Opposizione Decreto Ingiuntivo
Cass. civ. Sez. II, Sent., 29-08-2013, n. 19886
Avv. Monica Mandico
di Napoli, NA
Letto 502 volte dal 27/09/2013
Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la produzione della copia notificata di tale provvedimento non è richiesta a pena di improcedibilità dell'opposizione, non essendo applicabile ad essa, che non è mezzo d'impugnazione, la disciplina propria di quest'ultima. Peraltro, la mancata produzione di detto documento può spiegare rilievo al fine della declaratoria di inammissibilità dell'opposizione per inosservanza del termine di decadenza fissato dall'art. 641 c.p.c., sotto il profilo dell'inottemperanza dell'opponente all'onere di fornire la prova del rispetto di detto termine, sempreché la prova stessa non sia evincibile dai documenti prodotti dalla controparte o comunque acquisiti al processo.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ODDO Massimo - Presidente -
Dott. NUZZO Laurenza - Consigliere -
Dott. PROTO Cesare Antonio - Consigliere -
Dott. CORRENTI Vincenzo - Consigliere -
Dott. FALASCHI Milena - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 1887/07) proposto da:
IMAGE DESIGN STUDIO s.n.c. di REGIS VITTORIO & C (OMISSIS), in persona del legale rappresentate pro tempore, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall'Avv.to Camerano Mario del foro di Torino e dall'Avv.to Trovato Maria Concetta del foro di Roma ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultima in Roma, via della Balduina n. 7;
- ricorrente -
contro
ESSEBI s.r.l. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avv.to Canova Claudio del foro di Bologna e dall'Avv.to Buffoni Massimo (deceduto) del foro di Roma, in virtù di procura speciale apposta a margine del controricorso, e domiciliata presso la cancelleria della Corte di Cassazione in Roma, piazza Cavour n. 1;
- controricorrente -
avverso la sentenza della Corte d'appello di Torino n. 1904 depositata il 24 novembre 2005;
Udita la relazione della causa svolta nell'udienza pubblica del 17 aprile 2013 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;
udito l'Avv.ti Concetta Trovato, per parte ricorrente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa CARESTIA Antonietta, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processoCon atto di citazione notificato il 13 aprile 2003 la ESSEBI s.r.l.
proponeva opposizione, avanti al Tribunale di Torino, avverso decreto ingiuntivo n. 30574/2003 emesso dal Presidente del medesimo ufficio su istanza della IMAGE DESIGN STUDIO s.a.s. per Euro 10.329,14, oltre iva, a titolo di pagamento della fattura n.(OMISSIS) relativa all'espletamento dell'incarico di progettazione di centro di produzione polifunzionale, conferito dalla medesima ingiungente, eccependo, preliminarmente la nullità del ricorso e del pedissequo decreto per invalidità della procura non spesa la denominazione sociale nella sottoscrizione; deduceva, nel merito, che l'arch.
R.V., socio della opponente, aveva illustrato alla società opposta un'iniziativa del Comune di Riccione volta a creare una struttura per ospitare studi televisivi ed eventi musicali, prospettando l'opportunità di partecipare e precisando che in caso di mancata accettazione o mancato seguito dell'iniziativa da parte della amministrazione locale la prestazione sarebbe stata eseguita gratuitamente da parte della IMAGE DESIGN STUDIO, criterio a cui erano improntati tutti i rapporti fra le due società; aggiungeva che l'intervenuto pagamento dell'iva era circostanza dovuta al fatto che essendo stata pagata dalla IMAGE DESIGN STUDIO, la somma non aveva incidenza sulla ESSEBI che l'avrebbe potuta dedurre; eccepiva, altresì, la nullità del contratto per illiceità della causa per attività asseritamente svolta da società non abilitata professionalmente.
Tanto premesso, chiedeva la revoca del decreto ingiuntivo opposto ed, in via subordinata, spiegava domanda riconvenzionale per la condanna dell'opposta al pagamento di Euro 4.800,00 da compensarsi con contrapposti crediti.
Instaurato il contraddittorio, nella resistenza della IMAGE DESIGN STUDIO, il giudice adito dichiarava l'improcedibilità dell'opposizione per mancato deposito nel fascicolo di parte del decreto ingiuntivo opposto.
In virtù di rituale appello interposto dalla ESSEBI s.r.l., con il quale lamentava l'erroneità della decisione per essere stati riportati nella decisione tutti gli elementi per identificare il d.i.
e la cronologia della introdotta opposizione, riproponendo nel merito tutte le questioni svolte in primo grado, la Corte di appello di Torino, nella resistenza della società appellata, accoglieva il gravame e in riforma della decisione impugnata, dichiarata la procedibilità dell'opposizione, la accoglieva e revocava il decreto ingiuntivo opposto, disponendo le restituzioni conseguenti.
