«E’ acquisizione pacifica che la legittimazione ad agendum può essere riconosciuta solo allorchè venga comprovata la sussistenza di una posizione legittimante rappresentata , in particolare da un interesse peculiare e qualificato su cui fondare il titolo di legittimazione a domandare ed (eventualmente ) ottenere dal giudice adito una pronuncia costitutiva . Questo Consiglio di Stato ha avuto modo più volte di occuparsi della problematica dell’ammissibilità del gravame giurisdizionale sotto il profilo della legittimazione e tanto con specifico riguardo alla impugnativa dei titoli all’edificazione proposta da soggetti che abitano in area vicina a quella deputata ad ospitare l’intervento edilizio, sicchè dai vari precedenti giurisprudenziali possono ben evincersi gli elementi di giudizio risolutivi della quaestio all’esame. Sul punto il Collegio ritiene di dover qui ribadire, in adesione peraltro ad un preciso orientamento giurisprudenziale (ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 22 dicembre 2007 n.6613; idem, 24 dicembre 2007 n.6619; Sez. VI, 12 marzo 2002 n.1452) quanto qui di seguito acutamente e approfonditamente osservato e statuito da questa Sezione con una sua recente decisione, la n.8364 del 30/11/2010. In base ai principi generali in materia di condizioni dell’azione, desumibili dall’art.24.,comma 1, della Costituzione (“ tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi” e dall’art.100 c.p.c (“per proporre una domanda o per resistere alla stessa occorre avere un interesse”), l’azione di annullamento è sottoposta a due fondamentali condizioni : a) l’interesse processuale che presuppone , nella prospettazione della parte, una lesione dell’interesse sostanziale dedotto in giudizio (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 3 settembre 2009 n.51921); b) la legittimatio ad causam, costituita dall’essere titolare di un rapporto controverso in relazione all’esercizio del potere pubblico, in virtù del quale viene conferito al soggetto interessato alla contestazione giudiziale una posizione qualificata che lo distingue dal quisque de populo (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 7 novembre 2005 n. 6200). In mancanza dell’uno o dell’altro requisito, l’azione è inammissibile, dovendo, in particolare, nel sistema giurisdizionale amministrativo ai fini dell’ammissibilità del ricorso esservi piena corrispondenza tra titolo (o possibilità giuridica dell’azione) ed interesse sostanziale ad agire. Precisati i parametri giurisprudenziali cui far riferimento per delibare in ordine ad una eccezione di inammissibilità sotto i profili suindicati, nel caso de quo, come infra meglio si vedrà, è eccepita dall’appellante principale (ma anche dall’appellante incidentale) la carenza in capo agli attuali appellati cittadini di una posizione differenziata qualificabile in termini astratti come titolo legittimante all’azione unitamente al difetto dell’interesse sostanziale ad agire. Quanto alla prima delle predette circostanze, va rilevato che gli odierni appellati (ricorrenti di primo grado) sono un gruppo di cittadini proprietari (e abitanti) di fabbricati siti in area vicina a quella (di proprietà della Immobiliare Gadeca) destinata ad ospitare l’insediamento immobiliare di cui al contestato P.I.I., essendo pacifico al riguardo che le loro proprietà si trovano in siti posti al di fuori del perimetro dell’area interessata al suddetto Piano Integrato. Viene quindi in rilevo un primo aspetto della questione, quello della vicinitas. La Sezione ha sì presente l’orientamento giurisprudenziale che ha riconosciuto il criterio della vicinitas idoneo a legittimare l’impugnazione di singoli titoli edilizi (cfr. Cons . Stato, Sez .I V, 4 maggio 2010 n.2565), ma tale arresto deve ritenersi recessivo allorchè, come nella fattispecie, oggetto di contestazione giudiziale è la disciplina urbanistica (contenuta in uno strumento attuativo) di aree estranee a quelle di proprietà degli originari ricorrenti. In questo caso il criterio della