Non commette il reato di mancata esibizione di documenti volti ad accertare la propria identità, il clandestino che non esibisce i documenti di soggiorno
Corte di Cassazione Sezioni Unite Civili, , Sentenza del 27 aprile 2011, n. 16453
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 658 volte dal 18/10/2011
Commento: Con analisi attenta ad una precisa ricostruzione della normativa in esame, attraverso una lettura storica della stessa ed un confronto con la versione attuale (nonchè con pregevoli osservazioni di tecnica di redazione giuridica), la Cassazioni giunge a sezioni unite ad escludere che commetta reato lo straniero, irregolare in quanto privo di permesso di soggiorno, che non obbedisca all'ordine di polizia di fornire documenti che lo identifichino. Infatti, una lettura rigorosa dell'articolo di riferimento (l'art. 6, al suo comma 3, del Testo Unico in materia di immigrazione e stranieri), permette di comprendere che, perchè un reato vi sia, è necessario che lo straniero sia nella possibilità di esibire sia il documento di identità personale sia il permesso di soggiorno. Se quindi lo stesso è clandestino, quindi sicuramente privo di permesso di soggiorno, non può essergli addebitato il reato in questione per il solo fatto di non aver mostrato un documento di identificazione (come detto, la normativa prevede che non venga mostrato anche il titolo di soggiorno). massima: L'art. 6, comma 3, d.lgs. 286/98 prevede, nella sua versione modificata dall'art. 1, comma. 22, lett. h) della legge 15 luglio 2009, n. 94, che i soggetti attivi del reato di inottemperanza all’ordine di esibizione del passaporto o di un altro documento di identificazione, e del permesso di soggiorno o di altro documento attestante la regolare presenza nel territorio dello Stato, sono esclusivamente gli stranieri legittimamente soggiornanti nel territorio dello Stato, con conseguente abolitio criminis per gli stranieri già in posizione irregolare.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Sentenza 24 febbraio - 27 aprile 2011, n. 16453
(Presidente Lupo – Relatore Ippolito)
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza emessa il 24 marzo 2010, il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Pordenone, su concorde richiesta delle parti di applicazione di pena ex art. 6, comma 3, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, per non avere esibito al personale della locale Questura, senza giustificato - motivo, alcun documento d'identificazione o di soggiorno. (...) nel corso di un intervento effettuato il 17 dicembre 2008, da personale di pubblica sicurezza presso un locale pubblico di Pordenone, aveva omesso, a richiesta degli agenti, di esibire qualsiasi documento; era stato accompagnato e identificato con riscontro fotosegnaletico presso gli uffici della Questura ove si accertava che lo stesso era sprovvisto di permesso di soggiorno e di ogni documento d'Identificazione.
A motivazione della decisione, il giudice di merito ha osservato che la norma incriminatrice - a seguito- delle innovazioni introdotte dall'art. 1, comma 22, lett. h), della, legge 15 luglio 2009, n.94, che impone, a richiesta di ufficiali e agenti di pubblica sicurezza l'esibizione congiunta del documenti d'identità e di quelli attestanti la regolarità del soggiorno è applicabile soltanto allo straniero regolarmente soggiornante, in quanto lo straniero "irregolarmente presente sul territorio non può per ciò stesso, essere in possesso del - e quindi non potrebbe mai esibire i permesso di soggiorno".
2. Contro la sentenza ha proposto ricorso per- cassazione il pubblico ministero, denunciando, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., Inosservanza o erronea applicazione della legge penale, in, relazione alla norma incriminatrice, affermandone l’'applicazione anche nei- confronti dello straniero in posizione irregolare, in linea con recenti pronunce, della Corte di legittimità.
3. Il ricorso veniva assegnato alla Prima sezione penale che, con ordinanza emessa, in data 11 novembre 2010 a norma dell'art. 618 cod. proc. pen., ha deliberato la rimessione del procedimento alle Sezioni, unite al fine di prevenire un contrasto giurisprudenziale con precedenti, pronunce della stessa, sezione (n. 44157 del 23/09/2009, Calmus, n. 6343 del 20 gennaio 2010, Wainan, n.37060 del 20 settembre 2010, Timimouni), in ordine all'individuazione delle conseguenze scaturenti dalla modificazione, della norma incriminatrice di cui all'art. 1, comma 22, Lett. h), I. n. 94 del 2009.
