Impugnazione penale del Pubblico Ministero - Termini - Decorrenza
Sentenza n. 11484 del 25 febbraio 2011 - depositata il 22 marzo 2011 (Sezione Prima Penale, Presidente M. S. Di Tomassi, Relatore M. Cassano)
Avv. Domenico Pennelli
di Napoli, NA
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La Suprema Corte ha affrontato il problema del termine perentorio per impugnare in relazione all' impersonalità dell' ufficio della pubblica accusa, stabilendo che " Il termine perentorio imposto al pubblico ministero per l’impugnazione dei provvedimenti in materia di misure cautelari personali decorre dalla data di comunicazione del provvedimento al suo ufficio, a nulla rilevando che tale comunicazione non sia stata specificamente effettuata al magistrato titolare del procedimento".
Il 4 agosto 2009 il Tribunale, costituito ai sensi dell'art. 309 cod. proc. pen., rigettava la richiesta di riesame proposta dall'indagato.
11 22 gennaio 2010 la Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto da Soriano avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame.
2. 11 31 dicembre 2009 il gip del Tribunale di Catanzaro, in accoglimento di istanza difensiva, sostituiva la misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari, ritenendo che le esigenze cautelari si fossero affievolite.
L'ordinanza veniva comunicata alla Procura della Repubblica il 31 dicembre 2009.
3. 11 19 gennaio 2010 il Procuratore della Repubblica di Catanzaro proponeva appello avverso il provvedimento del gip, chiedendo il ripristino della custodia cautelare in carcere.
4. Il 15 luglio 2010 il Tribunale disponeva nei confronti di Soriano il ripristino della custodia cautelare in carcere.
In merito alla tempestività dell'appello proposto dal pubblico ministero avverso l'ordinanza del gip, il Tribunale osservava che il timbro di pervenuto, apposto il 31 dicembre 2009 sul provvedimento del gip, non era indicativo di un'effettività di conoscenza da parte del pubblico ministero incaricato della trattazione delle indagini relative al procedimento a carico di Soriano e che quale dies a quo ai fini della decorrenza del termine per proporre appello doveva considerarsi quello (12 gennaio 2010) in cui il pubblico ministero titolare delle indagini aveva apposto la dicitura di presa visione dello stesso, seguita da sottoscrizione.
Il Tribunale riteneva, inoltre, insussistente il legittimo impedimento a comparire al'udienza camerale dedotto dall'indagato, in quanto la certificazione medica prodotta non attestava alcun impedimento assoluto e, comunque, si riferiva ad uno stato febbrile pregresso.
Circa la contestazione difensiva dei gravi indizi di colpevolezza, evidenziava la sussistenza della preclusione alla luce dell'intervenuta sentenza del gip del locale
Tribunale che, all'esito di giudizio abbreviato, aveva condannato Soriano alla pena di sei anni di reclusione in ordine ai delitti a lui contestati.
Nel merito il Tribunale metteva in luce, per escludere il superamento della presunzione di cui all'art. 275, comma 3, c.p.p., la gravità degli episodi delittuosi per i quali era intervenuta pronunzia di condanna, la negativa personalità dell'indagato, legato ad ambienti della criminalità organizzata, come del resto comprovato dalla verifica giudiziale in ordine alla sussistenza dell'aggravante ex art. 7 1. n. 203 del 1991, la pendenza di altri due procedimenti penali, il complessivo comportamento serbato da Soriano dopo la commissione dei reati.
5. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, l'imputato, il quale lamenta: a) violazione di legge con riferimento alla ritenuta tempestività dell'impugnazione del pubblico ministero, attesa l'impersonalità dell'ufficio di Procura; b) violazione di legge in relazione alla ritenuta insussistenza dell'impedimento dell'indagato a comparire all'udienza camerale; c) violazione di legge e carenza di motivazione con riferimento al diniego di applicazione di una misura meno afflittiva.
Osserva in diritto.
Il primo motivo di ricorso, avente carattere pregiudiziale e assorbente rispetto agli altri, è fondato.
Il provvedimento impugnato è stato adottato dal gip il 31 dicembre 2009 e, in pari data, è stato comunicato al pubblico ministero.
Il Pubblico ministero ha proposto appello, ai sensi dell'art. 310 cod. proc. pen. il 19 gennaio 2010 e, quindi, ha depositato l'atto di impugnazione ben oltre il termine di dieci giorni, imposto a pena di inammissibilità dal combinato disposto degli arti. art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), 310, comma 2, 309, comma 1, cod. proc. pen.
Il Collegio, pur consapevole di un diverso orientamento espresso da un'isolata pronunzia (Sez. IV, 28 febbraio 1996, n. 686), ritiene che il suddetto termine decorra dalla data di comunicazione del provvedimento all'ufficio di Procura, a nulla rilevando che la comunicazione stessa non sia stata specificamente effettuata al magistrato "titolare" del procedimento, attesa l'unitarietà e impersonalità dell'Ufficio di Procura, come si desume dall'art. 2, lett. b), della I. 24 ottobre 2006, n. 269 (Sez. 5, Sentenza n. 7636 del 12/12/2006; Sez. VI, 16 aprile 1999, n. 10225;
Sez. I, 8 gennaio 1997, Persico, rv. 206667; Sez. V, 28 ottobre 1996, n. 745; Sez. Il, 2 agosto 1994, n. 10561; Sez. VI, 27 marzo 1995, n. 5416)
Nel caso di specie, pertanto, è irrilevante la circostanza che il pubblico ministero abbia avuto effettiva cognizione del provvedimento adottato dal gip solo il 12 gennaio 2010, atteso che l'ordinanza adottata dal gip era stata comunicata alla Procura della Repubblica il 31 dicembre 2009. Invero, in virtù del richiamo effettuato dal secondo comma dell'art. 310 cod. proc. pen. al termine contemplato nel precedente art. 309, comma 1, cod. proc. pen., il pubblico ministero avrebbe dovuto proporre appello entro dieci giorni dalla comunicazione dell'ordinanza alla Procura della Repubblica.
Ai fini della decorrenza del suddetto termine non occorre la notificazione del provvedimento impugnabile, essendo sufficiente, per il pubblico ministero, la comunicazione del provvedimento stesso e, per la parte privata, la notificazione del relativo avviso di deposito.
Sulla base di quanto sin qui esposto, è evidente che l'ordinanza del Tribunale di Catanzaro è stata adottata, ai sensi dell'art. 310 cod. proc. pen. a seguito di un'impugnazione tardiva del pubblico ministero avverso il provvedimento con il quale il gip aveva disposto nei confronti di Soriano la misura degli arresti domiciliari.
S'impone, quindi, l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata.
Così deciso, in Roma, il 25 febbraio 2011.
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