A sostegno della decisione adottata la corte distrettuale - premessa la regolarità della procura alle liti rilasciata dal R. per la IMAGE DESIGN STUDIO frutto della trasformazione della precedente Image Design Studio s.a.s. di Regis Vittorio & C. in s.n.c. - evidenziava che non configurando l'opposizione a d.i.
un'impugnazione, il controllo della tempestività della stessa costituiva circostanza dalla prova libera, essendo la tempestività della stessa nella specie pacifica fra le parti, risultando per tabulas la data della notifica dell'opposizione, note le date allo stesso giudice di prime cure.
Nel merito, riteneva la fondatezza delle ragioni opposte dalla appellante alla pretesa creditoria non essendo stato chiarito dalla appellata il rapporto esistente fra i progetti menzionati nelle lettere e gli studi preliminari di cui alla fattura posta a base del d.i., mai prodotti i progetti oggetto di fattura. Aggiungeva che incombeva sulla creditrice provare l'oggetto del contratto d'opera, la determinazione del compenso ovvero i criteri per affermare l'applicabilità della tariffa professionale, ambigui i dati offerti dalla opposta per farne discendere la esistenza della pretesa creditoria, in particolare il pagamento dell'iva, circostanza neutra rispetto al solvens, che al più avrebbe potuto dimostrare l'esistenza del credito ma non anche il quantum debeatur.
Avverso la indicata sentenza della Corte di appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione la IMAGE DESIGN STUDIO s.n.c., articolato su tre motivi, al quale ha resistito la ESSEBI s.r.l. con controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisioneOccorre preliminarmente rilevare che la ricorrente a conclusione dell'atto di ricorso elenca la documentazione allegata, in particolare al punto 4) indica tavole descrittive dei progetti, senza dedurre di avere regolarmente indicato le predette prove documentali nei precedenti gradi di merito, nè spiega se e quali argomenti abbia sviluppato dinanzi al giudice di merito per segnalare la loro importanza probatoria.
Ne consegue che rileva in proposito come principio generale, a norma dell'art. 372 c.p.c., il divieto di produrre documenti nuovi nel giudizio di Cassazione (con esclusione di quelli relativi alla nullità della sentenza impugnata ed all'ammissibilità del ricorso e del controricorso), che non riguarda logicamente i documenti che siano stati prodotti nel giudizio di merito, per cui già rientranti nell'incarto processuale (Cass. 26 ottobre 2006 n. 23026; Cass. 4 giugno 2004 n. 10689; Cass. 20 dicembre 2002 n. 18136; Cass. 21 maggio 2001 n. 6909; Cass. 11 agosto 1998 n. 7863; Cass. 30 maggio 1995 n. 6081).
Tanto chiarito, con il primo motivo la ricorrente lamenta la omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in particolare per avere la corte distrettuale ritenuto ammissibile l'opposizione nonostante non sussistessero affatto i presupposti per considerare provata la tempestività dell'opposizione, pur in assenza della copia notificata del d.i.
opposto, in quanto fin dalle prime difese la società opposta aveva eccepito l'inammissibilità proprio in quanto la mancata produzione dell'atto non rendeva possibile verificare la tempestività dell'azione. Conclude la ricorrente che la corte territoriale avrebbe dovuto riformare la sentenza impugnata quanto alla dichiarazione di improcedibilità dell'opposizione per affermarne la inammissibilità.
Il motivo è infondato.
Secondo l'insegnamento di questa Corte, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo la produzione della copia notificata di tale provvedimento non è richiesta a pena di improcedibilità dell'opposizione, non essendo applicabile ad essa, che non è mezzo di impugnazione, la disciplina propria di quest'ultima. Tuttavia, la mancata produzione di detto documento può spiegare rilievo ai fini della declaratoria di inammissibilità dell'opposizione, per inosservanza del termine di decadenza fissato dall'art. 641 c.p.c., sotto il profilo dell'inottemperanza da parte dell'opponente dell'onere di fornire la prova del rispetto di detto termine, sempre che la prova stessa non sia evincibile dai documenti prodotti dalla controparte e comunque acquisiti al processo (cfr Cass. Sez. un. 16 gennaio 1985 n. 84; Cass. 16 febbraio 1993 n. 1920; di recente, Cass. 1 ottobre 2012 n. 16673).
