Illegittimo il vincolo archeologico fondato sulla sola probabilità di ritrovamenti, in assenza di reperti o frammenti, non suffragata da riscontri scientifici
Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria (Sezione Prima), n. 358 del 26 giugno 2014
Avv. Italo Mastrolia
di Roma, RM
Letto 341 volte dal 03/07/2014
L’imposizione del vincolo archeologico, ai sensi del D.Lgs. n. 42 del 2004, costituisce un’attività che attiene all’esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’Amministrazione interessata, insindacabile in sede di legittimità. Tuttavia, a tale scopo, è assolutamente necessario che tale discrezionalità sia sorretta da adeguata motivazione che richiede l'individuazione dell'area vincolata.
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 446 del 2013, proposto da:
Monte Massa Martano s.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Italo Mastrolia, con domicilio eletto presso Emanuela Francisci, in Perugia, via XX Settembre 57;
contro
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, rappresentato e difeso per legge dall' Avvocatura Distrettuale dello Stato di Perugia, domiciliataria in Perugia, via degli Offici, 14;
nei confronti di
Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero di Città di Castello;
per l'annullamento
- del decreto di vincolo archeologico adottato dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Umbria - Perugia in data 6 maggio 2013 e notificato all’odierna ricorrente il 20 giugno 2013;
- della nota della Soprintendenza per i Beni archeologici dell’Umbria del 12 febbraio 2013 n.prot. 1512 e notificata alla ricorrente in allegato al decreto oggetto di gravame;
- di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguente, anche se non conosciuto, ai suddetti provvedimenti impugnati.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 maggio 2014 il dott. Paolo Amovilli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Espone la società ricorrente di aver ottenuto dal Comune di Umbertide il 17 febbraio 2012 permesso di costruire avente ad oggetto la realizzazione di impianto di telecomunicazioni in località Monte Bastiola, stante il parere favorevole della Soprintendenza per i Beni Ambientali, in qualità di titolare del diritto di superficie su area di proprietà dell’ Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero di Città di Castello.
Con atto del 28 agosto 2012 (prot. 8721) la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Umbria ha comunicato alla Monte Massa Martano s.r.l. l’avvio del procedimento inerente la proposta di dichiarazione di interesse culturale ai sensi dell’art. 10 c. 3 lett. a) nonché di prescrizioni di tutela indiretta ex. art. 45 del D.lgs. 42/2004 per il sito di Monte Bastiola, per preteso rinvenimento di “resti di castelliere”.
L’odierna istante con articolata memoria procedimentale ha contestato sotto diversi profili la valenza archeologica del sito, anche alla luce delle precedenti valutazioni espresse dal Ministero dei Beni Culturali per il tramite della locale Soprintendenza.
Con decreto adottato in data 6 maggio 2013, la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Umbria ha apposto sul sito in esame il vincolo archeologico nonché il vincolo indiretto in riferimento agli immobili circostanti, richiamandosi alla relazione storico archeologica del funzionario archeologo allegata.
La società Monte Massa Martano s.r.l. impugna il suddetto decreto, deducendo le seguenti censure, così riassumibili:
I. Violazione degli artt. 7 e 10 della legge 241/90: l’Amministrazione non avrebbe tenuto conto delle puntuali osservazioni effettuate dalla ricorrente in sede procedimentale di segno contrario alla proposta di apposizione del vincolo, non risultando all’uopo idonea la nota del 20 dicembre 2012 comunicata dal Soprintendente;
II. Violazione e falsa applicazione del D.lgs. 42/2004, illegittimità del vincolo archeologico, difetto dei presupposti: il vincolo in questione sarebbe stato apposto in virtù della mera relazione del funzionario archeologo caratterizzata da asserzioni presuntive e non sorretta da riscontri oggettivi quali il rinvenimento di reperti archeologici, materiale fittile o resti murari;
III. Violazione degli artt. 10, 13 e 17 del D.lgs. 42/2004, dell’art.11 del R.D. 1357/40: il provvedimento impugnato non conterrebbe alcuna indicazione circa l’esatta individuazione, ubicazione e importanza ai fini della tutela culturale, essendo la presenza del “castelliere” del tutto presunta;
IV. Eccesso di potere per falsità dei presupposti, travisamento della situazione di fatto e di diritto, illogicità, contraddittorietà, carenza di istruttoria, sviamento: la presunta valenza archeologica sarebbe sfornita di qualsivoglia riscontro e sarebbe il frutto del personale e “suggestionato” convincimento della funzionaria redigente, non essendovi riferimenti di tipo oggettivo e non risultando affatto comprovata la presenza nel sito di strutture pertinenti ad un castelliere; l’Amministrazione non avrebbe compiuto la necessaria attività istruttoria per l’adozione di un provvedimento così lesivo del diritto della ricorrente, senza effettuare alcun preventivo scavo e sulla base di una sola fonte bibliografica; successivamente alla emanazione del provvedimento impugnato, inoltre, alcuni sopralluoghi condotti dalla locale Soprintendenza avrebbero fornito elementi idonei ad individuare il castelliere nella sola collinetta di fronte a Monte S.Anna mentre nel sito di Monte Bastiola sarebbe ipotizzabile la presenza di un solo deposito bellico per il posizionamento delle armi; all’interno dell’area sottoposta a vincolo diretto insisterebbe già da oltre vent’anni un traliccio Enel all’epoca (1991) autorizzato dalla Soprintendenza nel presupposto dell’assenza di reperti tali da attribuire ogni valenza archeologica all’area per cui è causa;
V. Difetto di motivazione: la motivazione contenuta nel decreto impugnato sarebbe di mero stile, tautologica senza individuare l’importanza culturale.
