la compensazione delle spese di giudizio
corte dei conti sezione III giurisdizionale di appello sentenza 559/2011
Avv. Prof. Piero Lorusso
di Roma, RM
Letto 1727 volte dal 15/01/2012
devono essere riconosciute al prosciolto le spese di giudizio nel giudizio contabile dinanzi alla Corte dei Conti. non si possono compensare le spese di giudizio in presenza di proscioglimento per accertata insussistenza delle spese di giudizio. la sentenza di proscioglimento costituisce il presupposto di un credito che è attribuito dalla legge e che il giudice è deputato a contabilizzare. Pertanto deve essere riconsociuto il diritto a vedersi rimborsare le spese di giustizia
REPUBBLICA ITALIANA 559/2011
In Nome del Popolo Italiano
LA CORTE DEI CONTI
Sezione Terza Giurisdizionale Centrale d’Appello
composta dai Magistrati :
Dott. Angelo De Marco Presidente
Dott. Amedeo Rozera Consigliere
Dott. Fulvio Maria Longavita Consigliere Relat.
Dott. ssa Marta Tonolo Consigliere
Dott. Leonardo Venturini Consigliere
pronuncia la seguente
S E N T E N Z A
sull’appello in materia di responsabilità, avverso la sentenza della Sezione Giurisdizionale per il
Lazio n.1434/2009, proposto dai sigg. Sturabotti Sergio e Rinaldi Arnaldo, rappresentati e difesi dagli
avv. Federico Tedeschini, Piero Lorusso e Totino Laura, nei confronti della Procura Regionale presso
la Sezione Giurisdizionale del Lazio.
VISTI l’atto di appello, iscritto al
n. 37258 del registro di Segreteria, e gli altri atti e documenti tutti
della causa;
UDITI, alla pubblica
udienza del giorno 15/6/2011, con l’assistenza del Segretario sig.ra Lucia
Bianco: il relatore, Consigliere Fulvio Maria Longavita; il difensore degli appellanti, avv. Vito
Bellini, su delega dell’avv. Lorusso; il P.M., dr. Raffaele de Dominicis .
Svolgimento del Processo
1)– Con l’impugnata sentenza, la Sezione Giurisdizionale Regionale della Corte dei conti per
il Lazio ha assolto dalla domanda attrice, per carenza di colpa grave, i sigg. Sergio Sturabotti e
Rinaldi Arnaldo, quali – rispettivamente – sindaco e vicesindaco del comune di Vallinfreda, dopo
aver respinto le eccezioni di nullità della citazione e di prescrizione formulate dai medesimi, e dopo
aver “
radicalmente ridimensionato l’ elemento del danno”, rispetto agli € 91.034,88
contestati dalla Procura.
I primi giudici, peraltro, hanno ravvisato “
giuste ragioni per compensare le spese del giudizio”,
precisando che : “
i comportamenti dei convenuti, se pur non connotati da colpevole gravità sono
certamente inopportuni, a causa di una mancata attenta valutazione di tutti gli aspetti connessi alla
trasformazione della COTRAL in ente pubblico economico”
.
2) – Con l’atto introduttivo del presente grado del giudizio, la difesa dei predetti ha contestato
la riferita sentenza, “
nella parte in cui dispone la compensazione delle spese di giudizio”,
eccependo:
a) “
Violazione di legge: art. 3, comma 2-bis del d.l. n°543/1996, convertito in l. n°639/1996,
autenticamente interpretato dall’art. 10-bis, comma 10, del d.l. n°203/2005, convertito in l. n°
248/2005, nel testo modificato dal comma 30-quinquies dell’art. 17 del d.l. n°78/2009 ed integrato
della relativa legge di conversione
”, argomentando per la spettanza “degli onorari e dei diritti alla
difesa del prosciolto
” (v. pagg. 4-5)
b) “
Violazione di legge: art. 92, comma 2, cpc, omessa e contraddittoria motivazione dei giusti
motivi in tema di compensazione di spese legali
”, osservando –tra l’altro – che la
“
regolamentazione delle spese del giudizio contabile” è stabilita dal precitato art. 3 della l. n°
639/1996 e s. i. e m. (v. pagg. 5-10);
c) ancora “
Violazione di legge: art. 92, comma 2, cpc, omessa e contraddittoria motivazione dei
giusti motivi in tema di compensazione di spese legali; insussistenza del danno erariale e della
responsabilità amministrativa
”, facendo presente che, nel caso, la sentenza è comunque viziata, per
la mancanza finanche della colpa semplice, oltre che del danno (v. pagg. 10-13).
