letto 1424 volte dal 28/09/2012
L’Ordinanza del Tribunale Civile di Benevento di non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale della Legge n. 218/11 Modifica dell'articolo 645 e interpretazione autentica dell'articolo 165 del codice di procedura civile in materia di opposizione al decreto ingiuntivo, emessa dal Giudice Unico Dott. Andrea Loffredo, ha riportato all’attenzione degli operatori del diritto una delle questioni processuali più complesse degli ultimi anni e che si considerava definitivamente risolta.
SEZIONE CIVILE
Sentenza 26 giugno 2012
IL GIUDICE MONOCRATICO
Dott. Andrea Loffredo
a scioglimento della riserva di cui al verbale di udienza del 24 maggio 2012 nella causa civile di opposizione a decreto ingiuntivo vertente tra
-------, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. ---------, presso il cui studio sito in Benevento Via Pacevecchia n.5 – posta elettronica certificata - elettivamente domicilia, come da procura in atti
OPPONENTE
E
------, rappresentato e difeso dagli avv.ti Ida de Ciampis ed Ernesto Ruggiano, presso il cui studio sito in Benevento Via Flora n. 6 – posta elettronica certificata ------ – elettivamente domicilia, come da procura in atti
OPPOSTO
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
OSSERVATO IN FATTO
Con atto di citazione in data 30 settembre 2011, notificato a controparte in data 3 ottobre 2011, la ----, costituitasi in giudizio in data 12 ottobre 2011, proponeva opposizione al decreto ingiuntivo n. 492/11 emesso dal Tribunale Ordinario di Benevento in data 14 giugno 2011, depositato il 22 giugno 2011, notificato il 13 luglio 2011, con il quale si ingiungeva il pagamento di euro 156.955,61 oltre accessori, in favore di ----., cessionario del credito - giusta atto di cessione in data 1.7.2010 - vantato dall’ing. ----. per prestazioni professionali rese nei confronti dell’opponente e consistite nella progettazione e direzione dei lavori inerenti la costruzione di un fabbricato sito in c/da ---- di Benevento.
La ----, citando in giudizio l’opposto per l’udienza del 10 febbraio 2012, deduceva a sostegno dell’opposizione l’estinzione del credito professionale dell’ing. ----- mediante l’integrale pagamento avvenuto ancor prima della cessione del credito stesso all’opposto.
Inoltre allegava che il decreto ingiuntivo erta stato emesso in assenza del parere del competente Ordine Professionale e che in ogni caso la somma richiesta era eccessiva anche perché comprensiva di attività professionali non svolte dall’ing. ----
L’opponente concludeva preliminarmente nel senso di essere autorizzata a chiamare in causa il cedente ing. ----. e nel merito nel senso di revocare il decreto ingiuntivo opposto.
Alla prima udienza di comparizione, tenutasi il 15 febbraio 2012 ai sensi dell’art. 82 disp. att. C.p.c., si costituiva in giudizio -----., il quale deduceva preliminarmente la tardività della costituzione in giudizio dell’opponente con conseguente improcedibilità dell’opposizione.
In particolare l’opposto, richiamando la sentenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione n. 19246 del 9 settembre 2010, rappresentava che l’opponente aveva notificato l’atto di citazione in opposizione in data 3 ottobre 2011, costituendosi in giudizio in data 12 ottobre 2011, quindi oltre il termine di cinque giorni previsto degli artt. 165 e 645 c.p.c.
Nel merito l’opposto evidenziava che la cessione del credito era stata notificata alla debitrice in data 7 luglio 2010, per cui ogni successivo eventuale pagamento effettuato dall’opponente in favore dell’originario creditore cedente non era opponibile ad esso cessionario.
Rilevava altresì la congruità del corrispettivo richiesto, anche in relazione alle tariffe professionali vigenti all’epoca delle prestazioni, e la non necessità del previo parere dell’Ordine Professionale al fine dell’ottenimento del provvedimento monitorio.
