Il danno esistenziale, indipendentemente dalla terminologia utilizzata, deve sempre essere preso in considerazione nella liquidazione del danno, ai fini della corretta personalizzazione del medesimo. Il caso di specie riguarda una donna che chiede il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale, come conseguenza di una paralisi ostetrica del braccio destro subita dal neonato all'esito di un errato intervento in sede di parto. A causa delle gravi lesioni subite dal figlio, la madre è indotta ad abbandonare il lavoro, per dedicarsi esclusivamente alla cura del medesimo, bisognevole di assistenza in ragione della gravità delle lesioni psicofisiche riportate al momento della nascita. Ai fini della liquidazione del relativo ristoro deve tenersi in considerazione la sofferenza anche sotto il profilo della sua degenerazione in obiettivi profili relazionali. La prova di tale danno può essere data anche con presunzioni, con la conseguenza che il giudice deve ritenere provata la sofferenza inferiore e lo sconvolgimento dell'esistenza che anche per la madre ne derivano, dovendo, nella liquidazione del danno, tenere conto di entrambi i suddetti profili, ivi ricompresa la degenerazione della sofferenza interiore di quest'ultima come nella specie riverberantesi nella scelta di abbandonare il lavoro al fine di dedicarsi esclusivamente alla cura del figlio.