Sono riconosciute le spese legali in caso di proscioglimento dinanzi alla corte conti per responsabilità contabile lieve
corte dei conti, appello, sezione III, sentenza del 13.07.2011 n. 559
Avv. Prof. Piero Lorusso
di Roma, RM
Letto 1087 volte dal 01/08/2011
Secondo la precitata norma, “le disposizioni dell’art. 3, comma 2-bis della l. n°639/1996 (…) si interpretano nel senso che il giudice contabile, in caso di proscioglimento nel merito e con la sentenza che definisce il giudizio, ai sensi e con le modalità di cui all’art. 91 cpc, liquida l’ammontare degli oneri e dei diritti spettanti alla difesa del prosciolto, fermo restando il parere di congruità dell’Avvocatura dello Stato, da esprimere sulle richieste di rimborso avanzate all’Amministrazione di appartenenza”. 3.2.4.1) – Come annotato dalla dottrina, la riferita norma interpretativa, ha risolto il problema della sussistenza del potere della Corte dei conti di “liquidare (essa stessa) l’ammontare degli oneri e dei diritti spettanti alla difesa del prosciolto, con la sentenza che definisce il giudizio, ai sensi e con le modalità di cui all’art. 91 cpc,”, ma nel contempo ha ingenerato ulteriori e nuovi dubbi sull’effettiva portata applicativa della norma interpretata. In pratica, la norma interpretativa ha posto il problema di stabilire: a) cosa debba intendersi per “proscioglimento nel merito”, posto che la norma interpretata parlava di “proscioglimento ai sensi di quanto previsto dal comma 1 dell’art. 1 della l. n°20/1994”; b) se gli “onorari e diritti spettanti alla difesa del prosciolto” esauriscano tutte “spese legali” liquidabili dalla Corte dei conti, laddove le altre possono essere chieste direttamente all’ “Amministrazione di appartenenza”, atteso che la norma interpretata parlava di “spese legali” complessivamente intese; c) quale sia il rapporto che intercorre tra la liquidazione operata dal Giudice della responsabilità erariale ed “il parere di congruità dell’Avvocatura dello Stato, da esprimere – come la stessa norma interpretativa precisa – sulle richieste di rimborso avanzate all’Amministrazione di appartenenza”; parere che – detto per inciso – rappresenta una assoluta novità della norma interpretativa e non può valere che per il futuro (v. Cass. SS.UU. n°8455/2008). 3.2.4.2) – La giurisprudenza, in verità, col tempo ha dissipato la quasi totalità dei dubbi posti dalla riferita norma interpretativa, precisando: a1) quanto al concetto di “proscioglimento nel merito”, che esso non altera l’originaria espressione: “proscioglimento ai sensi di quanto previsto dal comma 1 dell’art. 1 della l. n°20/1994” (ovviamente nel testo introdotto dalla l. n°639/1996), propria della norma interpretata, e perciò non danno diritto a rimborso i “proscioglimenti” che non giungono ad un “accertamento nel merito dell’insussistenza dei presupposti della responsabilità amministrativa: danno, nesso di causalità, dolo o colpa grave”, come quelle dichiarative della prescrizione (v., testualmente, SS.RR. sent. n°3-QM/ 2008), o che si concludono con pronunce di rito (v. per tutte Sez. III^ Centrale App. n°483/2010) o anche di sola giurisdizione (v. per tutte Sezione Umbria n°193/2008); b1) che l’espressione: “onorari e diritti spettanti alla difesa del prosciolto” non ha inteso ridurre l’ambito concettuale generale delle spese legali liquidabili dal giudice della responsabilità erariale, quale desumibile dalla norma interpretata, “in ragione dell’esplicito richiamo operato dalla menzionata norma interpretativa all’art. 91 cpc”, per cui “bisogna avere riguardo a tutti gli esborsi che, complessivamente considerati, costituiscono il costo del processo” (v., testualmente, Sezione I^ Centr. App. n°428/2008); c1) che, quanto al “parere di congruità dell’Avvocatura dello Stato”, esso “resta confinato nella fase amministrativa conseguente al giudizio contabile e si concreta in una mera verifica di rispondenza della richiesta di rimborso alla liquidazione del Giudice, nonché di (pronuncia ad hoc sulla) congruità delle eventuali spese legali aggiuntive per studio e notifica della sentenza assolutoria, (o) per assistenza avanti all’autorità amministrativa deputata al rimborso, etc., correlate all’attuazione di quel pronunciato”.