4. II Primo presidente, con decreto 6 dicembre 2010, ha assegnato ricorso alle Sezioni unite, fissando - per la trattazione l'odierna udienza, in cui il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso, condividendo l'interpretazione che della norma ha dato il giudice di merito.
Considerato in diritto
1. Le Sezioni unite devono decidere se la modificazione dell'art. 1, comma. 22, lett. h) della legge 15 luglio 2009, n. 94, abbia circoscritto i soggetti attivi del reato di inottemperanza- “all’ordine di esibizione del passaporto o di un altro documento di identificazione, e del permesso di soggiorno o di altro documento attestante la regolare presenza nel territorio dello Stato” - esclusivamente agli stranieri legittimamente soggiornanti nel territorio dello Stato, con conseguente abolitio criminis per gli stranieri in posizione irregolare.
2. La questione dell'applicabilità dell'art. 6, comma 3, d.lgs 25 luglio 1998, n. 286, la mancata esibizione senza giustificato motivo, a richiesta degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza, del passaporto o di altro documento di identificazione, da parte del cittadino straniero presente, regolarmente o non, nel territorio dello Stato; mentre non integrava né questa; né altra ipotesi di reato, l'omessa esibizione, da parte dello straniero "Illegalmente Immigrato” in Italia, del permesso o della carta di soggiorno ovvero, del documento di identificazione per stranieri di cui all'art. 6, comma 9, del citato decreto legislativo, essendo il possesso di uno di questi ultimi documenti inconciliabile con la condizione-stessa di straniero in posizione irregolare.
Tale giurisprudenza è stata ribadita dalla già citata sentenza Calmus (n. 44157 del 23/09/2009), secondo cui è esigibile nei confronti dello straniero, che pure abbia fatto - ingresso irregolare nel territorio dello Stato, salvo che ricorra un giustificato motivo, l'obbligo di esibizione dei documenti di identificazione o dei documenti di soggiorno e ciò pur dopo la novella della disposizione incriminatrice ad opera dell'art. 1, comma. 22, lett. h), L. n. 94 del 2009 (in senso conforme, ma senza particolare motivazione, anche le pronunce n. 6343 del 2010, Wainan, e n. 785 del 2010-Timimouni.).
3. Al fine di dare risposta al quesito sopra formulato, è opportuno prendere le mosse della sentenza Mesky, la cui ratio decidendi è dichiaratamente fondata sul contenuto della norma posta dall'art. 6, comma 3, d.lgs. 286/1998, interpretata nel "senso fatto palese dal significato delle parole secondo la connessione di esse, e dall'Intenzione del legislatore" (art. 12, comma primo, r.d. n. 262 del 1942, recante "Disposizioni sulla legge in generale").
La norma, nel testo vigente all'epoca della decisione, indicava quattro tipi di documenti che lo straniero (senza alcuna distinzione tra legittimamente o irregolarmente presente sul territorio nazionale) era abilitato a esibire a richiesta degli ufficiali o agènti di pubblica sicurezza.
L'esibizione di uno qualsiasi di tali documenti (“il passaporto o altro documento di identificazione ovvero il permesso di soggiorno o la carta di soggiorno”) escludeva la sussistenza del reato. Rilevava la sentenza che i primi due (passaporto o altro documento d'Identificazione) non hanno alcun rilievo ai fini della regolarità dell'ingresso e della giustificazione della presenza nel territorio dello Stato, ma attengono solo alla certa identificazione del soggetto. Il permesso e fa carta di soggiorno attestano, invece, la regolare presenza dello straniero in territorio nazionale e di tale regolarità sono idonei a dare esaustiva contezza, ma - secondo quanto precisa la sentenza - valgono nel contempo alla" sicura identificazione del soggetto.
