Riduzione ipoteca, impossibile con un provvedimento d’urgenza
Tribunale Brindisi, sez. Francavilla Fontana, ordinanza 07.01.2012
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 2259 volte dal 21/05/2012
Non può disporsi la riduzione di un’ipoteca legale o giudiziale con un provvedimento cautelare all’esito di un ricorso ex art. 700 c.p.c. Infatti l’ordinanza ex art. 700 c.p.c. non può ritenersi un provvedimento di natura definitiva: anche se l’introduzione del giudizio di merito dopo quella cautelare non è più obbligatoria, ciascuna parte conserva la facoltà di effettuarla, ed all’esito del giudizio di merito il provvedimento interinale anticipatorio potrebbe non essere confermato.
Sezione distaccata di Francavilla Fontana
n. 700/S/2011 R.G.C.
Ordinanza 7 gennaio 2012
Il Giudice,
letto il ricorso ex art. 700 c.p.c. proposto dalla g.S.r.l. nei confronti di D. F. in qualità di titolare dell’omonima ditta individuale, volto ad ottenere un provvedimento di urgenza di riduzione ex artt. 2784 e s.s. c.c. dell’ipoteca giudiziale da costui iscritta il 3.6.2011 ex art. 655 c.p.c. per un credito di € 10.800,00 fondato sul decreto ingiuntivo esecutivo n. 11/2011 su un complesso immobiliare di proprietà della società ritenuto dunque sproporzionato rispetto alla garanzia somministrata, asserendo di temere un pregiudizio imminente ed irreparabile dal permanere di tale iscrizione nelle more di un eventuale instaurando giudizio di merito dal momento che il complesso gravato è costituito da 32 unità immobiliari che la G. è impossibilitata a vendere a terzi come nei suoi programmi sociali essendo una società operante nel ramo dell’edilizia, il tutto con vittoria di spese del procedimento;
letta la memoria di costituzione con cui il D. si è fermamente opposto alla chiesta riduzione chiedendo il rigetto del ricorso con vittoria di spese, in primis sottolineando di essere stato costretto ad iscrivere ipoteca per un credito ormai incontestabile poiché fondato su un decreto ingiuntivo esecutivo per mancata opposizione che ciò nonostante la società ricorrente si è rifiutata di saldare, ed allegando poi il difetto del fumus boni iuris (la G.non avrebbe altri beni a garanzia del proprio credito, e comunque l’ipoteca giudiziale in questione è già postergata rispetto ad altra ipoteca volontaria iscritta sul complesso dalla D. per € 1.950.000,00) e del periculum in mora, anche perché se la Gallery riuscisse ad alienare i suoi immobili a terzi di fatto li sottrarrebbe alla garanzia patrimoniale generica ex art. 2740 c.c. in favore dei suoi creditori tra cui la ditta D.;
sentite le parti costituite all’udienza del 20.12.2011 in cui la G. ha indicato una unità immobiliare (quella di cui al foglio 214, p.lla 762, sub. 8) dell’asserito valore di € 144.200,00 su cui potrebbe andare a gravare l’ipoteca ridotta e la ditta D. ha formulato in via subordinata richiesta di C.T.U. al fine di valutare il reale ed effettivo stato giuridico e fattuale di tale immobile e degli altri di proprietà della G.;
ritenuta la propria competenza e sciogliendo la riserva assunta all’udienza del 20.12.2011;
OSSERVA
A prescindere da ogni considerazione legata alla natura ed alla formazione del credito per cui è stata iscritta ipoteca, nonché dal fatto che, come verbalmente dichiarato dal difensore della ricorrente all’udienza del 20.12.2011, sia pendente una opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. avverso il decreto ingiuntivo esecutivo n. 11/2011 in base al quale è stata iscritta ipoteca a norma dell’art. 655 c.p.c. (allo stato, tali aspetti non possono riguardare il presente procedimento cautelare), il ricorso non può trovare accoglimento poiché questo Tribunale, aderendo all’orientamento restrittivo, ormai maggioritario nella giurisprudenza di merito, ritiene che non possa disporsi la riduzione di un’ipoteca legale o giudiziale con un provvedimento cautelare all’esito di un ricorso ex art. 700 c.p.c.