(cfr, ancora una volta testualmente, Sezione I^ Centr. App. n°428/2008). 3.2.4.3) – Da notare che l’Avvocatura Generale dello Stato, con la circolare n°55/2008, ha sostanzialmente concordato con la linea giurisprudenziale di cui alla precedente lettera c1), mentre la Suprema Corte ha avuto modo di chiarire, con riferimento alle lettere c1) e b1), che : “la sentenza di proscioglimento nel merito costituisce il presupposto di un credito che è attribuito dalla legge e che il giudice contabile (…) è deputato a quantificare, salva comunque la definitiva determinazione del suo ammontare, da compiere, su parere dell’Avvocatura dello Stato, con provvedimento dell’ Amministrazione di appartenenza”, le controversie sul quale (provvedimento) “esulano dalla giurisdizione della Corte dei conti e appartengono a quella del giudice del rapporto di lavoro” (v. SS.UU. n°6996/2010). 3.2.4.4) – Quanto, tuttavia, all’ambito concettuale dell’espressione: “proscioglimento nel merito”, che come appena detto “costituisce il presupposto di un credito” per il convenuto assolto, la giurisprudenza della Corte dei conti è rimasta divisa, pur dopo i chiarimenti offerti dalle SS.RR. con la sent. n°3-QM del 27/6/2008 (“accertamento nel merito dell’insussistenza dei presupposti della responsabilità amministrativa: danno, nesso di causalità, dolo o colpa grave”) continuando a registrarsi sentenze che hanno negato il “rimborso delle spese legali” ovvero, ma è la stessa cosa, hanno “compensato” le spese medesime in presenza di assoluzione per mancanza di colpa grave (v. per tutte la stessa Sez. I^ n°428 del 15/10/2008 già citata). 3.2.5) – In siffatto contesto è, dunque, intervenuto l’art. 17, comma 30-quinquies della l. n°102/2009, che ha posto il divieto di compensare “le spese di giudizio”, a completamento della norma interpretativa di cui all’art. 10-bis, comma 10, della l. n°248/2005. 3.3) – Ebbene, alla stregua di tale divieto, il gravame in epigrafe non può che essere accolto, avendo i primi giudici disposto la compensazione delle spese tra le parti, in forza –come detto – dell’assoluzione degli odierni appellanti per carenza di colpa grave. Una volta accertata la carenza della colpa grave, l’assoluzione ha il valore di un “proscioglimento (pieno) nel merito”, idoneo ad escludere un qualsivoglia “conflitto di interessi” con l’ Amministrazione di appartenenza (ex SS.RR. n°3-QM/2008), o – altrimenti detto – equivale ad un “proscioglimento ai sensi (del) comma 1 dell’art. 1 della l. n°20/1994” (ex SS.RR. n°22-A/1998).
IIIª SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE D'APPELLO sent. n. 559 del 13/07/2011
Presidente: | DE MARCO Angelo |
Estensore: | LONGAVITA Fulvio Maria |
Sent. n. 559/2011
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
IIIª SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE D'APPELLO
composta dai seguenti magistrati
dott. | Angelo DE MARCO | Presidente | |
dott. | Amedeo ROZERA | Consigliere | |
dott. | Fulvio Maria LONGAVITA | Consigliere estensore | |
dott.ssa | Marta TONOLO | Consigliere | |
dott. | Leonardo VENTURINI | Consigliere |
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sull’appello in materia di responsabilità, avverso la sentenza della Sezione Giurisdizionale per il Lazio n.1434/2009, proposto dai sigg. Sturabotti Sergio e Rinaldi Arnaldo, rappresentati e difesi dagli avv. Federico Tedeschini, Piero Lorusso e Totino Laura, nei confronti della Procura Regionale presso la Sezione Giurisdizionale del Lazio.