La locuzione ovvero attribuiva agli ultimi due valore di equipollenza e ne derivava che l'esibizione di uno qualsiasi di tali documenti escludeva la sussistenza del reato, con la conseguenza che lo straniero in posizione irregolare aveva l'obbligo di esibire i documenti d'identificazione, mentre non era da lui esigibile l'esibizione dei documenti di soggiorno.
La ratio della norma - secondo la predetta decisione - non era quella di consentire agli ufficiali o agenti di pubblica sicurezza di verificare, illico et immediate attraverso l'esibizione di uno di quei documenti, la regolarità o meno della presenza dello straniero in territorio nazionale, ma era solo quella di procedere alla sua documentale identificazione.
L'interesse protetto dalla norma veniva individuato non già nella verifica della regolarità della presenza dello straniero in territorio nazionale, ma nell'identificazione dei soggetti stranieri presentì (regolarmente o meno) nel territorio dello Stato, potendo l'accertamento di regolarità del soggiorno essere effettuato in un momento successivo.
4. L'approdo interpretativo del massimo organo di nomofilachia, nonostante talune residue critiche di dottrina aveva determinato una giurisprudenza sostanzialmente pacifica sino al nuovo intervento del legislatore, che con l'art. 1, comma 22, lett. h), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (recante "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica") ha sostituito il precedente testo normativo, disponendo che «Lo straniero che, a richiesta degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza, non ottempera, senza giustificato motivo, all'ordine di esibizione del passaporto o di altro documento di identificazione e del permesso di soggiorno o di altro documento attestante la regolare presenza nel territorio dello Stato è punito con l'arresto fino ad un anno e con l'ammenda fino ad euro 2.000».
Rispetto al precedente testo, le modificazioni riguardano l'inasprimento sanzionatorio (aumento del massimo edittale), la precisazione della condotta tipica (in ottemperanza all'ordine di esibizione, anziché mancata esibizione alla richiesta di ufficiali e agenti di p.s.), ma soprattutto la sostituzione della locuzione “e” alla disgiunzione "ovvero" relativamente alle due categorie di documenti da esibire: quelli d'identificazione e quelli attestati la regolarità del soggiorno nel territorio dello Stato.
Numerosi giudici di merito hanno interpretato la nuova norma nel senso accolto dalla sentenza impugnata, mentre questa Corte, con la menzionata sentenza Calmus (seguita dalle altre due pronunce sopra indicate), ha ritenuto che - a prescindere dall'inasprimento sanzionatorio, che ovviamente (art. 2 cod. pen.) non si applica ai fatti commessi precedentemente alla sua entrata in vigore - l'intervenuta modificazione normativa non determina mutamenti di alcun genere, in quanto la precisazione della condotta tipica ha valore esclusivamente formale/ mentre l'introduzione «della congiunzione "e" posta tra le classi dei documenti d'identificazione e del documenti di soggiorno da esibire, adottata nella nuova formulazione in luogo di quella precedente, - sicuramente disgiuntiva, (“ovvero"), non può incidere sulla condizione di esigibilità dell'ottemperanza che è implicita nella clausola dei giustificato motivo, né, in ogni caso, sulle situazioni pregresse”.
6. Tale conclusione non può essere condivisa, giacché, com'è stato efficacemente evidenziato nell'ordinanza di rimessione, il tenore oggettivo della disposizione incriminatrice tipizza la condotta contravvenzionale nei senso che, ai fini dell'adempimento del precetto normativo, è necessaria la concorrenza dell'esibizione dei documenti d'identificazione unitamente a quella del titolo di soggiorno.
A tanto conduce l'interpretazione della disposizione di cui all'art. 12 delle preleggi (secondo i criteri seguiti dalla stessa sentenza Mesky), al fine di attribuire significato alla norma per misurarne la precisa estensione e la possibilità di applicazione alla concreta fattispecie.