In conclusione, la difesa degli appellanti ha chiesto, in accoglimento del gravame, di “
condannare il
comune di Vallinfreda alla refusione delle spese, diritti ed onorari di entrambi i gradi di
giudizio
” (v. pag. 13).
3) – Con atto conclusionale scritto del 25/3/2011, la Procura Generale ha argomentato per la
reiezione del gravame.
4) – All’
odierna pubblica udienza, il difensore degli appellati ed il PM hanno illustrato le
loro posizioni, concludendo in conformità
Motivi della decisione
1) – Da quanto esposto in narrativa, risulta evidente che la materia del contendere, quale
devoluta con l’appello in epigrafe, è circoscritta al solo capo della gravata sentenza che ha negato il
“
rimborso (delle) spese legali” ai convenuti assolti in primo grado (odierni appellanti), ex art. 3,
comma 2-bis, della l. n°639/1996 e successive norme che ad esso fanno riferimento, avendo la
sentenza stessa disposto la “
compensazione (delle) spese di giudizio”, in relazione ai “comportamenti
inopportuni”
dei convenuti medesimi, “ seppur non connotati da colpevole gravità” (v. pag. 13 della
impugnata sentenza).
2) – Così individuato il
thema decidendum, funzionalmente ad esso, il Collegio reputa
necessario anzitutto operare un duplice chiarimento:
a) contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa degli appellanti (v. pag. 8 e pag. 10 del gravame),
l’impugnata sentenza non ha escluso totalmente la sussistenza del danno;
b) analogamente, e sempre in contrario avviso a quanto sostenuto in proposito dalla predetta difesa
(v., in particolare il secondo ed il terzo motivo del gravame), il Collegio non individua elementi che
consentono di ritenere che la condotta dei convenuti-appellanti sia anche priva di colpa lieve, oltre
che di colpa grave, come statuito dai primi giudici.
2.1) – Se la gravata sentenza, infatti, avesse davvero escluso totalmente il danno, o se davvero
nella condotta addebitata ai convenuti non fosse ravvisabile nemmeno la colpa lieve, difetterebbe in
radice l’essenza ontologica (oggettiva e/o soggettiva) della responsabilità erariale e la gravata
sentenza avrebbe manifestato una intima contraddizione ancora più marcata e stridente, rispetto a
quella di aver assolto per carenza di colpa grava, compensando tuttavia “
le spese di giudizio” .
2.2) – La gravata sentenza, però, non ha escluso totalmente il danno, né la condotta dei
convenuti è scevra da ogni benché minimo rimprovero, così da potersi considerare priva di colpa
lieve.
2.3) – Sotto il primo profilo (danno), invero, è da considerare che la sentenza in riferimento,
nell’escludere dall’importo complessivo del danno (€ 91.034,88) la “
sorte capitale” ( € 66.874,45),
pari “
esattamente (al)l’importo dei rimborsi dovuti dal Comune di Vallinfreda alla Cotral”, ha
limitato “
il risarcimento alla somma di € 24.160,43”, dalla quale ha poi detratto “il profitto di 2.000
euro l’anno …. per 11 anni
(€ 22.000,00), da omesso versamento del dovuto nei tempi debiti, così
residuando una modestissima somma di € 2.160,43 (€ 24.160,43 – 22.000,00), costituente comunque
danno (v. pagg. 9-10 della cennata sentenza).
2.4) – Sotto il secondo profilo (colpa), invece, il Collegio rileva che la difesa degli appellanti
si è limitata ad affermare l’assenza di ogni forma di colpa, anche “
semplice” (v. pag. 13 del gravame),
senza tuttavia illustrarne adeguatamente le ragioni.
Né può ritenersi sufficiente, per escludere ogni forma di colpa, il generico richiamo operato
dalla difesa dei convenuti-appellanti alla “
prassi consolidata nell’ambito dell’Amministrazione del
Comune di Valinfreda
” di non pagare i “rimborsi richiesti da Cotral” (v. pag. 10 del gravame), atteso
che i convenuti medesimi “
erano stati messi nelle condizioni di esaminare approfonditamente la
questione fin dal 1995
”, come puntualmente evidenziato dalla Procura Generale (v. pag. 9-11 delle
relative conclusioni scritte, depositata il 5/3/2011).
