Contratto internazionale – Legge applicabile inglese – Principi unidroit non accolti dalla legge inglese
Sentenza del Tribunale di Rovereto, 15 marzo 2007
Avv. Najdat Al Najjari
di Treviso, TV
Letto 3241 volte dal 17/11/2009
Una società olandese ha stipulato un contratto con una società italiana per la licenza e la distribuzione di un film. Le parti hanno stabilito che la legge applicabile al contratto è quella inglese e definiscono dettagliatamente le modalità di pagamento. Il contratto contiene, inoltre una clausola per cui, in caso di cessazione del rapporto contrattuale, il licenziatario è tenuto a saldare quanto ancora dovuto in base al contratto stesso. Vi è un blocco
Una società olandese ha stipulato un contratto con una società italiana per la licenza e la distribuzione di un film. Le parti hanno stabilito che la legge applicabile al contratto è quella inglese e definiscono dettagliatamente le modalità di pagamento. Il contratto contiene, inoltre una clausola per cui, in caso di cessazione del rapporto contrattuale, il licenziatario è tenuto a saldare quanto ancora dovuto in base al contratto stesso. Vi è un blocco dei pagamenti da parte della ditta italiana, quindi la società olandese, secondo quanto sopra detto, chiede la risoluzione del contratto e il pagamento immediato di quanto ancora dovuto. La società italiana, che nel frattempo è fallita, obbietta che tale clausola rappresenta una penale il cui ammontare risulta essere troppo eccessivo, e nonostante il contratto sia governato dalla legge inglese, chiede al Giudice italiano di ridurre l’ammontare della penale in base a quanto prescritto dall’art. 1284 c.c. italiano, affermando che tale norma sia applicabile grazie al disposto dell’art. 7 (2) della Convenzione di Roma del 1980. Il Giudice ha respinto l’assunto poiché l’articolo del codice civile richiamato non può essere applicato. Infatti, a seguito di CTU, il Giudice ha applicato, come statuito dalle parti, la legge inglese, e ha stabilito che non si trattava di clausola penale ma di clausola per la liquidazione dei danni. In questi casi il diritto inglese non permette la possibilità di diminuire tale importo da parte di un giudice.
SENTENZA
nella causa civile rubricata sub n. 1052/04 r.g.c. promossa con ricorso in opposizione ex art. 98 L.F.
da
UNIVERSAL PICTURES INTERNATIONAL No 2 BV,
contro
CURATELA DEL FALLIMENTO ACADEMY PICTURES S.R.L
[…]
FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con istanza depositata nella cancelleria fallimentare del Tribunale di Rovereto il 13 dicembre 2003 (doc. n. 9 del fascicolo della società opponente), la società UNIVERSAL PICTURES INTERNATIONAL no 2 BV (di seguito: UNIVERSAL PICTURES) con sede a Baarn (Paesi Bassi), in persona degli amministratori delegati Joseph Eskes e Nicolas Aart Doornberg, chiedeva al Tribunale Fallimentare di Rovereto l’ammissione del credito chirografario di
€ 179.933,00 nello stato passivo del fallimento “Academy Pictures s.r.l.” (di seguito: ACADEMY PICTURES), dichiarato dal Tribunale di Rovereto con sentenza 07/2003 del 20.10.2003.
Affermava nel ricorso la società istante che:
- in forza di contratto di licenza e distribuzione dd. 17.05.1995, la società ACADEMY PICTURES, quale licenziatario autorizzato alla distribuzione in Italia del film “Backbeat”, si era impegnata a pagare alla società UNIVERSAL PICTURES –allora- denominata Manifesto Film Sales BV” (di seguito indicata, per brevità, come: MANIFESTO)- la somma di British pounds (di seguito GBP) 250000 “come corrispettivo minimo ed anticipo non rimborsabile”; il 10% della somma doveva essere pagata alla firma del contratto, il 20% all’inizio della fotografia, il 20% all’ultimazione della fotografia ed il 50% con la ricevuta da parte di un laboratorio italiano dell’internegativo della pellicola;
- l’internegativo della pellicola era successivamente reso disponibile “come da fattura del 15.12.93 (Doc. 3) ed avviso del 25.03.1994 (doc. 4)”; sino “allora” ACADEMY PICTURES versava il 50% del corrispettivo, pari a GBP 125000;
- nonostante l’avviso di disponibilità dell’internegativo, ACADEMY PICTURES non pagava il corrispettivo contrattuale residuo di GBP 125000;
- richiamando la clausola contrattuale in base alla quale, “in caso di mancato pagamento a seguito di diffida con termine di 10 giorni”, la MANIFESTO “avrebbe potuto risolvere il contratto” e, in caso di risoluzione, ACADEMY PICTURES” avrebbe dovuto saldare a favore di MANIFESTO tutte le somme già maturate”, la società concedente “era costretta a risolvere il contratto con lettera dd. 22 Dicembre 1994”.