Concludeva, quindi, per la dichiarazione di improcedibilità dell’opposizione stante la tardività della stessa e in subordine per il rigetto dell’opposizione per infondatezza.
All’udienza del 15 febbraio 2012 l’opposto chiedeva fissarsi l’udienza di precisazione delle conclusioni in considerazione dell’improcedibilità dell’opposizione, previa concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo.
L’opponente chiedeva di essere autorizzata a chiamare in causa l’ing. ---- evidenziando l’infondatezza dell’eccezione di improcedibilità dell’opposizione, stante il disposto della legge 29 dicembre 2011 n. 218.
Il giudice istruttore rinviava la ulteriore trattazione della causa all’udienza del 24 maggio 2012 e in tale udienza l’opposto chiedeva al giudice di sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 della legge 29 dicembre 2011 n. 218 in relazione agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione.
In particolare la difesa dell’opposto rilevava che l’opposizione a decreto ingiuntivo era stata proposta dalla P. C. s.r.l. dopo il chiaro arresto delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione n. 19246 del 9 settembre 2010, che aveva statuito come nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo la previsione della riduzione a metà dei termini a comparire, stabilita nell’art. 645 comma 2 c.p.c., determina il dimezzamento automatico dei termini di comparizione dell’opposto e dei termini di costituzione dell’opponente, discendendo tale duplice automatismo dalla mera proposizione dell’opposizione e quindi non soltanto nel caso di assegnazione all’opposto di un termine a comparire inferiore a quello ordinario, conseguendone che la costituzione in giudizio dell’opponente oltre i cinque giorni dalla notifica della citazione determina sempre l’improcedibilità dell’opposizione.
Secondo l’opposto la nuova norma introdotta dal legislatore all’art. 2 della legge 29 dicembre 2011 n. 218, avente natura di interpretazione autentica retroattiva, contrasta con il principio di affidamento giuridico creatosi nella collettività in seguito alla pronuncia delle Sezioni Unite del 9 settembre 2010 ed è del tutto ingiustificata.
La difesa dell’opponente eccepiva l’inammissibilità della richiesta di rimessione degli atti alla Corte Costituzionale, concludendo per il rigetto della richiesta della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo e insistendo per l’autorizzazione della chiamata in causa di -----.
RITENUTO IN DIRITTO
La questione di legittimità costituzionale sollevata da parte opposta è rilevante e non manifestamente infondata.
Invero nel caso in cui l’art. 2 della legge 29 dicembre 2011 n. 218 fosse ritenuto costituzionalmente illegittimo, questo giudice, condividendo il principio giuridico espresso dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 19246 del 9 settembre 2010, dovrebbe avviare a decisione la causa al fine di dichiarare l’improcedibilità dell’opposizione a decreto ingiuntivo della P. C. s.r.l., per essersi la stessa costituita in giudizio oltre i cinque giorni previsti dall’ art. 165, come letto in combinato disposto con l’art. 645 comma 2 c.p.c. nel testo vigente all’epoca di instaurazione del presente giudizio.
E’, infatti, consolidato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità nel ritenere che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo la tardiva costituzione dell’opponente vada equiparata alla sua mancata costituzione e comporti l’improcedibilità dell’opposizione ( Cass. 9648/92; 2707/90; 1275/80; 652/78).
Viceversa, qualora l’art. 2 della legge 29 dicembre 2011 n. 218 fosse ritenuto costituzionalmente legittimo in quanto rispettoso dei limiti generali alla efficacia retroattiva delle leggi, questo giudicante non dovrebbe considerare fondata l’eccezione di improcedibilità dell’opposizione e quindi dovrebbe trattare ed istruire la causa nel merito.
