La massima La compensazione delle spese di giudizio, fattispecie prevista dall’art. 92 co.2 c.p.c., come richiamato dall’art.15 del D.Lgs.546/92, deve essere adeguatamente motivata nelle ragioni gravi ed eccezionali che la giustificano, non essendo sufficiente la generica formula “ricorrono giustificati motivi per compensare integralmente le spese del giudizio”. La sentenza La Comm. Trib. Provinciale di Bari accoglieva il ricorso spiegato dal contribuente avverso una cartella di pagamento avente per oggetto le maggiori somme a titolo di iva, irap, sanzioni ed interessi. Il ricorrente eccepiva in primis la nullità della cartella in quanto il prodromico avviso di accertamento non gli era mai stato notificato giacché, verosimilmente, la cartella impugnata scaturiva da un accertamento notificato direttamente alla società di cui lo stesso era socio accomandante. In conseguenza evidenziava la propria carenza di legittimazione passiva non potendo il medesimo essere chiamato a rispondere solidalmente ed illimitatamente delle imposte e sanzioni della società e comunque nelle more del giudizio produceva i modelli f24 con cui dava atto di aver versato l’imposta accertata “per trasparenza” nei soli suoi confronti. Le predette eccezioni venivano accolte dal Collegio il quale, però, pur annullando l’atto impugnato, disponeva la compensazione delle spese processuali. Ciò posto, il contribuente sollevava in sede di gravame l’illegittimità della pronuncia di primo grado nella parte relativa alle spese processuali poiché, nonostante la pacifica soccombenza dell’Ufficio, la Ctp non aveva esplicitato alcuna ragione atta a giustificare la compensazione delle spese. Questa, infatti, doveva ritenersi priva di fondamento in virtù del fatto che l’art.15 comma 1, secondo periodo del D.Lgs. n. 546/1992, stabilisce che «la Commissione tributaria può dichiarare compensate in tutto o in parte le spese, a norma dell’art. 92, co.2, del c.p.c., ovvero nei casi di soccombenza reciproca o, previa esplicita motivazione, qualora concorrano altre gravi ed eccezionali ragioni». Ed invero, proprio l’incongruenza tra i motivi posti a fondamento della sentenza di accoglimento e la decisione di integrale compensazione delle spese hanno legittimato i giudici della Regionale ad accogliere l’appello spiegato dal contribuente vittorioso nel primo grado di giudizio. Difatti, secondo il Collegio pugliese, la commissione provinciale nel pronunciarsi sulle spese processuali aveva erroneamente applicato l’art.92 del c.p.c. nella parte in cui prevede la loro compensazione senza tuttavia fornire alcuna motivazione e limitandosi ad utilizzare la generica formula “ricorrono giustificati motivi per compensare integralmente le spese del giudizio”. Richiamando l’indirizzo espresso dalle SS.UU. della Cassazione (pronuncia n. 20598/2008) i giudici hanno spiegato che le ragioni giustificatrici del provvedimento di compensazione delle spese devono essere chiaramente e inequivocabilmente desumibili nel complesso della motivazione adottata. Per l’effetto, l’obbligo motivazionale relativo alle spese deve ritenersi assolto qualora la motivazione della sentenza contenga considerazioni giuridiche o di fatto idonee a giustificare la regolazione delle spese. Ne discende che la decisione deve considerarsi priva di motivazione qualora contenga la tautologica affermazione secondo cui “sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio”. Inoltre, ha concluso la Ctr, la vicenda decisa in primo grado non poteva neanche farsi rientrare in quel ventaglio di casi quali l’obiettiva incertezza sulla fattispecie oggetto della controversia o la complessità della vertenza, o ancora la novità della questione, tali da far sorgere quei giusti motivi che legittimano la compensazione delle spese. Breve commento L’art. 15 del D. Lgs n. 546/92 dispone che la commissione tributaria può dichiarare compensate in tutto o in parte le spese a norma dell’art.92, co. II, c.p.c, secondo cui “se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti”. Pertanto, in assenza della soccombenza reciproca delle parti, il Giudice deve necessariamente motivare il provvedimento sulla compensazione in modo puntuale indicando l’eccezionalità delle ragioni che lo hanno indotto a tale decisione. Ciò nonostante, è innegabile che l’istituto compensativo abbia trovato nel sistema del contenzioso tributario una larga e diffusa espressione e ciò anche quando le questioni decise nelle aule d’udienza risultano di pacifica soluzione. Questo genere di pronunce, che contengono la “tautologica affermazione secondo cui sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio”, secondo la ctr pugliese sono da considerarsi prive di motivazione poiché in evidente contrasto con quanto voluto dal legislatore con la riforma dell’art.92 c.p.c. operata della L. 69/2009. La stessa Agenzia delle Entrate, inoltre, con la circolare n. 17/E del 31.03.2010 ha chiarito che in relazione alla prassi della compensazione delle spese, non può più ritenersi sufficiente il rinvio alla nota formula “giusti motivi” , ma è necessario includere nelle motivazioni della sentenza quelle gravi ed eccezionali ragioni previste dal citato articolo di procedura civile. Se poi la controversia non rientra neanche tra quelle ipotesi che la giurisprudenza annovera tra “i giusti motivi” quali, ad esempio, l’obiettiva incertezza delle questioni di diritto trattate, l’assenza di una consolidata interpretazione giurisprudenziale di una norma o l’intervenuto mutamento della giurisprudenza nel corso del processo, è ancor più evidente che il richiamo ai giusti motivi appare talmente inconsistente da legittimare la parte vittoriosa ad appellare la pronuncia in riferimento a quella specifica doglianza che sorge proprio dall’evidente incongruenza tra i motivi posti alla base della sentenza vittoriosa e la decisione apodittica di compensare integralmente le spese di giudizio poiché, troppo spesso la compensazione delle spese avviene senza una esplicita motivazione, ritenendo erroneamente che la stessa la si possa ricavare implicitamente nella parte della sentenza relativa allo svolgimento del processo o alla motivazione del dispositivo.