Non si impugna il provvedimento del commissario ad acta: il rimedio è l'opposizione di terzo
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV, 18 aprile 2013, n. 2184
Avv. Luigia Castigliego
di Parma, PR
Letto 383 volte dal 21/04/2013
Non si impugna il provvedimento del commissario ad acta: rimedio è opposizione di terzo La pretesa dell’appellante ha ad oggetto l'annullamento di un provvedimento emanato da un commissario ad acta, nominato in esecuzione del giudicato con cui veniva statuito l’obbligo di un Comune a dar corso ad un permesso di costruire senza necessità di alcun atto pianificatorio attuativo. Ai sensi degli art. 21 e 114, comma 4, lett. d) cpa, il commissario ad acta è un ausiliare del giudice e titolare di un potere che trova diretto fondamento nella pronuncia giurisdizionale da portare ad esecuzione. Ne deriva che egli è legittimato, anche al di fuori delle norme che governano l'azione ordinaria degli organi amministrativi sostituiti, ad adottare ogni misura conforme al giudicato che si appalesi, in concreto, idonea a garantire alla parte ricorrente il conseguimento effettivo del bene della vita di cui sia stato riconosciuto titolare nella sentenza da attuare. Negata la valenza amministrativa dell’attività svolta dal commissario ad acta, in favore della sua natura di organo ausiliario del giudice esplicante attività giurisdizionale, va sottolineata la conseguente esclusione dell’impugnabilità in sede di giurisdizione generale di legittimità dei suoi provvedimenti. Piuttosto, occorre evidenziare che l'appellante riveste la posizione di controinteressato in senso sostanziale, quale proprietario di area ricadente nella stessa maglia oggetto dell’impugnato titolo edilizio e quindi di titolare di interesse qualificato ed attuale al mantenimento dell’atto di diniego di permesso a costruire, originariamente impugnato ed annullato. Dunque, quale terzo controinteressato sostanziale rimasto estraneo nel giudizio amministrativo sull’annullamento del diniego di titolo edilizio, ha il potere di contestare quanto dedotto nel giudicato di annullamento, non gravando il provvedimento emesso dal commissario ad acta, ma esclusivamente valendosi del rimedio dell’opposizione di terzo ordinaria ex art 108 cpa.
N. 02184/2013REG.PROV.COLL.
N. 00282/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello n. 282 del 2010, proposto da
Giuseppe Rubino, in nome e per conto di Maria Luigia Colapietro Milella, rappresentato e difeso dall’avv. Pietrangelo Jaricci, ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, via Boezio n. 92, come da mandato in calce al ricorso introduttivo;
contro
Comune di Bari, in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Renato Verna, ed elettivamente domiciliato, unitamente al difensore, presso l’avv. Roberto Ciociola in Roma, via della Camilluccia n. 135, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;
nei confronti di
Rubino Giuseppe s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Saverio Profeta, ed elettivamente domiciliato, unitamente al difensore, presso il dott. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria n. 2, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione seconda, n. 2394 del giorno 8 ottobre 2009, redatta in forma semplificata;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Bari e di Rubino Giuseppe S.n.c.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 febbraio 2013 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti gli avvocati Pietrangelo Jaricci, A. Pappalepore (su delega Saverio Profeta) e Roberto Ciciola (su delega di Augusto Farnelli);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso iscritto al n. 282 del 2010, Giuseppe Rubino, in nome e per conto di Maria Luigia Colapietro Milella, propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione seconda, n. 2394 del giorno 8 ottobre 2009 con la quale è stato dichiarato inammissibile il ricorso proposto contro il Comune di Bari e Rubino Giuseppe s.n.c. per l'annullamento del permesso di costruire n. 313/2004 del 19 Aprile 2007, rilasciato dal commissario ad acta nominato con sent. n.2908/2006 T.A.R. Puglia Bari sez.III, relativo alla realizzazione di edifici per uso residenziale e terziario sul suolo in Bari avente accesso dalla strada privata San Pasquale (già strada vicinale dello Stampatore), distinto in Catasto dalle particelle 720 e 719 del foglio 49, nonché di tutti gli atti comunque preordinati e/o connessi con quello impugnato, ancorchè non conosciuti.