Visti l’atto di appello, iscritto al n. 37258 del registro di Segreteria, e gli altri atti e documenti tutti della causa;
Uditi, alla pubblica udienza del giorno 15/6/2011, con l’assistenza del Segretario sig.ra Lucia Bianco: il relatore, Consigliere Fulvio Maria Longavita; il difensore degli appellanti, avv. Vito Bellini, su delega dell’avv. Lorusso; il P.M., dr. Raffaele de Dominicis.
FATTO
1)– Con l’impugnata sentenza, la Sezione Giurisdizionale Regionale della Corte dei conti per il Lazio ha assolto dalla domanda attrice, per carenza di colpa grave, i sigg. Sergio Sturabotti e Rinaldi Arnaldo, quali – rispettivamente – sindaco e vicesindaco del comune di Vallinfreda, dopo aver respinto le eccezioni di nullità della citazione e di prescrizione formulate dai medesimi, e dopo aver “radicalmente ridimensionato l’ elemento del danno”, rispetto agli € 91.034,88 contestati dalla Procura.
I primi giudici, peraltro, hanno ravvisato “giuste ragioni per compensare le spese del giudizio”, precisando che : “i comportamenti dei convenuti, se pur non connotati da colpevole gravità sono certamente inopportuni, a causa di una mancata attenta valutazione di tutti gli aspetti connessi alla trasformazione della COTRAL in ente pubblico economico”.
2) – Con l’atto introduttivo del presente grado del giudizio, la difesa dei predetti ha contestato la riferita sentenza, “nella parte in cui dispone la compensazione delle spese di giudizio”, eccependo:
a) “Violazione di legge: art. 3, comma 2-bis del d.l. n°543/1996, convertito in l. n°639/1996, autenticamente interpretato dall’art. 10-bis, comma 10, del d.l. n°203/2005, convertito in l. n°248/2005, nel testo modificato dal comma 30-quinquies dell’art. 17 del d.l. n°78/2009 ed integrato della relativa legge di conversione”, argomentando per la spettanza “degli onorari e dei diritti alla difesa del prosciolto” (v. pagg. 4-5)
b) “Violazione di legge: art. 92, comma 2, cpc, omessa e contraddittoria motivazione dei giusti motivi in tema di compensazione di spese legali”, osservando –tra l’altro – che la “regolamentazione delle spese del giudizio contabile” è stabilita dal precitato art. 3 della l. n°639/1996 e s. i. e m. (v. pagg. 5-10);
c) ancora “Violazione di legge: art. 92, comma 2, cpc, omessa e contraddittoria motivazione dei giusti motivi in tema di compensazione di spese legali; insussistenza del danno erariale e della responsabilità amministrativa”, facendo presente che, nel caso, la sentenza è comunque viziata, per la mancanza finanche della colpa semplice, oltre che del danno (v. pagg. 10-13).
In conclusione, la difesa degli appellanti ha chiesto, in accoglimento del gravame, di “condannare il comune di Vallinfreda alla refusione delle spese, diritti ed onorari di entrambi i gradi di giudizio” (v. pag. 13).
3) – Con atto conclusionale scritto del 25/3/2011, la Procura Generale ha argomentato per la reiezione del gravame.
4) – All’odierna pubblica udienza, il difensore degli appellati ed il PM hanno illustrato le loro posizioni, concludendo in conformità
DIRITTO
1) – Da quanto esposto in narrativa, risulta evidente che la materia del contendere, quale devoluta con l’appello in epigrafe, è circoscritta al solo capo della gravata sentenza che ha negato il “rimborso (delle) spese legali” ai convenuti assolti in primo grado (odierni appellanti), ex art. 3, comma 2-bis, della l. n°639/1996 e successive norme che ad esso fanno riferimento, avendo la sentenza stessa disposto la “compensazione (delle) spese di giudizio”, in relazione ai “comportamenti inopportuni” dei convenuti medesimi, “ seppur non connotati da colpevole gravità” (v. pag. 13 della impugnata sentenza).
