No al sequestro del sito internet che pubblica intercettazioni già note
Cassazione penale , sez. V, sentenza 04.06.2012 n° 21489
Avv. Angelo Forte
di Modugno, BA
Letto 470 volte dal 18/06/2012
Non è ipotizzabile il sequestro preventivo di siti web laddove manchino quei necessari presupposti atti a configurare l’ipotesi di reato posta a fondamento della richiesta di sequestro. In particolare, non viene travalicato l’esercizio del diritto di cronaca quando le espressioni, apparentemente offensive, pubblicate dai canali informatici erano contenute in testi già noti alla collettività. (Fonte: Massimario.it - 23/2012. Cfr. nota di Michele Iaselli)
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE V PENALE
Sentenza 14 marzo – 4 giugno 2012, n. 21489
(Presidente Marasca – Relatore Berardinis)
Ritenuto in fatto
Con ordinanza in data 21 dicembre 2011 il Tribunale di Roma, Sez. Riesame, rigettava l’appello proposto dal PM avverso provvedimento emesso dal GIP in Sede che - in data 4-11-2011 - aveva respinto la richiesta di emettere decreto di sequestro preventivo dei siti informatici indicati come segue: URL:www.adgnews.com;- www.dagospia.com;-www.greenstudioservice.com;-www.robbespierre.com.
In particolare si era verificato che il Requirente aveva avanzato richiesta di applicare detta misura cautelare a seguito di denuncia-quercia presentata dall’onorevole D.M., secondo la quale erano state pubblicate delle espressioni tratte da un articolo di stampa, del “Fatto quotidiano” che conteneva stralci di intercettazioni telefoniche, che la denunciante riteneva gravemente lesive della propria reputazione e diffamatorie.
In particolare il Requirente aveva evidenziato l’esistenza del periculum in mora, relativo alla libera disponibilità dei suddetti elementi che avrebbe potuto aggravare le conseguenze del reato di cui all’art. 595 CP.
Il GIP non aveva condiviso le argomentazioni del PM rilevando che non riteneva sussistenti i presupposti che valgono ad integrare il reato innanzi indicato, trattandosi di pubblicazione di brani tratti da un quotidiano, che riproducevano testi di intercettazioni telefoniche avvenute nell’ambito di un procedimento penale, riconducibili all’attività di cronaca giudiziaria, e rispettose dei limiti alla pubblicazione di atti di indagini in corso.
Il Tribunale aveva disatteso le deduzioni del PM appellante, evidenziando il valore delle espressioni denunciate dalla querelante come manifestazione di un dibattito inerente alla fedeltà dei parlamentari, con riferimento alla inaffidabilità degli stessi (onde aveva escluso la portata diffamatoria, del termine usato in riferimento alla persona offesa).
Per tali motivi aveva rigettato l’appello.
Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione il PM rilevando che il provvedimento era viziato da errore di fatto, ed in diritto.
Rilevava che la querelante era stata definita “una p...” nelle conversazioni intercettate, e che si era riservata di formulare altra querela per l’articolo di stampa;
che alla querela erano stati allegati documenti (stampe dei commenti apparsi sui siti DAGOSPIA e ADG NEWS);
- che l’istanza di sequestro riguardava l’esigenza di oscuramento di tali contenuti diffamatori;
evidenziava che il Tribunale aveva rigettato l’appello incorrendo nella medesima interpretazione resa dal GIP., mentre nelle pubblicazioni la persona offesa era stata definita conte già detto senza riferimenti all’attività politica.
Peraltro rilevava che i termini usati erano al di fuori di quelli che costituiscono espressione della libertà individuale di cronaca e di critica, secondo giurisprudenza ed esulavano dall’interesse pubblico alla informazione - specificando che l’estensore del commento avrebbe potuto evitare di diffondere il termine offensivo ed esercitare ugualmente il diritto di cronaca.
Chiedeva pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Osserva in diritto
Il ricorso risulta privo di fondamento.
Invero il provvedimento impugnato deve essere valutato - ai fini del giudizio di legittimità - unicamente in relazione al vizio di violazione di legge (v. sul punto Cass. Sez. VI del 16.11.1999, n. 3265 -) -.
Va altresì evidenziato che, secondo i principi sanciti da questa Corte - per cui vale far riferimento alla sentenza delle sezioni Unite, in data 4-5-2000, n. 7, Mariano - In tema di sequestro preventivo, la verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare da parte del Tribunale del riesame o della Corte di Cassazione non può, tradursi in anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità della persona sottoposta ad indagini in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale, rimanendo preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza e alla gravità degli stessi.
Va dunque rilevato che in questa Sede l’ordinanza emessa dal Tribunale risulta aver confermato nettamente il provvedimento emesso dal GIP che aveva respinto la richiesta di sequestro avanzata dal PM., essendo evidenziata dal Giudice della cautela l’assenza di presupposti atti a configurare - in astratto - l’ipotesi di reato posta a fondamento della richiesta di sequestro.
Tale carena è stata invero legittimamente motivata con rilievi attinenti alla pubblicazione -attraverso i canali informatici - di testi che risultavano già noti alla collettività, e peraltro fedelmente riportati, tali da non travalicare l’esercizio del diritto di cronaca.
In tal senso, in presenza di congrua e logica motivazione, aderente ai canoni normativi ed all’indirizzo giurisprudenziale annoverato, restano infondati i rilievi formulati dal ricorrente in riferimento al contenuto delle frasi riportate, che si ritiene atto a cagionare nocumento alla querelante, atteso che - restando preclusa in questa Sede ogni rivalutazione del merito - il provvedimento impugnato rivela specifica e coerente valutazione della assenza dei presupposti di legge idonei a consentire l’applicazione della misura
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
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