E' vero che, in astratto, la congiunzione “e” può essere utilizzata in funzioni di collegamento di tipo copulativo (nei senso di "e anche") sia di tipo disgiuntivo (“e/o”), ma l'analisi testuale del dettato normativo nel suo sviluppo diacronico (rispetto al precedente testo) e sincronico (rispetto alle coppie alternative poste all'interno delle due categorie di documenti) assegna alla congiunzione “e” il significato della necessaria compresenza delle due categorie di documenti: quelli d'identità (passaporto o altro documento identificativo) e quelli di regolarità (permesso di soggiorno o altro documento attestante la regolare presenza nei territorio dello Stato).
Dalla successione delle congiunzioni emerge che i collegamenti sono di disgiunzione e alternatività all'interno di ciascuna categoria (stante la fungibilità dei documenti richiamati per attestare rispettivamente l'identità e la regolarità del soggiorno), di addizione e compresenza delle due diverse categorie (essendo palese l'infungibilità tra documenti d'identificazione e quelli relativi ai soggiorno).
7. A conforto dell'irrilevanza della sostituzione della congiunzione disgiuntiva "'ovvero" con la congiunzione “e" al fine di stabilire il mutamento del valore copulativo o alternativo della congiunzione, la sentenza Calmus richiama la decisione di queste Sezioni unite (n. 7958 del 27/03/1992, Delogu) in tema di reati contro la pubblica amministrazione, con riferimento all'uso, ritenuto analogo, operato dal legislatore in materia di qualifica soggettiva del pubblico ufficiate (art. 357 cod. pen.)
Al testo di tale articolo (introdotto dall'art. 17 L. 26 aprile 1990, n. 86), che qualificava come pubblica «la funzione amministrativa [...] caratterizzata [...] dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi e certificativi, l'art. 4 I. 7 febbraio 1992, n. 181, aveva apportato modifiche, tra cui la sostituzione della congiunzione copulativa "e" con quella disgiuntiva “o".
Ritiene il Collegio che tale precedente non sia utilizzabile a sostegno della ritenuta irrilevanza della modificazione apportata, poiché la sostituzione della congiunzione operata dai legislatore del 1992 non è affatto "analoga" a quella operata nei testo oggi in esame.
Quella sostituzione recepiva normativamente l'elaborazione interpretativa che, con riferimento al precedente testo, era stata già fatta dalla prevalente giurisprudenza secondo cui, ai fini della qualificazione di pubblico ufficiale, era sufficiente l'esercizio disgiunto del potere autoritativo o certificativo (cfr. Cass. n. 7958 del 1992, Delogu; Cass, sez. 5; 25/07/1991, Garetto).
In quel caso, dunque, il legislatore, apportando diverse innovazioni all'art. 157 del codice penale, aveva colto l'occasione per una modifica della congiunzione copulativa in quella disgiuntiva, per conformare la lettera della norma al "diritto vivente", secondo l'interpretazione prevalente della Corte di legittimità.
Nel caso in esame, è accaduto il contrario. A sei anni dalla sentenza Mesky, che aveva reso pacifica la giurisprudenza sulla questione, se il legislatore avesse voluto soltanto inasprire il trattamento sanzionatorio per la mancata esibizione dei documenti a carico degli stranieri non comunitari, indipendentemente dalla regolarità o meno dell'ingresso e del soggiorno sul territorio nazionale, avrebbe semplicemente modificato il massimo edittale della pena detentiva e pecuniaria (eventualmente con la formale e poco rilevante indicata precisazione sulla condotta).
Il legislatore ha, invece, consapevolmente operato la sostituzione della congiunzione da disgiuntiva “ovvero") a congiuntiva ("e"), modificando la connessione delle parole e facendo venir meno l'equipollenza degli adempimenti evidenziata dalia sentenza Meski, cosi imponendo allo straniero di esibire, oltre ai documenti d'identificazione personale, anche quelli attestanti la regolarità della presenza nel territorio dello Stato.
