Quando un giudice deve ascoltare bambini che sono state vittime di abusi sessuali deve assolutamente evitare metodologie poco corrette. I piccoli infatti, spiega la Corte di Cassazione, sono soggetti facilmente suggestionabili e tendono "ad adeguarsi alle aspettative dell'interlocutore e a riferire quello che l'adulto si aspetta". Per questo sottolinea la Corte i giudici debbono rivolgere ai bambini domande non suggestive perché diversamente si rischia che il piccolo risulti manipolato dall'adulto e riferisca solo ciò che l'adulto si aspetta di sentire. Il chiarimento arriva dalla quarta sezione penale della Suprema Corte secondo cui "i bambini piccoli hanno una memoria malleabile e possono incorporare nel loro patrimonio mnestico le informazioni ricevute dagli intervistatori fino a crearsi falsi ricordi autobiografici". La sentenza è l'epilogo di una vicenda giudiziaria che aveva coinvolto un padre indagato per abusi nei confronti della figlia che, all'epoca dei fatti, aveva quattro anni. In questo caso la Suprema Corte ha respinto il ricorso dell'uomo che, nel tentativo di difendersi, aveva sostenuto che la bambina proprio per la sua tenera eta' era stata suggestionata. In particolare, piazza Cavour, allineandosi al giudizio della Corte d'Appello di Milano del novembre 2010, ha sottolineato che "le plurime dichiarazioni della piccola non risultano sollecitate e suggerite, giacche' le pressioni delle interroganti risultavano del tutto legittime in quanto volte a vincere la ritrosia della bambina nel rivelare fatti dei quali percepita la delicatezza". Se poi ci sono state delle "inesattezze" nella descrizione degli abusi da parte della bambina queste per la Cassazione sono "frutto della evidente ingenuita'". Piu' in generale, pero', gli ermellini riconoscono se l'interrogatorio dei minori non avviene nel rispetto delle regole c'e' il rischio che dalla loro testimonianza escano "falsi ricordi indotti dalla suggestione".