Invero, il dibattito sul punto si è sviluppato maggiormente in relazione alla cancellazione giudiziale dell’ipoteca, che l’art. 2884 c.c. dispone debba essere ordinata al conservatore “con sentenza passata in giudicato o con altro provvedimento definitivo”; dopo un’iniziale e non generalizzata apertura negli anni ’90 (si veda su tutte Trib. Milano, ord. coll. 26.11.1999, Pres. Est. Secchi), la giurisprudenza più recente è giunta a negare che tale ordine possa essere impartito con un’ordinanza cautelare a seguito di un ricorso ex art. 700 c.p.c. (si vedano ad es. Trib. Trapani, ord. 11.4.2006, est. Scorza, Trib. Arezzo, ord. coll. 20.3.2008, Pres. Scutellari, Est. Sestini, Trib. Mantova, ord. coll. 19.4.2007, Pres. Est. Bernardi), impostazione fatta propria anche dall’Agenzia del Territorio (Circolare 7.5.2003 n. 4/T) e dall’Avvocatura dello Stato (Parere Consultivo n. 35998 del 27.3.2003).
In particolare, si è chiarito che, anche a seguito della novella legislativa del 2005 sull’art. 669-octies, l’ordinanza ex art. 700 c.p.c. non può ritenersi un provvedimento di natura definitiva (non a caso, contro la stessa non si ritiene neppure ammissibile il ricorso straordinario ex art. 111 Cost., si vedano ex pluribus Cass. civ., S.U. n. 27187 del del 28.12.2007 e Cass. civ., VI sez., n. 17211 del 21.7.2010), e ciò per due ordini di ragioni:
- in primis, perché, pur se l’introduzione del giudizio di merito dopo quella cautelare non è più obbligatoria, comunque ciascuna parte conserva la facoltà di effettuarla, ed all’esito del giudizio di merito il provvedimento interinale anticipatorio potrebbe non essere confermato;
- in secundis, perché anche a prescindere dall’eventuale giudizio di merito, l’ordinanza stessa è comunque sempre teoricamente revocabile o modificabile ex art. 669-decies c.p.c.
Pertanto, si è osservato, nel caso in cui venisse ordinata in via provvisoria la cancellazione richiesta e poi - all'esito del successivo giudizio di merito o in seguito ai sensi dell’art. 669-decies c.p.c. - quel provvedimento venisse revocato, il soggetto che quel provvedimento d’urgenza subisce perderebbe in maniera definitiva la garanzia per il credito vantato, senza possibilità di poter recuperare il grado di ipoteca ormai cancellata stante il generale principio di non reviviscenza delle garanzie reali e/o personali vigente nell’attuale ordinamento.
In ordine, poi, alla riduzione giudiziale dell’ipoteca, su cui si controverte in questa sede, si è registrata nella giurisprudenza di merito una ancor più netta contrapposizione comunque connessa al dibattito sopra illustrato.
Difatti, talune pronunzie hanno valorizzato l’omogeneità tra la fattispecie della cancellazione e quella della riduzione, che configurerebbe comunque una forma di cancellazione parziale (si veda Trib. Roma, ord. coll. 7.4.1998, Pres. Deodato, est. Costa) della quale dunque sconterebbe gli stesse limiti quanto alle formalità estintive.
