Quando la reiterata occupazione temporanea di beni disposta ai sensi dell’art. 88, co. 2, d.lgs. n. 42/2004 equivale, nella sostanza, alla loro espropriazione.
Tar Campania, Napoli, sez. V, 30 ottobre 2014, n. 5584
Avv. Daniele Majori
di Roma, RM
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Il Tar Campania ha statuito che – con la reiterata rinnovazione, senza soluzione di continuità, dei decreti di occupazione temporanea di beni dei ricorrenti disposti ai sensi dell’art. 88, co. 2, d.lgs. n. 42/2004 – la temporaneità originaria dei singoli decreti è sfumata, con conseguente trasformazione, in itinere, in una nuova fattispecie di acquisizione dell’area incisa con gli emanati decreti, assumendo sostanza e natura espropriativa. Pertanto – sottolinea ancora il Tar – nella specie si è avuta, per una sorta di eterogenesi dei fini intervenuta nella dinamica applicazione dei singoli decreti, una sostituzione del potere di esproprio al potere di occupazione temporanea originariamente esercitato con i singoli decreti con conseguente riqualificazione in termini ablativi, dei decreti originari e con conseguente assoggettamento della nuova fattispecie alla normativa prevista per la procedura espropriativa. Ne consegue che ai proprietari dell’area espropriata spettano, per la subita espropriazione dell’area di loro proprietà, l’indennizzo previsto come prefigurato dall’art. 100 del citato d.lgs. n. 42/2004 (secondo cui «Nei casi di espropriazione disciplinati dagli articoli 96 e 97 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni generali in materia di espropriazione per pubblica utilità»).
Si riporta di seguito parte della motivazione:
«Venendo all’esame del ricorso va subito precisato che la Soprintendenza archeologica di Pompei con una serie di decreti (n. 35 del 12.1.2006; n. 37 del 2.1.2007; n. 38 del 10.1.208 e n. 4 del 9.1.2009) ha disposto ai sensi dell’art. 88 del D. lgs n. 42 del 22 gennaio 2004 l’occupazione temporanea di beni dei ricorrenti al fine di procedere “nell’area demaniale della Villa dei Misteri (bene culturale) ad una migliore sistemazione delle scarpate sui lati orientale e settentrionale dello scavo archeologico in quanto presentavano gravi fenomelogie di dissesto che stanno progressivamente erodendo le scarpate mettendo in pericolo le strutture sovrastanti e rischiando di danneggiare anche le stesse strutture archeologiche”. Da siffatta motivazione emerge chiara e univoca la connotazione pubblicistica della determinazione adottata dall’Amministrazione con la riferita serie di decreti di occupazione nonché la unitarietà del fine, con essi perseguito, di protezione del bene culturale della suddetta Villa. Detto ciò va subito rilevato che i contestati provvedimenti dispongono formalmente la “occupazione temporanea” in evidente consonanza con l’art. 88 il cui comma 2 prevede che il Ministero può ordinare l’occupazione temporanea degli immobili ove devono eseguirsi le ricerche o le opere di cui al comma 1”. Ciò posto ritiene il Collegio che con la reiterata rinnovazione, senza soluzione di continuità, dei riferiti decreti, (rinnovazione che nella specie assurge al rango di elemento causale), la temporaneità originaria dei singoli decreti è sfumata con conseguente trasformazione, in itinere, in una nuova fattispecie di acquisizione dell’area incisa con gli emanati decreti, assumendo sostanza e natura espropriativa. Si vuole in altri termini dire che, staccandosi dalla conformazione originaria di occupazione temporanea prevista dall’ art. 88 del citato D.lg n. 42 /2004 (che all’ultimo comma recita “il proprietario dell’immobile ha diritto ad una indennità per l’occupazione determinata secondo le modalità stabilite dalle disposizioni generali in materia di espropriazione per pubblica utilità “ , la vicenda all’esame è riemersa con la intervenuta trasformazione irreversibile dei beni dei ricorrenti, sotto forma di espropriazione, come tale, ricadendo sotto la disciplina del complesso normativo costituito dagli art. 95 e ss del citato D.lgs n. 42/2004. In tal senso è stata del resto intesa dagli stessi ricorrenti dal momento che essi hanno agito non in termini impugnatori ma cognitori e risarcitori con azione di accertamento dell’illecito commesso e di condanna dell’Amministrazione al pagamento in loro favore delle somme di denaro ad essi dovute. ( il presente ricorso è stato notificato il 25 ottobre 2013 a fronte di una serie di decreti il primo dei quali reca la data del 2 gennaio 2007). Insomma, nella specie si è avuta, per una sorta di eterogenesi dei fini intervenuta nella dinamica applicazione dei singoli decreti, una sostituzione del potere di esproprio al potere di occupazione temporanea originariamente esercitato con i singoli decreti con conseguente riqualificazione in termini ablativi, dei decreti originari e con conseguente assoggettamento della nuova fattispecie alla normativa prevista per la procedura espropriativa. Ne consegue perciò che ai proprietari dell’area espropriata (attuali ricorrenti) spettano, per la subita espropriazione dell’area di loro proprietà, l’indennizzo previsto come prefigurato dall’art. 100 del più volte citato D.Lgs secondo cui “Nei casi di espropriazione disciplinati dagli articoli 96 e 97 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni generali in materia di espropriazione per pubblica utilità”. Alla stregua delle considerazioni come sopra svolte il ricorso deve quindi ritenersi fondato limitatamente alla pretesa economica vantata dai ricorrenti per aver subito la privazione dei propri beni. Per la concreta determinazione del relativo quantum si fa riferimento alla relazione del C.T. U nominato dalla Sezione con ordinanza n. 5724/2013».
Fonte:www.giustizia-amministrativa.it
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