Ciò all'evidente scopo, per parafrasare la motivazione della sentenza Mesky, di consentire agli ufficiali o agenti di pubblica sicurezza non soltanto di procedere all'esatta e compiuta identificazione dello straniero, ma anche «di verificare; litico et immediate, attraverso l'esibizione di uno di quei documenti, la regolarità o meno della presenza dello straniero nel territorio nazionale”, al fine di procedere al confronto tra dati identificativi e dati risultanti dai documenti concernenti la legalità dell'ingresso e del soggiorno, In maniera da far subito emergere l'eventuale non corrispondenza tra essi o l'utilizzazione di documenti falsi.
8. Lo scopo della predetta modifica normativa, volta a porre un freno al diffuso fenomeno dell'uso di documenti di soggiorno falsi o contraffatti, sì ricava dalla contestuale e coerente introduzione (ad opera dell'art 5, comma 8-bis d.lgs. 286 del 1998) di una nuova fattispecie penale, che estende la pena della reclusione da uno a sei anni anche all'utilizzazione di uno dei documenti, contraffatti o alterati, relativi all'ingresso e al soggiorno.
Tale oggettiva ratio legls emerge dalla relazione illustrativa dell'articolato proposto dalle Commissioni permanenti 1a e 2a riunite, comunicata alla Presidenza del Senato in data 11 novembre 2008, nella quale risulta chiaro che l'interesse protetto dalla norma di cui all'art 6, comma 3, d.lgs. n. 286 del 1998 è mutato in quello della verifica della regolarità della presenza dello straniero in territorio nazionale.
In detta relazione si legge che con l'art. 39 (poi diventato art. 1 della legge approvata), che modifica In più punti il testo unico sull'immigrazione, con inasprimento delle “norme circa le condizioni di ingresso nel territorio dello Stato e relativamente alta concessione del permesso di soggiorno”, è stata anche «introdotta una sanzione per chi si rifiuti di esibire i documenti di identificazione attestanti la regolare presenza nei territorio dello Stato» (Atti parlamentari -. Senato della Repubblica - n. 733-A, pag.7).
Per tale attestazione non basta l'esibizione del passaporto o di altro documento d'identificazione, ma è necessaria la congiunta esibizione di essi unitamente a quelli riguardanti illegale ingresso o legittimo soggiorno in Italia.
9. Deve dunque concludersi che, rispetto alla precedente formulazione, secondo cui il reato era integrato per il fatto dì non esibire una delle due categorie di documenti (d'identificazione ovvero di regolare soggiorno), a seguito della ricordata modifica, la fattispecie contravvenzionale è integrata dallo straniero che, a richiesta degli ufficiali e degli agenti di pubblica sicurezza, omette di esibire entrambe le categorie di documenti.
Così ricostruita la fattispecie, ne deriva che essa non può più applicarsi allo straniero in posizione irregolare, cioè a colui che è entrato illegalmente in Italia o qui è rimasto nonostante la scadenza del titolo di soggiorno. Come ha correttamente ritenuto il giudice di merito, la norma incriminatrice non può riguardare tale straniero perché egli in quanto irregolarmente presente nel territorio dello Stato, non può, per ciò stesso, essere titolare di permesso di soggiorno.
Il Collegio rimettente ha esattamente precisato che. la condotta dello straniero irregolare non può essere ricompresa nella nuova fattispecie di cui all'art. 6, comma 3, d.lgs. cit. in forza dei principio di tipicità, risultando chiaro dai contenuto della norma e dall'interesse da essa tutelato che il soggetto attivo del reato è stato circoscritto allo straniero regolarmente soggiornante.
Nel caso in esame, a differenza di quanto emerge dalia motivazione della sentenza impugnata e da quella della ricordata sentenza Calmus (pur antitetiche nelle conclusioni), non viene affatto in rilievo la presenza o l'assenza del giustificato motivo, che esclude la configurabilità del reato, né II principio di esigibilità della condotta.