2) – Così individuato il thema decidendum, funzionalmente ad esso, il Collegio reputa necessario anzitutto operare un duplice chiarimento:
a) contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa degli appellanti (v. pag. 8 e pag. 10 del gravame), l’impugnata sentenza non ha escluso totalmente la sussistenza del danno;
b) analogamente, e sempre in contrario avviso a quanto sostenuto in proposito dalla predetta difesa (v., in particolare il secondo ed il terzo motivo del gravame), il Collegio non individua elementi che consentono di ritenere che la condotta dei convenuti-appellanti sia anche priva di colpa lieve, oltre che di colpa grave, come statuito dai primi giudici.
2.1) – Se la gravata sentenza, infatti, avesse davvero escluso totalmente il danno, o se davvero nella condotta addebitata ai convenuti non fosse ravvisabile nemmeno la colpa lieve, difetterebbe in radice l’essenza ontologica (oggettiva e/o soggettiva) della responsabilità erariale e la gravata sentenza avrebbe manifestato una intima contraddizione ancora più marcata e stridente, rispetto a quella di aver assolto per carenza di colpa grava, compensando tuttavia “le spese di giudizio”.
2.2) – La gravata sentenza, però, non ha escluso totalmente il danno, né la condotta dei convenuti è scevra da ogni benché minimo rimprovero, così da potersi considerare priva di colpa lieve.
2.3) – Sotto il primo profilo (danno), invero, è da considerare che la sentenza in riferimento, nell’escludere dall’importo complessivo del danno (€ 91.034,88) la “sorte capitale” (€ 66.874,45), pari “esattamente (al)l’importo dei rimborsi dovuti dal Comune di Vallinfreda alla Cotral”, ha limitato “il risarcimento alla somma di € 24.160,43”, dalla quale ha poi detratto “il profitto di 2.000 euro l’anno …. per 11 anni (€ 22.000,00), da omesso versamento del dovuto nei tempi debiti, così residuando una modestissima somma di € 2.160,43 (€ 24.160,43 – 22.000,00), costituente comunque danno (v. pagg. 9-10 della cennata sentenza).
2.4) – Sotto il secondo profilo (colpa), invece, il Collegio rileva che la difesa degli appellanti si è limitata ad affermare l’assenza di ogni forma di colpa, anche “semplice” (v. pag. 13 del gravame), senza tuttavia illustrarne adeguatamente le ragioni.
Né può ritenersi sufficiente, per escludere ogni forma di colpa, il generico richiamo operato dalla difesa dei convenuti-appellanti alla “prassi consolidata nell’ambito dell’Amministrazione del Comune di Valinfreda” di non pagare i “rimborsi richiesti da Cotral” (v. pag. 10 del gravame), atteso che i convenuti medesimi “erano stati messi nelle condizioni di esaminare approfonditamente la questione fin dal 1995”, come puntualmente evidenziato dalla Procura Generale (v. pag. 9-11 delle relative conclusioni scritte, depositata il 5/3/2011).
2.5) – Alla stregua di quanto precede, dunque, deve concludersi che:
a) i Giudici di prime cure hanno disposto l’assoluzione degli odierni appellanti semplicemente per mancanza di colpa grave, e non anche per carenza del danno;
b) la condotta degli appellanti medesimi, priva di colpa grave, è stata comunque sostenuta dalla colpa lieve.
3) – Tanto chiarito, il gravame è comunque fondato, stante l’intima contraddizione, presente nell’impugnata sentenza, di aver disposto l’ assoluzione degli appellanti, per carenza di colpa grave, e di aver ciò non di meno compensato le “spese di giudizio”.
3.1) – Al riguardo, giova muovere dalla considerazione che, come correttamente osservato dalla difesa degli appellanti, “la regolazione delle spese del (rectius: nel) giudizio contabile è (stabilita) dall’art. 3, punto (rectius: comma) 2 bis, della l. n°639/1999” (v. pag. 7).