2.5) – Alla stregua di quanto precede, dunque, deve concludersi che:
a) i Giudici di prime cure hanno disposto l’assoluzione degli odierni appellanti semplicemente per
mancanza di
colpa grave, e non anche per carenza del danno;
b) la condotta degli appellanti medesimi, priva di colpa grave, è stata comunque sostenuta dalla colpa
lieve.
3) – Tanto chiarito, il gravame è comunque fondato, stante l’intima contraddizione, presente
nell’impugnata sentenza, di aver disposto l’ assoluzione degli appellanti, per carenza di colpa grave, e
di aver ciò non di meno compensato le “
spese di giudizio”.
3.1) – Al riguardo, giova muovere dalla considerazione che, come correttamente osservato
dalla difesa degli appellanti, “
la regolazione delle spese del (rectius: nel) giudizio contabile è
(stabilita)
dall’art. 3, punto (rectius: comma) 2 bis, della l. n°639/1999” (v. pag. 7).
3.2) – Una simile, speciale regolamentazione, secondo il Collegio, non consente l’applicazione
nel giudizio di responsabilità erariale della “
compensazione delle spese”, ex art. 92 cpc,
espressamente esclusa – d’altronde – dall’art. 17, comma 30-
quinquies, del d.l. n°78/ 2009, nel testo
introdotto dalla l. n°102/2009.
3.2.1) – E’ bene peraltro chiarire che, per quanto il precitato articolo 3, comma 2-bis, della l.
n°639/1996 si riferisca alle “
spese legali” e non alle “spese di giudizio” (o, più correttamente, alle
“
spese di giustizia”), il divieto di “compensare” ogni sorta di spesa, nel giudizio di responsabilità
erariale, è tendenzialmente valso anche per queste ultime, ossia per le
spese di giustizia, da intendere
come: “
oneri connessi al funzionamento del servizio giustizia, anticipate dallo Stato” (cfr. SS.RR. n°
22-A/1998).
Per tali spese, infatti, l’orientamento costantemente (ed uniformemente) seguito dalla
giurisprudenza di questa Corte è nel senso di porle integralmente a carico del convenuto in caso di
soccombenza, a completamento della domanda risarcitoria presentata dalla Procura, comunque
escludendo che le stesse possano gravare in qualche misura sulla Procura, che – si è chiarito – “
agisce
non in rappresentanza dell’Amministrazione, ma in adempimento di un dovere impostogli per
l’osservanza della legge
” (cfr. SS.RR. n°60-A/1996 e in termini, tra le più recenti, Sez. III^ Centr.
App. n°502/2010).
3.2.2) – Il divieto di “
compensazione”, invece, avrebbe dovuto valere in termini ancora più
netti e radicali per le “s
pese legali” in senso stretto, ossia per le spese “afferenti allo svolgimento
dell’attività di difesa
” (v. ancora SS.RR. n°22-A/1998), in relazione alla disciplina recate per esse,
nell’ambito del giudizio di responsabilità erariale, per la prima volta dal ricordato art. 3, comma 2
-bis,
della l. n°639/1996.
Le disposizioni del ripetuto art. 3, comma 2-
bis , infatti, hanno regolato la materia delle “spese
legali
” facendo ricorso all’istituto gius-laburista del “rimborso” delle spese stesse, con onere a carico
dell’ “
Amministrazione di appartenenza”.
3.2.2.1) – In base alle disposizioni dell’art. 3, comma 2-bis, della l. n°639/1996, in pratica, il
convenuto prosciolto “
ai sensi di quanto previsto dal comma 1 dell’art. 1 della l. n°
20/1994
” (logicamente nel testo modificato dal medesimo art. 3 della l. n°639), avrebbe avuto diritto
al
rimborso delle spese legali, da parte della sua “Amministrazione di appartenenza”; diritto che,
ovviamente, non poteva insorge in caso di condanna, stante –in questa ipotesi – il palese conflitto di
interessi con la sua “
Amministrazione di appartenenza”.
