«11. Il ricorso cumulativo è quello con il quale vengono impugnati più provvedimenti amministrativi; al riguardo giova rilevare che nel processo amministrativo vale la regola, discendente da una antica tradizione, secondo cui il ricorso deve essere diretto contro un solo provvedimento a meno che tra gli atti impugnati esista una connessione procedimentale o funzionale tale da giustificare un unico processo. A differenza che nel processo civile, in cui il cumulo delle domande può essere giustificato tanto da una connessione oggettiva, quanto da una connessione soggettiva, nel processo amministrativo impugnatorio di legittimità assume rilevanza soltanto la prima forma di connessione. La connessione soggettiva, al contrario, in base al ricordato orientamento giurisprudenziale, non consente l’impugnativa con un unico ricorso di provvedimenti diversi, a meno che sussista anche un collegamento oggettivo tra di essi. In altri termini, nel giudizio amministrativo occorre che le domande siano o contemporaneamente connesse dal punto di vista oggettivo e soggettivo, oppure semplicemente connesse dal punto di vista oggettivo. La ratio del su riferito indirizzo si fonda: a) sull’esigenza di evitare la confusione tra controversie diverse con conseguente aggravio dei tempi del processo; b) sulla necessità di impedire l’elusione delle disposizioni fiscali, atteso che con il ricorso cumulativo il ricorrente chiede più pronunce giurisdizionali provvedendo, però, una sola volta al pagamento dei relativi tributi. Muovendosi all’interno delle sopra illustrate coordinate, la connessione oggettiva è stata tradizionalmente ravvisata dalla giurisprudenza (cfr., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 17 gennaio 2011, n. 202; sez. IV, 27 novembre 2010, n. 8251; sez. VI, 17 marzo 2010, n. 1564): c) quando fra gli atti impugnati viene ravvisata quantomeno una connessione procedimentale di presupposizione giuridica o di carattere logico, in quanto i diversi atti incidono sulla medesima vicenda; d) quando le domande cumulativamente avanzate si basino sugli stessi presupposti di fatto o di diritto e siano riconducibili nell'ambito del medesimo rapporto o di un'unica sequenza procedimentale; c) quando sussistano elementi di connessione tali da legittimare la riunione dei ricorsi. 11.1. Tale assetto deve ritenersi confermato dalla disciplina dettata dal nuovo codice del processo amministrativo e da quella relativa al versamento del contributo unificato sia pure con alcune precisazioni. Soccorre in primo luogo la norma sancita dall’art. 40, co. 1, lett. b), c.p.a., che, nell’individuare il contenuto necessario del ricorso, stabilisce che lo stesso deve contenere, fra l’altro, <> con ciò lasciando intendere, testualmente, che nel giudizio impugnatorio, fatta salva la disciplina dei motivi aggiunti, a ciascun ricorso corrisponde di norma l’impugnativa di un solo provvedimento. L’inammissibilità del cumulo soggettivo e l’opportunità di una individuazione rigorosa dei presupposti legittimanti il cumulo oggettivo, traggono nuova linfa dalla più recente disciplina in materia di contributo unificato che, fra l’altro, ne ha di molto incrementato l’importo (cfr. per il processo amministrativo l’art. 13, co. 6 bis e 6 bis. 1., d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato da ultimo dal d.l. n. 138 del 2011). La quantificazione del contributo unificato, in misura forfettaria, per i ricorsi e non per le domande, implica che il contributo è unico nel caso di ricorso contenente una pluralità di domande diverse, in astratto soggette a diversi contributi unificati; tanto sia nel caso in cui vengano proposte domande ontologicamente diverse (ad. es. di accertamento del silenzio inadempimento e risarcimento del danno, o di ottemperanza al giudicato e risarcimento del danno), sia quando, come nel caso di specie, la domanda sia in astratto identica, perché sussumibile nel medesimo genus di quelle costitutive di annullamento, ma abbia ad oggetto una pluralità di provvedimenti amministrativi. Da qui la necessità della conferma del divieto di connessione soggettiva e di una esegesi rigorosa in ordine ai presupposti costitutivi del cumulo oggettivo. Sotto tale angolazione si rileva che il criterio basato sulla valutazione compiuta ex post dal giudice amministrativo in ordine alla possibilità di disporre la riunione dei ricorsi (oggi ex art. 70 c.p.a.), deve essere ripudiato perché non risponde alle finalità