3.2) – Una simile, speciale regolamentazione, secondo il Collegio, non consente l’applicazione nel giudizio di responsabilità erariale della “compensazione delle spese”, ex art. 92 cpc, espressamente esclusa – d’altronde – dall’art. 17, comma 30-quinquies, del d.l. n°78/ 2009, nel testo introdotto dalla l. n°102/2009.
3.2.1) – E’ bene peraltro chiarire che, per quanto il precitato articolo 3, comma 2-bis, della l. n°639/1996 si riferisca alle “spese legali” e non alle “spese di giudizio” (o, più correttamente, alle “spese di giustizia”), il divieto di “compensare” ogni sorta di spesa, nel giudizio di responsabilità erariale, è tendenzialmente valso anche per queste ultime, ossia per le spese di giustizia, da intendere come: “oneri connessi al funzionamento del servizio giustizia, anticipate dallo Stato” (cfr. SS.RR. n°22-A/1998).
Per tali spese, infatti, l’orientamento costantemente (ed uniformemente) seguito dalla giurisprudenza di questa Corte è nel senso di porle integralmente a carico del convenuto in caso di soccombenza, a completamento della domanda risarcitoria presentata dalla Procura, comunque escludendo che le stesse possano gravare in qualche misura sulla Procura, che – si è chiarito – “agisce non in rappresentanza dell’Amministrazione, ma in adempimento di un dovere impostogli per l’osservanza della legge” (cfr. SS.RR. n°60-A/1996 e in termini, tra le più recenti, Sez. III^ Centr. App. n°502/2010).
3.2.2) – Il divieto di “compensazione”, invece, avrebbe dovuto valere in termini ancora più netti e radicali per le “spese legali” in senso stretto, ossia per le spese “afferenti allo svolgimento dell’attività di difesa” (v. ancora SS.RR. n°22-A/1998), in relazione alla disciplina recate per esse, nell’ambito del giudizio di responsabilità erariale, per la prima volta dal ricordato art. 3, comma 2-bis, della l. n°639/1996.
Le disposizioni del ripetuto art. 3, comma 2-bis, infatti, hanno regolato la materia delle “spese legali” facendo ricorso all’istituto gius-laburista del “rimborso” delle spese stesse, con onere a carico dell’ “Amministrazione di appartenenza”.
3.2.2.1) – In base alle disposizioni dell’art. 3, comma 2-bis, della l. n°639/1996, in pratica, il convenuto prosciolto “ai sensi di quanto previsto dal comma 1 dell’art. 1 della l. n°20/1994” (logicamente nel testo modificato dal medesimo art. 3 della l. n°639), avrebbe avuto diritto al rimborso delle spese legali, da parte della sua “Amministrazione di appartenenza”; diritto che, ovviamente, non poteva insorge in caso di condanna, stante –in questa ipotesi – il palese conflitto di interessi con la sua “Amministrazione di appartenenza”.
3.2.2.2) – Nel contesto del più volte menzionato art. 3, comma 2-bis, pertanto, non v’era proprio spazio operativo per la “compensazione” delle spese in discorso, intrinsecamente rimessa – quest’ultima – al potere discrezionale del Giudice contabile, in quanto la sussistenza o meno del diritto al “rimborso” finiva per dipendere unicamente dall’esito della causa (v., chiarissima in proposito, SS.RR. 22-A/1998, che invece ammette una possibile compensazione delle spese di giustizia)).
3.2.3) – E’ peraltro noto che le disposizioni dell’art. 3, comma 2-bis della l. n°639/1996 hanno dato luogo a non pochi problemi interpretativi, essendosi finanche dubitato che la giurisdizione in materia di “spese legali” fosse di questa Corte.