Dinanzi al giudice di prime cure, l’originaria controinteressata, Rubino Giuseppe s.n.c., con ric. RG n.2521/04, impugnava il diniego di concessione edilizia prot n. 226111 del 02.11.2004 del Comune di Bari su area di proprietà sita in maglia classificata in PRG come “tessuto edificato”ed ubicata tra la via S.Pasquale e la terza mediana bis.
Con sentenza 23.12.2004 n. 6243, il T.A.R. statuiva l’obbligo del Comune di Bari a dar corso in via diretta al permesso di costruire senza necessità di alcun atto pianificatorio attuativo, accertando: a) la maglia in questione quale “tessuto edificato ed urbanizzato”, b) la sufficienza dello stato di urbanizzazione primario e secondario esistente nella maglia interessata.
A fronte dell’inerzia serbata dall’amministrazione comunale, seguita poi da nuovo provvedimento di diniego, sempre il T.A.R., adito in sede di ottemperanza sempre dalla Rubino Giuseppe s.n.c., , con sentenza n.2908/2006 resa nei confronti del Comune di Bari, accoglieva il ricorso e ordinava all’amministrazione intimata di rilasciare entro 30 giorni il permesso di costruire in via diretta, nominando contestualmente un commissario ad acta per l’ipotesi di inadempimento.
Il Commissario ad acta provvedeva in via sostitutiva al rilascio del permesso di costruire n.313/2004 del 19.04.2007 a favore della Rubino Giuseppe s.n.c.
In seguito ai ricorsi RG n.2512/04 proposto dal Comune di Bari e RG n. 864/07 proposto dalla Rubino Giuseppe s.n.c., avverso il permesso di costruire n.313/2004 del 19.04.2007, il T.A.R. di Bari con sentenza n.210/2008, previa riunione, disponeva:
- l’accoglimento del ricorso del Comune, affermando che il rilascio del permesso di costruire all’impresa Rubino “doveva essere preceduto dalla cessione dei suoli necessari per l’allargamento fino a 12 mt di strada interna al lotto (da non confondersi con la viabilità ordinaria di PRG di competenza comunale)”;
- l’accoglimento in parte anche del ricorso proposto dall’impresa Rubino, riconoscendo che i contributi di costruzione “dovevano essere calcolati secondo i parametri vigenti al 21/02/2005”.
Stante ancora l’inerzia dell’amministrazione intimata, ancora la Rubino Giuseppe s.n.c. adiva nuovamente questo Tribunale al fine di ottenere esecuzione al giudicato formatosi sulla sopracitata sentenza n.210/2008.
Con sentenza n.601/2009 il T.A.R. - nel presupposto che la sent. n.210/08 avesse annullato il permesso di costruire n.313/04 soltanto parzialmente, limitatamente alla quantificazione dei costi di costruzione e alla mancata subordinazione del rilascio del titolo edilizio alla preventiva cessione delle aree, rimanendo comunque il suddetto titolo valido ed efficace - accertava e dichiarava l’obbligo del Comune di Bari:
a) a procedere alla quantificazione dei costi di costruzione relativi al permesso di costruire n.313/2004 parametrandoli al 21/02/2005;
b) a dar corso agli atti necessari ad acquisire dall’impresa Rubino, la proprietà delle aree necessarie per l’allargamento della strada interna di lotto, denominata strada San Pasquale, sino a mt.12, limitatamente alla parte non interessata da immobili coperti da vincolo storico-artistico.
Con ricorso notificato il 24/07 e depositato il 04/2008, il sig. Rubino Giuseppe, non in proprio ma in nome e per conto di Colapietro Milella Maria Luigia quale proprietaria di area finitima e ricadente nella stessa maglia n.99, come sopra rappresentata e difesa, impugna il permesso di costruire n.313/2004 del 19.04.2007, deducendo i seguenti motivi di gravame:
I. Violazione di legge per omessa e falsa applicazione delle norme di cui agli art.39 NTA del vigente PRG e dell’art 3 c. 2°l.r.8 marzo 1985 n.6; eccesso di potere per falsa presupposizione e difetto di istruttoria.