Sulla base di tali affermazioni, la società concedente, nel frattempo divenuta UNIVERSAL PICTURES, domandava al fallimento di ACADEMY PICTURES il residuo corrispettivo contrattuale di GPB 125.000,00.
La domanda di insinuazione nello stato passivo, reso esecutivo con decreto 30.06.04, era respinta dal giudice delegato sul presupposto che la stessa richiesta di pagamento fosse stata già respinta dal Tribunale di Roma con sentenza non ancora passato in giudicato.
[…]
Tanto premesso UNIVERSAL PICTURES si doleva che il Tribunale avesse respinto l’ammissione allo stato passivo del suo diritto di credito ed affermava che:
- il suo credito, “come peraltro incidentalmente riconosciuto dal Tribunale di Roma”, trova appunto fondamento nell’art. 15 punti 2.3. del contratto di distribuzione, in base al quale ACADEMY PICTURES, dopo avere versato acconti per complessivi GBP 125.000, si era obbligata a pagare l’ulteriore importo di GBP 125.000 (pari al 50% del corrispettivo totale) all’atto della ricezione dell’internegativo della pellicola, circostanza questa pacificamente verificatasi;
- che in virtù dello stesso contratto (punti 15.2.2. e 15.2.3.) le parti avevano stabilito che, in caso di risoluzione dello stesso, UNIVERSAL PICTURES avrebbe non solo legittimamente trattenuto gli importi pagati da ACADEMY PICTURES a titolo di acconto ma avrebbe pure avuto diritto a ricevere “tutti gli importi dovuti a norma di contratto”;
- ACADEMY PICTURES non aveva versato, nonostante ripetute sollecitazioni, la somma di GBP 125.000 dovuta in seguito alla consegna dell’internegativo mentre aveva solo consegnato precedenti acconti per GBP 1250.000;
[…]
Alla prima udienza, fissata per il 4 ottobre 2004, si costituiva in giudizio la curatela del fallimento ACADEMY PICTURES che:
[…]
? nel merito, per l’ipotesi di rigetto delle eccezioni preliminari, la curatela avanzava ex art. 1384 c.c. istanza di riduzione della somma richiesta da UNIVERSAL PICTURES, da qualificarsi come penale, osservando che l’obbligazione principale è stata in parte eseguita ed affermando che l’ammontare della penale è manifestamente eccessivo; sosteneva sul punto la curatela che ACADEMY PICTURES si era determinata a sottoscrivere un contratto che prevedeva a favore del produttore del film un minimo garantito “considerevolmente elevato” di GBP 250.000 perché il sig. Powell della MANIFESTO aveva prospettato “una produzione di straordinario impegno produttivo e dalle eccezionali caratteristiche artistiche” e perché, “trattandosi di un film sulla vita di uno dei membri del complesso musicale “Beatles” quegli aveva garantito “che la colonna sonora del film avrebbe incluso delle registrazioni inedite dei primi brani dei Beatles e che, pertanto, il film sarebbe potuto divenire l’evento cinematografico musicale della stagione”; mentre, a produzione eseguita, ACADEMY PICTURES dovette constatare che il film “era assolutamente privo delle musiche inedite dei Beatles” con la conseguenza che esso si rivelò “un enorme insuccesso sia di pubblico che di critica, tanto da non esser selezionato in alcuno dei Festival cinematografici” e da dovere essere ritirato dai circuiti commerciali, nonostante gli sforzi fatti da ACADEMY PICTURES per promuoverlo.
