Illegittima segnalazione alla Centrale Rischi: sì al ricorso ex art. 700 cpc
Tribunale Pescara, ordinanza 21.11.2014 n° 4687
Avv. Angelo Forte
di Modugno, BA
Letto 785 volte dal 16/02/2015
" Codice di deontologia e di buona condotta per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo, affidabilità e puntualità nei pagamenti" (di seguito, Codice deontologico), predisposto dalle associazioni di categoria e approvato dal Garante della privacy in data 16 novembre 2004 ai sensi degli artt. 12 e 117 del d.lgs. n. 196/2003, con il quale sono state individuate le finalità e le condizioni alle quali il trattamento dei dati registrati nelle centrali rischi può essere considerato lecito, prevede, all'art. 4, comma 7º, che al verificarsi di ritardi nei pagamenti, in occasione della prima segnalazione l'intermediario deve avvertire l'interessato, anche unitamente all'invio di altri solleciti o di altre comunicazioni, "dell'imminente registrazione " di tale informazione;
Tribunale di Pescara
Ordinanza 18-21 novembre 2014
PROCEDIMENTO CIVILE n. 4687/14
ORDINANZA
Il Giudice, a scioglimento della riserva formulata all’udienza del 18.11.2014;
premesso che i provvedimenti d’urgenza ex art. 700 c.p.c. possono essere concessi purché: a) si versi al "di fuori delle precedenti sezioni" del capo in cui la norma è collocata, ovvero di quello che contempla appunto la disciplina dei procedimenti cautelari; b) la cautela sia richiesta laddove si debba tutelare "un diritto in via ordinaria"; c) il diritto da proteggere "sia minacciato da un pregiudizio grave ed irreparabile" nel tempo occorrente per far valere il diritto in via ordinaria;
osservato che va in primo luogo esaminata l’eccezione sollevata in via preliminare dalla Consumit S.p.A. di inammissibilità del ricorso ex art. 700 c.p.c. per preteso difetto di residualità;
che, a supporto dell’eccezione, parte resistente sostiene l’applicabilità dell’art. 152 del d.Lgs 196 del 2003 recante il Testo Unico a tutela della Privacy, integrato dall’art. 10, comma 4º, del d.lgs. 150/2011;
ritenuto che nella disciplina processuale contenuta nell'art. 10, comma 4º, del d.lgs. 150/2011 non si rinviene alcun rimedio tipico volto ad offrire al cliente una tutela giudiziale destinata ad operare nelle more di un giudizio di merito;
che, invero, la norma che introduce l’istituto della sospensione è collocata immediatamente dopo la disciplina dedicata alle modalità con le quali è possibile fare ricorso contro i provvedimenti del Garante privacy e si limita a stabilire che "l’ efficacia esecutiva del provvedimento impugnato può essere sospesa secondo quanto previsto dall'art. 5";
che, già sul piano letterale, deve ritenersi che lo speciale procedimento di natura cautelare previsto dall'art. 5 del d.lgs. 150/2011 deve intendersi riferito alle modalità con le quali è possibile ottenere la sospensione degli effetti dell'eventuale provvedimento emesso dal Garante privacy nelle more della sua impugnativa;
ritenuto, inoltre, che nel caso in esame, agendo il ricorrente in via cautelare unicamente al fine di ottenere un ordine di cancellazione della segnalazione che risulti illegittimamente iscritta poiché collegata a un giudizio di responsabilità di natura contrattuale fondato sulla violazione degli obblighi di comunicazione degli intermediari, il rito applicabile è quello ordinario, e non la disciplina processuale contenuta nell'art. 10, comma 4º, del d.lgs. 150/2011;
ritenuto, pertanto, che la tutela cautelare d’urgenza sia ammissibile per ottenere un ordine di cancellazione presso una centrale rischi quando esso sia collegato a un giudizio di responsabilità di natura contrattuale fondato sulla violazione degli obblighi di comunicazione degli intermediari, senz'altro idonea a configurare anche un illecito trattamento dei dati;
rilevato che il giudizio prognostico sulla probabilità del diritto fatto valere, quanto all’illegittimità della segnalazione, può fondarsi, in particolare, sul mancato rispetto dell'obbligo di invio della comunicazione preventiva, in sede di prima segnalazione pregiudizievole, senz'altro idoneo a configurare un inadempimento degli obblighi che presiedono alla corretta attuazione del rapporto banca-cliente, oltre che, quanto meno nel caso delle centrali rischi private, un illecito trattamento dei dati;
che siffatto obbligo è stato espressamente introdotto per l'appostazione "a sofferenza" presso la Centrale Rischi di Banca d'Italia con il 13º aggiornamento del 2010 nella Circolare n. 139/1991 e, pressoché contestualmente, è stato legislativamente sancito, con la novella dell'art. 125, comma 3º, t.u.b. avvenuta ad opera del d.lgs. 141/2010, in relazione alle segnalazioni negative relative a rapporti di credito al consumo effettuate presso qualunque centrale rischi, sia di natura pubblica che privata;
che il " Codice di deontologia e di buona condotta per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo, affidabilità e puntualità nei pagamenti" (di seguito, Codice deontologico), predisposto dalle associazioni di categoria e approvato dal Garante della privacy in data 16 novembre 2004 ai sensi degli artt. 12 e 117 del d.lgs. n. 196/2003, con il quale sono state individuate le finalità e le condizioni alle quali il trattamento dei dati registrati nelle centrali rischi può essere considerato lecito, prevede, all'art. 4, comma 7º, che al verificarsi di ritardi nei pagamenti, in occasione della prima segnalazione l'intermediario deve avvertire l'interessato, anche unitamente all'invio di altri solleciti o di altre comunicazioni, "dell'imminente registrazione " di tale informazione;
