La revocatoria viene disposta anche se il debito pregresso viene soddisfatto durante il processo
Tribunale di Taranto, Sezione Seconda, sentenza del 5 giugno 2012
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 470 volte dal 28/01/2013
Nel caso di specie una donna conveniva in giudizio l’ex marito per il mancato pagamento per quasi due anni della somma mensile dovuta, per effetto di separazione consensuale. Invano era risultata l’intimazione al marito del pagamento della somma nonché l’azione esecutiva, pur intrapresa, in quanto l’unico immobile di proprietà del debitore era stato venduto alla sua convivente. Da qui l’esperimento dell’azione revocatoria ex art. 2901 cod. civ.. E ciò nonostante l’avvenuto pagamento del debito accumulatosi per due anni da parte dell’ex marito nonché il regolare e costante pagamento dell’assegno di mantenimento nelle more del processo; infatti, ciò che rileva nell’azione revocatoria non è tanto il presupposto di una lesione ad un bene della vita o un pregiudizio attuale come il debito, quanto una vera e propria natura preventiva. Con questa azione, si vuole tutelare le ragioni creditorie permettendo semplicemente che non sia considerato uscito dal patrimonio del debitore un bene sul quale più facilmente può indirizzarsi l’eventuale azione esecutiva futura. Per questo motivo, l’avvenuto pagamento del debito non esclude la permanenza dell’interesse all’accoglimento della domanda ai sensi dell’art. 2901 cod. civ., vista la permanenza del credito, rappresentato in questo caso dagli assegni mensili a scadere.
Con questa pronuncia la Suprema Corte ha confermato un orientamento in tema di risarcimento del danno da trabocchetto o insidia stradale, riconoscendo, tuttavia, una forma di concorso di colpa a carico dell'automobilista che, a causa della velocità sostenuta, incorra nel fatto lesivo.
E' onere dell'ente gestore del tratto stradale effettuare quegli interventi di mantenimento volti ad evitare il formarsi delle c.d. "insidie", intendendosi con questo termine quel pericolo occulto, non visibile e non prevedibile idoneo a causare danni all'utente.
Il mancato rispetto di tale obbligo da parte del soggetto responsabile, la pubblica amministrazione o, come in questo caso, l'Anas, è causa di risarcimento del danno in forza del principio fondante del "neminem laedere".
Come spiega la Corte l'insidia stradale "intesa come pericolo occulto, non visibile e non prevedibile, non integra una regola sostanziale, cioè un'autonoma figura di illecito, ma è solo una figura sintomatica del comportamento colposo dell'ente gestore della strada pubblica, che, in virtù del principio del neminem laedere, è tenuto a far sì che il bene demaniale non presenti per l'utente una situazione di pericolo occulto, cioè non visibile e non prevedibile, che dia luogo al cosiddetto trabocchetto o insidia stradale".
Secondo la Corte la norma di riferimento rimane l'articolo 2043 e la colpa dell'ente gestore sussiste per il fatto di aver creato un affidamento nell'utente della strada e delle sue pertinenze "sulla non pericolosità della stessa, quale appare, contrariamente a quanto, invece, nella realtà è accaduto".
Il rapporto particolare che si viene ad instaurare tra utilizzatore e gestore del tratto stradale fa sì che in capo al primo si venga a creare un affidamento circa la sicurezza di percorrenza del tratto stradale in oggetto.
Nel caso di specie l'Anas è stato condannato al risarcimento del danno nei confronti di un automobilista il cui veicolo, a causa delle buche presenti sul manto stradale, era uscito di strada urtando contro il guardrail, anch'esso in cattivo stato di manutenzione, provocando un impatto che gli aveva causato la perdita degli arti inferiori.
L'entità del risarcimento è stata, tuttavia, attenuata complessivamente dei due terzi una volta accertato giudizialmente che il conducente aveva violato sensibilmente i limiti di velocità imposti dal Codice della Strada.
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