[…]
Con ordinanza del 4 Luglio 2005 il Collegio, investito della decisione della causa, ne disponeva la rimessione in istruttoria, ritenendo che la clausola contrattuale n. 15.2.3. invocata da parte UNIVERSAL PICTURES –clausola che, in lingua inglese, suona come segue: In event of termination of this agreement by the Licensor pursuant to this agreement … The Licensee shall pay to the Licensor the bilance of all osutstanding sums payable to the Licensor under this Agreement- dovesse essere qualificata alla luce del diritto inglese e del Galles applicabile al contratto per volontà delle parti in forza del punto 20.1 dello stesso accordo. Il Collegio osservava che, sempre in base al diritto inglese, dovesse essere valutata la richiesta di riduzione della penale avanzata da parte resistente e nominava quindi un consulente tecnico “di diritto inglese” secondo quanto previsto dalla legge di diritto internazionale privato 31 MAGGIO 1995 n. 218 art. 14, in base alla quale l’accertamento della legge straniera è compiuto d’ufficio dal giudice che può anche interpellare esperti o istituzioni specializzate.
L’esperto era individuato nella persona del prof. Franco Ferrari, docente ordinario di diritto internazionale presso l’università di Verona.
[…]
Nella memoria ex art. 183 c.p.c. la curatela del fallimento poneva una serie di questioni “rilevabili d’ufficio” in relazione alle quali modificava le proprie conclusioni; in particolare:
- eccepiva il giudicato in punto del diritto applicabile alla controversia, perché il Tribunale di Roma, nella sentenza n. 2486/02 R.G., relativa allo stesso rapporto, aveva fatto applicazione del diritto italiano;
- affermava che il diritto italiano dovesse in ogni caso trovare applicazione, perché, essendo la fattispecie soggetta alla Convenzione di Roma del 19 Giugno 1980 sulle legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, avrebbe dovuto trovare applicazione anche l’art. 7 della suddetta Convenzione sulle nome di “applicazione necessaria”; sosteneva che la norma di applicazione necessaria dovesse essere individuata nello articolo 1384 c.c. relativa alla riduzione della penale, “specie dopo la nota sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nr. 18128/2005 che ha sancito la possibilità per il giudice di ridurre d’ufficio la clausola penale e ciò sia con riferimento alla penale manifestamente eccessiva sia con riferimento all’ipotesi in cui la riduzione avvenga perché l’obbligazione principale è stata in parte eseguita”; affermava, dunque, la curatela che il carattere cogente ed imperativo dell’art. 1384 c.c. si dovesse evincere dal fatto che l’articolo introduce una norma “avente lo scopo di contemperare l’autonomia contrattuale avuto riguardo a principi di equità (,,,) nell’interesse dell’ordinamento”, come riconosciuto dalla Suprema Corte di Cassazione con l’affermazione che la norma è posta “per evitare che l’autonomia contrattuale travalichi i limiti entro i quali la tutele soggettiva delle parti appare meritevole di tutela”; con specifico riferimento al caso di specie, e quindi dell’applicazione del criterio di collegamento dell’art. 7 della Convenzione di Roma, la curatela sosteneva inoltre come non vi sia “dubbio che la situazione dedotta in giudizio presenti uno stretto legame con l’Italia: basti considerare che oltre al fatto della residenza in Italia della concessionaria, il film era destinato ad essere distribuito in Italia e nelle parti di lingua italiana degli stati limitrofi, così come la lingua autorizzata per il doppiaggio o la sottotitolatura del film era solo quella Italiana”; in subordine parte opposta sosteneva che dovesse comunque trovare applicazione il criterio residuale di cui al punto 7 para. 2 della citata Convenzione, atteso il carattere imperativo della previsione dell’art. 1384 c.c.;.