3.2.3.1) – Numerose sentenze, infatti, hanno ritenuto che il diritto al “rimborso delle spese legali” inerisse al rapporto di servizio e rientrasse perciò nella giurisdizione propria del giudice del lavoro (v. tra le tante, Sez. Giur. Calabria n°12/2000 e, in appello, Sez. III^ n°270/1999), ovvero che “l’obbligo del pagamento delle spese legali sostenute dal convenuto assolto consegue ex legge dalla sentenza di assoluzione, ma non è costituita da questa, e nasce anzi al di fuori dell’ambito processuale nel quale l’Amministrazione pubblica è istituzionalmente assente, sicché il giudice contabile non può pronunciare riguardo ad esse” (v. testualmente Sez. I^345/2002).
3.2.3.2) – Altre sentenze, invece, non hanno manifestato analoghi dubbi sulla giurisdizione e si sono pronunciate sulle spese in discorso, addirittura escludendone il rimborso o – quale variante della medesima esclusione– disponendo la “compensazione” delle spese stesse per l’ipotesi di assoluzione per mancanza solo della colpa grave (v., per tutte, Sez. Campania sent. n°60/2001 e, quanto alla “compensazione”, v. per tutte Sez. II^ Centr. App. n°364/2001), oltre che per l’ipotesi di declaratoria della prescrizione (v. Sez. II^ Centr. App. sent. n°128/2001).
3.2.3.3) – Le cennate problematiche interpretative, lungi dall’essere sopite dall’intervento delle Sezioni Unite della Cassazione che, con la sent. n°17014/2003, hanno affrontato il tema esclusivamente sul piano della giurisdizione (“la pronunzia con la quale la Corte dei conti, in sede di giudizio di responsabilità, rigettata la domanda, abbia disposto la compensazione delle spese, ancorché eventualmente erroneamente, non è decisione esorbitante dalla giurisdizione”), hanno avuto un inizio di soluzione con la norma interpretativa di cui all’art. 10-bis, comma 10, della l. n°248/2005.
3.2.4) – Secondo la precitata norma, “le disposizioni dell’art. 3, comma 2-bis della l. n°639/1996 (…) si interpretano nel senso che il giudice contabile, in caso di proscioglimento nel merito e con la sentenza che definisce il giudizio, ai sensi e con le modalità di cui all’art. 91 cpc, liquida l’ammontare degli oneri e dei diritti spettanti alla difesa del prosciolto, fermo restando il parere di congruità dell’Avvocatura dello Stato, da esprimere sulle richieste di rimborso avanzate all’Amministrazione di appartenenza”.
3.2.4.1) – Come annotato dalla dottrina, la riferita norma interpretativa, ha risolto il problema della sussistenza del potere della Corte dei conti di “liquidare (essa stessa) l’ammontare degli oneri e dei diritti spettanti alla difesa del prosciolto, con la sentenza che definisce il giudizio, ai sensi e con le modalità di cui all’art. 91 cpc,”, ma nel contempo ha ingenerato ulteriori e nuovi dubbi sull’effettiva portata applicativa della norma interpretata.
In pratica, la norma interpretativa ha posto il problema di stabilire:
a) cosa debba intendersi per “proscioglimento nel merito”, posto che la norma interpretata parlava di “proscioglimento ai sensi di quanto previsto dal comma 1 dell’art. 1 della l. n°20/1994”;
b) se gli “onorari e diritti spettanti alla difesa del prosciolto” esauriscano tutte “spese legali” liquidabili dalla Corte dei conti, laddove le altre possono essere chieste direttamente all’ “Amministrazione di appartenenza”, atteso che la norma interpretata parlava di “spese legali” complessivamente intese;
c) quale sia il rapporto che intercorre tra la liquidazione operata dal Giudice della responsabilità erariale ed “il parere di congruità dell’Avvocatura dello Stato, da esprimere – come la stessa norma interpretativa precisa – sulle richieste di rimborso avanzate all’Amministrazione di appartenenza”; parere che – detto per inciso – rappresenta una assoluta novità della norma interpretativa e non può valere che per il futuro (v. Cass. SS.UU. n°8455/2008).
