I giudici di Palazzo Spada, con la sentenza in esame, hanno in primo luogo, ribadito l’eccezionalità del rimedio della revocazione, aderendo ad un orientamento costante della giurisprudenza amministrativa ed in secondo luogo che per aversi errore di fatto revocatorio devono sussistere, contestualmente, tre distinti requisiti: a) l’attinenza dell'errore ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato; b) la “pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale” di atti ritualmente prodotti nel giudizio, “la quale abbia indotto l'organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, facendo cioè ritenere esistente un fatto documentalmente escluso o inesistente un fatto documentalmente provato”; c) la valenza decisiva dell’errore sulla decisione essendo necessario che vi sia “un rapporto di causalità tra l'erronea supposizione e la pronuncia stessa”. Devono, invece, ritenersi “vizi logici e dunque errori di diritto quelli consistenti nell’erronea interpretazione e valutazione dei fatti” e, in più in generale, delle risultanze processuali.