II. Violazione art 12 TU edilizia; eccesso di potere per falsa presupposizione difettando l’area delle necessarie opere di urbanizzazione.
III. Eccesso di potere per violazione art 9, 10, 10-bis l.n.241/1990 e s.m.; eccesso di potere per omesso esame di rilievi decisivi ed omessa motivazione in ordine alle osservazioni.
IV. Eccesso di potere per ingiustizia manifesta e sviamento; violazione art 870 c.c., 23 l.n.1150/1942 e 15 l.r.n.6/1979.
Secondo la prospettazione del ricorrente, l’attività posta in essere dal commissario ad acta è del tutto illegittima, specie in quanto l’area interessata difetta delle necessarie opere di urbanizzazione, come confermato nella relazione giurata dell’ing. Giovanni Lopez depositata il 09.09.2009. Inoltre, il giudicato formatosi sulla sentenza 23.12.2004 n.6243 Sez. III di questo Tribunale non è opponibile alla Sig.ra Colapietro, rimasta estranea al giudizio, né quindi preclusiva di ricorso al TAR ai fini dell’annullamento del permesso di costruire rilasciato in forza di giudicato reso inter alios.
Si costituivano in giudizio sia il Comune di Bari, chiedendo il rigetto del ricorso, essendo l’attività del commissario esecutiva del predetto giudicato, sia la controinteressata Rubino Giuseppe s.n.c, eccependo in rito l’inammissibilità per mancata proposizione nei termini dell’opposizione di terzo ex art 404 c.1° c.p.c. oltre che per difetto di interesse, e chiedendone comunque il rigetto nel merito. Il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva inammissibile il ricorso, evidenziando come gli atti impugnati fosse esecutivi della propria sentenza e quindi non fosse proponibile un ricorso di tipo impugnatorio.
Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto ed in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo le proprie doglianze.
Nel giudizio di appello, si è costituito sia il Comune di Bari che la Rubino Giuseppe s.n.c., chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
Dopo due diversi rinvii, dati alle udienze del 29 maggio 2012 e del 23 ottobre 2012, alla pubblica udienza del 19 febbraio 2013, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.
DIRITTO
1. - L’appello non è fondato e va respinto, confermando la statuizione di inammissibilità del primo giudice.
2. - Come correttamente evidenziato dal T.A.R. di Bari, la pretesa dell’attuale appellante, come già sostenuta davanti al primo giudice, è quella di annullare, tramite un ricorso esperito in sede di giurisdizione generale di legittimità, un provvedimento emanato dal commissario ad acta nominato con la sentenza n.2908/06 in stretta esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza n.6243 del 23 dicembre 2004 del T.A.R. della Puglia, con cui veniva statuito l’obbligo del Comune di Bari a dar corso in via diretta al permesso di costruire “senza necessità di alcun atto pianificatorio attuativo”, accertando: a) la maglia in questione quale “tessuto edificato ed urbanizzato”, b) la sufficienza dello stato di urbanizzazione primaria e secondaria esistente nella maglia interessata.
A seguito di tale giudicato, vi è stata, in primo luogo, la successiva fase di esecuzione, data con la sentenza di ottemperanza dello stesso T.A.R. n.2908/06, dove il Comune è stato condannato al rilascio del titolo edilizio “senza alcun atto di intermediazione concretante un piano di lottizzazione” e “senza frapporre ostacoli procedimentali e di contenuto violativi del giudicato”. In secondo luogo, ha avuto spazio l’intervento del commissario ad acta che, di fronte a tale dettagliato dispositivo, non era fornito di spazi di discrezionalità amministrativa, dovendo procedere unicamente all’attuazione delle statuizioni del giudicato.
