Espropri illegittimi: prescrizione, risarcimento danni ed art. 42 bis t.u.e.
T.A.R. Calabria Catanzaro, sentenza del 3 agosto 2012, n° 857
Avv. Giuseppe Spanò
di Parma, PR
Letto 4072 volte dal 18/09/2012
Il T.A.R. Calabria, sede di Catanzaro, con la recente sentenza 3 Agosto 2012, n° 857 ha riaffermato principi importanti con riguardo sia alla decorrenza della prescrizione per il risarcimento danni a seguito di occupazione "sine titulo", sia in merito all'applicazione dell'art. 42 bis testo unico espropri.
Sulla prescrizione
Il Tar Calabria ricorda che due sono gli orientamenti assunti dalla giurisprudenza amministrativa, (la cui applicazione, nel caso sottoposto all'attenzione del collegio giudicante, escludono la prescrizione dell’azione risarcitoria). Secondo una giurisprudenza risalente “- nel caso di irreversibile utilizzazione del suolo per finalità pubbliche avvenuta, come pacificamente nella specie, in pendenza della occupazione legittima (non seguita da rituale e tempestiva espropriazione) - il dato temporale di riferimento, per la collocazione dell'effetto appropriativo e per la conseguente determinazione del valore del bene ai fini risarcitori della correlativa perdita da parte del proprietario, è non già legato al momento della irreversibile trasformazione dell'immobile sebbene a quello successivo di scadenza del termine di occupazione legittima” (Cons. Stato, sez. IV, 26 settembre 2008, n. 4660; Cons. Stato 10 novembre 2003, n. 7135; Cass. n. 6825/1994).
Nel caso di specie l’irreversibile trasformazione del fondo deve presumersi avvenuta in data 24 giugno 1997, per quanto emerge dal certificato di ultimazione dei lavori dell’impresa con cui si attestava la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria stradale e del previsto impianto sportivo. Orbene tale ultimazione si colloca durante il periodo di occupazione legittima del bene, avvenuta con decreto di urgenza del 15.4.1996 e avente durata di cinque anni. Il dies a quo del termine di prescrizione, dunque, ha inizio con la scadenza del termine di occupazione legittima ovvero il 15 aprile 2001, mentre l’atto di citazione è stato notificato in data 26 novembre 2004, quindi, entro il termine quinquennale di prescrizione.
L’altro orientamento, di più recente emersione, sostiene che la permanenza della situazione di abusiva occupazione impedisce di determinare puntualmente il dies a quo di un’eventuale prescrizione. Tale termine inizierà a decorrere a seguito dell’adozione di un formale provvedimento espropriativo o di specifico accordo traslativo o di apposita acquisizione sanante (C.G.A. 20 novembre 2008, n. 946; Cons. Stato sez IV, n. 25827/2007). Nel caso di specie, non essendo intervenuto nessuno di questi tre atti, il termine di prescrizione non è iniziato a decorrere.
Sul trasferimento del bene occupato illegitimamente.
Occorre innanzitutto premettere che la realizzazione dell'opera pubblica sul fondo illegittimamente occupato è in sé un mero fatto, non in grado di assurgere a titolo dell'acquisto, come tale inidoneo a determinare il trasferimento della proprietà, per cui solo il formale atto di acquisizione dell'amministrazione può essere in grado di limitare il diritto alla restituzione, non potendo rinvenirsi atti estintivi (rinunziativi o abdicativi, che dir si voglia) della proprietà in altri comportamenti, fatti o contegni. A tale riguardo la giurisprudenza ha affermato che il proprietario del fondo illegittimamente occupato, ottenuta la declaratoria di illegittimità dell'occupazione e l'annullamento dei relativi provvedimenti, può legittimamente domandare sia il risarcimento, sia la restituzione, previa riduzione in pristino, e che solo il formale atto di acquisizione dell'amministrazione, ora ai sensi dell'art. 42 bis D.P.R. 327/2001, può limitarne il diritto alla restituzione, non potendo rinvenirsi atti estintivi della proprietà in altri comportamenti, fatti o contegni (Cons. Stato sez. IV, n. 4833/2011).