3.2.2.2) – Nel contesto del più volte menzionato art. 3, comma 2-bis, pertanto, non v’era
proprio spazio operativo per la “
compensazione” delle spese in discorso, intrinsecamente rimessa –
quest’ultima – al potere discrezionale del Giudice contabile, in quanto la sussistenza o meno del
diritto al “
rimborso” finiva per dipendere unicamente dall’esito della causa (v., chiarissima in
proposito, SS.RR. 22-A/1998, che invece ammette una possibile compensazione delle
spese di
giustizia
) ).
3.2.3) – E’ peraltro noto che le disposizioni dell’art. 3, comma 2-bis della l. n°639/1996 hanno
dato luogo a non pochi problemi interpretativi, essendosi finanche dubitato che la giurisdizione in
materia di “
spese legali” fosse di questa Corte.
3.2.3.1) – Numerose sentenze, infatti, hanno ritenuto che il diritto al “
rimborso delle spese
legali
” inerisse al rapporto di servizio e rientrasse perciò nella giurisdizione propria del giudice del
lavoro (v. tra le tante, Sez. Giur. Calabria n°12/2000 e, in appello, Sez. III^ n°270/1999), ovvero che
“
l’obbligo del pagamento delle spese legali sostenute dal convenuto assolto consegue ex legge dalla
sentenza di assoluzione, ma non è costituita da questa, e nasce anzi al di fuori dell’ambito
processuale nel quale l’Amministrazione pubblica è istituzionalmente assente, sicché il giudice
contabile non può pronunciare riguardo ad esse”
(v. testualmente Sez. I^345/2002).
3.2.3.2) – Altre sentenze, invece, non hanno manifestato analoghi dubbi sulla giurisdizione e si
sono pronunciate sulle spese in discorso, addirittura escludendone il
rimborso o – quale variante della
medesima esclusione
– disponendo la “compensazione” delle spese stesse per l’ipotesi di assoluzione
per mancanza solo della colpa grave (v., per tutte, Sez. Campania sent. n°60/2001 e, quanto
alla
“compensazione”, v. per tutte Sez. II^ Centr. App. n°364/2001), oltre che per l’ipotesi di
declaratoria della prescrizione (v. Sez. II^ Centr. App. sent. n°128/2001).
3.2.3.3) – Le cennate problematiche interpretative, lungi dall’essere sopite dall’intervento
delle Sezioni Unite della Cassazione che, con la sent. n°17014/2003, hanno affrontato il tema
esclusivamente sul piano della giurisdizione (“
la pronunzia con la quale la Corte dei conti, in sede di
giudizio di responsabilità, rigettata la domanda, abbia disposto la compensazione delle spese,
ancorché eventualmente erroneamente, non è decisione esorbitante dalla giurisdizione
”), hanno
avuto un inizio di soluzione con la norma interpretativa di cui all’art. 10-
bis , comma 10, della l. n°
248/2005.
3.2.4) – Secondo la precitata norma, “
le disposizioni dell’art. 3, comma 2-bis della l. n°
639/1996
(…) si interpretano nel senso che il giudice contabile, in caso di proscioglimento nel merito
e con la sentenza che definisce il giudizio, ai sensi e con le modalità di cui all’art. 91 cpc, liquida
l’ammontare degli oneri e dei diritti spettanti alla difesa del prosciolto, fermo restando il parere di
congruità dell’Avvocatura dello Stato, da esprimere sulle richieste di rimborso avanzate
all’Amministrazione di appartenenza
”.
3.2.4.1) – Come annotato dalla dottrina, la riferita norma interpretativa, ha risolto il problema
della sussistenza del potere della Corte dei conti di “
liquidare (essa stessa) l’ammontare degli oneri e
dei diritti spettanti alla difesa del prosciolto, con la sentenza che definisce il giudizio, ai sensi e con le
modalità di cui all’art. 91 cpc,
”, ma nel contempo ha ingenerato ulteriori e nuovi dubbi sull’effettiva
portata applicativa della norma interpretata.