- eccepiva, poi, la curatela che, quand’anche la fattispecie concreta fosse soggetta, in base alla previsione pattizia contenuta nel contratto, alla legge inglese, la clausola 15.2.3. del contratto dd. 17.05.1993 dovesse essere ritenuta nulla o inefficace, alla luce della consulenza tecnica del prof. Ferrari, perché si trattava di clausola qualificabile, in base al diritto inglese, come penalty clause;
- eccepiva infine la difesa del fallimento che il potere del giudice italiano di procedere alla riduzione della clausola penale, nell’ipotesi che questa fosse qualificata in base al diritto inglese come liquidated damages clause, dovesse discendere dall’applicazione dei principi internazionali “anche di matrice comunitaria” perché il “il potere di ridurre d’ufficio la clausola penale o, genericamente, le sanzioni previste a carico della parte inadempiente oltre che principio riconosciuto in tutti i paesi di diritto continentale” trova riscontro anche all’articolo 7.4.13 dei Principi dei contratti internazionali del 1994 dell’UNIDROIT, ove è previsto che: “In ogni caso, nonostante qualsiasi patto contrario, la somma stabilita può essere ridotta ad un ammontare ragionevole ove essa sia manifestamente eccessiva in relazione al danno derivante dall’inadempimento ed alle altre circostanze”.
Con memoria depositata il 3 Marzo 2006, replicava UNIVERSAL PICTURES alle nuove questioni sollevate dalla curatela fallimentare, di cui eccepiva l’inammissibilità proprio perché nuove e che contestava nel merito.
[…]
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’opposizione proposta da UNIVERSAL PICTURES è fondata e merita accoglimento.
[…]
La clausola contenuta al punto 15.2.3. del contratto dd. 17.05.1993 deve pertanto essere prima qualificata e poi applicata secondo il diritto inglese e del Galles, prescelto dalle parti.
[…]
Quale che sia l’esatta traduzione della clausola 15.2.3. è del tutto chiaro, in base al contratto –ed è comunque riconosciuto dalla stessa parte opponente- che essa è invocabile in ogni ipotesi testuale di risoluzione convenzionale del contratto.
I casi di risoluzione convenzionale del contratto –quelle che per il nostro diritto verrebbero definiti come casi di clausola risolutiva espressa- sono elencati nei punti da 15.1.1. a 15.1.5 del contratto stesso come segue (nella traduzione del prof. Ferrari):
15.1.1. ove qualsiasi pagamento dovuto da parte del Concessionario ai sensi del presente contratto non sia effettuato entro 10 giorni dalla richiesta scritta di pagamento effettuata da parte Concedente;
15.1.2. ove, pur fatta salva la previsione di cui alla clausola 15.1.4., qualsiasi ulteriore inadempimento del presente accordo da parte del Concessionario non venga sanato entro 20 giorni dalla contestazione scritta da parte del Concedente di tale inadempimento;
15.1.3. ove il Concessionario sia messo in liquidazione o acceda ad una procedura concorsuale, o si renda insolvente, o cerchi di concludere qualsivoglia accordo con i propri creditori, ovvero sia soggetto a qualsiasi procedura esecutiva, che possa colpire qualsiasi dei beni del concessionario, o il Concessionario interrompa anche temporaneamente la propria attività quale distributore del Film, ovvero la propria attività in generale per un periodo superiore ai 30 giorni;
15.1.4. ove il Concessionario si renda inadempiente alla clausola 14 del presente contratto,
15.1.5. ove il Concessionario rifiuti di accettare la consegna di qualsiasi prodotto per il quale abbia ricevuto avviso da parte del Concedente.
Risulta dunque chiaro che le parti si accordarono nel senso che il concessionario sarebbe stato obbligato a pagare il cd. minimo contrattuale garantito -e quindi l’intero corrispettivo contrattuale preteso da UNIVERSAL PICTURES pari a GBP 250000- in qualsiasi ipotesi testuale di inadempimento contrattuale (clausole 1, 2, 4 e 5) o di riduzione della garanzia patrimoniale di solvenza (clausola n. 3) a prescindere dalla gravità dell’inadempimento e non invece, come sostenuto da UNIVERSAL PICTURES, a consentire al concedente di trattenere i diritti già maturati in relazione allo stato di esecuzione del contratto.
La funzione concreta della clausola qui controversa è spiegata dal consulente prof. Ferrari quale “ulteriore rimedio” (rispetto alle -per intendersi- clausole risolutive espresse del sistema interno) “a favore del concedente nell’ipotesi di materializzazione di una delle situazioni sopra descritte” (pag. 6 della perizia).