Si è costituito il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, eccependo l’infondatezza di tutte le censure ex adverso dedotte.
Le parti hanno svolto difese in vista della pubblica udienza del 14 maggio 2014, nella quale la causa è passata in decisione.
2. E’ materia del contendere la legittimità del decreto con cui la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Umbria ha apposto il vincolo culturale diretto ed indiretto in località Monte Bastiola, comprensivo di porzione di terreno di cui la ricorrente detiene la proprietà superficiaria ed è titolare di permesso a costruire per la realizzazione di impianto di telecomunicazioni, nel presupposto della sussistenza di un complesso archeologico “resti del castelliere”, ai fini della sua salvaguardia.
3. Il ricorso è fondato e va accolto.
3.1. Secondo giurisprudenza del tutto consolidata da cui il Collegio non ha ragione per discostarsi, le valutazioni in ordine all'esistenza di un interesse sia archeologico che storico-artistico, tali da giustificare l'apposizione dei relativi vincoli, è espressione di un potere nel quale sono presenti sia momenti di discrezionalità "tecnica", sia momenti di discrezionalità amministrativa, di prerogativa esclusiva dell'Amministrazione e può essere sindacata in sede giurisdizionale solo in presenza di profili di incongruità ed illogicità di evidenza tale da far emergere l'inattendibilità della valutazione tecnico-discrezionale compiuta (ex multis Consiglio di Stato sez. VI, 6 marzo 2009, n.1332; id. 10 settembre 2009, n.5455).
Pur in ragione dell’elasticità e dell’indeterminatezza degli stessi parametri tecnici delle discipline storiche ed archeologiche, si reputa indefettibile da parte dell’Amministrazione la specificazione dei presupposti di fatto che ne giustifichino l’imposizione tali da consentire di individuare la correlazione tra estensione del bene archeologico tutelato ed estensione dell’immobile di proprietà privata oggetto del vincolo (T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 24 gennaio 2011, n.94; Consiglio di Stato sez. VI, 10 luglio 2002 n. 3861; id. sez. VI, 8 marzo 2000, n.1171).
Tale onere motivazionale è indubbiamente rafforzato in riferimento alla tutela di tipo indiretto, poiché la parziale deroga al principio di tipicità dell’azione autoritativa, quanto al contenuto delle prescrizioni lasciate alla scelta ampiamente discrezionale dell’Amministrazione, ne comporta la necessità di sindacato giurisdizionale particolarmente attento al rispetto del principio - di valenza comunitaria - di proporzionalità, oltre che alla valutazione dell’interesse pubblico particolare perseguito e alla necessità della espressa previsione circa l’impossibilità di scelte alternative meno onerose per il privato gravato dal vincolo (Consiglio di Stato sez VI, 20 settembre 2005, n.4867, T.A.R. Campania - Salerno sez. II, 19 luglio 2007, n.861; T.A.R. Lazio sez.II, 5 marzo 2003, n. 1711; Consiglio di Stato sez VI, 4 novembre 2002, n.5997; Consiglio di Stato sez VI, 6 settembre 2002, n.4566).
3.2. Tanto premesso, nel caso di specie l’apposizione del vincolo diretto ed indiretto trova la propria ragion d’essere nell’allegata relazione del funzionario della Soprintendenza, la quale argomenta la valenza archeologica del sito di Monte Bastiola, in sintesi, dall’ipotizzata presenza di un castelliere verosimilmente di età preromana morfologicamente collegato al castelliere che sorge sul Monte S.Anna, con indicazione delle relative fonti bibliografiche, pur dando atto dell’assenza in loco di scavi o ritrovamenti, anche per la presenza di “fittissimo bosco”.
3.3. Ritiene il Collegio fondate le rubricate assorbenti censure di violazione e falsa applicazione dell’art. 10 c. 3 del Codice dei beni culturali nonché di eccesso di potere per evidente difetto di istruttoria e travisamento dei fatti, non risultando sufficienti riscontri oggettivi idonei a mettere in evidenza la sicura rilevanza culturale del bene da sottoporre a regime vincolistico.