3.2.4.2) – La giurisprudenza, in verità, col tempo ha dissipato la quasi totalità dei dubbi posti dalla riferita norma interpretativa, precisando:
a1) quanto al concetto di “proscioglimento nel merito”, che esso non altera l’originaria espressione: “proscioglimento ai sensi di quanto previsto dal comma 1 dell’art. 1 della l. n°20/1994” (ovviamente nel testo introdotto dalla l. n°639/1996), propria della norma interpretata, e perciò non danno diritto a rimborso i “proscioglimenti” che non giungono ad un “accertamento nel merito dell’insussistenza dei presupposti della responsabilità amministrativa: danno, nesso di causalità, dolo o colpa grave”, come quelle dichiarative della prescrizione (v., testualmente, SS.RR. sent. n°3-QM/ 2008), o che si concludono con pronunce di rito (v. per tutte Sez. III^ Centrale App. n°483/2010) o anche di sola giurisdizione (v. per tutte Sezione Umbria n°193/2008);
b1) che l’espressione: “onorari e diritti spettanti alla difesa del prosciolto” non ha inteso ridurre l’ambito concettuale generale delle spese legali liquidabili dal giudice della responsabilità erariale, quale desumibile dalla norma interpretata, “in ragione dell’esplicito richiamo operato dalla menzionata norma interpretativa all’art. 91 cpc”, per cui “bisogna avere riguardo a tutti gli esborsi che, complessivamente considerati, costituiscono il costo del processo” (v., testualmente, Sezione I^ Centr. App. n°428/2008);
c1) che, quanto al “parere di congruità dell’Avvocatura dello Stato”, esso “resta confinato nella fase amministrativa conseguente al giudizio contabile e si concreta in una mera verifica di rispondenza della richiesta di rimborso alla liquidazione del Giudice, nonché di (pronuncia ad hoc sulla) congruità delle eventuali spese legali aggiuntive per studio e notifica della sentenza assolutoria, (o) per assistenza avanti all’autorità amministrativa deputata al rimborso, etc., correlate all’attuazione di quel pronunciato”.(cfr, ancora una volta testualmente, Sezione I^ Centr. App. n°428/2008).
3.2.4.3) – Da notare che l’Avvocatura Generale dello Stato, con la circolare n°55/2008, ha sostanzialmente concordato con la linea giurisprudenziale di cui alla precedente lettera c1), mentre la Suprema Corte ha avuto modo di chiarire, con riferimento alle lettere c1) e b1), che : “la sentenza di proscioglimento nel merito costituisce il presupposto di un credito che è attribuito dalla legge e che il giudice contabile (…) è deputato a quantificare, salva comunque la definitiva determinazione del suo ammontare, da compiere, su parere dell’Avvocatura dello Stato, con provvedimento dell’ Amministrazione di appartenenza”, le controversie sul quale (provvedimento) “esulano dalla giurisdizione della Corte dei conti e appartengono a quella del giudice del rapporto di lavoro” (v. SS.UU. n°6996/2010).
3.2.4.4) – Quanto, tuttavia, all’ambito concettuale dell’espressione: “proscioglimento nel merito”, che come appena detto “costituisce il presupposto di un credito” per il convenuto assolto, la giurisprudenza della Corte dei conti è rimasta divisa, pur dopo i chiarimenti offerti dalle SS.RR. con la sent. n°3-QM del 27/6/2008 (“accertamento nel merito dell’insussistenza dei presupposti della responsabilità amministrativa: danno, nesso di causalità, dolo o colpa grave”) continuando a registrarsi sentenze che hanno negato il “rimborso delle spese legali” ovvero, ma è la stessa cosa, hanno “compensato” le spese medesime in presenza di assoluzione per mancanza di colpa grave (v. per tutte la stessa Sez. I^ n°428 del 15/10/2008 già citata).
3.2.5) – In siffatto contesto è, dunque, intervenuto l’art. 17, comma 30-quinquies della l. n°102/2009, che ha posto il divieto di compensare “le spese di giudizio”, a completamento della norma interpretativa di cui all’art. 10-bis, comma 10, della l. n°248/2005.
3.3) – Ebbene, alla stregua di tale divieto, il gravame in epigrafe non può che essere accolto, avendo i primi giudici disposto la compensazione delle spese tra le parti, in forza –come detto – dell’assoluzione degli odierni appellanti per carenza di colpa grave.