In pratica, la norma interpretativa ha posto il problema di stabilire:
a) cosa debba intendersi per “
proscioglimento nel merito”, posto che la norma interpretata parlava di
“proscioglimento ai sensi di quanto previsto dal comma 1 dell’art. 1 della l. n°20/1994
”;
b
) se gli “onorari e diritti spettanti alla difesa del prosciolto” esauriscano tutte “spese legali”
liquidabili dalla Corte dei conti, laddove le altre possono essere chieste direttamente all’
“
Amministrazione di appartenenza”, atteso che la norma interpretata parlava di “spese legali”
complessivamente intese;
c
) quale sia il rapporto che intercorre tra la liquidazione operata dal Giudice della responsabilità
erariale ed “
il parere di congruità dell’Avvocatura dello Stato, da esprimere – come la stessa norma
interpretativa precisa –
sulle richieste di rimborso avanzate all’Amministrazione di appartenenza”;
parere che – detto per inciso – rappresenta una assoluta novità della norma interpretativa e non può
valere che per il futuro (v. Cass. SS.UU. n°8455/2008).
3.2.4.2) – La giurisprudenza, in verità, col tempo ha dissipato la quasi totalità dei dubbi posti
dalla riferita norma interpretativa, precisando:
a1)
quanto al concetto di “proscioglimento nel merito”, che esso non altera l’originaria espressione:
“
proscioglimento ai sensi di quanto previsto dal comma 1 dell’art. 1 della l. n°20/1994” (ovviamente
nel testo introdotto dalla l. n°639/1996), propria della norma interpretata, e perciò non danno diritto a
rimborso i
“proscioglimenti” che non giungono ad un “accertamento nel merito dell’insussistenza dei
presupposti della responsabilità amministrativa
: danno, nesso di causalità, dolo o colpa grave”,
come quelle dichiarative della prescrizione (v., testualmente, SS.RR. sent. n°3-QM/ 2008), o che si
concludono con pronunce di rito (v. per tutte Sez. III^ Centrale App. n°483/2010) o anche di sola
giurisdizione (v. per tutte Sezione Umbria n°193/2008);
b1)
che l’espressione: “onorari e diritti spettanti alla difesa del prosciolto” non ha inteso ridurre
l’ambito concettuale generale delle
spese legali liquidabili dal giudice della responsabilità erariale,
quale desumibile dalla norma interpretata, “
in ragione dell’esplicito richiamo operato dalla
menzionata norma interpretativa all’art. 91 cpc
”, per cui “bisogna avere riguardo a tutti gli esborsi
che
, complessivamente considerati, costituiscono il costo del processo” (v., testualmente, Sezione I^
Centr. App. n°428/2008);
c1)
che, quanto al “parere di congruità dell’Avvocatura dello Stato”, esso “resta confinato nella fase
amministrativa conseguente al giudizio contabile e si concreta in una mera verifica di rispondenza
della richiesta di rimborso alla liquidazione del Giudice, nonché di
(pronuncia ad hoc sulla)
congruità delle eventuali spese legali aggiuntive per studio e notifica della sentenza assolutoria
, (o)
per assistenza avanti all’autorità amministrativa deputata al rimborso, etc
., correlate all’attuazione
di quel pronunciato”
.(cfr, ancora una volta testualmente, Sezione I^ Centr. App. n°428/2008).
3.2.4.3) – Da notare che l’Avvocatura Generale dello Stato, con la circolare n°55/2008, ha
sostanzialmente concordato con la linea giurisprudenziale di cui alla precedente lettera
c1), mentre la
Suprema Corte ha avuto modo di chiarire, con riferimento alle lettere
c1) e b1), che : “la sentenza di
proscioglimento nel merito costituisce il presupposto di un credito che è attribuito dalla legge e che il
giudice contabile
(…) è deputato a quantificare, salva comunque la definitiva determinazione del suo
ammontare, da compiere, su parere dell’Avvocatura dello Stato, con provvedimento dell’
Amministrazione di appartenenza
”, le controversie sul quale (provvedimento) “esulano dalla
giurisdizione della Corte dei conti e appartengono a quella del giudice del rapporto di lavoro
” (v.
SS.UU. n°6996/2010).
3.2.4.4) – Quanto, tuttavia, all’ambito concettuale dell’espressione: “
proscioglimento nel
merito
”, che come appena detto “costituisce il presupposto di un credito” per il convenuto assolto, la
giurisprudenza della Corte dei conti è rimasta divisa, pur dopo i chiarimenti offerti dalle SS.RR. con
la sent. n°3-QM del 27/6/2008 (“
accertamento nel merito dell’insussistenza dei presupposti della
responsabilità amministrativa
: danno, nesso di causalità, dolo o colpa grave”) continuando a
registrarsi sentenze che hanno negato il “
rimborso delle spese legali” ovvero, ma è la stessa cosa,
hanno “
compensato” le spese medesime in presenza di assoluzione per mancanza di colpa grave (v.
per tutte la stessa Sez. I^ n°428 del 15/10/2008 già citata).