Di contro, altre Corti hanno sostenuto l’inapplicabilità tout court della disciplina restrittiva di cui all’art. 2884 c.c. anche alla riduzione giudiziale di ipoteca, sia perché in realtà essa costituirebbe non una cancellazione bensì una sorta di “rettifica” tendente a correggere l’eccedenza dell’iscrizione (si veda Trib. Vallo della Lucania, ord. 17.10.2000, est. De Luca), sia perchè, nel silenzio del legislatore ed in presenza di una apposita e separata disciplina dettata dagli artt. 2874 e ss. c.c., nessuna estensione analogica potrebbe operare, trattandosi di istituti con differente ratio (con la richiesta di riduzione non si contesta il credito o il diritto alla garanzia per inesistenza originaria o sopravvenuta dei presupposti come invece accade con la richiesta di cancellazione, ma solo la sproporzione tra garanzia, credito e beni cauzionali, si veda Corte App. Milano, ord. 14.1.2008, Pres. Tognoni, est. Lamanna).
Orbene, questo Tribunale propende per la prima delle due soluzioni elencate, dal momento che:
- l’assimilazione operata, lungi dal costituire una applicazione analogica tra due istituti che sono senza dubbio tra loro differenti, parte proprio dalla considerazione (pure prospettata dalla Corte milanese, ma apoditticamente ritenuta “modesta” e “inconferente”) secondo cui, sempre in virtù del generale principio di non reviviscenza delle garanzie reali e/o personali, anche in caso di successiva revoca del provvedimento che ha ordinato la riduzione, il creditore che l’ha subita perderebbe in via definitiva la garanzia su taluni dei beni originariamente aggrediti, che nel frattempo potrebbero essere stati assoggettati ad altri vincoli reali con la conseguenza che una nuova iscrizione acquisirebbe un grado posteriore;
- soprattutto, l’argomentazione sistematica in tal senso è data proprio dalla disciplina specifica dettata per la riduzione, ed in particolare dall’art. 2877 c.c. Detta norma, come da tempo chiarito anche dalla Suprema Corte, “regolando le spese della riduzione dell'ipoteca, distingue tra spese necessarie per eseguire la formalità ipotecaria (comma primo) e spese del giudizio che il debitore debba promuovere per ottenere che, in mancanza del consenso del creditore, la riduzione sia ordinata con sentenza (comma secondo)” (si veda Cass. civ., III sez., n. 2866 del 5.4.1990). In buona sostanza, la riduzione di ipoteca può essere attuata volontariamente quando vi sia il consenso del creditore, ovvero, in mancanza di questo, all’esito di un ordinario giudizio di cognizione definito con sentenza in giudicato, e quindi tertium non datur, proprio per la più volte ribadita non assimilabilità della sentenza all’ordinanza cautelare anticipatoria (attualmente qualche dubbio potrebbe forse porsi con riferimento ad un nuovo strumento nelle more approntato dal legislatore processuale, ovvero l’ordinanza resa a seguito di procedimento sommario di cognizione alla luce di quanto disposto dall’art. 702-quater c.p.c., aspetto tuttavia non attinente al caso di specie e sul quale non constano allo stato approfondimenti giurisprudenziali o dottrinali).
- ad ulteriore e definitiva conferma, l’art. 652 c.p.c., in caso di conciliazione delle parti nel corso del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo in base al quale sia stata iscritta ipoteca giudiziale, prevede che il giudice possa anche ridurre la somma ingiunta e che tale riduzione operi pure con riferimento al valore dell’ipoteca precedentemente iscritta che comunque rimane valida, ma prescrive che tali disposizioni vengano adottate con ordinanza non impugnabile e dunque definitiva, poiché al di là della veste formale dell’atto giudiziale ciò che conta è solo la sua definitività ed immutabilità.
Per tali ragioni il ricorso andrà dunque incontro ad una pronunzia di rigetto in via preliminare per difetto delle condizioni dell’azione, con compensazione delle spese a norma degli artt. 669-septies e 92 c.p.c. data la peculiarità della questione e l’adesione ad orientamenti giurisprudenziali ancora magmatici.
P.Q.M.
Visti gli artt. 700 e 669-septies c.p.c.,
rigetta il ricorso proposto ante causam dalla G. S.r.l.;
compensa integralmente le spese del procedimento cautelare tra le parti.
Si comunichi.
Francavilla Fontana, 7.1.2012.
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