Una volta accertata la carenza della colpa grave, l’assoluzione ha il valore di un “proscioglimento (pieno) nel merito”, idoneo ad escludere un qualsivoglia “conflitto di interessi” con l’ Amministrazione di appartenenza (ex SS.RR. n°3-QM/2008), o – altrimenti detto – equivale ad un “proscioglimento ai sensi (del) comma 1 dell’art. 1 della l. n°20/1994” (ex SS.RR. n°22-A/1998).
3.4) – Né vale invocare, per una diversa conclusione, la circostanza che “la richiamata disposizione”, ossia l’art. 17, comma 30-quinquies della l. n°102/2009, “è divenuta efficace dalla data di entrata in vigore della (medesima) l. n°102/2009, il 5/8/2009, e quindi successivamente a quella di deliberazione della sentenza (impugnata) e di deposito della stessa” (v. pag. 8 delle conclusioni della Procura Generale).
Una simile tesi, che sostanzialmente nega l’applicabilità retroattiva delle disposizioni del ripetuto art. 17, comma 30-quinquies, pure si riscontra in qualche pronuncia di questa Corte (v. Sez. I^ n°415/2010), ma si infrange contro la natura interpretativa delle predette disposizioni, o meglio contro la natura interpretativa delle disposizioni dell’art. 10-bis, comma 10, della l. n°248/2005, integrate dall’art. 17, comma 30-quinquies, più volte citato, che a sua volta ha anch’esso ovviamente natura di norma interpretativa.
D’altronde, si ripete, le disposizioni dell’art. 92, comma 2, cpc, che disciplinano la “compensazione delle spese”, non sono mai state richiamate in nessuna delle ricordate norme (speciali) che hanno regolato il “rimborso” delle spese legali nel giudizio di responsabilità innanzi a questa Corte, e ciò esprime –secondo il Collegio – una implicita, ma pur sempre presente volontà di non utilizzare la compensazione stessa nel predetto giudizio.
4) – Per quanto finora esposto e considerato, dunque, il gravame in epigrafe va accolto, e per l’effetto, in riforma della gravata sentenza, vanno liquidati a favore dei difensori degli appellanti “onorari e diritti”, che il Collegio fissa nei seguenti importi, in mancanza di apposita parcella, tenuto conto del valore della causa (oltremodo limitata nel presente grado di appello, vertendo esso solo sul “rimborso delle spese legali”), della materia trattata, del numero degli atti posti in essere e degli altri criteri indicati dall’art. 5, cap. I, all. 1, del D.M. n°127/2004 :
a) € 1.500,00, cumulativamente, per il primo grado di giudizio, di cui € 1.000,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA;
b) € 1.000,00 cumulativamente per, per il secondo grado di giudizio, di cui € 600,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA.
5) – Non è luogo a pronuncia sulle spese di giudizio
P.Q.M.
LA CORTE DEI CONTI
Sezione Terza Giurisdizionale Centrale d’Appello
ACCOGLIE
l’appello in epigrafe, nei termini indicati in motivazione.
Roma, Camera di Consiglio del 15/6/2011
CONDIVIDI
Commenta questo documento
Filtra per
Altri 42 articoli dell'avvocato
Prof. Piero Lorusso
-
E' il Tribunale in composizione collegiale ad essere competente per la liquidazione degli onorari di avvocato
Letto 2230 volte dal 02/09/2012
-
Le Sezioni Unite statuiscono che per la liquidazione degli onorari professionali di avvocato è competente il Tribunale i...
Letto 1226 volte dal 27/08/2012
-
la compensazione delle spese di giudizio
Letto 1727 volte dal 15/01/2012
-
E' onere di chi predispone la domanda per il conseguimento di aiuti comunitari verificare la correttezza dei dati.
Letto 706 volte dal 21/05/2013
-
E' onere della Compagnia assicurativa convenuta provare il dolo dell'incendio.
Letto 1024 volte dal 16/05/2013