sottese al divieto del cumulo soggettivo. Il controllo postumo operato dal giudice di una scelta unilaterale compiuta dalla parte ricorrente non consente, infatti, di prevenire l’elusione di imposta e non agevola la valutazione sull’aggravio dei tempi e della complessità del processo. Invero, quando è il giudice a disporre la riunione di più ricorsi pendenti: a) il contributo unificato è stato già versato (e non sarà restituito a valle del provvedimento di riunione); b) il giudice ha valutato in concreto tutti gli aspetti della vicenda soppesando quelli positivi rispetto alle conseguenze negative discendenti da un aggravio della procedura ridondanti sul principio di ragionevole durata del processo e su quello di economia dei mezzi processuali. Rispetto a tali approdi esegetici, non possono apparire d’ostacolo letture “orientate” dei principi di effettività della tutela e di parità delle armi: la scelta del codice di confermare che, di norma, il ricorso impugnatorio ha ad oggetto un solo provvedimento, è da condividersi non alterando la parità delle parti, atteso che non si tratta, come pure si è affermato, di ingiustificati privilegi della parte pubblica, nonché alla luce del divieto di abuso del processo. Si tratta di prendere atto che la visione del processo amministrativo nella logica “parte privata contro parte pubblica”, “interesse privato contro interesse pubblico” è una visione miope e riduttiva, che non considera sullo sfondo, l’interesse generale dell’intera collettività da un lato ad una corretta gestione della cosa pubblica, dall’altro, ad una corretta gestione del processo, anche per le ripercussioni finanziarie che ricadono su tale collettività. La ricostruzione dell’istituto processuale della connessione oggettiva nel processo amministrativo di legittimità, nei termini dianzi delineati, non appare contrastante con il consolidato indirizzo seguito dal giudice delle leggi in materia di interferenze fra oneri fiscali e tutela processuale; la Corte costituzionale, infatti, è costante nell’affermare l’astratta legittimità degli oneri fiscali incombenti sul processo e, al contempo, l’inammissibilità di quelle imposizioni tributarie che mirino al soddisfacimento di interessi del tutto estranei alle finalità processuali precludendo o ostacolando grandemente l’esperimento della tutela giurisdizionale addirittura condizionando l’esercizio del diritto di azione al previo pagamento del tributo (cfr., fra le tante, Corte cost., 6 dicembre 2002, n. 522; 5 ottobre 2001, n. 333). Non si deve però neppure verificare il caso opposto, ovvero che il pagamento del tributo sia condizionato dalle modalità di esercizio dell’azione; in altri termini si deve evitare l’eccedenza delle forme di tutela approntate dall’ordinamento rispetto allo scopo pratico avuto di mira dal ricorrente. Come ricordato dalla più recente giurisprudenza della Corte di cassazione, l’esercizio dell’azione in forme eccedenti o devianti, rispetto alla tutela attribuita dall’ordinamento, configura abuso del processo e lede il principio del giusto processo, inteso come risposta alla domanda della parte; assodata la ratio del divieto di abuso del processo, ne discende che l’esegesi del dato normativo processuale, seppur doverosamente rispettosa della lettera delle singole norme scrutinate, deve privilegiare opzioni avversanti ogni inutile e perdurante appesantimento del giudizio al fine di approdare, attraverso la riduzione dei tempi della giustizia, ad un processo che risulti anche giusto (cfr. Cass., sez. un., 15 novembre 2007, n. 23726; 30 luglio 2008, n. 20604). 11.2. Facendo applicazione dei su esposti principi al caso di specie il collegio osserva quanto segue: a) tutti i dinieghi impugnati hanno concluso autonomi procedimenti relativi a diverse situazioni di viabilità e sono sostenuti da ragioni fattuali specifiche; b) è irrilevante che in tutti i ricorsi siano dedotte le medesime censure di difetto di motivazione e istruttoria atteso che le situazioni della viabilità, costitutive del sostrato fattuale dei provvedimenti impugnati, sono diverse; c) è indubbio il notevole vantaggio fiscale conseguito dal ricorrente che ha versato, in luogo di quindici, un solo contributo unificato (oggi pari ad euro 600 per la tipologia di controversia in esame). 12. Sulla scorta delle rassegnate conclusioni è giocoforza respingere l’appello». Daniele Majori – Avvocato Amministrativista in Roma Fonte:www.giustizia-amministrativa.it