Certificato medico rilasciato dal medico convenzionato col SNN senza previa visita alla persona
Cassazione penale sezione V sentenza n. 18687 del 2012
Avv. Salvatore Coniglio
di Parma, PR
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Certificato medico rilasciato dal medico convenzionato col SNN senza previa visita alla persona. Integra il reato di falsità ideologica in certificazioni amministrative il medico di base convenzionato con il servizio sanitario nazionale che rilascia un certificato medico di proroga della prognosi senza aver previamente visitato la persona. __________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE V PENALE
Sentenza 2 febbraio – 15 maggio 2012, n. 18687
(Presidente Bruno – Relatore Demarchi Albengo)
Ritenuto in fatto
1. B.D. è stato ritenuto responsabile dalla corte di appello di Milano del reato di cui all’articolo 480 del codice penale, in qualità di medico di base convenzionato con il servizio sanitario nazionale e quindi pubblico ufficiale, rilasciava un certificato medico di proroga del prognosi a favore di G.V. senza averla previamente visitata.
2. G.V., a sua volta, veniva ritenuta responsabile del reato di cui all’articolo 489 del codice penale, per aver fatto uso della certificazione di cui sopra, pur conoscendone la falsità.
3. La corte d’appello di Milano sovvertiva la pronuncia di primo grado, che aveva assolto entrambi gli imputati rispettivamente per difetto dell’elemento soggettivo e per insufficienza della prova di colpevolezza.
4. Cori due distinti atti propongono ricorso entrambi gli imputati; B.D. con un unico motivo denuncia omessa valutazione dell’elemento psicologico del reato ed in particolare sostiene che il medico avrebbe concesso la proroga sulla base di quanto accertato nella visita effettuata quattro giorni prima, per cui non sarebbe corretto ritenere che egli ha effettuato una valutazione di persistenza della malattia senza visitare la paziente. I sintomi comunicatigli telefonicamente dalla paziente sarebbero stati compatibili con la malattia accertata pochi giorni prima e pertanto il medico legittimamente avrebbe effettuate la modifica della prognosi sulla base di quanto dichiarato per telefono dalla signora G. Infine, si afferma che l’intera durata della prognosi era già contenuta nel primo certificato medico e comunque che il medico non era nella consapevolezza e soprattutto non voleva certificare fatti non corrispondenti al vero, essendo semmai stato tratto in errore dalle dichiarazioni della paziente; comunque, la condotta può essere al limite sorretta dall’elemento colposo e dunque non configura alcun reato, posto che il nostro sistema giuridico ignora del tutto la figura del falso documentale colposa.
5. G.V., sulla considerazione di inesistenza del reato contestato al sanitario, e cioè del falso certificato, ne deduce la consequenziale inesistenza del reato a lei contestato di uso della falsa certificazione. In particolare, non sussisterebbe il reato contestato al medico in quanto costui, sulla scorta del proprio sapere medico maturato un’esperienza pluridecennale e sulla base della visita medica effettuata pochi giorni prima in occasione della prima certificazione, poteva legittimamente ritenere, in scienza e coscienza e sulla base di quanto riferito dalla paziente, ancora sussistente la malattia. In sostanza, secondo la ricorrente non sarebbe necessaria l’effettuazione di un’ulteriore visita qualora il sanitario ritenga di essere in possesso aliunde di adeguati strumenti diagnostici. Il reato contestato alla G., dunque, sarebbe ipotizzabile solo se si ritenesse non veritiera la persistenza della malattia, ma tale aspetto non è emersa prova sufficiente.
Considerato in diritto
1. Il ricorso proposto da B.D. è infondato. Si deve prima di tutto precisare che la falsa attestazione attribuita al medico non attiene tanto alle condizioni di salute della paziente, quanto piuttosto al fatto che egli ha emesso il certificato senza effettuare una previa visita e senza alcuna verifica oggettiva delle sue condizioni di salute, non essendo consentito al sanitario effettuare valutazioni o prescrizioni semplicemente sulla base di dichiarazioni effettuate per telefono dai suoi assistiti. Ciò rende irrilevanti le considerazioni sulla effettiva sussistenza della malattia o sulla induzione in errore da parte della paziente. Quanto, poi, alla asserita natura colposa della condotta, ci si chiede come il medico potesse non essere consapevole del fatto che egli stava certificando una patologia medica senza averla previamente verificata, nell’immediatezza, attraverso l’esame della paziente. Su tutti gli aspetti censurati dal ricorrente vi è, comunque, idonea e logica motivazione in atti, per cui non è consentito a questa Corte sostituirsi al giudice del merito nelle valutazioni discrezionali a lui riservate (si vedano, ad esempio, le pagine 4 e 5 della sentenza di appello ed in particolar modo la sentenze di questa stessa sezione citate alla pagina quattro, in merito alla implicita attestazione dell’accertamento diagnostico).
2. Anche il ricorso proposto da G.V. è infondato. Il motivo di censura si basa esclusivamente sulla ritenuta insussistenza della falsità del documento e dunque sulla inesistenza del reato contestato al medico. Sul punto, quindi, è sufficiente richiamare le considerazioni espresse al capoverso precedente; una volta ritenuta la falsità della certificazione medica, ne discende necessariamente la responsabilità della ricorrente per aver fatto uso dell’atto falso.
3. In virtù di quanto sopra, entrambi i ricorsi devono essere rigettati.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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