La ricostruzione del citato presupposto giurisdizionale consente di valutare la portata del giudizio proposto dall’attuale appellante, sulla scorta di una ricognizione della funzione del commissario ad acta, sotto i due diversi versanti del rapporto con l’amministrazione sostituita e con il giudice. Dal primo punto di vista, occorrerà ricordare (da ultimo ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, 21 gennaio 2013 n. 327) come la relazione che s'instaura tra il Comune ed il commissario ad acta, nominato per l'adozione di uno specifico atto, è di natura intersoggettiva, perché il Commissario esercita poteri autonomi, aventi gli stessi effetti verso i terzi di quelli dell'ente sostituito per provvedere in vece di questo e per superare la paralisi dell'azione amministrativa, e non interorganica. Dal secondo punto di vista, va ricordato che, ai sensi degli art. 21 e 114 comma 4 lett. d) del codice del processo amministrativo, il commissario ad acta è un ausiliare del giudice e titolare di un potere che trova diretto fondamento nella pronuncia giurisdizionale da portare ad esecuzione (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. V, 1 marzo 2012 n. 1194). Ne deriva che egli è legittimato, anche al di fuori delle norme che governano l'azione ordinaria degli organi amministrativi sostituiti, ad adottare ogni misura conforme al giudicato che si appalesi, in concreto, idonea a garantire alla parte ricorrente il conseguimento effettivo del bene della vita di cui sia stato riconosciuto titolare nella sentenza da portare ad attuazione.
Sulla scorta di questa riconosciuta negazione della valenza amministrativa dell’attività svolta, in favore della sua natura di organo ausiliario del giudice esplicante attività giurisdizionale, va sottolineata la conseguente esclusione dell’impugnabilità in sede di giurisdizione generale di legittimità, specie in riferimento a motivi oggetto di accertamento con autorità di giudicato, come nel caso in esame. Ed in effetti, è evidente la tendenza della giurisprudenza a salvaguardare gli ambiti di autonomia del commissario ad acta e a preservare gli ambiti differenziati tra giudizio di cognizione e giudizio di ottemperanza (si veda ad esempio, Consiglio di Stato, sez. III, 22 febbraio 2012 n. 954 in merito alla inammissibilità dell’appello quando investe determinazioni esecutive o attuative riservate allo stesso organo autore del giudicato, promananti dal commissario ad acta suo ausiliare, rispetto alle quali non è ipotizzabile quella revisione prioris instantiae che ontologicamente presuppone un precedente giudizio; oppure Consiglio di Stato, sez. V, 28 dicembre 2011 n. 6953, dove si afferma che gli atti adottati dal commissario ad acta nominato per l'esecuzione di un giudicato sono impugnabili in via funzionale dinanzi al giudice che ne ha disposto l'investitura, al quale, pertanto, va riconosciuta una specifica competenza funzionale, per cui è il giudice che lo ha nominato che conosce di tutte le questioni relative alla esatta adozione del provvedimento richiesto, compresi i provvedimenti adottati).
Sulla scorta di tale inquadramento, deve sicuramente affermarsi che la contestazione dell’operato del commissario da parte di soggetti terzi rispetto al giudizio coperto dal giudicato, come nel caso oggi in esame, deve rispettare gli stessi parametri, tenendo peraltro presente i limiti di validità dell’accertamento giudiziale compiuto, atteso che questo non può produrre effetti verso i terzi, secondo la regola dei limiti soggettivi del giudicato codificata dall’art 2909 c.c.
Nell’odierna decisione, si assiste all’impugnativa, da parte di un soggetto risultato estraneo sia alla lite definita con sent. n.6243/04 che al relativo giudizio di ottemperanza, di una vicenda in cui avrebbe dovuto rivestire la posizione di controinteressato in senso sostanziale, quale proprietario di area ricadente nella stessa maglia oggetto dell’impugnato titolo edilizio e quindi di titolare di interesse qualificato ed attuale al mantenimento dell’atto di diniego di permesso a costruire originariamente gravato ed annullato con la sentenza n.6243/04. Peraltro, nella valutazione dei motivi di ricorso, l’odierno appellante, già originario ricorrente, incide solo apparentemente sul provvedimento adottato dal commissario, deducendo invece vizi di illegittimità che, in concreto, sono rivolti avverso la sentenza n.6243/04 e la collegata decisione n.2908/06 e mirando a rimettere in discussione rapporti giuridici già coperti dal giudicato, atteso che la sentenza da cui discende il permesso di costruire apparentemente gravato ha già statuito in ordine alle questioni che fondano l’appello della parte.