Quanto alla natura giuridica della clausola spiega il prof. Ferrari che essa potrebbe essere ascritta, in considerazione della sua concreta struttura, alternativamente o:
- alla categoria giuridica della penalty clause del diritto anglosassone, che è nozione “non coincidente con quella di clausola penale del diritto italiano (assimilabile, per converso, alla nozione di “clause pènale” nota nell’ordinamento francese ovvero di “Vertragsstrafe nota nell’ordinamento tedesco) perché “il concetto di penalty contiene una nozione valutativa della fattispecie, che è invece assente nel concetto di clausola penale la cui valenza è puramente descrittiva. La nozione, che si trova in tutti gli ordinamenti europeo-continentali, infatti, vale a descrivere qualsiasi fattispecie in cui le parti predeterminano nel contratto la somma di denaro che il soggetto inadempiente sarà tenuto a corrispondere all’altra parte nell’ipotesi di inadempimento alle proprie obbligazioni contrattuali. La nozione, invece, non comporta un pregiudizio circa la validità e/o efficacia della clausola in questione, che dovrà pertanto essere sottoposta ad un giudizio caso per caso al fine di stabilirne la validità ed efficacia nella fattispecie concreta. (..) Diversa è la situazione nell’ambito del common law inglese, dove la nozione di penalty esprime di per sé una connotazione negativa e viene pertanto comunemente utilizzata per descrivere una fattispecie unenforceable (ossia inefficace e/o invalida);
- oppure alla “speculare nozione di liquidate damages. Entrambe le nozioni si riferiscono ad ipotesi in cui le parti hanno convenuto la corresponsione di una somma di denaro in caso di inadempimento del contratto. La nozione utilizzata, tuttavia, contiene già in sé la valutazione circa la validità della clausola, di modo che si parlerà di penalty per descrivere una clausola invalida con cui le parti predeterminano la somma che il soggetto inadempiente è tenuta a corrispondere al verificarsi dell’inadempimento e si parlerà di liquidated damages nel caso di clausola valida con cui le parti predeterminano tale somma di denaro” (pagine 7 ed 8 della perizia).
Osserva inoltre il prof. Ferrari che, nel caso di specie, la clausola era stata associata dalle parti ad un’ulteriore previsione in danno della parte inadempiente (nel diritto anglosassone talvolta indicata anche come forfeiture clause, vedi pag. 8 della perizia), ossia alla clausola –sub. n. 15.2.2. del contratto- con la quale le parti avevano stabilito che il concedente, sempre in caso di ricorrenza di una delle situazioni di inadempimento ovvero diminuzione della garanzia di solvenza -sopra indicate- da parte del concessionario, avrebbe avuto il diritto di trattenere le somme già versate dal concessionario a titolo di deposit (nel concreto i 125.000 GBP già versati da ACADEMY PICTURES in corso di esecuzione del rapporto e di cui il Tribunale di Roma ha ordinato la restituzione in seguito alla pronuncia di risoluzione del contratto con statuizione poi impugnata da UNIVERSAL PICTURES avanti alla Corte d’Appello di Roma). Tale clausola -che, nella traduzione in lingua italiana del prof. Ferrari, è del seguente tenore: il concedente tratterrà, a proprio uso e beneficio, tutte le somme ricevute o dovute al Concedente ai sensi del presente contratto”- può assumere rilievo, secondo il prof. Ferrari, “ai fini della complessiva valutazione del contratto e, in particolare, della qualificazione della clausola ulteriore come penalty clause o come liquidated damages clause” atteso che essa già stabilisce una sanzione a carico della parte inadempiente ossia il diritto della parte non inadempiente a trattenere “una somma versata ab origine a titolo di caparra (per utilizzare una nozione propria del diritto italiano)”.