che la norma citata si preoccupa di precisare che i dati relativi al " primo ritardo " nei pagamenti in un rapporto di credito " possono essere resi accessibili ai partecipanti solo decorsi almeno quindici giorni dalla spedizione del preavviso all'interessato ", suggerendo così che l'adempimento dell'obbligo di comunicazione assume rilievo non solo nell'ambito del rapporto tra cliente e finanziatore, ma anche nei confronti del gestore della centrale rischi, nel senso di costituire una condizione necessaria (insieme con il decorso di un certo periodo di tempo) perché il trattamento dei dati personali — e, in particolare, la messa a disposizione degli stessi agli altri intermediari che partecipano al servizio di centralizzazione dei rischi — possa essere considerato lecito;
che l'intermediario, quindi, non può mai ritenersi esonerato dal dovere di informare preventivamente il cliente in occasione della prima segnalazione negativa a suo carico presso una centrale rischi e, stante la natura recettizia della comunicazione, è tenuto a utilizzare mezzi che comprovino l'avvenuto ricevimento della stessa;
che qualora il cliente contesti la legittimità della segnalazione per mancanza della comunicazione, pertanto, spetta all'intermediario dimostrare di avervi provveduto mediante lettera raccomandata o altro strumento equivalente che garantisca in ogni caso la prova del ricevimento della comunicazione;
rilevato che nel caso di specie parte ricorrente allega di essere stato contattato telefonicamente dal servizio di recupero crediti della Consum.it ed avvisato del mancato pagamento di due rate del finanziamento concesso (circostanza non contestata); di aver provveduto quindi al pagamento tramite bonifico bancario in data 29.07.2014 (Doc. 4 fascicolo di parte ricorrente);
osservato che parte resistente ha prodotto una copia di preavviso di imminente registrazione del nominativo dell’Avv. Di Monte presso gli archivi dei Sistemi di Informazione Creditizia (Sic), datato 09.06.2014 (Doc. 3 del fascicolo di parte resistente), ma non ha fornito prova del suo effettivo invio e soprattutto della ricezione da parte del ricorrente, per cui non ha dimostrato di aver correttamente adempiuto ai suoi obblighi di comunicazione preventiva;
rilevato che il requisito dell’imminenza del pregiudizio da scongiurare in via d’urgenza, consistente nella valutazione negativa del merito creditizio del ricorrente e, pertanto, nelle conseguenze pregiudizievoli in punto di accesso al credito in relazione contratto preliminare di conpravendita di immobile (Doc. 5 fascicolo di parte ricorrente), appare tuttavia venuto meno con la cessazione della condotta illecita denunciata;
che invero l’attuazione nelle more da parte della resistente di quanto richiesto, porta ad escludere la persistenza di specifiche esigenze che rischierebbero di restare insoddisfatte nelle more dello svolgimento del giudizio di merito, avendo il ricorrente già ottenuto quel risultato vantaggioso che si proponeva di conseguire immediatamente per assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito;
che la domanda cautelare, sotto tale profilo, non può dunque trovare accoglimento sol perché cessata la materia del contendere (la cessazione della materia del contendere costituisce una fattispecie di estinzione del processo, da ritenersi applicabile anche al procedimento cautelare, creata dalla prassi giurisprudenziale in presenza del venir meno dell’interesse delle parti alla naturale conclusione del giudizio e dunque per l’impossibilità pratica di una pronuncia giudiziale);
che comunque, se non si rendono necessarie le disposizioni per l’inizio del giudizio di merito, considerato anche il regime di stabilità dello strumento cautelare introdotto dapprima dal D.L. 35/05 convertito nella L. 80/05 e da ultimo dalla L. 69/09 (art. 669 octies c. 6, 7 e 8 c.p.c.), occorre far riferimento al principio della soccombenza virtuale per il regolamento delle spese del procedimento, il che comporta, per quanto sopra apprezzati positivamente i presupposti di ammissibilità del ricorso, la condanna della resistente alla rifusione in favore della ricorrente di quanto liquidato in dispositivo;
rilevato, infatti, che la resistente ha prodotta la copia di una comunicazione del 26.09.2014 di avvenuta cancellazione dei ritardi di pagamento contribuiti nei SIC dell’Avv. Di Monte (Doc. 4 del fascicolo di parte resistente) ma che, anche in tal caso, come per la comunicazione del 09.06.2014 cit., trattasi di mero atto interno di cui non v’è prova della spedizione e della recezione;
che il ricorso introduttivo del presente giudizio con il pedissequo decreto di fissazione dell’udienza risulta essere stato notificato a mezzo posta con raccomandata spedita il 14.10.2014, ore 16:57, mentre la mail del CRIF attestante i dati creditizi del ricorrente (Doc. 17 fascicolo parte ricorrente) risulta essere stata spedita il 14.10.2014 alle ore 20:02, per cui, in definitiva, deve ritenersi che il ricorrente, nel momento in cui si accingeva a proporre ricorso, non fosse ancora venuto a conoscenza dell’effettiva cancellazione dei suoi dati presso gli archivi dei Sistemi di Informazione Creditizia;
che le spese di lite devono essere liquidate tenuto conto della natura della controversia e dell’assenza di attività istruttoria e decisionale;
P.Q.M.
dichiara cessata la materia del contendere;
condanna la resistente a rifondere alla ricorrente le spese del procedimento, che liquida in complessivi € 3.459,00, di cui 3.200,00 per compensi, oltre il 15% del rimborso forfettario sui compensi, I.V.A. e C.A.P. come per legge.
Manda alla cancelleria per la comunicazione alle parti.
Pescara, 21-11-2014
Il Giudice
Dott.ssa Federica Colantonio
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