Nei giudizi di risarcimento danni per responsabilità professionale medica il danneggiato deve solo dimostrare l'esistenza del rapporto di cura avuto con il medico, il danno subito e il nesso di causalità tra l'operato del medico e il danno di cui chiede di essere risarcito. Il danneggiato però non è tenuto a dimostrare la colpa del medico. Ne discende che in caso di eventuale insuccesso dell'intervento sarà il medico ad avere l'onere di dimostrare che l'insuccesso, rispetto a quanto concordato o ragionevolmente attendibile, è dipeso da causa a lui non imputabile. È quanto ricorda la corte di cassazione (sentenza 17143/2012) specificando che "l'onere della prova è stato ripartito tra le parti nel senso che spetta al medico provare che il caso è di particolare difficoltà, e al paziente quali siano state le modalità di esecuzione inidonee; ovvero a quest'ultimo spetta provare che l'intervento è di facile esecuzione e al medico che l'insuccesso non sia dipeso da suo difetto di diligenza". La Corte ricorda anche una decisione delle Sezioni Unite secondo cui "il creditore che agisce per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre è al debitore convenuto che incombe di dare la prova del fatto estintivo, costituito dall'avvenuto adempimento".