«La sentenza n. 178 del 2010, impugnata con l’appello n. 2932 del 2010, ha accolto il ricorso proposto avverso l’appena citato provvedimento rilevando che dal combinato disposto degli artt. 32 e 33 legge n. 47 del 1985 si ricava non il divieto assoluto e automatico di condonabilità delle opere ricadenti in zona soggetta a vincolo, ma soltanto la necessità della valutazione, da parte dell’organo competente, della compatibilità o meno delle opere oggetto dell’istanza con il vincolo stesso. Il Ministero appellante sostiene che per le opere abusive ricadenti in zona vincolata debba, invece, escludersi che l’autorità preposta alla tutela del vincolo possa esprimersi in senso favorevole alla sanabilità, dato che l’art. 33 legge cit. stabilisce la regola generale negativa, limitando le deroghe consentite dagli artt. 31 e 32. L’appello non è fondato. Il vincolo archeologico posto sull’area in esame non ne comporta l’inedificabilità assoluta, ma l’obbligo di verificare, da parte dell’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo stesso, la compatibilità dell’intervento edilizio con le ragioni di tutela. Come questo Consiglio di Stato ha già osservato, infatti, la valutazione di compatibilità non muta in relazione al fatto che l’opera sia stata realizzata o meno: l’autorità preposta alla tutela del vincolo deve in ogni caso verificare se quel determinato tipo di intervento sia o meno compatibile con il vincolo. Il giudizio circa tale compatibilità non è in alcun modo influenzato dal fatto che l’opera sia stata, o meno, realizzata: o l’intervento è compatibile con il vincolo ed allora lo era sia prima che dopo la realizzazione, o non lo è ed allora l’autorizzazione postuma non può essere rilasciata, non già perché non chiesta in precedenza, ma perché non poteva essere rilasciata anche se richiesta tempestivamente (Con. Stato, sez. VI, 6 novembre 2000, n. 6130)». Daniele Majori – Avvocato Amministrativista in Roma Fonte:www.giustizia-amministrativa.it