vicinitas in esame non è sufficiente a fornire le condizioni dell’azione, dal momento che non esaurisce gli ulteriori profili di interesse all’impugnazione (in tal senso, Cons. Stato, Sez. IV, 29 dicembre 2010 n.9537). Soccorre, invero, in tali evenienze il principio per cui per proporre impugnativa è necessario che la nuova destinazione urbanistica che concerne un’area non appartenente al ricorrente incida direttamente sul godimento o sul valore di mercato dell’area viciniore o comunque su interessi propri e specifici del medesimo esponente (cfr. Cons. Stato, sez. IV , 14 giugno 2007 n.3191, idem 24 dicembre 2007 n.6619; Sez. V 16 aprile 2003 n.1948), dovendo di tanto l’interessato fornire se non una rigorosa dimostrazione, almeno idonei principi di prova. Del pari, in relazione al carattere personale dell’azione, per ciò che attiene ai profili dell’attualità e concretezza, occorre verificare se dall’impugnato Piano Integrato di intervento discende una lesione effettiva e un danno certo alla sfera giuridica del ricorrente (Cfr. Cons Stato, Sez. IV, 22 giugno 2006 n.3947; Sez. VI 6 marzo 2002 n.1371). Ebbene nessuna delle predette circostanze richieste quali condiciones iuris per l’ammissibilità del ricorso risulta nella specie sussistente. I ricorrenti di prime cure lamentano, in concreto, una sorta di alterazione del preesistente assetto urbanistico- edilizio che intendono conservare, il che, a loro dire, comporterebbe un peggioramento della vivibilità della zona , avuto particolare riguardo al fatto che il programma di intervento sarebbe contrassegnato da una carenza di standard urbanistici,in specie parcheggi. Ora, in primo luogo non è minimamente dimostrato un eventuale deprezzamento delle proprietà dei ricorrenti (situate , come detto, al di fuori delle aree del PII), sicchè allo specifico riguardo non è rinvenibile una lesione effettiva e documentata delle facoltà dominicali dei medesimi (cfr. Cons Stato, Sez. IV, 29 dicembre 2010 n.9537, già citata) . Al contrario, trattandosi di un intervento di bonifica e di riqualificazione di un’area industriale dismessa, il valore degli immobili delle aree circostanti deve ritenersi aumentato e giammai diminuito in ragione della bonifica di un sito degradato (cfr. Sez. IV, n..6619/07, già citata). Al riguardo va pure rilevato di non essere nella specie provato che sull’area oggetto del progettato intervento vengono a realizzarsi immobili a destinazione commerciale o imprenditoriali suscettibili di per sé di creare nocumento ai vicini e/o compromettere il diritto alla salute o all’ambiente (in tal senso, Cons. Stato, Sez. IV, 14 giugno 2007 n.3191; idem, 16 aprile 2003 n.1948); e se così è, non è dato intravvedere, per gli aspetti sopra esposti, la sussistenza di un vulnus idoneo a legittimare l’azione di annullamento contro lo strumento urbanistico attuativo di cui è causa. Quanto agli altri profili di pregiudizio lamentati, quelli attinenti ad una pretesa insufficienza delle infrastrutture e di altri standars urbanistici, in particolari, parcheggi, al di là del fatto che parte appellante indica circostanze e dati che sul punto smentiscono la fondatezza delle contestazioni operate dai vicini residenti, va osservato che tali rilievi, oltre a non essere adegutamente documentati, attengono, per il loro ontologico contenuto, al merito del giudizio, non già alla sussistenza dei presupposti legittimanti la proposta azione di annullamento. In ogni caso, sotto le denunciate vesti dei pregiudizi lamentati, in realtà gli originari ricorrenti, oggi attuali appellati, “certant de lucro captando” e non “de damno evitando” e non v’è dubbio che l’assenza per loro di benefici derivanti dal progettato insediamento immobiliare non può assurgere alla dignità di lesione concreta ed effettiva della loro sfera giuridica, questa sì imprescindibile condizione, unitamente alle altre, per legittimare l’instaurazione della contestazione giudiziale». Daniele Majori – Avvocato Amministrativista in Roma Fonte:www.giustizia-amministrativa.it