A tale insegnamento si è attenuto il giudice di merito, il quale nella fattispecie di causa ha validamente compiuto l'accertamento su fotocopie, la cui conformità all'originale non era contestata, dalle quali risultava che il decreto ingiuntivo n. 30574/03, depositato il 5 febbraio 2003, era stato notificato il 13 marzo 2003, mentre l'opposizione era stata proposta con atto di citazione notificato il 14 aprile 2003.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1988 e 2233 c.c., oltre a vizio di motivazione, per non avere la corte di merito considerato taluni riscontri di fatto costituiti dal conferimento dell'incarico dalla ESSEBI, come da lettera della stessa del 4.11.2002, comunicazione da cui risultava anche l'intervenuta partecipazione della ricorrente a riunioni con imprenditori della zona e autorità comunali; dalla mancata contestazione da parte della IMAGE DESIGN STUDIO della proposta di parcella e della fattura n. (OMISSIS), nonchè dalla corresponsione dell'iva su predetta fattura e dall'eccezione di compensazione con propri crediti. Circostanze pacifiche, che dimostravano anche il quantum, in particolare quanto all'iva, le quali nel loro complesso supportano la esistenza del credito preteso.
Del resto a fronte della esistenza di un incarico professionale, la determinazione del compenso avrebbe potuto essere operata dal giudice ex art. 2233 c.c..
Anche detto motivo non può trovare ingresso.
Presupposto essenziale ed imprescindibile dell'esistenza di un rapporto di prestazione di opera professionale, la cui esecuzione sia dedotta dal professionista come titolo del suo diritto al compenso, è l'avvenuto conferimento del relativo incarico, in qualsiasi forma idonea a manifestare, chiaramente ed inequivocamente, la volontà di avvalersi della sua attività e della sua opera, da parte del cliente (convenuto per il pagamento di detto compenso).
La prova dell'avvenuto conferimento dell'incarico, quando il diritto al compenso sia dal convenuto contestato, come nella specie, sotto il profilo della mancata instaurazione di un simile rapporto, non può che gravare sull'attore (nella specie l'opposto, attore in senso sostanziale), così come compete esclusivamente al giudice del merito valutare se, nel caso concreto, questa prova possa o meno ritenersi fornita, sottraendosi il risultato del relativo accertamento, se adeguatamente e coerentemente motivato, al sindacato di legittimità.
Ora, il giudizio negativo espresso dal giudice di appello, all'esito di una compiuta disamina delle risultanze probatorie processuali, sull'assolvimento di siffatto onere nel caso di specie, si sottrae alle censure di vizio della motivazione formulate dalla ricorrente.
Invero, nessuna delle circostanze che si assumono da quel giudice erroneamente valutate, ha rivestito valore decisivo nella formazione del suo convincimento, onde l'irrilevanza di un eventuale errore commesso nella valutazione del singolo loro peso probatorio. Tutte, per converso, risultano essere state ritenute globalmente inidonee, considerate nella loro connessione logica, cronologica e spaziale, a provare che l'attività di progettazione e di studi preliminari per la realizzazione di centro di produzione polifunzionale, asseritamente svolta dalla IMAGE DESIGN STUDIO nell'interesse della ESSEBI s.r.l., avesse fatto seguito al conferimento diretto o indiretto, espresso o tacito, di un corrispondente incarico da parte di quest'ultima, e non fosse stata invece prestata nella speranza che l'iniziativa potesse sollecitare una proposta finanziaria in tale senso della società opponente da rivolgere alle autorità del Comune di Riccione, con possibili ulteriori sviluppi economici favorevoli anche per la società ingiungente.
Nella trama argomentativa della sentenza non si ravvisano, quindi, le lacune e le contraddizioni denunziate dalla ricorrente, risultando invece il criticato convincimento sorretto da una motivazione ampia, adeguata e corretta.
Inammissibile, infine, è il terzo motivo di impugnazione, con il quale - denunciando vizio di motivazione - la ricorrente si duole dell'annullamento del capo della sentenza di promo grado che aveva disposto la cancellazione delle espressioni offensive o sconvenienti contenute negli scritti difensivi di controparte circa la natura di "schermo" della società opposta e la presunta "abusività" dell'attività da questa svolta, assumendo che il provvedimento sarebbe frutto di una indagine incompleta ed incoerente in quanto il giudice di merito non aveva valutato che le espressioni stesse si riferivano a circostanze vere, volte ad argomentare l'eccezione di nullità del contratto, di cui essa istante aveva dato la dimostrazione. E' del tutto pacifico, infatti, che l'apprezzamento circa l'effettivo rapporto delle frasi offensive con l'oggetto della causa non è censurabile in sede di legittimità e che la istanza di cancellazione della parte non costituisce domanda giudiziale, ma semplice sollecitazione all'esercizio di un potere officioso del giudice, strumentale all'obbligo delle parti di comportarsi in giudizio con lealtà e probità (art. 88 c.p.c.) (cfr Cass. 5 maggio 2009 n. 10288; Cass. 5 novembre 2002 n. 15503).
Il ricorso va, perciò, respinto e la ricorrente condannata al pagamento a favore della resistente delle spese processuali del presente giudizio di cassazione, come da liquidazione di cui in dispositivo.
P.Q.M.La Corte, rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione Civile, il 17 aprile 2013.
Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2013
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