[…]
Il prof. Ferrari ha infatti chiarito che caso Dunlop LTD. V. new Garage Ltd. la House of Lords, supremo organo giurisdizionale per le Corti d’Inghilterra e Galles, “ebbe modo, anche sulla base di decisioni precedenti, di enunciare le quattro regole fondamentali che governano tutt’ora la materia. In particolare (pagine 8 e 9 della consulenza):
1. anche se le espressioni penalty” o “liquidated damages” usate dalle parti possono prima facie essere intese per il loro significato letterale, l’espressione utilizzata non è risolutiva e la corte è tenuta a valutare caso per caso se nella fattispecie ci si trovi di fronte ad una penalty ovvero una liquidated damages clause;
2. l’essenza di una penalty è rappresentata da una previsione contrattuale di un obbligo di pagamento di una somma di denaro stipulata in terrorem della parte inadempiente; diversamente, l’essenza di una liquidated damages clause può essere rinvenuta in un accordo con il quale le parti ragionevolmente predeterminano secondo buona fede il verosimile ammontare dei danni nell’ipotesi di inadempimento;
3. la questione riguardante la qualificazione di una clausola come penalty oppure liquidated damages clause è una questione d’interpretazione da risolvere sulla base del contenuto specifico di tutte le circostanze concrete relative a ciascun contratto da valutare al tempo della stipulazione della clausola e non già al tempo dell’inadempimento”.
4. alcuni criteri valutativi possono aiutare il giudice nel caso concreto, tra i quali possono assumere rilievo, con riferimento al caso di specie i seguenti (vedi C.T.U. pagina 10 e note 8 e 10):
i. “la clausola dovrà essere considerata una penalty se risulta eccessiva e sproporzionata nell’ammontare rispetto al maggior danno ipotizzabile al tempo della stipula dell’accordo come conseguenza dell’inadempimento (in questo senso già Clydebank Engineering adn Shipbuilding Co. V. Don Jose Ramos Ysquierdo y Castaneda (1905) AC 6, House of Lords”);
ii. “la clausola dovrà (semplicemente) presumersi una penalty se una stessa somma è pattuita quale risarcimento per inadempimenti di una qualunque di diverse obbligazioni suscettibili di causare danni di diversa entità. (nello stesso senso già Wbster v. Bosanquet (1912) AC 394, House of Lords; per una recente applicazione di tale principio di veda Philips Hong Kong Ltd v. Attorney General of Hong Kong (1993) 61 BLR 41) .
L’ampia casistica giurisprudenziale esistente, tuttavia, dimostra come le corti siano inclini a considerare una clausola come penalty soltanto in casi eclatanti di clausola stipulata in terrorem (ciò quantomeno in ipotesi di contratto conclusi tra le parti con potere contrattuale equilibrato), di modo che particolare rilevanza nel giudizio da rendere in relazione alla singola clausola assume il giudizio (,,) in forza del quale la clausola dovrà essere considerata una penalty se risulta eccessiva e sproporzionata nell’ammontare rispetto al maggior danno ipotizzabile al tempo della stipula dell’accordo come conseguenza dell’inadempimento” (pagina 11 della consulenza).
Muovendo dalle conclusioni del prof. Ferrari, la curatela fallimentare ha, in corso di causa, modificato le proprie conclusioni, sostenendo la nullità ovvero l’inefficacia della clausola pattuita dalle parti perché si tratterebbe di una penalty clause conclusa in terrorem della parte licenziataria; nel caso concreto, applicando i principi derivanti dal caso Dunlop, la natura di penalty clause discenderebbe dai seguenti fatti (pagina 7 della comparsa conclusionale) :
a) perché il pagamento dell’importo di cui al punto 15.2.3 è stato previsto per tutta una serie di inadempimenti di obbligazioni del tutto diverse e suscettibili di causare danni non determinati e persino di dubbia sussistenza, inadempimenti invocabili a giudizio insindacabile della società concedente e, dunque, senza la possibilità di valutare la effettiva gravità dell’inadempimento;
b) il suddetto obbligo a carico di ACADEMY PICTURES appare manifestamente eccessivo, sproporzionato ed irragionevole rispetto al danno ipotizzabile per la MANIFESTO, a favore della quale era già stato previsto nel contratto, a fronte dell’inadempimento della prima, non solo il diritto di trattenere tutte le somme percepite ed il riacquisto di tutti i diritti sul film ma anche (punto 15.2.4) la possibilità di dar corso a proprio beneficio a tutti gli accordi conclusi dal concessionario o nel suo interesse;
c) inoltre la previsione integra un’obbligazione manifestamente eccessiva anche considerata l’epoca di stipula del contratto (si tratta di circa € 3600000,00, una somma assai consistente nell’anno 1993), la tipologia del film (non vi partecipavano attori noti, non era noto il regista) e le limitazioni territoriali allo sfruttamento del film e da ultimo le effettive qualità del film stesso, rivelatosi privo delle caratteristiche promesse e quindi un insuccesso.
