L’art. 3 CEDU impone implicitamente allo Stato l’obbligo positivo di assicurarsi che ogni prigioniero sia detenuto in condizioni compatibili con il rispetto della dignità umana, che le modalità di esecuzione della misura detentiva non sottopongano l’interessato ad un logorio o ad una afflizione di tale intensità da eccedere il livello inevitabile di sofferenza inerente la detenzione e che, con riguardo alle esigenze pratiche della detenzione, la salute ed il benessere del detenuto siano assicurati in modo adeguato attraverso la somministrazione delle terapie mediche richieste. Sebbene non sia possibile rimettere in libertà o anche trasferire presso un ospedale un detenuto, l’art. 3 della Convenzione sancisce uno degli aspetti fondamentali e tipici di una società democratica imponendo allo Stato di proteggere l’integrità fisica della persona privata della libertà; la buona amministrazione della giustizia penale esige, quindi, l’adozione di misure di natura umanitaria. Come afferma la Corte “les conditions de détention d’une personne malade doivent garantir la protection de sa santé, eu égard aux contingences ordinaires et raisonnables de l’emprisonnement.”