3.2.5) – In siffatto contesto è, dunque, intervenuto l’art. 17, comma 30-
quinquies della l. n°
102/2009, che ha posto il divieto di compensare “
le spese di giudizio”, a completamento della norma
interpretativa di cui all’art. 10-bis, comma 10, della l. n°248/2005.
3.3) – Ebbene, alla stregua di tale divieto, il gravame in epigrafe non può che essere accolto,
avendo i primi giudici disposto la compensazione delle spese tra le parti, in forza –come detto –
dell’assoluzione degli odierni appellanti per carenza di colpa grave.
Una volta accertata la carenza della colpa grave, l’assoluzione ha il valore di un
“
proscioglimento (pieno) nel merito”, idoneo ad escludere un qualsivoglia “conflitto di interessi” con
l’ Amministrazione di appartenenza (ex SS.RR. n°3-QM/2008), o – altrimenti detto – equivale ad un
“
proscioglimento ai sensi (del) comma 1 dell’art. 1 della l. n°20/1994” (ex SS.RR. n°22-A/1998).
3.4) – Né vale invocare, per una diversa conclusione, la circostanza che “
la richiamata
disposizione
”, ossia l’art. 17, comma 30-quinquies della l. n°102/2009, “è divenuta efficace dalla
data di entrata in vigore della
(medesima) l. n°102/2009, il 5/8/2009, e quindi successivamente a
quella di deliberazione della sentenza
(impugnata) e di deposito della stessa” (v. pag. 8 delle
conclusioni della Procura Generale).
Una simile tesi, che sostanzialmente nega l’applicabilità retroattiva delle disposizioni del
ripetuto art. 17, comma 30-quinquies, pure si riscontra in qualche pronuncia di questa Corte (v. Sez.
I^ n°415/2010), ma si infrange contro la natura interpretativa delle predette disposizioni, o meglio
contro la natura interpretativa delle disposizioni dell’art. 10-
bis, comma 10, della l. n°248/2005,
integrate dall’art. 17, comma 30-
quinquies, più volte citato, che a sua volta ha anch’esso ovviamente
natura di norma interpretativa.
D’altronde, si ripete, le disposizioni dell’art. 92, comma 2, cpc, che disciplinano la
“
compensazione delle spese”, non sono mai state richiamate in nessuna delle ricordate norme
(speciali) che hanno regolato il “
rimborso” delle spese legali nel giudizio di responsabilità innanzi a
questa Corte, e ciò esprime –secondo il Collegio – una implicita, ma pur sempre presente volontà di
non utilizzare la
compensazione stessa nel predetto giudizio.
4) – Per quanto finora esposto e considerato, dunque, il gravame in epigrafe va accolto, e per
l’effetto, in riforma della gravata sentenza, vanno liquidati a favore dei difensori degli appellanti
“
onorari e diritti”, che il Collegio fissa nei seguenti importi, in mancanza di apposita parcella,
tenuto conto del valore della causa (oltremodo limitata nel presente grado di appello, vertendo
esso solo sul “rimborso delle spese legali”), della materia trattata, del numero degli atti posti
in essere e degli altri criteri indicati dall’art. 5, cap. I, all. 1, del D.M. n°127/2004 :
a) € 1.500,00, cumulativamente, per il primo grado di giudizio, di cui € 1.000,00 per onorari,
oltre spese generali, IVA e CPA;
b) € 1.000,00 cumulativamente per, per il secondo grado di giudizio, di cui € 600,00 per
onorari, oltre spese generali, IVA e CPA.
5) – N
on è luogo a pronuncia sulle spese di giudizio
P
.Q.M.
LA CORTE DEI CONTI
Sezione Terza Giurisdizionale Centrale d’Appello
ACCOGLIE
l’appello in epigrafe, nei termini indicati in motivazione.
Roma, Camera di Consiglio del 15/6/2011
IL CONSIGLIERE RELATORE-ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to Fulvio Maria Longavita F.to Angelo De Marco
Depositata in Segreteria il 13 luglio 2011
Il Direttore della Segreteria
F.to Dott. Nicola Fabio
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