La clausola del giustificato motivo come ha affermata la Corte costituzionale - funge “da valvola di sicurezza del meccanismo repressivo, evitando che fa sanzione scatti allorché - anche al di fuori della presenza di vere e proprie cause di giustificazione - l'osservanza del precetto appaia concretamente inesigibile; in ragione, a seconda dei casi, di cause ostative a carattere soggettivo od oggettivo [...]: estrema indigenza, indisponibilità di un vettore o di altro mezzo di trasporto idoneo, difficoltà nell'ottenimento di titoli di viaggio» (Corte cost., nn. 5 del 2004 e 349 del 2010).
La sussistenza dell'eventuale giustificato motivo è, perciò, operazione di verifica rimessa al giudice di merito che, caso per caso, in relazione alla particolare situazione di fatto, oggettiva o eventualmente addotta dall'Interessato, ritenga in concreto inesigibile una condotta astrattamente doverosa, mentre nel caso in esame deve prendersi atto che è intervenuta una modificazione legislativa che ha escluso dall'ambito della fattispecie la condotta dello straniero irregolare, con conseguente abolitici criminis per gli stranieri in posizione irregolare.
10. Le conclusioni sopra raggiunte sono avvalorate dall'esame dell'intero contesto normativo in cui il legislatore ha introdotto la modificazione dell'art. 1, comma 16, lett. a), I. n. 94 del 2009).
Con la modificazione dei predetto art. 6, comma 3 (inasprimento sanzionatone per l'omessa esibizione dei documenti da parte dello straniero regolarmente soggiornante), e con l'inserimento nell'art- 10-bis d.lgs. 286 del 1998) a sanzione pecuniaria, inflitta dal giudice di pace, a seguito di rapido e semplificato processo penale, finalizzato alla più veloce estromissione dal territorio dello Stato.
A ben vedere, come ha rilevato la Corte costituzionale (art. 10, comma 2, del d.lgs. n. 286 del 1998, il giudice debba pronunciare sentenza di non luogo a procedere [...];
che, nel caso di condanna, la pena dell'ammenda -espressamente sottratta all'oblazione [...] - possa essere sostituita dal giudice con la misura dell'espulsione per un periodo non inferiore a cinque anni” (Corte cost., sent. n. 250 del 2010),...
Al legislatore, in effetti, interessa poco la sanzione penale per gli stranieri che sono entrati o soggiornano illegalmente nello Stato; interessa piuttosto attivare il meccanismo rapido volto all'espulsione, tant'è che il reato di cui all'art. 6, comma 3).
11. In conclusione, il legislatore ha introdotto- un "doppio binario", sanzionando gli stranieri regolarmente soggiornanti per la mancata esibizione dei documenti con la pena inasprita dall'art. 10-bis
Al fine di attivare la dinamica repressiva-espulsiva appena indicata è funzionale la stessa previsione dell'art. 6, comma 3, d.lgs. 286 del 1998, nell'interpretazione sopra formulata.
Come si è notato, l'interesse protetto da questa norma è quello di procedere immediatamente alla verifica della regolarità della presenza dello straniero in territorio nazionale, per poter il più rapidamente possibile mettere in opera il meccanismo processual-penale e amministrativo volto all'espulsione dal territorio nazionale dello straniero in posizione irregolare.
L’identificazione e l'accertamento di regolare presenza degli stranieri legalmente soggiornanti costituiscono, infatti, attività prodromiche e funzionali a innescare il procedimento di espulsione di quelli in posizione irregolare. Invero, la mancata esibizione di documenti attestanti la regolarità del soggiorno, di per sé, costituisce un indizio del reato di cui all'art. 349 cod. proc. pen.
In ogni caso, ritenere che la fattispecie dei cui all'art. 6, comma 4, che consente di sottoporre a rilievi fotodattiloscopici e segnaletici lo straniero (in posizione regolare o irregolare) nel caso che vi sia motivo di dubitare della sua Identità personale.
12. In conclusione, le Sezioni unite ritengono corretta la decisione del giudice di merito che ha disposto non luogo a procedere nei confronti dell'Imputato, ai sensi dell'art. 1, comma 22, lett. h), L. n. 94 del 2009.
Il ricorso del pubblico ministero va, pertanto, rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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