La Corte di Cassazione, con sentenza n. 8529 del 29 maggio 2012, ha affermato che "ai fini della tutela prevista dalla L. n. 297 del 1982 in favore del lavoratore, per il pagamento del t.f.r. in caso di insolvenza del datore di lavoro, nel caso in cui l'accertamento del credito in sede fallimentare sia stato impedito a causa della chiusura anticipata della procedura per insufficienza dell'attivo, il credito stesso può essere accertato anche in sede diversa da quella fallimentare e il lavoratore può conseguire le prestazioni del Fondo di garanzia costituito presso l'Inps alle condizioni previste dall'art. 2, comma 5, della L. n. 297 del 1982, essendo sufficiente, in particolare, che egli abbia esperito infruttuosamente una procedura di esecuzione - salvo che risultino in atti altre circostanze le quali dimostrino che esistono altri beni aggredibili con l'azione esecutiva - sempre che l'esperimento dell'esecuzione forzata non ecceda i limiti dell'ordinaria diligenza ovvero che la mancanza o l'insufficienza delle garanzie patrimoniali del debitore non debbano ritenersi provate in relazione alle particolari circostanze del caso concreto.". In particolare la Suprema Corte, accogliendo il ricorso di un lavoratore avverso la sentenza del giudice d'appello che rigettava la sua domanda diretta ad ottenere il pagamento da parte del fondo di garanzia, istituito presso l'Inps, del trattamento di fine rapporto dopo che il fallimento della società datrice di lavoro era stato chiuso per mancanza di attivo mentre era pendente il termine per la proposizione del ricorso in opposizione contro il decreto con cui era stato reso esecutivo lo stato passivo ed escluso il credito del lavoratore e dopo che il procedimento di opposizione era stato dichiarato improseguibile proprio a causa della chiusura del fallimento, ha altresì precisato che una lettura della legge nazionale orientata nel senso voluto dalla direttiva CE n. 987 del 1980 consente l'ingresso ad un'azione nei confronti del Fondo di garanzia, quando l'imprenditore non sia in concreto assoggettato al fallimento e l'esecuzione forzata si riveli infruttuosa. "L'espressione "non soggetto alle disposizioni del R.D. n. 267 del 1942" va quindi interpretata nel senso che l'azione della citata L. n. 297 del 1982, ex art. 2, comma 5, trova ingresso quante volte il datore di lavoro non sia assoggettato a fallimento, vuoi per le sue condizioni soggettive vuoi per ragioni ostative di carattere oggettivo.". Tale interpretazione - affermano i giudici di legittimità - trova piena giustificazione nella facoltà data dalla direttiva comunitaria ai legislatori nazionali di assicurare la tutela dei lavoratori anche in casi di insolvenza accertati con modalità e in sedi diverse da quelle tipiche delle procedure concorsuali e l'esigenza di tutela effettiva è coerente con la finalità del legislatore del 1982, che, mediante l'istituzione di un Fondo di garanzia affidato all'ente previdenziale pubblico, ha inteso compensare la peculiarità della disciplina del t.f.r. - in cui il sistema degli accantonamenti fa si che gli importi spettanti al lavoratore vengano trattenuti e utilizzati dal datore di lavoro - con la previsione di una tutela certa del credito, realizzata attraverso modalità garantistiche e non soggetta alle limitazioni e difficoltà procedurali previste, invece, per la tutela delle ultime retribuzioni. In conclusione la sentenza impugnata, che ha ritenuto in ogni caso necessario che il credito venga accertato nell'ambito della procedura fallimentare, ritenendo con ciò assorbita ogni altra questione di merito, è erronea in diritto e deve essere cassata. Il lavoratore potrà, dunque, giovarsi del meccanismo di cui al quinto comma dell'art. 2 della legge n. 297 del 1982, "dimostrando di avere esperito infruttuosamente una procedura di esecuzione e, nel caso in cui si prospetti la possibilità di ulteriori forme di esecuzione, di avere esperito tutte quelle che, secondo l'ordinaria diligenza, si prospettino fruttuose - non essendo egli tenuto ad esperire azioni esecutive che appaiano infruttuose o aleatorie, in un raffronto tra i loro costi certi e i benefici futuri, valutati secondo un criterio di probabilità - ovvero dimostrando che la mancanza o l'insufficienza delle garanzie patrimoniali del debitore debbono ritenersi provate in relazione alle particolari circostanze del caso concreto.".