Riguardo alla non manifesta infondatezza della questione, giova preliminarmente evidenziare che l’impugnata norma ( “Art. 2 – Disposizione transitoria – Nei procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, l’art. 165, primo comma, del codice di procedura civile si interpreta nel senso che la riduzione del termine di costituzione dell’attore ivi preista si applica, nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo, solo se l’opponente abbia assegnato all’opposto un termine di comparizione inferiore a quello di cui all’articolo 163-bis, primo comma, del medesimo codice”) per il suo preciso tenore letterale non può essere interpretata in modo diverso dal senso fatto palese dal significato proprio delle parole, per cui non può essere disapplicata nella sua efficacia retroattiva, né interpretata in modo conforme ai principi costituzionali sanciti dal giudice delle leggi e dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in materia di retroattività delle leggi.
Invero, nel senso della manifesta infondatezza della questione di costituzionalità dell’art. 2 della legge 29 dicembre 2011 n. 218 si è già espressa la Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 7792 del 17 maggio 2012, ma il caso preso in esame dalla Sezione Prima atteneva ad un’opposizione a decreto ingiuntivo iscritta a ruolo in data 6 marzo 2002, pertanto in epoca in cui la pregressa giurisprudenza della Corte era costante nell’affermare che il termine per la costituzione dell’opponente si riduce automaticamente a cinque giorni quando l’opponente si sia avvalso della facoltà di indicare un termine di comparizione inferiore a quello ordinario (Cass. 3355/87; 2460/95; 3316/98).
Le argomentazioni svolte dalla Sezione Prima, nel ritenere conforme a Costituzione l’impugnata norma senza scorgere “alcuna intrusione indebita del legislatore nei procedimenti in corso”, sono quindi riferite ad un giudizio pendente instaurato e deciso dai giudici di merito in epoca anteriore alla sentenza delle Sezioni Unite n. 19246 del 9 settembre 2010.
Nella fattispecie in esame, invece, la ----- ha proposto l’opposizione nell’ottobre 2011, vale a dire dopo oltre un anno che le Sezioni Unite avevano definitivamente statuito che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo la previsione della riduzione a metà dei termini a comparire, stabilita nell’art. 645 comma 2 c.p.c., determina sempre il dimezzamento automatico dei termini di costituzione dell’opponente, discendendo tale automatismo per il solo fatto che trattasi di opposizione a decreto ingiuntivo e quindi non soltanto nel caso di assegnazione all’opposto di un termine a comparire inferiore a quello ordinario.
L’opponente, dunque, poteva essere perfettamente a conoscenza dell’interpretazione data all’art. 165 c.p.c. dalle Sezioni Unite nell’esercizio della funzione nomofilattica ad esse riservata dall’ordinamento e quindi costituirsi in giudizio nel termine abbreviato dei cinque giorni dalla notificazione dell’atto di citazione in opposizione.
Per contro il ricorrente opposto, nell’avviare lo speciale procedimento di cui agli artt. 633 e seguenti c.p.c., sapeva di poter contare su di una norma la quale, secondo l’interpretazione data dalle Sezioni Unite e successivamente non contrastata da alcun difforme giudicato, garantiva una più sollecita trattazione del procedimento di opposizione mediante la previsione del dimezzamento del termine di costituzione in giudizio dell’opponente in modo automatico (per il solo fatto che si trattasse di un’opposizione a decreto ingiuntivo) e quindi non dipendente dalla volontà dell’opponente di assegnare un termine di comparizione inferiore a quello previsto per il processo di cognizione ordinario.
L’intervento del legislatore, realizzatosi con l’impugnata norma transitoria interpretativa, ha dunque comportato un mutamento delle “regole del gioco” a procedimento già in corso, senza che vi fosse una situazione di oggettiva incertezza del dato normativo né un dibattito giurisprudenziale irrisolto.
Ma quel che più rileva, ad avviso del giudice rimettente, è la violazione da parte della norma censurata dei limiti costituzionali all’efficacia retroattiva delle leggi.
Invero è noto a questo giudicante che il divieto di retroattività della legge (art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale) non riceve nell’ordinamento la tutela privilegiata di cui all’art. 25 della Costituzione, ma è pur vero che l’introduzione da parte del legislatore di norme retroattive deve trovare adeguata giustificazione nell’esigenza di tutelare beni costituzionalmente rilevanti, che assurgano a “motivi imperativi di interesse generale” e non violi i limiti generali all’efficacia retroattiva delle leggi, come individuati dalla Corte Costituzionale e dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (cfr. sentenza della Corte Costituzionale n. 78 del 2 aprile 2012).