[…]
Gli argomenti sostenuti dalla curatela non sono però, a giudizio del Collegio, sufficienti per qualificare la clausola conclusa dalle parti come una penalty clause.
Invertendo l’ordine degli stessi osserva il Tribunale che la clausola penale non è “eccessiva e sproporzionata nell’ammontare rispetto al maggior danno ipotizzabile al tempo della stipula dell’accordo come conseguenza dell’inadempimento” (argomento b); si deve, infatti, osservare che le parti si limitarono a liquidare anticipatamente un danno che corrisponde al “lucro cessante minimo” che MANIFESTO avrebbe potuto domandare, a titolo di risarcimento, in caso di inadempimento del contratto da parte di ACADEMY PICTURES. La clausola contrattuale contestata contempla infatti l’obbligo di pagamento a carico del licenziatario del corrispettivo contrattuale minimo stabilito pattiziamente per la produzione e consegna dell’internegativo del film da parte di MANIFESTO .
La “clausola penale” rappresenta pertanto una tipica liquidazione anticipata del danno che la società MANIFESTO avrebbe comunque ottenuto qualora avesse esercitato un’ordinaria azione di risarcimento del danno per inadempimento contrattuale.
Tale considerazione basta a far ritenere che non si versi in uno dei “casi eclatanti di clausola stipulata in terrorem” nei quali, secondo il consulente prof. Ferrari, la giurisprudenza anglosassone ha ravvisato una penalty perché, nel caso di specie, la misura della somma di denaro stabilita dalle parti quale sanzione per l’inadempimento non è certamente “ eccessiva e sproporzionata nell’ammontare rispetto” al “danno ipotizzabile al tempo della stipula dell’accordo come conseguenza dell’inadempimento” (pagina 11 della consulenza)..
A fronte della suddetta constatazione viene a perdere forza anche la doglianza proposta sub lettera b) dal Fallimento che, cioè, la clausola debba essere qualificata come penalty perché la “sanzione” fu prevista come conseguenza di svariate ipotesi, anche non gravi, di inadempimento contrattuale (punti da 15.1.1. a 15.1.5 del contratto). Si deve infatti osservare che la pattuizione di una clausola penale, non sproporzionata nell’ammontare, fu previsto dalle parti in relazione a ben precise situazioni di inadempimento che prevedevano una “costituzione in mora” ovvero un avviso da parte del creditore e quindi una possibilità per il debitore di sanare l’inadempimento (vedi punti 15.1.1, 15.1.2 e 15.1.5); non si tratta pertanto di “un caso eclatante” di clausola penale prevista per l’inadempimento di una qualsiasi obbligazione contrattuale ma di una penale proporzionata al danno potenziale del creditore stabilita in relazione a specifiche ipotesi di inadempimento, che presupponevano, in ogni caso, la costituzione in mora del debitore.
Che non si trattasse di casi di “inadempimento non grave” è poi dimostrato dal fatto che il contratto è stato dichiarato risolto dal Tribunale di Roma sulla base della legge italiana, che presuppone la gravità dell’inadempimento, senza che la decisione del Tribunale di Roma fosse impugnata dal fallimento.
Per quanto riguarda, infine, l’argomento fondato sull’insuccesso del film (lettera c), insuccesso che la curatela aveva chiesto di poter provare, si tratta di argomento irrilevante perché esso attiene al momento esecutivo del contratto –in relazione al quale non sono state proposte domande od eccezioni riconvenzionali- mentre il giudizio sulla natura della clausola è riferito anche nella giurisprudenza inglese (caso Dunlop cit.) al momento genetico del vincolo e quindi di formazione della volontà.
Non sussistendo altri elementi che possano condurre a ritenere che la clausola contestata possa essere qualificata come penalty clause, non resta che qualificarla
in base al diritto inglese come liquidated damages clause come tale valida e non riducibile.
La riducibilità non può essere affermata nemmeno ai sensi dell’art. 7 della Convenzione di Roma, invocata dal fallimento.