Detta disposizione, sul presupposto che la perdita della proprietà non possa collegarsi se non ad un atto di natura contrattuale o autoritativa, attribuisce all'Amministrazione, qualora si sia verificata una sostanziale perdita della disponibilità del bene in capo al privato, il potere di acquisire la proprietà dell'area con un atto formale di natura ablatoria e discrezionale (in sostanziale sanatoria), al termine del procedimento legale nel corso del quale vanno motivatamente valutati gli interessi in conflitto.
Nel caso in esame, il Comune di Cosenza non ha ritenuto di acquisire la proprietà dell’area illegittimamente trasformata mediante formale atto di acquisizione sanante a mente del citato art. 42 bis D.P.R. 327/2001.
In conclusione, affinché possa perfezionarsi il trasferimento della proprietà del fondo occupato sine titulo, su cui è stata realizzata un'opera pubblica, e che costituisce la sola condizione legittimante la mancata restituzione, è necessario che l'Amministrazione si avvalga dell'art. 42-bis del T.U. E., fatto sempre salvo il ricorso alternativo ai possibili strumenti di natura privatistica, come la stipula di un contratto di acquisto avente anche funzione transattiva, ovvero con la riattivazione del procedimento espropriativo in sanatoria con le relative garanzie (Cons. Stato, sez. V, 31 ottobre 2011, n. 5813).
Nella fattispecie in esame le ricorrenti si sono limitate a chiedere la condanna dell'Amministrazione alla corresponsione di una somma di denaro commisurata al valore venale del bene, come risarcimento del danno per la perdita della proprietà del terreno.
La domanda medesima secondo il collegio, può essere accolta subordinandola alla previa conclusione di un accordo per la cessione del bene in favore dell'Amministrazione.
Deve essere pertanto dichiarato il dovere dell'Amministrazione di addivenire a un accordo transattivo con le ricorrenti che determini il definitivo trasferimento della proprietà del suolo occupato accompagnato dal corrispettivo che le parti dovranno concordare per la cessione della proprietà.
Sulla quantificazione del risarcimento del danno.
Il Collegio ritiene di dover provvedere ai sensi dell'art. 34, comma 4, cod. proc. amm., non risultando al riguardo alcuna espressa opposizione delle parti.
Sotto tale ultimo profilo, l'indennizzo per il pregiudizio patrimoniale è determinato in misura corrispondente al valore venale del bene utilizzato per scopi di pubblica utilità e, se l'occupazione riguarda un terreno edificabile, sulla base delle disposizioni dell'articolo 37, commi 3, 4, 5, 6 e 7 T.U.E.
Dovrà aversi riguardo al valore di mercato dell'immobile, non già alla data di trasformazione dello stesso (non potendo più individuarsi in tale data, una volta venuto meno l'istituto della c.d. accessione invertita, il trasferimento della proprietà in favore dell'Amministrazione), e nemmeno a quella di proposizione del ricorso introduttivo (non potendo ravvisarsi in tale atto un effetto abdicativo), bensì alla data in cui sarà adottato il citato atto transattivo, di qualsiasi tipo, al quale consegua l'effetto traslativo de quo. Tale valore di mercato dovrà essere aumentato del 10% a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, secondo il criterio recato dall’art. 42 bis del TU sulle espropriazioni per la determinazione dell’indennizzo dovuto in caso di acquisizione coattiva del bene da parte della P.A., criterio applicabile, per analogia, alla fattispecie risarcitoria. In tal senso, e conclusivamente, l'Amministrazione dovrà formulare un'offerta risarcitoria e addivenire ad un accordo con la parte ricorrente per la determinazione del corrispettivo della cessione secondo il criterio innanzi indicato.
La determinazione del valore venale dei terreni dovrà avvenire d'intesa tra le parti, le quali potranno eventualmente affidare il relativo incarico estimativo ad un tecnico di comune fiducia, con oneri a carico dell'amministrazione intimata. In mancanza di quanto sopra, il tecnico potrà essere nominato - su richiesta di una delle parti - dal prefetto di Cosenza, sempre con oneri a carico dell'amministrazione.
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