3.4. Non ignora il Collegio che, secondo diffuso orientamento giurisprudenziale, l'imposizione del vincolo storico-artistico non presuppone che su tutte le aree interessate siano avvenuti ritrovamenti di carattere archeologico o paleontologico, essendo sufficiente che l'Amministrazione, sulla base dei dati in suo possesso, pervenga alla ragionevole conclusione che il sottosuolo contenga reperti non ancora portati alla luce (ex multis Consiglio di Stato VI, 17 giugno 2009, n.3962; id. sez. VI, 16 ottobre 2002, n.5630) così come la sufficienza, anche di fonti bibliografiche e cartolari che ne indichino in dettaglio l'estensione e le originarie destinazioni d'uso (ex plurimis Consiglio di Stato sez.VI, 24 gennaio 2005, n.106;id. 24 gennaio 2005, n.106).
Fermo restando in subiecta materia i limiti al sindacato giurisdizionale ab externo sull’ampia discrezionalità tecnica, nella fattispecie per cui è causa l’invocata probabilità di possibili ritrovamenti presso il sito di Monte Bastiola non risulta suffragata da idonei elementi, si da escluderne allo stato la rilevanza, dal momento che a norma dell’art. 10 del D.lgs. 42/2004 la dichiarazione amministrativa di interesse culturale deve evidenziare un interesse “particolarmente importante del bene sul piano storico e archeologico”. Il chiaro tenore letterale del citato art. 10, unitamente al generale disposto di cui all’art. 3 della legge 241/90, depone dunque per l’indicazione, in sede di apposizione del vincolo, di un inequivocabile e concreto interesse pubblico culturale indispensabile a giustificare il sacrificio del diritto di proprietà come tutelato dall’art. 1 del Protocollo Addizionale alla Convenzione E.D.U., secondo le pertinenti interpretazioni elaborate dalla Corte di Strasburgo ed indicate in prosieguo.
Infatti, i recenti sopralluoghi effettuati dalla ricorrente sotto la sorveglianza della locale Soprintendenza, seppur successivi all’emanazione dell’impugnato decreto, e le scoperte archeologiche ivi rinvenute, forniscono significativi riferimenti atti ad individuare il castelliere in questione presso il Monte S.Anna. ridimensionando la valenza archeologica del sito di Monte Bastiola, e suggerendo quantomeno il riesame da parte della Direzione Regionale delle determinazioni adottate. Di contro, la relazione del funzionario archeologo, per quanto argomentata, risulta effettivamente oltre che non supportata dal rinvenimento di alcun reperto o frammento di materiale fittile, scarsamente suffragata da rigorosi riscontri scientifici tali da avvalorare la presenza dell’asserito castelliere presso il Monte Bastiola. Lo stesso riferimento al P.T.C.P. della Provincia di Perugia in adeguamento al P.U.T. (L.R. 27/2000) appare di scarsa rilevanza, dal momento che l’elaborato A.3.2. “Aree e siti archeologici” non pare riferibile con certezza al sito di Monte Bastiola bensì a quello limitrofo di Monte S.Anna, unico sito di cui allo stato è certa la rilevanza archeologica.
3.5. Reputa il Collegio che nell’ambito del suesposto quadro fattuale caratterizzato (quantomeno) da obiettiva incertezza sulla sussistenza della valenza archeologica del sito, il sacrificio del diritto di proprietà o nella fattispecie del diritto di superficie (c.d. proprietà superficiaria cfr. Cassazione civile sez. II, 7 aprile 2014, n. 8084) si porrebbe in contrasto con l’art. 1 del Protocollo Addizionale alla Convenzione E.D.U., il quale come noto non tollera tale lesione in assenza del previo accertamento della effettiva e non solo astratta esistenza di un interesse pubblico “antagonista” ovvero capace di conformare il diritto dominicale. Viene in gioco anche l’esigenza del rispetto del principio di proporzionalità, d'altronde richiamato dalla stessa Corte europea dei diritti dell'uomo proprio in riferimento alla tutela della proprietà, laddove si richiede che anche per la mera regolazione dell'uso dei beni sia stato effettuato giusto bilanciamento tra le esigenze di interesse generale e la protezione del diritto dei singoli, sì da evitare conseguenze eccessivamente gravose per il titolare (Sporrong e Lönnroth, 23 settembre 1982; Ayangil, 6 dicembre 2011; Gladysheva, 6 dicembre 2011).
3.6. Tanto premesso, merita adesione anche la doglianza di eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà dell’operato dell’Amministrazione statale rispetto a propri precedenti atti riguardanti il medesimo sito, ponendosi l’impugnato decreto in contraddizione con l’autorizzazione data nel 1991 all’Enel all’installazione di stazione radio ripetitrice nonché con la stessa espressione di parere favorevole (17 ottobre 2011) al rilascio del permesso di costruire in favore della ricorrente.
4. Per i suesposti motivi il ricorso è fondato e va accolto al fine del necessario riesame da parte dell’Amministrazione, secondo i criteri di cui in motivazione.
Sussistono giusti motivi ai sensi degli artt. 26 cod. proc. amm. e 92 c.p.c. per disporre la compensazione delle spese di lite, attesa la particolarità della materia trattata.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il decreto impugnato, come da motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Cesare Lamberti, Presidente
Stefano Fantini, Consigliere
Paolo Amovilli, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/06/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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