Nel caso di specie il giudicante ritiene violato, innanzi tutto, il principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento ( art. 3 della Costituzione). Ed invero, cause di opposizione a decreto ingiuntivo, caratterizzate da analoga questione di improcedibilità, che siano state decise medio tempore tra l’arresto giurisprudenziale delle Sezioni Unite del 9 settembre 2010 e l’intervento legislativo di cui alla legge 29 dicembre 2011 n. 218, hanno trovato una definizione in rito con dichiarazione di improcedibilità dell’opposizione, anche con sentenze passate in giudicato perché non impugnate alla luce della statuizione delle Sezioni Unite, laddove, invece, per un mero e casuale dato temporale, in altre analoghe e contemporanee cause, non definite alla data dell’entrata in vigore della legge 2011/218, i creditori opposti non hanno potuto né potranno avvalersi della norma precedentemente vigente, come interpretata in modo a loro favorevole dalle Sezioni Unite.
Ciò determina un vizio dell’impugnata norma per ingiustificata disparità di trattamento di situazioni simili, nonché per inosservanza dei limiti della coerenza e certezza dell’ordinamento giuridico e della tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto. Per tale motivo risulta essere leso anche il principio della tutela dei diritti davanti all’autorità giurisdizionale (art. 24 della Costituzione) e quello del giusto processo (art. 111 della Costituzione).
L’intervento del legislatore nazionale è inosservante, peraltro, dell’art. 117 primo comma della Costituzione, nella parte in cui statuisce che la potestà legislativa dello Stato e delle Regioni deve essere esercitata nel rispetto anche dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Sotto questo aspetto, la norma censurata viola la c.d. norma interposta costituita dall’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, così come interpretata in modo consolidato dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo.
La Corte di Strasburgo ha, infatti, più volte affermato che il legislatore può intervenire retroattivamente modificando le norme vigenti in materia civile purchè non vengano ad essere violati i principi della preminenza del diritto e dell’equo processo sanciti dall’art. 6 CEDU, così ingerendosi nell’amministrazione della giustizia con influenza su cause in corso, salvo che per imperative ragioni di interesse generale (ex plurimis Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sentenza Sez. II 7 giugno 2011, Agrati ed altri contro Italia).
Nel caso in esame non sono noti, né si rinvengono i motivi imperativi di interesse generale idonei a giustificare il censurato intervento del legislatore nazionale su tutti i processi di opposizione a decreto ingiuntivo pendenti alla data di entrata in vigore della legge 2011/218, ivi compresi quelli instaurati in epoca successiva all’arresto delle Sezioni Unite del 9 settembre 2010.
Il legislatore ha in tal modo violato anche l’art. 102 della Costituzione, invadendo la sfera giurisdizionale riservata alla magistratura ordinaria.
Non manifestamente infondate appaiono, dunque, le violazioni dei principi costituzionali suddetti con riferimento all’impugnata norma di legge e nei termini come precisati da questo giudice remittente.
P.Q.M.
Letti gli artt. 134 e 137 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9/2/1948 n. 1 e 23 della legge 11/3/1953 n. 87
- Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la sollevata questione di legittimità costituzionale e per l’effetto rimette gli atti del procedimento alla Corte Costituzionale per giudicare della violazione degli artt. 3, 24, 102, 111 e 117 della Costituzione in relazione al disposto di cui all’art. 2 della legge 29 dicembre 2011 n. 218
- Dispone la sospensione del procedimento.
- Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri nonché comunicata al Presidente del Senato e al Presidente della Camera dei Deputati e all’esito sia trasmessa alla Corte Costituzionale insieme al fascicolo processuale e con la prova delle avvenute regolari predette notificazioni e comunicazioni.
Così deciso in Benevento il 26 giugno 2012.
Il Giudice
Dott. Andrea Loffredo
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