Nella prospettiva delle norme di applicazione necessaria si deve guardare al secondo comma dell’articolo 7, che riguarda le norme in vigore nel paese del giudice che disciplinano imperativamente il caso concreto indipendentemente dalla legge che regola il contratto, e non al comma prima, pure invocato dalla curatela, che concerne le norme imperative di Paesi la cui legge non è né quella del giudice adito (lex fori) né la legge regolatrice del contratto ai sensi delle disposizioni della Convenzione stessa (lex causae) .
Ebbene, si può anche concordare con la curatela sul fatto che la norma dell’art. 1384 c.c., alla luce della recente giurisprudenza della Cassazione civile a sezioni unite (nr. 18125/05) vada qualificata come norma inderogabile ed imperativa, volta a porre dei limiti pubblicistici all’autonomia privata.
Ritiene tuttavia il Collegio che l’esigenza posta a base dell’art. 1384 c.c. sia già considerata e sottoposta a regola dal diritto inglese e del Galles in modo da tutelare la parte debole del rapporto: tale regolamentazione si rinviene proprio nella distinzione tra penalty clause e liquidates damages clause . Nel caso di clausole stipulata in terrorem della parte debole l’ordinamento italiano reagisce con la riduzione della penale; nel caso invece del diritto inglese con la nullità della clausola (tamquam non esset).
Alla prevedibile replica che diverso è il grado di intensità della protezione accordato tra i due ordinamenti, per cui in quello inglese e del Galles, a differenza di quello interno, è pretesa una violazione “eclatante” dell’equilibrio contrattuale, il Tribunale replica che, se l’interpretazione dell’articolo 7 si spingesse fino a far ritenere che debba trovare applicazione la norma imperativa interna non solo nei casi in cui lo stesso interesse, tutelato dal diritto interno, non è già protetto dall’ordinamento straniero ma anche in quelli in cui diversa è l’intensità della protezione e diversi sono i rimedi giuridici accordati dai due sistemi, si finirebbe per neutralizzare l’efficacia della scelta della legge applicabile, perché differenze nella regolamentazione della protezione di uno stesso interesse in diversi ordinamenti giuridici sono ineliminabili.
Ad abundantiam si dovrebbe osservare che la penale non sarebbe comunque riducibile nel sistema interno perché, come sopra detto, la clausola penale è proporzionata al danno patito da UNIVERSAL PICTURES.
Nelle considerazioni che precedono resta assorbita l’ultima eccezione del fallimento, basata sulla lesione dell’ordine pubblico, atteso che tale lesione presuppone addirittura la violazione di valori fondamentali dell’ordinamento interno.
L’opposizione va pertanto accolta.
La soccombenza del fallimento ne comporta la condanna alle spese di lite.
Attesa la complessità delle questioni controverse, il giudice ritiene equo compensare tra le parti il 50% delle spese di lite, ponendo il restane 50% a carico del fallimento soccombente.
Le spese di C.T.U. restano a carico del fallimento, perché la parte vincitrice non può essere condannata a sopportare spese di lite.
P.Q.M.
In accoglimento dell’opposizione proposta da UNIVERSAL PICTURE INTERNATIONAL NO 2 BV ammette allo stato passivo del fallimento ACADEMY PICTURE s.r.l. il credito chirografario € 179933,00, pari, all’atto della insinuazione, a GBP 125000 ed ordina al curatore fallimentare di procedere alla relativa annotazione in calce allo stato passivo.
Condanna il fallimento a rifondere all’opponente il 50% delle spese di lite che liquida, tale 50% in complessivi € 5943,10 di cui € 2777,00 per diritti di procuratore, € 3000,00 per onorari di avvocato, il resto per spese.
Compensa il restante 50% delle spese di lite
Pone a carico del fallimento le spese della consulenza tecnica d’ufficio.
Rovereto, 15 Marzo 2007
IL GIUDICE ESTENSORE
(Dott. Luca PERILLI)
IL PRESIDENTE
(Dott.ssa Simona CATERBI)
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Contratto di agenzia – Dir. Europea 86/653/cee – Indennita’ di fine rapporto
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Giurisdizione – Reg. Europeo 44/2001 – Compentenza del giudice del luogo di esecuzione
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Compravendita Internazionale
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