La sentenza trae origine dall’appello proposto da una compagnia assicuratrice per la riforma di una sentenza del Giudice di Pace di Lauro, che aveva dichiarato la responsabilità esclusiva del conducente del veicolo antagonista condannando la compagnia al risarcimento del danno ed al pagamento delle spese di lite in favore di parte attrice.
In particolare, l’appellante ha contestato che il Giudice di primo grado avesse erroneamente ritenuto provata la domanda attorea pur non avendo parte attrice dato prova certa della esatta ricostruzione del sinistro e delle rispettive responsabilità.
Il Giudice di appello ha rilevato che la ricostruzione prospettata da parte appellata era stata confermata unicamente dalla dichiarazione resa dal teste escusso, che si era peraltro limitato a riferire la dinamica del sinistro (fornendo, inoltre, dichiarazioni non prive di contraddizioni).
Il Tribunale di Avellino ha ritenuto altresì che nessuna ulteriore specificazione fosse stata fornita dal teste sulle condizioni del traffico, sulle ragioni per le quali si trovava sui luoghi né sulle modalità con le quali l’attrice veniva condotta in ospedale.
La valutazione sulle risultanze probatorie della prova testimoniale e il giudizio sull'attendibilità dei testi è un apprezzamento di fatto riservato al Giudice del merito, il quale, può porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre.
Il Tribunale, inoltre, ha rilevato che non fosse stato deferito interrogatorio formale dell’appellato contumace, risultando in atti la sua sola dichiarazione confessoria spettando, per tanto, al Giudice valutare liberamente e stabilire se la stessa fosse idonea a fugare ogni dubbio sulla verificazione del sinistro.
Come chiarito dalla giurisprudenza della Corte di legittimità (sulla scia di Cass. Sez. U. 05/05/2006, n. 10311) nel giudizio promosso dal danneggiato nei confronti dell'assicuratore della responsabilità civile da circolazione stradale, la dichiarazione confessoria del proprietario conducente del veicolo, non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del solo confitente, ma deve essere liberamente apprezzata dal Giudice, dovendo trovare applicazione la norma di cui all'art. 2733 c.c., comma 3, secondo la quale, in caso di litisconsorzio necessario, la confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è, per l'appunto, liberamente apprezzata dal Giudice.
Il Giudice del Tribunale di Avellino ha rilevato altresì come non risultassero agli atti neppure un verbale di intervento delle forze dell’ordine ed i relativi rilievi di riscontro, né alcuna documentazione fotografica dalla quale poter desumere che effettivamente il sinistro si fosse verificato nei tempi e nei luoghi dedotti in citazione.
Inoltre il Giudice di Appello ha ritenuto che neppure la circostanza che le lesioni riportate dall’appellata fossero state riscontrate dal c.t.u. potevano consentire di ritenere fondata la domanda in punto di an debeatur; infatti la consulenza tecnica non può colmare la carenza della prova in capo a parte attrice (il consulente deve limitarsi a descrivere gli eventi con le proprie capacità tecniche), pertanto la circostanza che le lesioni fossero di per sé astrattamente compatibili con un sinistro stradale non comporta che le stesse fossero in concreto conseguenza proprio del sinistro in lite.
Nella responsabilità aquiliana incombe sull’attore l’onere di dare la prova di tutti gli elementi del fatto illecito e solo laddove tale prova sia stata fornita il Giudice potrà attingere alle conoscenze tecniche di un consulente per quantificare il risarcimento pertanto in assenza di riscontri probatori sulla spettanza del risarcimento, questo non sarà dovuto anche laddove i danni siano causalmente ricollegabili all’evento prospettato, se l’evento stesso è sfornito di adeguato supporto probatorio (cfr. Cass. n. 5687 del 18.4.2001).
Inoltre, in tema di consulenza tecnica, il Tribunale di Avellino precisa che “La consulenza tecnica d'ufficio non è mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di coadiuvare il Giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze. Ne consegue che il suddetto mezzo di indagine non può essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, ed è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati.” (Cassazione civile, sez. II, 26/04/2023, n. 10941).
Quanto sopra premesso gli unici riscontri sull’effettività del sinistro sarebbero dovuti essere ravvisati unicamente nelle dichiarazioni del teste escusso che, tuttavia, non è risultata priva di incongruenze e per ciò inidonea, in assenza di necessari riscontri, a supportare la domanda.
Concludendo il Giudice di appello ha ritenuto che le contraddizioni sopra elencate fossero di tale rilevanza da rendere inverosimile l’impianto probatorio, così come sostenuto da parte appellata, con conseguente riforma della sentenza e rigetto della domanda proposta in primo grado.
A parere dello scrivente il Giudice di Appello ha fatto buon governo della normativa di riferimento in ordine all’onere della prova e della valutazione giudiziale delle risultanze probatorie acquisite in giudizio.
Infatti l'art. 2697 c.c. recita: "chi vuoi far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento" (comma 1) e che "...Chi eccepisce l'inefficacia di tali fatti - precisa il successivo comma 2 del cit. art. 2697 c.c. - ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda".
Pertanto il Giudice è tenuto a verificare se l'attore abbia adempiuto il proprio onere probatorio, infatti l'onere del convenuto di dimostrare l'infondatezza della domanda azionata sorge esclusivamente dopo che l'attore abbia dato prova dell’esistenza dei fatti che costituiscono il fondamento del diritto fatto valere in giudizio.
Il nostro ordinamento trova fondamento sul principio del libero convincimento del Giudice pertanto non esiste una gerarchia di efficacia delle prove risultando rimessa la valutazione delle prove al prudente apprezzamento del Giudice cui spetta il compito di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge) all'uno o all'altro dei mezzi di prova forniti ed acquisiti.
Sulla base di quanto sopra l'esame dei documenti versati agli atti di causa e delle dichiarazioni dei testi escussi, nonché il giudizio sull'attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al Giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento.
Infatti il  Giudice, ai fini di una corretta decisione, non è tenuto a valutare analiticamente tutte le risultanze processuali, ma soprattutto a confutare singolarmente le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e l'iter seguito nella valutazione degli stessi e per le proprie conclusioni, implicitamente disattendendo quelli logicamente incompatibili con la decisione adottata.
Per quanto sopra nel caso in esame il Giudice di Appello ha riformato la sentenza di primo grado, ritenendo non provata la domanda azionata sulla base della carenza di dimostrazione dell’an debeatur ed in particolare contestando che il teste escusso era stato vago e caduto in contraddizione, che nessuna ulteriore prova era stata fornita in ordine all’accadimento (non erano presenti foto, non c’era un verbale dell’autorità, non è stato richiesto interrogatorio formale del convenuto) negando in ogni caso alcuna valenza di prova neppure indiziaria alla consulenza tecnica.