Deriva dalla svolta ricostruzione che l’attuale appellante, quale terzo controinteressato in senso sostanziale rimasto estraneo nel giudizio amministrativo vertente sull’annullamento di diniego di titolo edilizio, ha certamente il potere di contestare quanto dedotto nel giudicato di annullamento, non gravando il provvedimento emesso dal commissario ad acta, ma esclusivamente valendosi del rimedio dell’opposizione di terzo ordinaria, ora disciplinata dall’art 108 del codice del processo amministrativo, da proporre nel termine di sessanta giorni, ora disciplinato in via generale dall’art. 92 del codice, ma che già precedentemente era stato riconosciuto come valevole dalla giuriprudenza (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. VI, 26 settembre 2011 n. 5367), decorrente dall’avvenuta conoscenza della sentenza opponenda.
Detto termine, di natura certamente decadenziale, evidenzia l’esistenza di una differenza tra l’opposizione di terzo in sede civile, ex art 404 comma 1 c.p.c., di carattere facoltativo ed alternativo rispetto all’azione autonoma di accertamento (si veda, Corte di Cassazione, sez. un., 26 luglio 2002 n. 11092), e quella in sede processuale amministrativa, dal marcato tenore impugnatorio. La ragione appare palmare quando si sottolinea, da un lato, che, qualora il termine non fosse così stringente, la posizione sostanziale di interesse legittimo azionata avrebbe una tutela maggiore di quella conseguibile con il ricorso di carattere impugnatorio e, dall’altro, che il termine mantiene le sue caratteristiche qualunque sia la tipologia di azione esercitata in sede giurisdizionale amministrativa (si veda Consiglio di Stato, sez.VI, 9 febbraio 2009 n.717 in merito all’azione di accertamento da parte del terzo in merito alla sussistenza dei presupposti normativi per attività edilizia soggetta a DIA).
Sulla scorta di quanto dedotto, va infine evidenziato come il giudice di prime cure non avrebbe neppure potuto disporre il mutamento del rito, trasformando il giudizio impugnatorio in giudizio di opposizione, stante la mancanza dei presupposti per tale iniziativa. Infatti, agli atti del giudizio è emersa la piena conoscenza, da parte dell’attuale appellante, della sentenza n.6243 del 23 dicembre 2004 sulla base delle note del 21 febbraio 2007 e del 10 aprile 2007, indirizzate al commissario ad acta e al Comune, in cui si lamenta il “grave pregiudizio in esito alla sollecitata esecuzione della sentenza”.
Pertanto, il ricorso, inammissibile a proposito del rito, sarebbe stato parimenti irricevibile qualora fosse stato correttamente azionato come opposizione di terzo.
3. - L’appello va quindi respinto, confermandosi la pronuncia di inammissibilità data dal primo giudice. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
1. Respinge l’appello n. 282 del 2010;
2. Condanna Giuseppe Rubino, in nome e per conto di Maria Luigia Colapietro Milella, a rifondere al Comune di Bari e a Rubino Giuseppe s.n.c. le spese del presente grado di giudizio, che liquida, in favore di ognuna delle parti resistenti e controinteressate costituite, in €. 1.500,00 (euro millecinquecento, comprensivi di spese, diritti di procuratore e onorari di avvocato) oltre I.V.A., C.N.A.P. e rimborso spese generali, come per legge.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 19 febbraio 2013, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta - con la partecipazione dei signori:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Sergio De Felice, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere, Estensore
Raffaele Potenza, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/04/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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