Tizia, residente in Austria, vuole acquistare un’automobile di marca tedesca; pertanto, fa una ricerca su internet connettendosi ad una piattaforma di ricerca tedesca nella quale seleziona l’autovettura che corrisponde alle sue esigenze e contatta l’azienda venditrice – il cui recapito è inserito sul sito internet – per chiedere ulteriori informazioni sul veicolo. L’azienda comunica a Tizia, a mezzo email, che il veicolo da lei scelto non è disponibile; tuttavia, le propone un altro modello, le cui caratteristiche vengono descritte sempre attraverso messaggi di posta elettronica - nei quali viene precisato che “la sua cittadinanza austriaca non avrebbe costituito un ostacolo all’acquisto di un veicolo dai convenuti” -. Tizia, interessata all’acquisto del veicolo proposto, si reca in Germania e firma il contratto di compravendita. Tuttavia, una volta tornata in Austria, scopre dei vizi sull’autoveicolo; pertanto, chiede all’azienda venditrice di provvedere alla riparazione, ricevendo un diniego E’ costretta, pertanto, a proporre azione giudiziaria nei confronti dell’azienda venditrice dell’autoveicolo dinanzi al giudice austriaco, chiedendo la risoluzione del contratto di vendita e deducendo di averlo concluso in qualità di “consumatrice con un’impresa che aveva diretto la sua attività commerciale o professionale verso l’Austria, fattispecie, questa, ricompresa nell’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento Bruxelles I” - il quale stabilisce che “salve le disposizioni dell’art. 4 e dell’art. 5.5, la competenza in materia di contratti conclusi da una persona, il consumatore, per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività professionale, è regolata dalla presente sezione (…)…c)(…) qualora il contratto sia stato concluso con una persona le cui attività commerciali o professionali si svolgono nello stato membro in cui è domiciliato il consumatore o sono dirette, con qualsiasi mezzo, verso tale stato membro o verso una pluralità di stati, che comprende tale stato membro, purchè il contratto rientri nell’ambito di detta attività” -. L’azienda convenuta si costituisce in giudizio, contestando: lo status di consumatore di Tizia; la competenza giurisdizionale del giudice austriaco, affermando che la giurisdizione sarebbe dovuta essere in capo ai giudici tedeschi, dato che la ricorrente ha concluso e sottoscritto il contratto in Germania. Il giudice di primo grado respinge il ricorso, dichiarandosi incompetente e precisando che “la possibilità di consultare il sito Internet dei convenuti in Austria non fosse sufficiente a fondare la competenza dei giudici austriaci, che il contatto telefonico dell’attrice fosse all’origine della conclusione del contratto e che dalla lettera successivamente inviata non risultasse che i convenuti avevano diretto la loro attività verso l’Austria”. Riconosce, tuttavia, lo status di consumatore della ricorrente. Contro questa decisione Tizia propone appello; tuttavia, viene confermata la decisione del giudice di primo grado – anche il giudice d’appello non contesta lo status di consumatore dell’appellante -. Tizia propone ricorso per Cassazione; con sentenza del 9 novembre del 2010, la Corte sospende il procedimento in attesa della pronuncia della Corte di Giustizia Europea relativamente a due casi simili – che potrebbero fornire una migliore definizione alla nozione di “attività diretta verso lo Stato in cui è domiciliato il consumatore” – e sottopone alla Corte la seguente questione pregiudiziale: · se l’applicazione dell’ articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento Bruxelles I presupponga che il contratto tra consumatore e imprenditore sia stato concluso a distanza. La Corte di Giustizia Europea osserva che dall’analisi della disposizione regolamentare sopra indicata e delle sentenze riguardanti i casi simili sottoposti al suo esame, si desume che il disposto di cui sopra si applica quando sono soddisfatte le seguenti condizioni: “il commerciante eserciti la propria attività commerciale o professionale nello Stato membro di residenza del consumatore ovvero che, con qualsiasi mezzo, egli diriga dette attività verso tale Stato membro o verso una pluralità di Stati che comprende il medesimo Stato membro” ; “il contratto controverso rientri nell’ambito di detta attività”. Alla luce di quanto sopra esposto, la Corte di Giustizia Europea – Sez. IV, sentenza n. C-190/11 del 06.09.2012 - ha stabilito che “L’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale dev’essere interpretato nel senso che non richiede che il contratto tra il consumatore ed il professionista sia stato concluso a distanza”. Roma, 14 settembre 2012 Avv. Daniela Conte Dott.ssa Stefania Errigo Studio Legale Avv. Daniela Conte & Partners RIPRODUZIONE RISERVATA