Rifiuto di procreare: quando è causa di nullità del matrimonio
Corte di Cassazione, sentenza del 20 gennaio 2011, n. 1343
Avv. Antonella Pedone
di Guidonia Montecelio, RM
Letto 1302 volte dal 22/05/2011
Il rifiuto di procreare rende nullo il matrimonio. Va precisato che la prolungata convivenza dopo il matrimonio esclude, nell'ordinamento civile, l'invalidità dello stesso. Se, prima del matrimonio, un coniuge nasconde all'altro l'intenzione di non avere figli, il matrimonio può essere dichiarato nullo secondo l'ordinamento ecclesiastico. La sentenza ecclesiastica che dichiara la nullità del matrimonio è soggetta, ai fini della sua efficacia nell’ordinamento italiano, ad una delibazione positiva del Tribunale civile. Tale delibazione positiva è preclusa nel caso in cui la nullità sia stata dichiarata a causa del rifiuto della procreazione sottaciuto da un coniuge all’altro, in caso di convivenza particolarmente prolungata oltre il matrimonio. La successiva prolungata convivenza, infatti, è considerata espressiva di una volontà di accettazione del rapporto ed è quindi incompatibile con l'esercizio della facoltà di rimetterlo in discussione, altrimenti riconosciuta dalla legge (Corte di Cassazione, sentenza del 20 gennaio 2011, n. 1343). In altra occasione la Cassazione ha precisato che "l'ordine pubblico interno matrimoniale evidenzia un palese 'favor' per la validità del matrimonio quale fonte del rapporto familiare incidente sulla persona e oggetto di rilievo e tutela costituzionali, con la conseguenza che i motivi per i quali esso si contrae, che, in quanto attinenti alla coscienza, sono rilevanti per l'ordinamento canonico, non hanno di regola significato per l'annullamento in sede civile" (Corte di Cassazione, sentenza del 18 luglio 2008, n. 19809).
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