L’indennità di cessazione del rapporto nel contratto di agenzia a cura dell' avv. Enrica Caon dello Studio Vis- Legis
 
L’indennità di cessazione del rapporto, prevista ai sensi dell’art. 1751 c.c., costituisce uno degli istituti più importanti sul piano della tutela dell’agente, e, al tempo stesso, uno degli aspetti maggiormente critici e problematici nell’ambito del rapporto di agenzia.
Oggi l’art. 1751 c.c. si presenta radicalmente modificato rispetto al passato grazie all’intervento della Direttiva comunitaria 86/653/CEE del 18 dicembre 1986 «relativa al coordinamento dei diritti degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti» con la quale è stato imposto a tutti gli Stati membri di adeguare i loro ordinamenti giuridici scegliendo alternativamente tra due distinti modelli legislativi già esistenti in Europa: quello tedesco e quello francese.
Il sistema «francese» (previsto nel paragrafo 3 dell’art. 17 della Direttiva) consiste nella corresponsione a favore dell’agente di un risarcimento del danno subìto dall’agente per il fatto stesso della cessazione del rapporto, derivante dal mancato guadagno e dalle spese sostenute per l’esecuzione del contratto.
Il sistema «tedesco» (previsto nel paragrafo 2 dell’art. 17 della Direttiva) consiste, invece, nel pagamento di un’indennità all’agente, qualora questi abbia sviluppato la clientela esistente o abbia procurato nuovi clienti che restino al preponente anche dopo la cessazione del rapporto.
Per quanto concerne l’Italia, nel nostro ordinamento giuridico si è scelto di dare attuazione alla Direttiva con due successivi interventi legislativi (D.lgs. 10 settembre 1991, n. 303 e D.lgs. 19 marzo 199, n. 64) adottando il «sistema tedesco».
 
Come accennato poc’anzi, secondo quanto previsto dalla normativa tedesca – poi recepita nel nostro ordinamento giuridico – l’agente ha diritto al pagamento di un’indennità, se e nella misura in cui siano soddisfatte le seguenti due condizioni:
  1. che l’agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti ed il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti, ed inoltre
  2. che il pagamento di tale indennità sia equo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni che l’agente perde e che risultano dagli affari con tali clienti.
Il limite massimo di tale indennità è fissato in un’annualità calcolata sulla base della media delle provvigioni ricevute dall’agente negli ultimi cinque anni o sulla media del periodo inferiore, se il rapporto è durato meno.
Qualora si verifichino i requisiti elencati nella norma, l’indennità è dovuta in tutti i casi di scioglimento del contratto, con la sola esclusione delle ipotesi in cui:
  1. il preponente risolva il contratto per una giusta causa imputabile all’agente;
  2. sia l’agente a recedere dal contratto (a meno che il recesso sia giustificato da circostanze attribuibili al preponente o da circostanze tali da non consentire all’agente la prosecuzione dell’attività, quali età, infermità o malattia)
  3. l’agente ceda, d’accordo con il preponente, il proprio contratto ad un terzo.
Da ultimo, l’art. 19 della Direttiva sancisce l’inderogabilità della norma, prima della scadenza del contratto, a sfavore dell’agente.
 
LE CONDIZIONI PREVISTE DALL’ART. 1751 C.C. PER AVERE DIRITTO ALL’INDENNITÀ
1. Nuovi clienti o sviluppo affari
Perché sussista il primo requisito fissato dalla normativa richiamata è necessario, da un lato, verificare se l’agente abbia o meno procurato nuovi clienti o se i clienti già acquisiti dal preponente, siano stati, per opera dell’agente, sviluppati «sensibilmente», ovvero, in misura così rilevante da poter considerare tale ampliamento economicamente equivalente all’acquisizione di un nuovo cliente.
Dall’altro lato, occorre che tali clienti (nuovi o preesistenti) continuino a concludere affari con il preponente anche dopo la cessazione del rapporto con l’agente.
È necessario, quindi, che il valore prodotto dall’agente rimanga al preponente DOPO la cessazione del rapporto; a nulla rileva il fatto che durante il rapporto l’agente abbia aumentato il fatturato dell’azienda, poiché il vantaggio che il preponente ha ricevuto in costanza di rapporto con l’agente è stato già compensato dalle provvigioni pagate.
2. Indennità equa
Qualora si realizzi tale prima condizione, occorre, inoltre, che il pagamento di tale indennità «sia equa, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni che l’agente perde e che risultano dagli affari con tali clienti». Si tratta, quindi, di valutare la perdita subìta dall’agente in termini provvigionali con riferimento alla clientela nuova o sostanzialmente sviluppata.
 
CASI IN CUI L’INDENNITÀ DI CESSAZIONE DEL RAPPORTO NON SPETTA ALL’AGENTE
Come già evidenziato in precedenza, l’indennità non è dovuta – oltre che nei casi in cui non ricorrano i presupposti di cui al 1° comma dell’art. 1751 c.c., altresì – nel caso in cui:
  1. il preponente risolva il contratto per una giusta causa imputabile all’agente;
  2. sia l’agente a recedere dal contratto (a meno che il recesso sia giustificato da circostanze attribuibili al preponente o da circostanze tali da non consentire all’agente la prosecuzione dell’attività, quali età, infermità o malattia)
  3. l’agente ceda, d’accordo con il preponente, il proprio contratto ad un terzo.
 
Per qualsiasi ulteriore chiarimento scrivere al seguente indirizzo e-mail: avv.caon@vis-legis.it